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Autore: Kaimy_11    20/06/2016    1 recensioni
Continuo di “The reason to fight”
La guerra ha spezzato la città, i ribelli sono insorti, opponendosi al nuovo governo.
Nessuno sa di chi fidarsi. Nessuno conosce la verità.
Il giovane capofazione degli Intrepidi deve guidare la rivolta al fianco di Jeanine, per riportare ordine anche dopo la divisione della sua fazione. Ma le sue priorità sono cambiate, tutto ciò che vuole è proteggere la persona che ama. Nonostante tutte le avversità, dovrà mantenere fede alle sue promesse senza rischiare di compromettere sé stesso e perdere tutto ciò in cui crede.
[Dal testo]
Si morde il labbro. -Pensavo che lo avessi detto per la foga del momento…-
Inarco pericolosamente le sopracciglia. -Ti sembro forse uno che si fa prendere da un’ emozione momentanea e si lascia scappare parole che non sa nemmeno gestire?-
Mantiene il silenzio, sembra impaurita, almeno ha la decenza di capire quando sbaglia.
-Non sono un ragazzino in preda agli ormoni, se dico di amarti nonostante tu sia più piccola di me ed insopportabilmente arrogante, vuol dire che ti amo, mi hai capito?-
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The reason '
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46. Scegli me

 

 

 

 

 

 

L’acqua gelida che mi getto sul viso mi risveglia, anche se mi procura un brivido lungo la schiena. Chiudo il rubinetto del lavello del bagno ma resto a capo chino per non sgocciolare per terra. Allungo un braccio per prendere l’asciugamano appeso lì vicino, mi ci tampono il viso e mi friziono i capelli umidi.

Esco dal bagno e raggiungo il balcone, appoggiandomi alla ringhiera mentre osservo annoiatamente il sole che illumina il tetto dei palazzi circostanti. Dovrei pensare a tante cose, dovrei decidere come comportarmi da adesso in poi, ma la mia mente è totalmente assopita. È come se qualcosa avesse fatto piazza pulita dei pensieri e avesse resettato persino il mio subconscio.

Non c’è nulla su cui valga la pena soffermarsi e niente che io posso realmente fare per cambiare le cose, per cui tanto vale chiudere la porta su ogni tentativo di ribellione.

Arrendermi è più difficile che lottare, ma in questo momento non sto rinunciando a combattere, sto semplicemente accettando che non c’è nessuna battaglia da sostenere. Se ci fosse anche solo una piccola lotta da disputare per migliorare la mia situazione, radunerei le forze a partirei all’attacco.

Ma niente.

Quel che è fatto è fatto e il futuro sembra essere già segnato, ed io, onestamente, non sono intenzionato a sprecare ulteriormente le mie energie. Voglio godermi il silenzio dentro la mia testa e lasciare che il mondo vada a pezzi senza dovermi preoccupare di ricucirlo. Ho fatto abbastanza per questa fottuta città, ho passato giornate intere al lavoro e sono stato ripagato ampiamente per i servigi svolti.

Ho avuto fin troppo.

Direi che adesso possono andarsene tutti al diavolo.

Sono tutti vermi senza spina dorsale che vogliono proteggersi fra di loro, che si fingono moralisti, quando il giorno prima si odiavano come cani randagi.

Non provo vergogna per quello che ho fatto, rifarei tutto.

Pensavamo che i Divergenti fossero pericolosi, ma a dire il vero non ho ripulito la mia fazione da quei soggetti solo perché era giusto, ma anche perché mi era comodo farlo. Se mi avessero chiesto di uccidere degli innocenti per garantirmi il mio posto da capofazione, lo avrei fatto. Ho dato tutto per farmi rispettare e non mi importava che credessero in me, mi bastava che mi temessero e che obbedissero ad ogni mio ordine.

Se per garantirmi il mio potere mi sono dovuto sporcare le mani, non è un problema.

Dovrei ricordare a me stesso in che situazione sono finito, oppure dovrei semplicemente guardami allo specchio e costatare lo stato pietoso in cui sono ridotto, ma la mia ora di commiserazione può attendere.

Sento bussare alla porta e resisto all’impulso di gettarmi oltre la ringhiera per il fastidio, sopprimo un ringhio e mi volto di scatto verso l’interno della stanza. Ritorno dentro, furente.

Poco dopo, senza che io abbia dato il mio consenso, la porta si apre lentamente e penso che sia Aria. Se è lei ad aver osato irrompere qui, potrei anche chiudere un occhio. Certo, se le avevo detto di lasciarmi in pace avrebbe potuto ascoltarmi e starsene fuori dai piedi ancora per un po’, ma non mi aspetto che quella ragazzina comprenda il mio stato d’animo e so che vuole starmi attaccata come una spina nel fianco.

Con mio stupore, a sbucare da dietro la porta non è né Aria né una guardia, ma solamente Jason.

Lui entra e chiude la porta dietro di lui, mantiene un’espressione neutra e mi osserva.

-Ho parlato con Tori, dato che a quanto pare comanda lei adesso.- Parte, schietto e senza giri di parole. -Dice che non sei un vero prigioniero, perciò non ti porteranno da mangiare qui.-

Scrollo le spalle. -A no, non sono un prigioniero?-

Jason sembra intenzionato ad ignorare i miei attacchi di spirito. -Il punto è che non avresti modo di scappare, per cui puoi benissimo scendere a mensa.-

Al solo pensiero, mi sembra che una bomba mi sia appena esplosa al fianco. E probabilmente sarebbe meglio.

-Non sto scherzando!- Mi avvisa, con uno sguardo serio.

-Nemmeno io!- Preciso. -Preferisco lasciarmi morire di fame.-

-Rispetto la tua scelta, ma le condizioni sono queste.-

Gli volto le spalle a vado a sedermi sulla poltroncina girevole nell’angolo.

-Hai davvero intenzione di startene chiuso qua?- Vuole sapere.

Il suo sguardo è assottigliato e direttamente puntato su di me, in cerca del mio.

-Non ho fame.-

Jason si passa una mano sulla fronte e sospira. -Sul serio, Eric. Dovrai uscire da qui prima o dopo.-

-Vattene e lasciami in pace!-

Lo guardo storto e faccio ruotare la sedia per non dover più sopportare le sua occhiate. Non ho alcuna intenzione di scendere a mensa, dove tutti mi fisseranno e faranno commenti sotto voce. Sto cercando di stare calmo, di far finta di niente, ma se continuano a provocarmi mi sarà assai difficile impedirmi di staccare qualche testa.

Per di più sono un fottuto capofazione, o ero, e non ammetto di essere scortato o comunque tenuto sotto stretta sorveglianza mentre vado a mangiare.

Piuttosto che dare a quei bastardi la soddisfazione di vedermi sconfitto, mi lascio davvero morire.

-Hai qualcosa in mente?-

Mi passo una mano sulla ferita sul collo. -No.-

Jason si altera. -E quindi che facciamo?-

-Niente, a quando pare avete già deciso tutto.- Ruoto di nuovo la sedia per fronteggiarlo. -Sarò il loro fottuto prigioniero, mi interrogheranno, mi useranno per barattarmi in cambio di armi e dell’aiuto degli altri Intrepidi rimasti dagli Eruditi e sembrerebbe che mi risparmieranno!-

-Senti…- Prova.

-No, ascoltami tu!- Non gli do modo di continuare. -Non venire qui a dirmi che non avevate altra scelta, o che volevate solo salvarmi, perché sai benissimo anche tu che, quando non gli servirò più, mi faranno fuori!-

-Dovevamo solo prendere tempo, Eric! E ci siamo riusciti!- Mi urla contro.

-Bene! Allora prendiamo tempo e fingiamo che vada tutto bene!-

Scuote la testa, avvilito. -Possiamo ancora cambiare le cose, se collabori…-

Assottiglio lo sguardo e lo osservo mentre si pizzica con e dita l’attaccatura del naso.

-Se collabori, ti lasceranno vivere!-

Perdo la pazienza e mi alzo, dando un calcio alla poltrona che gira su stessa. -E in che modo?-

Lui tace.

-Hai mai pensato che, forse, non avevo alcuna intenzione di essere uno schifosissimo sopravvissuto? Dovrei festeggiare di essere vivo, ma non sono più niente, non sarò più un capofazione e dovrò vivere come un eterno sorvegliato speciale!-

Jason serra le palpebre e prende fiato. -Pensavo che…-

-Che cosa?- urlo. -Che mi fossi totalmente rammollito e che Aria mi avesse cambiato, o che mi sarebbe bastato sopravvivere per vivere con lei?-

Non risponde.

-Non avrei mai scelto questo, non avrei mai voluto ritrovarmi in questo schifo!- Gli do le spalle e mi allontano di qualche passo. -Ero un capofazione, avevo rispetto, ed era quello che avrei dovuto continuare ad avere.-

-Preferivi continuare a essere un capo al servizio di Jeanine? Preferivi far parte degli sconfitti?-

-Non sono forse sconfitto, adesso?-

-Chi ti dice che fermando Max non riconquisterai fiducia?-

-La fiducia di chi?- Anche solo guardarlo mi infastidisce. -Non mi importa più niente di questi Intrepidi che hanno nominato Quattro come loro capofazione! Loro volevano uccidermi e probabilmente lo faranno a prescindere di cosa farò!-

-E allora che farai?-

-Quello che volevi che facessi!- Allargo le braccia. -Me ne starò qui a prendere tempo e fingerò di voler collaborare!-

Jason fa una smorfia e devia lo sguardo.

-Non ho mai chiesto questo, sai benissimo che avrei preferito morire da capofazione che ridurmi così, per cui non venire qui a dirmi che devo fare qualcosa!-

-Eric…-

-No!- Lo zittisco. -Avete fatto la vostra mossa, ora voglio essere libero di decidere per me!-

Solleva lo sguardo su di me. -E cosa scegli?-

-Scelgo quello che ho sempre scelto!-

Lo sorpasso ed esco nuovamente sul bancone, mi appoggio alla ringhiera e fisso lo sguardo oltre i tetti dei palazzi.

-Scelgo me.- Specifico. -Scelgo di fare solo e soltanto quello che ritengo giusto e vantaggioso per me stesso.-

 

Mi accorgo di essermi appisolato solo quando il tonfo della porta mi fa sussultare. Borbotto qualcosa, mi passo pesantemente la mano sugli occhi e tento di mettere a fuoco la goffa figura che sta attraversando la stanza a passo di carica.

Con il senno di poi, avrei dovuto chiudere la porta. Fuori dovrebbero esserci ancora delle guardie e non credo si farebbero tanti scrupoli a entrare senza il mio consenso.

Batto le palpebre e mi ritrovo una ragazza che mi fissa insistentemente dai piedi del letto, con un’espressione che, ad essere onesti, non preannuncia nulla di buono.

Sono disteso sul mio letto, supino, con sotto la testa due cuscini e non ricordo di essermi addormentato, so solo di essermi steso per controllare il fastidioso dolore alla schiena e perché non avevo altro da fare. Prendo un pesante respiro, pentendomene quando sento la solita fitta alle costole, che mi ricorda i maltrattamenti che ho subito.

Serro i pugni e mi sforzo di non pensare a quei bastardi che hanno osato prendere a calci il loro capofazione.

-Ti ho portato la cena!- Dichiara Aria, abbastanza seccata.

Lascia cadere sul letto un fagotto non bene identificato e mi scruta in silenzio con un cipiglio assai contrariato.

-Chiudi a chiave la porta!- Le rispondo, sistemandomi meglio i cuscini dietro la schiena per stare più sollevato.

Lei alza gli occhi al cielo e, sbattendo i piedi, fa come le dico e fa scattare la serratura.

-Ci sono ancora le guardie?- Pretendo di sapere.

-Una nuova coppia di idioti. Erano seduti per terra a mangiare panini.-

Decido di mettermi seduto contro lo schienale del letto e fisso Aria, cercando di decifrare l’espressione del suo volto. Probabilmente si sta solo comportando da bambina ed è offesa con me per averla mandata via, tuttavia penso che potrebbe esserci dell’altro.

-Che ti ha detto Jason?- Indago.

Lei fa spallucce e si riposiziona davanti al letto.

-Niente!- Sputa fuori con una smorfia.

Assottiglio lo sguardo, cercando di minacciarla a essere sincera, ma lei incrocia le braccia al petto e devia lo sguardo.

Forse non ha gradito il mio rifiuto di reagire o la mia decisione di starmene in questa camera, invece di aggirarmi come un sorvegliato poco gradito per la residenza, in mezzo a tutti quegli schifosi ribelli.

-Se vuoi che me ne vada di nuovo, basta dirlo!-

La sua voce è notevolmente avvelenata e il mezzo sguardo che mi riserva non è da meno.

Un ghigno arrogante mi solleva le labbra. -Se fossi stata capace di starmi ancora lontana, saresti rimasta dov’eri, invece torni sempre da me!-

-Sono tornata perché sono stanca di starmene fra Jason e Camille, ma non voglio neanche stare qui a guardare te!- Stende le braccia lungo i fianchi e fa per spostarsi verso la finestra, ma ci ripensa e si pianta sul posto per lanciarmi un’occhiataccia. -Sai, piuttosto che stare qui a guardarti, preferisco andarmene in giro per la mia fazione, visto che almeno io non sono una codarda come te che preferisci nasconderti qui dentro!-

Sento distintamente l’ondata di furia che sale lungo le mie vene fino alla mia testa, dove crea una nebbia fitta che mi acceca per un istante, ma poi capisco che sta solo cercando di provocarmi e mi limito a guardarla storto.

-Attenta a come parli…- l’ammonisco con voce grave.

-Ma certo, tanto saresti benissimo capace di farmi del male!- Fa l’ennesima smorfia, stizzita, poi incrocia il mio sguardo. -Come ieri sera!-

Rimango ostinatamente a fissarla perché non ho alcun motivo di abbassare gli occhi, anche se so che si sta riferendo al modo in cui le sono saltato addosso quando l’ho rivista. So di non essere stato molto gentile ma, da quello che ricordo, dopo abbiamo fatto la doccia insieme ed era per farmi perdonare.

Evidentemente la ragazzina è un’ingrata.

-Scoparmi la mia ragazza non mi sembra una cattiveria così terribile, anche se in quel momento non volevi!- Preciso.

Ma lei non sembra soddisfatta, scuote la testa e batte anche un tallone per terra. -Quando mai ti è importato di cosa voglio io!-

-Poverina!- La beffeggio. -Come se ti fosse dispiaciuto stare con me.-

-Non l’ho mai detto!-

-Allora che vuoi?-

Si morde il labbro inferiore e sospira. -Forse sto solo ricordando a me stessa come sei realmente…-

Sollevo un sopracciglio. -Qualunque cosa tu stia facendo, stai esagerando!-

-Ma che paura!- Esclama allargando le braccia. -Che mi farai?-

Sto per risponderle malamente, forse sono anche prossimo a perdere del tutto la pazienza, ma improvvisamente tutta questa faccenda mi sembra ridicola. Conosco bene Aria, non è tipo da certe scenate senza nessun motivo sotto e so che sa gestire anche le situazioni più complesse. Tuttavia è solo una ragazzina, cosa che dimentico spesso, magari tutto quello che è successo inizia ad essere semplicemente troppo e tutti abbiamo un limite. Io stesso ho oltrepassato il mio e sento che qualcosa dentro di me è andato irrimediabilmente perso per sempre, forse anche lei ha toccato il fondo.

La sua deve essere solo una crisi isterica di qualche tipo, le donne ne hanno sempre qualcuna, probabilmente è arrivato il suo momento per sfogarsi.

La guerra cambia le persone, ma la morte fa di peggio. Aria ha perso molto e magari si aspettava il mio sostegno ma, anche se fossi il tipo di ragazzo che le offre una spalla su cui piangere, non saprei aiutarla.

-Smettila di fare la vittima!- La riprendo, scocciato. -Sai bene che, se anche avessi voluto farti male, non sari in grado di fartene!-

-Perché?- Mi chiede, con il mento sollevato.

La sua domanda mi spiazza, credevo di averla soddisfatta. Prendo un respiro profondo, mi passo stancamente una mano sul viso e torno a fissarla intensamente.

-Perché sei mia!-

-E per cosa sono tua, esattamente?-

Evidentemente è diventata incontentabile, ma questo suo giochetto sta iniziando a darmi i nervi.

-Stammi sentire…-Inizio, ma non ho modo di continuare.

-Io ho scelto te! Sempre!- Afferma con vigore e rabbia.

Colgo il suo tremore e rimango per un attimo interdetto, attendo alle sue reazioni.

-Ti ho seguito dagli Eruditi senza chiedermi se fosse giusto o sbagliato, ho rischiato la vita solo per riaverti con me e ancora adesso farei di tutto solo per te!-

-Posso sapere che diavolo stai…?-

-Ma a te non importa di cosa provo, pensi solo a te stesso!- Insiste, interrompendomi. -Ogni volta che qualcosa va storto, io scelgo te e mi basti!-

Ormai non mi guarda neanche più, sembra impegnata nel suo sfogo e la sua voce è sempre più stridula e al tempo stesso seria.

-Hai perso tutto, lo capisco, ma evidentemente io non sono abbastanza per te-

-La pianti di blaterare cosa senza senso, o…?-

-Scegli me!- mi ordina, incatenandomi con uno sguardo talmente intenso che mi assorbe. -Mettimi per una volta davanti a tutto, amami e basta!-

Per un attimo penso che mi abbia mentito, perché non è possibile che non abbia parlato con Jason, data la precisione delle parole che ha usato, ma forse non ne aveva bisogno per capire tutto.

E, sapere che ad Aria è bastato guardarmi per capire meglio di me la mia stesa situazione, è la goccia che fa traboccare il vaso e perdo il controllo.

-Ti ho già scelta una volta!- Sbraito inferocito. -E ne ho pagato le conseguenze a caro prezzo!-

Credo di averla colpita, lo capisco dal modo in cui spalanca gli occhi e per come le trema il labbro inferiore.

-Ti ho scelta il giorno della simulazione, quando ho infranto ogni regola solo per assicurarmi che tu fossi al sicuro.- Le spiego, mettendo i piedi giù dal letto. -E sai qual è la cosa stupida?-

Mi alzo e avanzo molto lentamente vero di lei, aggirando il letto.

-La cosa stupida è che una stupida simulazione non ti avrebbe certo uccisa, ma io volevo proteggerti ugualmente.-

-Quindi te ne sei pentito!- Ipotizza, serrando ostinatamente le labbra.

Colgo il suo sguardo di sfida, ma noto anche il luccichio dei suoi occhi improvvisamente umidi.

-Non ho detto questo!- Sbraito, ad un soffio dal suo viso. -Ma non posso negare di aver perso tutto quello che avevo per colpa tua.-

Abbassa il viso, si morde con cattiveria il labbro e un brivido le fa scuotere le spalle.

Mi fermo davanti a lei e, cautamente, le appoggio una mano sulla guancia e le sollevo il viso affinché mi guardi.

Ma l'espressione che il suo volto si rifiuta di celare è dotata di un'oscurità semplicemente troppo profonda.

-Grazie per aver risposto alla domanda che mi tormentava da giorni.-

Aggrotto le sopracciglia e ritraggo la mano, la sua dichiarazione è stata troppo fredda.

Mi osserva con cattiveria, lacrime scorrono lungo le sue guance ma lei rimane impassibile. -Lo sapevo che per te è tutta colpa mia e che avresti preferito non incontrarmi!-

-Complimenti!- Ringhio. -Come al solito non hai capito un cazzo!-

Scuote la testa e cerca di spostarsi, ma l'afferro dalle spalle, senza tuttavia riuscire a farmi guardare.

-Non ricordo di aver detto quello che dici tu!- Le urlo contro.

Non posso crederci che mi stia facendo perdere tempo dietro queste sciocchezze, o che si sia offesa. Dovrebbe sapere cosa provo per lei, dovrebbe capirmi. Ho soltanto detto la verità e quello che penso, tutto il resto se lo è inventata da sola.

La sento soffocare una risata mentre si ostina a starsene a testa bassa. -Ma è come se lo avessi detto...-

La sua risposta mi paralizza, non c'era alcuna traccia della sua solita dolcezza nella sua sua voce, solo uno spesso strato di gelo letale. L'errore che commetto è quello di allentare la presa su di lei e lasciarmela scappare, così scatta verso la porta e fa girare la serratura.

-Non osare uscire da questa stanza o giuro che te ne farò pentire!- La minaccio puntandole un dito contro.

Sono furioso, tremo d'ira, eppure questo non le impedisce di sollevare il mento e, con uno sguardo di sfida, uscire dalla camera e sbattermi la porta in faccia.

 

 

 

 

 

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

 

Scusate per l’immenso ritardo, non so che dire e purtroppo non so se riuscirò davvero a riprendere ad aggiornare regolarmente. Magari, spero, con l’estate avrò più tempo libero e potrei provare a scrivere di più.

Farò del mio meglio!

 

Intanto ringrazio tutti quelli che ancora continuano a seguire questa mia lunga e stramba storiella, grazie davvero!

 

Baci, spero a presto!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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