46. Scegli
me
L’acqua gelida che mi getto sul viso
mi risveglia, anche se mi procura un brivido lungo la schiena. Chiudo il rubinetto
del lavello del bagno ma resto a capo chino per non sgocciolare per terra.
Allungo un braccio per prendere l’asciugamano appeso lì vicino, mi ci tampono
il viso e mi friziono i capelli umidi.
Esco dal bagno e raggiungo il
balcone, appoggiandomi alla ringhiera mentre osservo annoiatamente il sole che
illumina il tetto dei palazzi circostanti. Dovrei pensare a tante cose, dovrei decidere come comportarmi da adesso in poi, ma la mia
mente è totalmente assopita. È come se qualcosa avesse fatto
piazza pulita dei pensieri e avesse resettato persino il mio subconscio.
Non c’è nulla su cui valga la pena
soffermarsi e niente che io posso realmente fare per cambiare le cose, per cui
tanto vale chiudere la porta su ogni tentativo di ribellione.
Arrendermi è più difficile che
lottare, ma in questo momento non sto rinunciando a combattere, sto semplicemente accettando che non c’è nessuna battaglia
da sostenere. Se ci fosse anche solo una piccola lotta da disputare per
migliorare la mia situazione, radunerei le forze a partirei
all’attacco.
Ma niente.
Quel che è fatto è fatto e il futuro
sembra essere già segnato, ed io, onestamente, non sono intenzionato a sprecare
ulteriormente le mie energie. Voglio godermi il silenzio dentro la mia testa e
lasciare che il mondo vada a pezzi senza dovermi preoccupare di ricucirlo. Ho
fatto abbastanza per questa fottuta città, ho passato giornate intere al lavoro
e sono stato ripagato ampiamente per i servigi svolti.
Ho avuto fin troppo.
Direi che adesso possono andarsene
tutti al diavolo.
Sono tutti vermi senza spina dorsale
che vogliono proteggersi fra di loro, che si fingono
moralisti, quando il giorno prima si odiavano come cani randagi.
Non provo vergogna per quello che ho
fatto, rifarei tutto.
Pensavamo che i Divergenti fossero
pericolosi, ma a dire il vero non ho ripulito la mia fazione da quei soggetti solo perché era giusto, ma anche perché mi era
comodo farlo. Se mi avessero chiesto di uccidere degli innocenti per garantirmi
il mio posto da capofazione, lo avrei fatto. Ho dato tutto per farmi rispettare
e non mi importava che credessero in me, mi bastava
che mi temessero e che obbedissero ad ogni mio ordine.
Se per garantirmi il mio potere mi
sono dovuto sporcare le mani, non è un problema.
Dovrei ricordare a me stesso in che
situazione sono finito, oppure dovrei semplicemente guardami allo specchio e
costatare lo stato pietoso in cui sono ridotto, ma la mia ora di commiserazione
può attendere.
Sento bussare alla porta e resisto
all’impulso di gettarmi oltre la ringhiera per il fastidio, sopprimo un ringhio
e mi volto di scatto verso l’interno della stanza. Ritorno dentro, furente.
Poco dopo, senza che io abbia dato
il mio consenso, la porta si apre lentamente e penso che sia Aria. Se è lei ad
aver osato irrompere qui, potrei anche chiudere un occhio. Certo, se le avevo
detto di lasciarmi in pace avrebbe potuto ascoltarmi e starsene fuori dai piedi
ancora per un po’, ma non mi aspetto che quella ragazzina comprenda il mio
stato d’animo e so che vuole starmi attaccata come una spina nel fianco.
Con mio stupore, a sbucare da dietro
la porta non è né Aria né una guardia, ma solamente
Jason.
Lui entra e chiude la porta dietro
di lui, mantiene un’espressione neutra e mi osserva.
-Ho parlato con Tori, dato che a quanto pare comanda lei adesso.- Parte, schietto e senza giri di parole. -Dice che non sei un vero prigioniero,
perciò non ti porteranno da mangiare qui.-
Scrollo le spalle. -A no, non sono
un prigioniero?-
Jason sembra intenzionato ad ignorare i miei attacchi di spirito. -Il
punto è che non avresti modo di scappare, per cui puoi benissimo scendere a
mensa.-
Al solo pensiero, mi sembra che una
bomba mi sia appena esplosa al fianco. E probabilmente sarebbe meglio.
-Non sto scherzando!- Mi avvisa, con
uno sguardo serio.
-Nemmeno io!- Preciso. -Preferisco
lasciarmi morire di fame.-
-Rispetto la tua scelta, ma le
condizioni sono queste.-
Gli volto le spalle a vado a sedermi sulla poltroncina girevole nell’angolo.
-Hai davvero intenzione di startene
chiuso qua?- Vuole sapere.
Il suo sguardo è assottigliato e
direttamente puntato su di me, in cerca del mio.
-Non ho fame.-
Jason si passa una mano sulla fronte
e sospira. -Sul serio, Eric. Dovrai uscire da qui prima o dopo.-
-Vattene e lasciami in pace!-
Lo guardo storto e faccio ruotare la
sedia per non dover più sopportare le sua occhiate.
Non ho alcuna intenzione di scendere a mensa, dove tutti mi fisseranno e
faranno commenti sotto voce. Sto cercando di stare calmo, di far finta di
niente, ma se continuano a provocarmi mi sarà assai
difficile impedirmi di staccare qualche testa.
Per di più sono un fottuto
capofazione, o ero, e non ammetto di essere scortato o comunque tenuto sotto
stretta sorveglianza mentre vado a mangiare.
Piuttosto che dare a quei bastardi
la soddisfazione di vedermi sconfitto, mi lascio davvero morire.
-Hai qualcosa in mente?-
Mi passo una mano sulla ferita sul
collo. -No.-
Jason si altera. -E quindi che
facciamo?-
-Niente, a quando pare
avete già deciso tutto.- Ruoto di nuovo la sedia per fronteggiarlo. -Sarò il
loro fottuto prigioniero, mi interrogheranno, mi
useranno per barattarmi in cambio di armi e dell’aiuto degli altri Intrepidi
rimasti dagli Eruditi e sembrerebbe che mi risparmieranno!-
-Senti…- Prova.
-No, ascoltami tu!- Non gli do modo
di continuare. -Non venire qui a dirmi che non avevate
altra scelta, o che volevate solo salvarmi, perché sai benissimo anche tu che,
quando non gli servirò più, mi faranno fuori!-
-Dovevamo solo prendere tempo, Eric! E ci siamo riusciti!- Mi urla contro.
-Bene! Allora prendiamo tempo e
fingiamo che vada tutto bene!-
Scuote la testa, avvilito. -Possiamo
ancora cambiare le cose, se collabori…-
Assottiglio lo sguardo e lo osservo
mentre si pizzica con e dita l’attaccatura del naso.
-Se collabori, ti lasceranno
vivere!-
Perdo la pazienza e mi alzo, dando
un calcio alla poltrona che gira su stessa. -E in che modo?-
Lui tace.
-Hai mai pensato che, forse, non
avevo alcuna intenzione di essere uno schifosissimo sopravvissuto? Dovrei
festeggiare di essere vivo, ma non sono più niente,
non sarò più un capofazione e dovrò vivere come un eterno sorvegliato
speciale!-
Jason serra le palpebre e prende
fiato. -Pensavo che…-
-Che cosa?- urlo. -Che mi fossi
totalmente rammollito e che Aria mi avesse cambiato, o che mi sarebbe bastato
sopravvivere per vivere con lei?-
Non risponde.
-Non avrei mai scelto questo, non
avrei mai voluto ritrovarmi in questo schifo!- Gli do le spalle e mi allontano
di qualche passo. -Ero un capofazione, avevo rispetto, ed era quello che avrei
dovuto continuare ad avere.-
-Preferivi continuare a essere un
capo al servizio di Jeanine? Preferivi far parte degli sconfitti?-
-Non sono forse sconfitto, adesso?-
-Chi ti dice che fermando Max non
riconquisterai fiducia?-
-La fiducia di chi?- Anche solo guardarlo mi infastidisce. -Non mi
importa più niente di questi Intrepidi che hanno nominato Quattro come
loro capofazione! Loro volevano uccidermi e probabilmente lo faranno a
prescindere di cosa farò!-
-E allora che farai?-
-Quello che volevi che facessi!-
Allargo le braccia. -Me ne starò qui a prendere tempo e fingerò di voler
collaborare!-
Jason fa una smorfia e devia lo
sguardo.
-Non ho mai chiesto questo, sai
benissimo che avrei preferito morire da capofazione che ridurmi così, per cui
non venire qui a dirmi che devo fare qualcosa!-
-Eric…-
-No!- Lo zittisco. -Avete fatto la
vostra mossa, ora voglio essere libero di decidere per me!-
Solleva lo sguardo su di me. -E cosa
scegli?-
-Scelgo quello che ho sempre scelto!-
Lo sorpasso ed esco nuovamente sul
bancone, mi appoggio alla ringhiera e fisso lo sguardo oltre i tetti dei
palazzi.
-Scelgo me.-
Specifico. -Scelgo di fare solo e soltanto quello che ritengo giusto e
vantaggioso per me stesso.-
Mi accorgo di essermi appisolato
solo quando il tonfo della porta mi fa sussultare. Borbotto qualcosa, mi passo
pesantemente la mano sugli occhi e tento di mettere a fuoco la goffa figura che
sta attraversando la stanza a passo di carica.
Con il senno di poi, avrei dovuto
chiudere la porta. Fuori dovrebbero esserci ancora delle guardie e non credo si
farebbero tanti scrupoli a entrare senza il mio consenso.
Batto le palpebre e mi ritrovo una
ragazza che mi fissa insistentemente dai piedi del letto, con un’espressione
che, ad essere onesti, non preannuncia nulla di buono.
Sono disteso sul mio letto, supino,
con sotto la testa due cuscini e non ricordo di essermi addormentato, so solo
di essermi steso per controllare il fastidioso dolore alla schiena e perché non
avevo altro da fare. Prendo un pesante respiro, pentendomene quando sento la
solita fitta alle costole, che mi ricorda i maltrattamenti che ho subito.
Serro i pugni e mi sforzo di non
pensare a quei bastardi che hanno osato prendere a calci il loro capofazione.
-Ti ho portato la cena!- Dichiara
Aria, abbastanza seccata.
Lascia cadere sul letto un fagotto
non bene identificato e mi scruta in silenzio con un cipiglio assai contrariato.
-Chiudi a chiave la porta!- Le
rispondo, sistemandomi meglio i cuscini dietro la schiena per stare più
sollevato.
Lei alza gli occhi al cielo e,
sbattendo i piedi, fa come le dico e fa scattare la
serratura.
-Ci sono ancora le guardie?-
Pretendo di sapere.
-Una nuova coppia di idioti. Erano
seduti per terra a mangiare panini.-
Decido di mettermi seduto contro lo
schienale del letto e fisso Aria, cercando di decifrare l’espressione del suo
volto. Probabilmente si sta solo comportando da bambina ed è offesa con me per
averla mandata via, tuttavia penso che potrebbe esserci dell’altro.
-Che ti ha detto Jason?- Indago.
Lei fa spallucce e si riposiziona
davanti al letto.
-Niente!- Sputa fuori con una
smorfia.
Assottiglio lo sguardo, cercando di
minacciarla a essere sincera, ma lei incrocia le braccia al petto e devia lo
sguardo.
Forse non ha gradito il mio rifiuto
di reagire o la mia decisione di starmene in questa camera, invece di aggirarmi
come un sorvegliato poco gradito per la residenza, in mezzo a tutti quegli
schifosi ribelli.
-Se vuoi che me ne vada di nuovo,
basta dirlo!-
La sua voce è notevolmente
avvelenata e il mezzo sguardo che mi riserva non è da meno.
Un ghigno arrogante mi solleva le
labbra. -Se fossi stata capace di starmi ancora lontana, saresti rimasta
dov’eri, invece torni sempre da me!-
-Sono tornata
perché sono stanca di starmene fra Jason e Camille, ma non voglio neanche stare
qui a guardare te!- Stende le braccia lungo i fianchi e fa per spostarsi verso
la finestra, ma ci ripensa e si pianta sul posto per lanciarmi un’occhiataccia.
-Sai, piuttosto che stare qui a guardarti, preferisco andarmene in giro per la mia
fazione, visto che almeno io non sono una codarda come
te che preferisci nasconderti qui dentro!-
Sento distintamente l’ondata di
furia che sale lungo le mie vene fino alla mia testa, dove crea una nebbia
fitta che mi acceca per un istante, ma poi capisco che sta solo cercando di
provocarmi e mi limito a guardarla storto.
-Attenta a come parli…- l’ammonisco con voce grave.
-Ma certo, tanto saresti benissimo
capace di farmi del male!- Fa l’ennesima smorfia,
stizzita, poi incrocia il mio sguardo. -Come ieri sera!-
Rimango ostinatamente a fissarla
perché non ho alcun motivo di abbassare gli occhi, anche se so che si sta
riferendo al modo in cui le sono saltato addosso quando l’ho rivista. So di non
essere stato molto gentile ma, da quello che ricordo, dopo abbiamo fatto la
doccia insieme ed era per farmi perdonare.
Evidentemente la ragazzina è
un’ingrata.
-Scoparmi la mia ragazza non mi
sembra una cattiveria così terribile, anche se in quel momento non volevi!-
Preciso.
Ma lei non sembra soddisfatta, scuote
la testa e batte anche un tallone per terra. -Quando mai ti è importato di cosa
voglio io!-
-Poverina!- La beffeggio. -Come se ti
fosse dispiaciuto stare con me.-
-Non l’ho mai detto!-
-Allora che vuoi?-
Si morde il labbro inferiore e
sospira. -Forse sto solo ricordando a me stessa come sei realmente…-
Sollevo un sopracciglio. -Qualunque
cosa tu stia facendo, stai esagerando!-
-Ma che paura!- Esclama allargando
le braccia. -Che mi farai?-
Sto per risponderle malamente, forse
sono anche prossimo a perdere del tutto la pazienza, ma improvvisamente tutta
questa faccenda mi sembra ridicola. Conosco bene Aria, non è tipo da certe
scenate senza nessun motivo sotto e so che sa gestire
anche le situazioni più complesse. Tuttavia è solo una ragazzina, cosa che
dimentico spesso, magari tutto quello che è successo
inizia ad essere semplicemente troppo e tutti abbiamo un limite. Io stesso ho oltrepassato
il mio e sento che qualcosa dentro di me è andato irrimediabilmente perso per
sempre, forse anche lei ha toccato il fondo.
La sua deve essere solo una crisi
isterica di qualche tipo, le donne ne hanno sempre qualcuna, probabilmente è
arrivato il suo momento per sfogarsi.
La guerra cambia le persone, ma la
morte fa di peggio. Aria ha perso molto e magari si aspettava il mio sostegno
ma, anche se fossi il tipo di ragazzo che le offre una spalla su cui piangere,
non saprei aiutarla.
-Smettila di fare la vittima!- La
riprendo, scocciato. -Sai bene che, se anche avessi voluto farti male, non sari
in grado di fartene!-
-Perché?- Mi chiede, con il mento
sollevato.
La sua domanda mi spiazza, credevo
di averla soddisfatta. Prendo un respiro profondo, mi passo stancamente una
mano sul viso e torno a fissarla intensamente.
-Perché sei mia!-
-E per cosa sono tua, esattamente?-
Evidentemente è diventata incontentabile, ma questo suo giochetto sta iniziando a
darmi i nervi.
-Stammi sentire…-Inizio, ma non ho
modo di continuare.
-Io ho scelto te! Sempre!- Afferma
con vigore e rabbia.
Colgo il suo tremore e rimango per
un attimo interdetto, attendo alle sue reazioni.
-Ti ho seguito dagli Eruditi senza
chiedermi se fosse giusto o sbagliato, ho rischiato la vita solo per riaverti
con me e ancora adesso farei di tutto solo per te!-
-Posso sapere che diavolo stai…?-
-Ma a te non importa di cosa provo,
pensi solo a te stesso!- Insiste, interrompendomi. -Ogni volta che qualcosa va
storto, io scelgo te e mi basti!-
Ormai non mi guarda neanche più,
sembra impegnata nel suo sfogo e la sua voce è sempre più stridula e al tempo
stesso seria.
-Hai perso tutto, lo capisco, ma
evidentemente io non sono abbastanza per te-
-La pianti di blaterare cosa senza
senso, o…?-
-Scegli me!- mi ordina,
incatenandomi con uno sguardo talmente intenso che mi assorbe. -Mettimi per una
volta davanti a tutto, amami e basta!-
Per un attimo penso che mi abbia
mentito, perché non è possibile che non abbia parlato con Jason, data la
precisione delle parole che ha usato, ma forse non ne aveva bisogno per capire
tutto.
E, sapere che ad Aria è bastato
guardarmi per capire meglio di me la mia stesa situazione, è la goccia che fa
traboccare il vaso e perdo il controllo.
-Ti ho già scelta
una volta!- Sbraito inferocito. -E ne ho pagato le conseguenze a caro prezzo!-
Credo di averla colpita, lo capisco
dal modo in cui spalanca gli occhi e per come le trema il labbro inferiore.
-Ti ho scelta
il giorno della simulazione, quando ho infranto ogni regola solo per
assicurarmi che tu fossi al sicuro.- Le spiego, mettendo i piedi giù dal letto.
-E sai qual è la cosa stupida?-
Mi alzo e avanzo molto lentamente
vero di lei, aggirando il letto.
-La cosa stupida è che una stupida
simulazione non ti avrebbe certo uccisa, ma io volevo proteggerti ugualmente.-
-Quindi te ne sei pentito!-
Ipotizza, serrando ostinatamente le labbra.
Colgo il suo sguardo di sfida, ma
noto anche il luccichio dei suoi occhi improvvisamente umidi.
-Non ho detto questo!- Sbraito, ad un soffio dal suo viso. -Ma non posso negare di aver
perso tutto quello che avevo per colpa tua.-
Abbassa il viso, si morde con
cattiveria il labbro e un brivido le fa scuotere le
spalle.
Mi fermo davanti a lei e,
cautamente, le appoggio una mano sulla guancia e le sollevo il viso affinché mi
guardi.
Ma l'espressione che il suo volto si
rifiuta di celare è dotata di un'oscurità semplicemente troppo profonda.
-Grazie per aver risposto alla
domanda che mi tormentava da giorni.-
Aggrotto le sopracciglia e ritraggo
la mano, la sua dichiarazione è stata troppo fredda.
Mi osserva con cattiveria, lacrime
scorrono lungo le sue guance ma lei rimane impassibile. -Lo sapevo che per te è
tutta colpa mia e che avresti preferito non incontrarmi!-
-Complimenti!- Ringhio. -Come al
solito non hai capito un cazzo!-
Scuote la testa e cerca di
spostarsi, ma l'afferro dalle spalle, senza tuttavia
riuscire a farmi guardare.
-Non ricordo di aver detto quello che
dici tu!- Le urlo contro.
Non posso crederci che mi stia
facendo perdere tempo dietro queste sciocchezze, o che si sia offesa. Dovrebbe
sapere cosa provo per lei, dovrebbe capirmi. Ho
soltanto detto la verità e quello che penso, tutto il
resto se lo è inventata da sola.
La sento soffocare una risata mentre
si ostina a starsene a testa bassa. -Ma è come se lo
avessi detto...-
La sua risposta mi paralizza, non
c'era alcuna traccia della sua solita dolcezza nella sua sua voce, solo uno spesso strato di gelo letale.
L'errore che commetto è quello di allentare la presa su di lei e lasciarmela
scappare, così scatta verso la porta e fa girare la serratura.
-Non osare uscire da questa stanza o
giuro che te ne farò pentire!- La minaccio puntandole
un dito contro.
Sono furioso, tremo d'ira, eppure
questo non le impedisce di sollevare il mento e, con uno sguardo di sfida,
uscire dalla camera e sbattermi la porta in faccia.
Continua…
Scusate per l’immenso ritardo, non
so che dire e purtroppo non so se riuscirò davvero a
riprendere ad aggiornare regolarmente. Magari, spero, con l’estate avrò più
tempo libero e potrei provare a scrivere di più.
Farò del mio meglio!
Intanto ringrazio tutti quelli che
ancora continuano a seguire questa mia lunga e stramba storiella, grazie
davvero!
Baci, spero a presto!!!