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Autore: edoardo811    20/06/2016    0 recensioni
Il mondo è finito. Come reagiresti se sentissi tu queste parole? Come reagiresti se potessi accertarti con i tuoi stessi occhi che queste parole sono vere?
Questo è ciò con cui Rachel è costretta a convivere ogni giorno. Quando vede la gente morire di fame per strada, quando vede l'ennesima banda di tagliagole generare il caos, quando è costretta a combattere fino allo stremo per la propria vita e per quella delle poche persone care che le sono rimaste.
Per quanto tempo può la volontà di una persona riuscire a resistere alle crudeltà che la vita riserva?
Si dice che l'ultima candela sia sempre quella che impiega più tempo a spegnersi, ma cosa potrebbe accadere quando anche la speranza cessa di esistere?
Rachel con i suoi poteri potrebbe distruggere l'intero creato. Che cosa se ne farà?
Li userà per aiutare il mondo... o per aiutare semplicemente sé stessa?
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Raven, Red X, Robin, Slade
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'InFAMOUS: The Series'
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Capitolo 24: UN NUOVO INZIO... DI NUOVO

 

 

Amalia avanzò verso di loro, gli occhi puntati sul Visionario. Parve ignorare completamente la presenza di Rachel.

«Tu... schifoso, lurido, bastardo» sibilò Komand’r, parandosi di fronte a Jeff, scrutandolo con odio. «Ho atteso questo momento dal primo istante in cui mi sono ritrovata di fronte la tua grossa faccia da culo.» Sollevò la pistola, puntandogliela al capo. «Ora sei mio.»

Joseph si tirò a sedere a stento, appoggiandosi contro il muro. Tossì un paio di volte, gemendo di dolore. «Suppongo... che la ruota giri per tutti, prima o poi...»

«Supponi bene.» Amalia spostò la mira e fece fuoco, colpendolo allo stomaco. L’esplosione del proiettile fu devastante, e lo fu ancora di più l’urlo disumano di dolore che fece il Visionario. Joseph gettò il capo all’indietro, premendosi una mano sulla grossa ferita all’addome. Tossì nuovamente, questa volta con molta più insistenza. Piegò il capo e sputò a terra un grumo di sangue, poi strizzò le palpebre. Si drizzò di nuovo, boccheggiando rumorosamente, mugugnando di dolore.

«Allora, com’è avere un proiettile nello stomaco? Fa male?» lo canzonò Amalia, con voce carica di collera.

Dreamer riuscì lentamente a riprendersi. Inspirò ed espirò un paio di volte, poi sogghignò. Perfino di fronte alla sua stessa fine, trovò il coraggio di sfoderare quel maledetto ghigno. La cosa, naturalmente, non piacque per nulla ad Amalia. «Che hai da sorridere, bastardo?!»

«Niente» boccheggiò lui, senza mutare minimamente la sua espressione. «Avanti, premi il grilletto e facciamola finita.»

«Con piacere.»

«Ne sei davvero sicura, Amalia?» si intromise all’improvviso Rachel, osservandola severa in volto. Non aveva alcuna intenzione di impedire alla mora di fare ciò che voleva fare, voleva solamente sapere la risposta a quella domanda. «Sei disposta... ad abbassarti al suo livello? Lo sai che... uccidendolo, lui non tornerà?»

Komand’r chiuse le palpebre, sospirando. Si voltò verso di lei, guardandola dritta negli occhi. Ora non sembrava più arrabbiata, non con lei, almeno. Era solamente, profondamente, triste. «Lo so. Ma non mi importa. Questo bastardo non merita di vivere, e io non ho paura di sporcarmi le mani. Questa storia deve avere una fine e quella fine voglio sancirla io.»

«D’accordo» convenne Rachel, con un cenno del capo. «È una tua scelta, dopotutto.»

«Solo una cosa» borbottò Dreamer, acquistando l’attenzione di entrambe. «Prima di andare, volevo solo... fare un’ultima domanda a Rachel.»

Amalia scoccò un’occhiata alla corvina, inarcando un sopracciglio. Rachel, la prima ad essere stupita, annuì con incertezza. «Cosa vuoi?»

Jeff ridacchiò sommessamente, come se la cosa lo avesse fatto profondamente felice. Come se, anche in quel momento, la situazione fosse in mano sua. «Dimmi, cara Rachel, sei consapevole del fatto che...» sollevò lo sguardo, piazzandolo sulle pupille di lei. Quell’occhiata improvvisa la fece trasalire. «... tutto ciò che è successo fino ad oggi a te, ai tuoi amici, tutto quello per cui sei stata costretta a combattere... è stato proprio per causa tua?»

Corvina dischiuse le labbra, colta in contropiede da quell’affermazione. «Co... cosa?»

Un’altra risata provenne dalla gola di Jeff. «Dovresti... vedere la tua espressione.»

«Basta giochetti, bastardo!» esclamò Amalia, sferrandogli un calcio e colpendolo proprio all’addome. Dreamer si piegò in due, facendo un verso soffocato. Sputò altro sangue, ma la risatina non ci mise molto a tornare.

«I tuoi... poteri, Rachel...» ansimò ancora lui, cercando di risollevarsi. «I tuoi poteri... e di conseguenza tu... siete la causa di tutto.»

Joseph riuscì a guardare di nuovo Rachel negli occhi. «A causa... dei tuoi poteri... hai portato molta cattiva gente sulle tue tracce. Me incluso. E i tuoi amici, standoti vicino... sono rimasti coinvolti. Se tu... non avessi avuto i tuoi poteri, noi non... ci saremmo mai incontrati. E non avresti mai avuto a che fare con Deathstroke... e i suoi segugi.

«Tara non sarebbe stata rapita... Ryan non sarebbe morto... nessuno dei tuoi amici si sarebbe fatto del male. Per... tutto questo tempo, tu hai... hai combattuto a testa alta le disgrazie che... che ti sono capitate, tuttavia eri inconsapevole del ...del fatto che la calamita che attraeva queste su di te... eri proprio tu.

«Più resterai accanto ai tuoi amici... più loro saranno in pericolo. Non faranno altro che... trasformarsi in vittime innocenti, continuando ad avere a... a che fare con te. Per te la felicità è... essere sempre in compagnia delle persone che ami... vivere serena insieme a loro... beh, sappi che... che fino a quando avrai i tuoi poteri... non riuscirai mai, mai, a raggiungerla.»

Dreamer chiuse gli occhi, sorridendo un’ultima volta. «Mi avete sconfitto... io sto... per morire... ma se non altro... me ne andrò senza alcun rimpianto. Tu, voi, invece... continuerete a vivere nel lutto... nell’angoscia... nella sofferenza. Perciò, dimmi, cara Rachel...» Il Visionario riaprì gli occhi di scatto. «... chi ha vinto, oggi? Voi due? Io non... credo proprio.»

Per tutto il tempo, Rachel era rimasta ad ascoltarlo come in trance. Ogni frase, ogni parola, ogni sillaba erano state come uno schiaffo. Nonostante fossero usciti dalla bocca di un pazzo, nonostante questo pazzo fosse ad un passo da quel baratro oscuro che era la morte, nonostante tutto, l’avevano lasciata atterrita. E la cosa peggiore di tutte... era che erano vere.

Lei, o meglio, i suoi poteri, ma sì, comunque lei, era la causa di tutto quanto. Il rapimento di Tara, la morte di Ryan, i proiettili che si era beccata Amalia, perfino la pugnalata che si era preso Lucas al braccio erano avvenuti a causa sua. Indirettamente, certo, ma comunque era stata lei a dare origine a tutto.

Dreamer l’aveva fatta rapire perché lei era la Demone di Empire City e si era ritrovata nel pieno mezzo di una battaglia tra bande. Se non avesse avuto i poteri, probabilmente la guerra tra gli Underdog e i Visionari non l’avrebbe nemmeno sfiorata. Probabilmente nemmeno sarebbe mai arrivata a Sub City!

Nessuno l’avrebbe cercata, nessuno le avrebbe parlato, nessuno l’avrebbe notata. Nessuno avrebbe sofferto per causa sua, nessuno di sarebbe fatto del male.

Per tutto quel tempo lei aveva agito con il solo e unico scopo di proteggere sé stessa e i suoi amici, quando in realtà... i suoi amici andavano protetti proprio da lei. O meglio, da tutte quelle persone spietate che si sarebbero messe sulle sue tracce.

«Hai finito adesso, checca?» Il tono di voce scocciato di Amalia la riportò alla realtà. La mora osservava con sguardo truce il Visionario, e non Rachel, come se tutte quelle parole le fossero scivolate addosso senza nemmeno toccarla.

«Sì, ho finito.»

«Bene.» Komand’r sollevò la pistola. «Mi divertirò un mondo a dare il tuo cadavere in pasto ai cani.»

Dreamer aprì la bocca per replicare, ma da essa non poté uscire alcun suono. Amalia premette il grilletto, aprendogli un buco in piena fronte. Schizzi di sangue e sostanze organiche non meglio definite imbrattarono il muro alle sue spalle, dopodiché il Visionario si riversò sul suolo, con ancora la bocca aperta e gli occhi spalancati.

Accadde tutto in un lampo. Prima era lì, ora non c’era più.

La sua morte fu molto meno spettacolare di quanto ci si sarebbe potuti aspettare, dopo tutto ciò che lui aveva fatto e causato.

Vedere il suo corpo privo di vita lasciò un profondo senso di vuoto e amarezza dentro di Rachel. Fino a quel momento non aveva voluto altro che vedere il Visionario venire punito per ciò che aveva fatto, ma adesso, alla luce di tutto ciò che egli aveva detto, tutto quello non le faceva né caldo né freddo. La morte di Joseph non cambiò nulla.

Perché il problema, alla fine, non era lui. Era lei.

Non seppe dire quanto tempo passò ad osservare quel corpo privo di vita riverso sul suolo. Probabilmente sarebbe rimasta lì per delle ore, se solo Amalia non avesse rotto il silenzio all’improvviso.

«Non sono mai...» cominciò a dire, con un filo di voce. «... nemmeno riuscita a dirgli perché mi sono comportata così con lui, in passato...»

Rachel trasalì. Batté le palpebre un paio di volte, confusa. «Di... di chi parli?»

«Ryan» sussurrò ancora Komand’r, per poi chinare il capo. «È morto... odiandomi fino alla fine... senza nemmeno sapere... il perché del mio comportamento...» Singhiozzò, stringendo i pugni. «Io non... non mi aspettavo certo che mi perdonasse... però... era giusto che sapesse. Glielo dovevo... era... la minima cosa che potevo fare per fargli capire che mi dispiaceva... che mi dispiaceva davvero. Non l’ho mai detto a nessuno... né a Kori, né ai miei genitori... volevo... dirlo almeno a lui...»

Corvina dischiuse le labbra. Amalia continuò a parlare, senza che lei dicesse nulla.

«È che... io... io sono... e Kori, lei era... era così... così bella, e io non... non riuscivo ad accettarlo, e...» La mora si interruppe di colpo, singhiozzando nuovamente. Drizzò lo sguardo, osservando Rachel con i suoi occhi viola prossimi alle lacrime, colmi di disperazione. «Cosa c’è di sbagliato in me?! Perché proprio io?! Perché proprio per... per Kori...?»

Ci volle diverso tempo, prima che Rachel riuscisse a capire di cosa diamine stesse parlando la mora. E quando capì, in parte si pentì di averlo fatto.

Eppure... ora le fu tutto chiaro. Il suo strano comportamento così poco femminile, il modo che aveva di rispondere a Lucas e alle provocazioni, il modo con cui si era sempre approcciata a Tara... le parole di Dreamer quando lei lo aveva preso in ostaggio in quegli stessi sotterranei...

La storia che Ryan le aveva raccontato, lei che evitava i suoi fratelli come la peste, i suoi profondi rimpianti nei confronti di Kori. Tutto combaciava.

Amalia non era semplicemente stressata. O meglio, non solo.

«Komi...» mormorò Rachel, incapace di fare altro. Probabilmente lei era la prima persona in assoluto con cui la sorella di Ryan si era confidata. E la cosa la fece sentire profondamente a disagio.

Per tutta risposta, Komand’r si strinse nelle spalle e gemette di nuovo. «Non mi bastava essere diversa, dovevo proprio... proprio...»

«Basta così, Komi» pronunciò Corvina, avvicinandosi a lei. Le posò una mano sulla spalla e incrociò il suo sguardo. «Non devi rimproverarti per ciò che sei. Non hai scelto tu di essere così. È successo e basta.»

«E... e allora... cosa dovrei fare?» domandò la ragazza mora, quasi supplicandola con lo sguardo. «Non posso fare finta di niente... ci ho già provato, e le cose non hanno fatto altro che peggiorare. Non posso... continuare a vivere in una menzogna...»

Corvina sospirò. «Hai ragione... non puoi. Devi solo imparare a conviverci. Devi... accettare la cosa... e fare ciò che ritieni sia giusto per te. E...» In quel momento, Rachel realizzò che non stava parlando solo ad Amalia. Stava parlando anche a sé stessa. «... devi fare anche ciò che... è corretto nei confronti degli altri.»

Komand’r si morse un labbro, rimuginando su quelle parole. Infine, annuì lentamente, con un sospiro. E, senza dire altro, abbracciò la corvina. «Grazie, Rachel... e... scusa, per come mi sono comportata con te.»

«Non preoccuparti.» La conduit ricambiò l’abbraccio, dandole qualche pacca di incoraggiamento sulla schiena. «Me lo sono meritato.»

Scese il silenzio. Rimasero entrambe ferme, abbracciate, ognuna sicuramente impegnata con i propri travagli interiori.

«Che cavolo è successo qui?» Una voce improvvisa riportò entrambe le ragazze alla realtà. Si separarono e videro due persone avanzare verso di loro, in mezzo al marasma generale di Visionari privi di sensi e fori di proiettili: Lucas e Tara. Rachel non si stupì della loro presenza; anche loro dovevano arrivare, prima o poi.

«Ragazze! Tutto ok?» domandò proprio la bionda, accelerando il passo.

«Sì, stiamo bene» rispose Amalia, voltandosi per ripulirsi gli occhi dalle lacrime. Indicò poi Dreamer con un cenno del capo. «A differenza di qualcun altro.»

Tara si fermò di scatto, spalancando le palpebre. Parve inorridire di fronte a quella vista.

«Dannazione...» commentò Lucas. «... mi sono perso lo spettacolo.»

La Markov spostò lo sguardo su di lui, osservandolo scioccata.

Rosso sollevò le spalle. «Che c’è? Mi stava sul culo...»

«Beh... se non altro adesso è finita...» rispose la bionda, lasciando perdere con un sospiro.

«Sì... sì è così» convenne Amalia, lentamente, per poi guardare Rachel. «È finita.»

Si allontanò dalla corvina, avvicinandosi ai due nuovi arrivati. Poi, con enorme stupore di Corvina, abbracciò entrambi. Disse loro qualcosa a bassa voce, probabilmente delle scuse. Per tutta risposta, i due ragazzi ricambiarono la sua stretta.

Un piccolo sorriso si accese sulle labbra della conduit, poi realizzò che, prima di andare, doveva ancora fare una cosa. Distolse l’attenzione dai tre amici e si avvicinò ad uno dei Visionari svenuti, più precisamente, alla donna bionda.

«Svegliati» sbottò, dandole un calcetto al fianco. Un gemito arrivò in risposta, al che la corvina si infuriò ancora di più. «SVEGLIATI!» Le diede un calcio più forte, facendola gridare e girare su un fianco.

La Visionaria spalancò gli occhi, per poi osservarla quasi con timore. Rachel si inginocchiò accanto a lei. Un po’ si sentiva in colpa per quelle sue maniere così brusche, alla fine anche quella donna era stata ingannata, ma si sforzò di ignorare questi particolari quando le spiegò la situazione: «Avvisa i tuoi amici che Deathstroke è morto e che per tutto questo tempo Dreamer si è preso gioco di voi.»

«C-Cosa?» rantolò la donna, ma Rachel si era già rialzata.

«Hai sentito.» E senza dire altro, la ragazza ritornò dai suoi compagni.

Si allontanò da quel salone insieme a loro, augurandosi di non doverci mai più mettere piede e sperando anche che il tempo cancellasse i ricordi che aveva ad esso legati.

Per tutto il tempo, Rachel non fece altro che ripensare alle parole di Dreamer, nonché a quelle che lei stessa aveva detto ad Amalia. Non sapeva ancora cosa fare in proposito, sapeva solo che, qualunque decisione avesse preso, non sarebbe più tornata indietro.

 

***

 

«Amalia e Tara?» domandò Rachel entrando nella sala relax con il suo zainetto.

«Stanno salutando Ryan» rispose Lucas, ficcando le ultime provviste che si erano salvate dall’attacco degli UDG nel suo borsone. La corvina lo osservò, pensierosa. Fino a quel giorno, non aveva desiderato altro che quel momento. Poter fare le valigie e partire da Sub City, insieme ai suoi nuovi amici. Ma in quel momento, alla luce di quanto successo recentemente... quel pensiero non la attraeva più di tanto.

Tuttavia, Rachel si mise comunque accanto al partner per imitarlo. Afferrò il suo zainetto e lo aprì, per poi cercare di fare spazio tra i vestiti e infilarci in mezzo qualche barattolo.

Dopo qualche minuto, però, si fermò, valutando se approfittare di quel momento per dire a Lucas che cosa la stesse tormentando. Doveva assolutamente parlare con qualcuno di ciò che era successo qualche ora prima con Dreamer.

Amalia era con lei quando il Visionario le aveva detto tutte quelle cose, quindi forse era la scelta più giusta, ma lei non sembrava aver davvero sentito le parole che egli aveva rivolto a Rachel. Tara, invece... Corvina dubitava di avere con lei un rapporto abbastanza saldo da permetterle di confidarle una cosa del genere.

Lucas era senza ombra di dubbio la scelta migliore.

«Ascolta, Lucas, posso... posso chiederti una cosa?»

Un mugugno di assenso provenne dal ragazzo, mentre era chinato sul suo borsone. «È successo qualcosa di grave?» domandò, sollevando lo sguardo.

 «Beh... più o meno.»

Corvina inspirò profondamente, poi cominciò a spiegare. Raccontò tutto quanto, senza freni, dal momento in cui lei e Dreamer si erano incontrati in quel salone fino a quando lui non era spirato dopo il proiettile di Amalia. Non sapeva bene quale reazione aspettarsi da Lucas una volta che lui avesse udito tutto ciò, e quel quesito dovette attendere un bel po’ per trovare una risposta, visto che, per tutto il tempo, il suo partner la ascoltò con espressione indecifrabile.

L’unica cosa che permise a Rachel di capire che aveva acquistato la sua totale attenzione, fu il fatto che il moro non scollò più gli occhi da lei. La cosa, in parte, la fece sentire a disagio.

 Infine, concluse il racconto. «E quindi... vorrei sentire la tua opinione in proposito.»

«Mh...» Lucas incrociò le braccia, sospirando pesantemente dal naso. Distolse per un breve momento lo sguardo da lei, per poi chiudere gli occhi. «Ti stai facendo dei problemi per niente, Rachel. Dreamer era uno psicopatico, non c’è motivo per cui tu debba essere così ossessionata dalle sue parole. Il suo era solo un bieco tentativo di renderti più insicura di quanto tu non sia già. E devo dire che ci è riuscito, a giudicare da come ti comporti.»

«Quindi secondo te non aveva ragione, giusto?» Rachel non riuscì a trattenere vene di irritazione piuttosto accentuate nel suo tono di voce. «Secondo te, se non fossi stata una conduit, ci avrebbero rapito comunque, giusto? E Ryan sarebbe morto, e Tara...»

«Non sto dicendo questo» la interruppe lui, serio in volto. «Sto solo dicendo che Dreamer era un verme a cui piaceva torturare psicologicamente le persone, cosa che ha fatto anche con te. Non devi dargli retta, o impazzirai proprio com’è successo a lui.»

«Sì, ma lui... aveva comunque...»

«Dannazione, Rachel!» Lucas si alzò in piedi di scatto, per poco rovesciando il borsone. «Perché diavolo hai chiesto il mio parere se nemmeno mi stai ascoltando? Non è colpa tua! Niente di quello che è successo è colpa tua! Sei stata tu a chiedere a Dreamer di rapirti? Sei stata tu a ficcarti in mezzo a questa guerra tra bande?»

Rosso si inginocchiò di nuovo, osservandola dritto negli occhi. «Sei stata tu... a chiedere di diventare una conduit?»

Rachel resse lo sguardo. Uno strano brivido le percorse la spina dorsale. Non seppe spiegarselo. «No...» mormorò infine, chinando il capo. «... non ho chiesto io tutto questo... io volevo solo... essere felice...»

«E lo sarai.» Lucas le posò una mano sulla spalla. Corvina sollevò di nuovo la testa, sentì le guance pizzicare.

«Ma come...?» domandò. «Come farò ad esserlo... se voi sarete in pericolo? Io... non posso reprimere i miei poteri per sempre. Loro usciranno nel posto sbagliato al momento sbagliato e ci metteranno tutti in pericolo. Io non voglio che accada. Questa volta è toccato a Ryan, la prossima... potrebbe toccare ad Amalia, o a Tara, o... a... a te. Io non voglio che qualcuno si faccia male per colpa mia.»

«E Tara, allora? Anche lei ha i poteri, l’hai dimenticato? Il discorso dovrebbe valere anche per lei, quindi. E poi sono stato io a far incazzare gli UDG la prima volta, ricordi? Quindi è stata anche colpa mia. Oppure...»

«Ho detto per colpa mia, Rosso!» esclamò Rachel all’improvviso, stringendo i pugni. «Non mi interessa di quello che farete voi, non mi interessa di sapere se Tara attirerà attenzioni o no per colpa dei suoi poteri, io sto solo dicendo che non voglio che altro sangue innocente macchi la mia coscienza! Ryan è stato abbastanza, per me, non potrei sopportare di essere la responsabile, diretta o meno, di un'altra morte ingiusta!

«È vero, non ho scelto io di avere i poteri, non ho scelto io di trovarmi in questa situazione, ma ormai è successo! E non posso fare finta di niente, non posso proprio! Dannazione, fino a ieri nemmeno sapevo di essere in grado di cancellare i poteri degli altri conduit! Il mio corpo è un incognita perfino per me! Non so mai cosa fare, come comportarmi, non so mai quando potrò davvero contare sui miei poteri oppure no! Wilson avrebbe potuto ucciderci tutti quanti, per colpa mia!»

 «Non posso credere a ciò che sto ascoltando» commentò Lucas scuotendo la testa.

«E io non posso credere che la persona di cui mi fido di più in assoluto mi stia dicendo di ignorare semplicemente tutto ciò che è successo!» esclamò lei, alzandosi in piedi.

«Quindi preferisci dare retta ad uno psicopatico che ormai è schiattato piuttosto che alla persona di cui ti fidi di più in assoluto?» Rosso la imitò, alzandosi a sua volta.

«Beh, forse sì» replicò la corvina. «Visto che, che ti piaccia o no, lo psicopatico aveva ragione.»

«E allora cosa vorresti fare? Vuoi andartene?»

«Forse sì» ripeté lei, sostenendo il suo sguardo dal basso senza alcun timore.

Per tutta risposta, Lucas distese un braccio, volgendolo verso la porta. «Va bene allora. Conosci la strada.»

«Mi stai sfidando per caso?» domandò la conduit, serrando la mascella.

«No. Voglio solo vedere fino a che punto può spingersi la tua stupidità.»

Quella frase fu una pugnalata al cuore per Rachel. E, sicuramente, fu la classica goccia che fece traboccare il vaso. «Bene allora. Osserva questa stupida che un tempo ti chiamava amico allontanarsi.»

Distolse lo sguardo da lui. La vista le si appannò e sentì gli occhi inumidirsi, e si sentì una vera idiota per questo. Diede le spalle all’ormai ex partner e si diresse alla porta senza nemmeno prendersi lo zainetto. Non si voltò, non disse una parola. E nemmeno Lucas la chiamò.

Anche quando uscì dalla stanza, riuscì a percepire gli occhi di lui piantati sulla sua schiena.

 

***

 

Faceva freddo. Tanto, tanto freddo. Si era alzato il vento, accompagnato da una di quelle odiose brezze invernali da far accapponare la pelle.

Rachel si strinse nella felpa e si mise il cappuccio in testa, ma non servì a nulla. Il freddo continuò a pungerle il volto.

Fece una smorfia e si allontanò dal portone, dirigendosi verso il retro del magazzino, al grosso foro nella recinzione. Non era affatto in vena di volare, aveva bisogno di camminare e di schiarirsi le idee.

Sentì lo stomaco in subbuglio, mentre camminava. Lei, quella che fino a quel giorno più di tutti aveva premuto sul fatto che il gruppo restasse unito, ora se ne stava andando, e nemmeno nel migliore dei modi.

Aveva litigato con Lucas e non aveva nemmeno reso partecipi Tara e Amalia della sua decisione. Nemmeno si era fermata a salutarle, né loro, né Ryan. Provò vergogna, imbarazzo e pensò che quella sua scelta fosse anche piuttosto codarda. Andarsene in quel modo non era certo il modo migliore per aggirare i suoi problemi. Ma, come già si era detta, non sarebbe più tornata indietro.

Fino a quando avrebbe avuto i suoi poteri, sarebbe stata un pericolo sia per sé stessa che per gli altri, sia in maniera diretta che non. Non sapeva ancora cosa fare o dove andare con esattezza, sapeva solo che sarebbe rimasta sola fino a quando non avrebbe trovato una soluzione.

Poi, forse, sarebbe ritornata. Ammesso e concesso che sarebbe riuscita a ritrovare i suoi amici.

«Deve esserci un’altra soluzione, Amalia» disse una voce all’improvviso, facendola trasalire. Era quella di Tara.

«No invece. Non c’è.» Questa era Amalia. «Non posso continuare in questo modo.»

Rachel si fermò. Entrambe le voci arrivavano proprio dal luogo in cui era diretta lei.

«Amalia, per favore...»

Corvina si avvicinò lentamente, inarcando un sopracciglio. Arrivò fino al bordo del magazzino, poi si sporse leggermente dal muro. Di fronte al foro della recinzione vide le due ragazze, una di fronte all’altra. Sembrava quasi che la loro discussione stesse andando avanti da un po’. Amalia era avvolta nel suo giaccone, e aveva il borsone a tracolla.

Posò proprio in quel momento una mano sulla spalla di Tara, la quale sembrava prossima alle lacrime. «Questo non è più posto per me, Tara. Mi dispiace. Devo... rimanere da sola... per pensare.»

«Ti prego, Am...»

Komand’r la interruppe, abbracciandola con forza. Dopo un attimo di sorpresa, Tara piegò la testa e pianse sulla sua spalla.

«Non te ne andare...»

«Devo. È la cosa giusta da fare. Sia per me, che per voi.»

Rachel sgranò gli occhi. Quelle erano le sue parole...

Amalia, no. Anche tu no.

Naturalmente, Komand’r non la sentì. Si separò dall’abbraccio, sciogliendosi lentamente dalla ragazza bionda, poi le prese il mento. Sorrise tristemente. «Non piangere Tara. Così rovini il tuo bel faccino.»

Tara ridacchiò tra le lacrime, dandole una leggera spintarella. «Dacci un taglio...»

Amalia sogghignò, tuttavia la tristezza nel suo sguardo era più che evidente. Si allontanò dalla bionda di qualche passo.

«Non sei costretta a farlo» mormorò ancora la neo conduit. «Nessuno di noi ti giudicherà per quello che sei, dovresti saperlo.»

«Che intendi dire, scusa?» domandò Komi, sorpresa.

La ragazza bionda incrociò le braccia, guardandola con aria di sufficienza. «Ti prego. Se vuoi posso fare una foto al mio sedere e regalartela direttamente, almeno non ti verrà più il torcicollo...»

Komand’r arrossì vistosamente. Fu una scena quasi irreale. Rimase in silenzio per un attimo, chiaramente imbarazzata, ma alla fine chinò il capo e si lasciò andare in una tenue risata. «Sono proprio irrecuperabile, vero?»

«Un pochino, sì» convenne Tara, ridacchiando a sua volta.

«Beh... in tal caso, vi ringrazio per la comprensione» proseguì Amalia, tornando seria. «Ma tu non conosci davvero la verità... credimi, è meglio così. Ho... bisogno di restare da sola, per capire che cosa voglio davvero. Mi dispiace, davvero, ma non vedo altre soluzioni.»

La Markov non sembrava ancora molto convinta, ma poi si limitò ad annuire. «Va bene allora... se vuoi farlo io non posso certo impedirtelo... sappi solo che qui avrai sempre una famiglia ad attenderti. Spero di rincontrarti, un giorno o l’altro.»

«Lo spero anch’io. Stammi bene, biondina.»

«Stammi bene, Komi.»

E senza aggiungere altro, Komand’r si voltò e cominciò a correre. Passò oltre la recinzione e svanì dalla visuale. Se n’era andata anche lei.

Pochi istanti dopo, Tara piegò il capo e cominciò a piangere di nuovo, ma questa volta, senza nessuno in grado di consolarla, si lasciò andare completamente. Rachel la osservò, combattuta. Fu quasi tentata di andare lei stessa a consolarla, ma poi ci ripensò. Non avrebbe dovuto assistere a quella scena, non avrebbe nemmeno dovuto trovarsi ancora lì.

Il gruppo si era sfasciato molto più di quanto credesse, ed era colpa sua. Lei era l’ultima persona in grado di consolare Tara.

Inspirò profondamente, ricacciò le lacrime che erano salite durante l’addio di Amalia e si fece coraggio. Lasciò perdere l’idea di camminare e si trasformò.

Si allontanò dal magazzino fino a quando questo non diventò una macchia indistinta in mezzo alla miriade di palazzi attorno a lei.

 

***

 

Camminava sul marciapiede, testa bassa e rinchiusa nel cappuccio, ignorando tutte le persone attorno a lei. Chissà se queste sapevano di essere libere, ormai. Di certo, lei non aveva intenzione di mettersi a sbandierarlo ai quattro venti.

Prima o poi i cittadini di Sub City lo avrebbero capito, e non era nemmeno detto che se ne sarebbero andati per davvero, con Underdog e Visionari fuori dai piedi. Alla fine, Wilson aveva fatto un discreto lavoro. Sub City era una città relativamente tranquilla e con un corpo di sicurezza adeguato probabilmente sarebbe diventata molto più vivibile. 

Lei stessa avrebbe potuto rimanere in quella città, se solo non avesse legato ad essa fin troppi brutti momenti. Momenti che non erano nemmeno poi così distanti.

Avrebbe potuto lasciare la metropoli e magari dirigersi verso ovest, a cercare quella comunità di cui Jade le aveva parlato, ma c’era tempo anche per quello. Ormai poteva fare qualunque cosa avesse voluto, andare in qualunque luogo, senza dover tenere conto di niente e nessuno.

Tutto era finito come era iniziato, con lei che camminava per una città senza una meta ben precisa, da sola, senza più un amico e con mille rammarichi.

Se non altro, almeno, era indipendente. L’unica nota positiva presente in quel lunghissimo percorso solitario che era stata la sua vita.

Alzò lo sguardo. Il Diner era lì, dall’altro lato della strada, uguale a come lo aveva lasciato la prima volta che lo aveva visto, con Lucas, solamente due giorni prima. Sentì le proprie viscere contorcersi a quella vista. Non sapeva perché era tornata proprio in quella strada, ora che ci pensava. Aveva agito quasi in automatico, forse perché lei e Rosso erano capitati di fronte a quella tavola calda proprio in quella che, di fatto, era stata la loro ultimissima perlustrazione come partner.

Sospirò e scacciò quei pensieri. Non c’era più tempo per essere nostalgici.

Girò l’angolo, abbassando di nuovo lo sguardo, e andò a sbattere contro qualcuno. «Mi scusi...» biascicò, indietreggiando imbarazzata.

«Tranquilla, cose che capitano.»

Rachel sgranò gli occhi. Quella voce si conficcò nella sua testa come la punta di una lancia. Era da tempo che non la sentiva, ma non avrebbe mai potuto dimenticarla.

Sollevò lo sguardo, interdetta. «Tu...» sussurrò, incapace di pensare.

«Finalmente ci rincontriamo, vero Rachel?» domandò Dominick, sfoderando un sorrisetto arrogante da far invidia a tutti quelli che lei aveva visto sino a quel giorno.

«Che... che cosa vuoi da me?» domandò ancora lei. Indietreggiò ancora di scatto, finendo con lo sbattere contro un altro individuo.

«Accidenti Rachel, perché non fai un po’ di attenzione a dove metti i piedi?»

Corvina pietrificò. No... anche lui no...

Si voltò, per poi sbiancare alla vista di Kevin. Il ragazzo sorrise, al pari del suo socio. «Come va, bellezza?»

Per un momento Rachel non ci capì più nulla. Rimase imbambolata, ad osservare prima l’uno e poi l’altro, il cervello che rifiutava di collaborare con lei, le parole che continuavano a morirle in gola. Tuttavia, poi, rimase concentrata sui sorrisetti di entrambi. E a quel punto realizzò che era stanca di farsi prendere in giro.

La sua espressione mutò drasticamente e strinse i pugni, scrutando il capo della banda con odio. «Vi avverto, esco da un momento alquanto turbolento, quindi se non volete ritrovarvi con il sedere preso a calci fino al confine della città, farete meglio a dirmi che cosa diavolo volete da me una volta per tutte!»

«Wow, non ti ricordavo così esplosiva, sai?» replicò Dominick, per nulla intimorito. Ridacchiò, poi si fece un po’ più serio. Le posò una mano sulla spalla, per poi accennare con il braccio al marciapiede su cui le persone continuavano a marciare ignorandoli completamente. «Camminiamo un po’. Vuoi?»

Rachel esitò. Non sapeva affatto cosa stesse succedendo, ma non le piaceva per niente. Si voltò verso di Kevin, il quale, senza levarsi dalla faccia il suo maledetto sorriso, la invitò con un cenno del capo ad accettare la proposta.

Corvina fece una smorfia, poi tornò a guardare Dominick. «Hai cinque minuti.»

«Me li farò bastare.»

Cominciarono a camminare. Dom e Rachel rimasero fianco a fianco, mentre Kevin, alle loro spalle, sembrava quasi volersi accertare che tutto quanto procedesse senza intoppi.

Arrivarono quasi all’incrocio successivo, prima che il castano decidesse di prendere la parola. «Innanzi tutto, permettimi di ringraziarti.»

«Per cosa?» Rachel inarcò un sopracciglio, guardandolo.

«Per esserti sbarazzata di Deathstroke e Dreamer.»

«Ah.» La conduit riportò lo sguardo sul marciapiede, poi scrollò le spalle. «Non sono stata io ad ucciderli.»

«Tu hai comunque permesso che ciò accadesse.»

 «Sì, beh, io non ne vado molto fiera.»

«Poco importa.» Dominick si voltò verso di lei, scoccandole un’occhiata complice. «Mi hai comunque fatto un gran favore.»

«Dacci un taglio, Dominick. Chi sei veramente? Che cosa vuoi davvero da me?»

Lui ridacchiò. «Accidenti, vuoi andare dritta al punto, eh?»

«Hai ancora quattro minuti» ribatté lei, freddamente.

«Va bene, va bene.» Dom alzò le mani in segno di resa. «Ho capito. Non hai tempo da perdere. Allora...» Il castano si fece serio all’improvviso. Un pugno in un occhio, dopo averlo visto con quella sua aria da menefreghista perennemente incollata sulla faccia.

«... cosa penseresti... se ti dicessi che posso aiutarti con il tuo problema?»

Rachel sussultò. «Q-Quale problema?»

«Non fare la finta tonta, Rachel. Sei stata tu a voler andare dritta al sodo, e io ti ho accontentata. Sai benissimo di quale problema sto parlando. Lo stesso problema che ti ha spinta a separarti dai tuoi amici.»

Lo stupore di Corvina tornò ben presto ad essere indignazione. Un’altra cosa di cui era stanca, era che chiunque sembrava sapere quasi meglio di lei cosa le stesse succedendo.

«Si può sapere come fai a saperlo?» Rachel si voltò verso di Kevin, per scoccargli un’occhiata incendiaria. «Te l’ha detto Fido?»

Per tutta risposta, il ragazzo sollevò il dito medio.

«No, non è stato lui» rispose intanto Dominick, con calma. «Ti spiegherò tutto a suo tempo, puoi stare tranquilla, ma adesso devi rispondere alla mia domanda.»

Rachel fece scorrere lo sguardo da Kevin a Dom, non sapendo nemmeno più con chi dei due doveva essere arrabbiata. «Certo, sì, vuoi aiutarmi. Mi hai spiata per tutto questo tempo, ma vuoi aiutarmi. Va bene. E come vorresti fare, di grazia?»

Dominick ignorò bellamente il chiaro sarcasmo con cui lei pronunciò quella frase. Essendo pure lui decisamente più alto della ragazza, chinò il capo per osservarla meglio con i suoi occhi castani. Non sembrava essere mai stato così serio. «Io posso cancellarti i poteri» disse, tutto ad un fiato.

Un fulmine a ciel sereno. Ecco cosa sembrarono quelle parole alle orecchie di Rachel.

«Tu... tu ne sei in grado?» domandò lei, sbigottita. «Ma... ma allora anche tu sei un... un...»

Lui la zittì posandole l’indice sulle labbra, cosa che la scandalizzò a dir poco. Dom, invece, parve non essere minimamente imbarazzato. «Tu non sopporti più i tuoi poteri, ho ragione?» proseguì, allontanando infine il dito. «Ritieni che siano la causa di tutto e che senza di loro potrai finalmente vivere in pace. Vero?»

«I-Io...» Corvina esitò. Fino ad un’ora prima avrebbe risposto di sì senza esitazioni. Aveva tentato perfino lei stessa di cancellarsi i poteri, visto che, a quanto pareva, ne era capace, ma ovviamente non c’era riuscita. Sicuramente, le due volte che era capitato aveva agito di istinto, probabilmente i poteri avevano assecondato le emozioni provate durante l’urgenza di quei momenti e quindi avevano fatto tutto da soli.

Di conseguenza, lei non sarebbe mai riuscita a cancellare i poteri di sua spontanea volontà, né a sé stessa, né a nessun altro. Non subito, almeno. Le sarebbe servito parecchio tempo, mesi, forse perfino anni, per riuscire a capire come fare. Un po’ come aveva fatto con tutte le sue altre capacità.

Tuttavia, nonostante le si fosse appena presentata di fronte quella possibilità che tanto cercava, stentava a credere che non ci fosse qualcosa di sbagliato sotto.

«Naturalmente è una tua scelta» precisò Dominick, abbassando le braccia e tornando serio. «Io non voglio certo obbligarti ad accettare.»

«Ma perché vuoi farlo?» domandò ancora la ragazza. «Perché vorresti... aiutarmi? Qual è il tuo obiettivo?»

 «Io sono solo uno spettatore» spiegò lui, abbozzando un altro sorriso. «Non ho nessun obiettivo in particolare. Ti ho vista nei guai, e ho deciso di aiutarti. Tutto qui.»

«Perdonami, ma fatico a crederci» ribatté la corvina, con freddezza. «Nessuno fa qualcosa per qualcuno in cambio di niente. Non al giorno d’oggi. Tu hai un secondo fine, ne sono sicura.»

Dopo quell’affermazione, Dominick sospirò. «D’accordo allora, facciamo così.» Il castano le posò una mano sulla spalla, poi accennò con il capo ad una macchina parcheggiata sul ciglio della strada. «Permettimi di darti un passaggio fino alla mia umile dimora per offrirti un caffè. Nel frattempo potremo discutere con più calma, e dopo potrai decidere se accettare o no la mia proposta. E se rifiuterai, allora ti lascerò andare con la promessa di non importunarti mai più. Che ne dici?»

Rachel rimase in silenzio per un istante, a riflettere su quelle parole. Qualcosa le suggeriva di non fidarsi davvero di quelle parole, tuttavia lo sguardo di Dominick sembrava davvero sincero.

«Io un caffè lo accetterei» suggerì Kevin, alle sue spalle. «Soprattutto quando è quel braccino corto di fronte a te ad offrirlo. Un’occasione più unica che rara.»

«Così mi offendi, Kev.»

Corvina guardò prima l’uno poi l’altro, con un sopracciglio sollevato. Non riusciva a capire se la loro tranquillità fosse reale oppure solo apparente. Il campanello di allarme nella sua mente continuava ancora a dare dei cenni di vita, tuttavia... un caffè poteva concederselo. Era passata un’eternità da quando ne aveva bevuto uno degno di questo nome.

Doveva inoltre riflettere sulla proposta di Dom. Nonostante tutto, un po’ ne era rimasta intrigata. Essere finalmente libera dei suoi poteri... quasi un sogno che diventava realtà. Lei non li aveva mai voluti e non aveva fatto altro che generare del male con essi, a discapito di ciò che aveva sempre creduto. L’unico motivo per il quale era riuscita a convivere con loro era il pensiero di poterci fare del bene, cosa che invece si era, sì, avverata, ma al contrario.

E in ogni caso, se la situazione avesse cominciato a farsi più scomoda del dovuto, non avrebbe esitato un solo istante ad alzare i tacchi. Dominick aveva detto che non l’avrebbe fermata, e lei voleva credergli. Se invece si fosse opposto, beh... allora l’avrebbe costretta a fare dell’altro male, questa volta intenzionale, con i suoi poteri.

«Va bene» asserì infine. «Andiamo pure a questa umile dimora.»

«Ottimo» rispose il castano, sorridendo cordiale. «Kev, vuoi avere tu l’onore di scarrozzarci?»

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi, eccomi, ce l’ho fatta. Incredibile ma vero.

Ok, ammetto che è stato un capitolo un po’ troppo... frettoloso. Ma ho tante cose da fare, e il tempo scarseggia un pochettino ultimamente. Ho deciso di condensare un po’ le cose. Tanto, alla fine, non c’è più bisogno di allungare il brodo. Sapete tutto quello che avete bisogno di sapere, e quelle poche cose ancora non chiare verranno chiarite nei prossimi capitoli.

Spero  che questa parte vi sia comunque piaciuta, personalmente, sono contento di aver finalmente fatto riapparire Kevin e Dominick e di aver finalmente chiarito il passato di Amalia. Ecco, a proposito di quest’ultima cosa... si, beh, insomma, chiunque al suo posto avrebbe un tantino perso la testa, no? Spero che questa rivelazione non vi abbia scioccati troppo. 

Poi, ammetto che forse anche Rachel ha un tantino esagerato, decidendo di scappare, però, siate onesti, pensavate davvero che sarebbe rimasta fino alla fine con i suoi amici, pur sapendo di essere una minaccia per loro? Io dico di no.

Ora altre domande troveranno finalmente risposte. Siamo alle fasi finali della storia ragazzuoli miei, ormai non manca molto. Spero di riuscire a finire per la fine del mese prossimo, massimo massimo ad agosto.

La verità sta per venire a galla. Stay tuned ragazzi, stay tuned.

Alla prossima!

   
 
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