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Autore: cateca    21/06/2016    1 recensioni
<< Scusa, ti chiedo scusa. - mi dice, ma si vede che lo ha detto senza essere veramente dispiaciuto  - Accetto il tuo aiuto. >> dice semplicemente e mi guarda in attesa. 
Lo scruto cercando di ponderare la situazione: è un presuntuoso del cavolo ma dice di aver bisogno del mio aiuto in una materia della quale non gli frega un accidente. 
<< Va bene ti aiuto, ma sappi che non lo faccio per te. >>
< Classica frase da sedicente menefreghista. - Lo fulmino. - OK, la smetto. >>
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Entro a scuola con la faccia di una pazza psicopatica che non ha dormito per tre settimane, e più o meno è così. Sono vestita non come al mio solito, ma con dei jeans e una maglietta bianca, sono così maschiaccio che la mamma mi ha detto se sto per trasformarmi in James Dean.

Magari potessi, così scapperei da questa scuola, da questa città, da questa vita.

Sposto la frangia ai lati del viso, ormai si è allungata fino al naso perché non ho mai avuto voglia di andare a tagliarmi i capelli, e chi se ne frega delle doppie punte.

Cammino pesantemente verso l’entrata della scuola e sono in ritardo, quindi nel cortile davanti all’edificio non c’è nessuno. Tanto meglio, così non devo avere la decenza di salutare o fermarmi a parlare con le persone. Trascino i piedi verso il portone e proseguo verso l’aula della prof d’inglese. 

Quando entro mi riprende per il ritardo e io mi scuso, giusto per non sentirla sbraitare. Come a solito, la mia forza vitale, che mi dovrebbe spingere verso una vita autentica nella quale sono realmente me stessa e faccio quello che voglio, è dormiente, e si adatta al mondo circostante. Probabilmente aveva ragione quello stronzo di Michael quando diceva che non vivevo veramente.

Michael, che palle.

Sono passati esattamente tre giorni da quella notte e per fortuna c’è stato il weekend di mezzo e lunedì di festa, quindi non ho dovuto sforzarmi per cercare di evitarlo qui a scuola, in più i miei sono andati dall’altra parte dello stato per il lavoro di papà, cosi non ho dovuto mantenere un comportamento decente e normale davanti a loro. Almeno fino ad adesso.

Quella sera mi ha lasciato sconvolta, quasi spenta, come se l’accaduto mi avesse risucchiato di ogni spinta vitale. Ho passato tre giorni sul letto, a dormire o a leggere, senza concludere assolutamente nulla di produttivo. Ho mangiato ogni ben di Dio che era in casa, compreso un panetto di burro, spalmato sopra ogni cosa che contenesse carboidrati. Non mi pettino i capelli da giorni e non so dove ho trovato le forze di farmi la doccia stamattina.

Non sento la lezione, ho il libro aperto a una pagina a caso, e scarabocchio sul quaderno, con il viso appoggiato sulla mano chiusa a pugno. Non riesco a gestire i pensieri, che si susseguono incontrollabili.

Continuo a pensare a quella notte, a ricordarmi e immaginarmi di nuovo il momento in cui l’ho visti e il momento in cui sono scappata, come una deficiente. Mi ritrovo a fantasticare su come poteva andare, cosa fosse successo se avessi parlato con lui, se mi fossi arrabbiata, se avessi lanciato un sasso alla finestra e avessi rotto il vetro, nonostante so che non l’avrei mai potuto fare.

La lezione passa in fretta, come quelle successive, ed io non apro bocca a meno che non sia interpellata. Non incontro i miei amici, né Michael, e sinceramente sto cercando di evitarli. Ho intravisto Luke e Calum nel corridoio, ma ho abbassato la testa e sono fuggita via.

Con mio orrore, mi rendo conto che devo andare in palestra, ma non mi sento in vena di affrontare un’elettrizzante lezione di ginnastica, anche perché mi sento piuttosto debole e ho male alla pancia. Mi chiedo quando mi deve ritornare il ciclo, ma di solito il mio è piuttosto regolare, e mi aspettano ancora quasi due settimane prima del suo arrivo. 

Entrando noto buttati per terra gli attrezzi che dovrei usare se facessi ginnastica: corde e pesetti. Inorridisco davanti a quegli arnesi e sono ancora più motivata nel voler saltare la lezione.

Mi dirigo verso il banco che funge da cattedra, cercando di essere più abbattuta possibile, non che mi serva sforzo, e vado incontro alla prof di educazione fisica, la morbida signora Winger. È alta un metro e cinquanta e larga altrettanto, ma il suo viso bellissimo e armonico non permette a nessuno di reputarla una brutta signora. 

Vado da lei e le spiego che non mi sento molto bene a causa del ciclo, mentendo spudoratamente, e lei comprensiva mi fa sedere su una panca, affrontando la situazione molto seriamente e prendendomi il viso tra le sue mani.

<< Ledger, tesoro, sei molto pallida. – mi dice leggermente in apprensione, mettendomi una mano sulla fronte per sentire la temperatura – E scotti un po’. >> aggiunge.

<< Ma no, prof, sarà colpa delle mestruazioni – ribatto subito, leggermente allarmata. – Non si sa mai cosa ci combinano, ogni mese. >>

La prof mi sorride e mi da una carezza sui capelli, allontanandosi per arrivare allo sportello con le medicazioni che abbiamo in palestra, tirandone fuori un termometro. Sbuffo piano, cercando di non farmi notare, la situazione mi sta sfuggendo di mano; non ho la febbre, voglio solo evitare di fare ginnastica.
La prof agita il termometro e mi dice di metterlo sotto il braccio, assicurandomi che mi richiamerà dopo cinque minuti per controllare. Alzo gli occhi al cielo e mi infilo il termometro sotto l’ascella, mentre in palestra entrano i miei compagni, vestiti con la tuta. Proprio quello che volevo evitare. 

Mer, Lola e Luke si avvicinano a me e cominciano a ciarlare inutilmente, preoccupati del mio stato, mentre io li rassicuro che forse è solo un’esagerazione della prof. Mer mi guarda preoccupata e, quando se ne vanno Lola e Luke, lei mi guarda con un’espressione interrogativa.

Io scuoto la testa, mimando che sto bene, ma lei non è convinta. Mi giro verso la porta della palestra e vedo entrare Michael.

Il mio corpo s’immobilizza e sposto subito lo sguardo verso la prof e i miei compagni, in fila per l’appello. Comincio a sudare freddo, e il mio cervello si spegne. Sento il suo sguardo addosso, e con la coda dell’occhio vedo che il suo viso è rivolto verso di me, ma lo ignoro, stavolta puntando lo sguardo sulle mie ginocchia.

I cinque minuti passano molto lentamente, mentre la prof fa l’appello ed io guardo i tutti i posti meno che verso Michael. Finito l’appello, i ragazzi sono mandati a correre in cortile e, quando escono dalla porta, io respiro. La prof viene verso di me e mi controlla il termometro.

<< Hai 37.5 tesoro, non è alta, ma è comunque febbre. Vai in infermeria, sapranno loro cosa fare. >>
Che palle, ora ci voleva anche la febbre.

Mi dileguo dalla palestra e saluto la prof assicurandole che andrò in infermeria. Appena uscita dalla porta della palestra però, giro verso lo sgabuzzino degli attrezzi e non verso l’uscita. Lo sgabuzzino è un bagno abbastanza grande da contenere palle di vario tipo, hula hoop appesi al muro, racchette da tennis e altre cavolate che non userò mai in tutta la vita.

Scivolo per terra appoggiandomi nel muro e mi sento al sicuro, insomma chi mai sarebbe potuto venire qui? Alzo la testa verso il soffitto, incantandomi a vedere le ragnatele sul muro e un ragnetto che si muove freneticamente.

Non so quanto tempo passa ma a un certo punto sento le gambe che mi fanno male per stare incrociate, così cambio posizione. Le allungo sul pavimento sporco, ignorando la polvere che mi entrerà anche nelle mutande, e continuo a fissare il ragno.

A un tratto sento uno scricchiolio proveniente dall’entrata della stanza che mi spaventa a morte: la porta è aperta ed entra Michael. Impreco nel mio cervello, mentre cerco di restare impassibile alla sua presenza, ma la situazione ha colto di sorpresa entrambi, lo vedo dalla sua espressione.

Rimaniamo per qualche secondo in silenzio, io non ho la minima voglia di cominciare a parlare, così sposto lo sguardo sui palloni.

<< Ehi. - sussurra lui. Rimane per un attimo bloccato e dondola leggermente, poi fa l’ultima cosa che volevo: cammina verso di me e si mi siede vicino, sul pavimento sudicio. – Come stai? >> mi chiede poi indicando la mia pancia.

Mi accorgo che la mia mano destra è posata sul mio addome, nemmeno me ne ero accorta. Alzo le spalle e mormoro un “così così”. Con la coda dell’occhio lo vedo che appoggia la testa al muro e alza lo sguardo verso il soffitto.

Stiamo così per un tempo che mi sembra interminabile, in silenzio.

<< Stavo scappando dagli esercizi con la corda della prof, tanto non si accorgerà mai che manco… - comincia a parlare lui ma io non mi giro verso il diretto interessato. Michael se ne accorge e vedo che gli da fastidio perché chiude le mani in pugni. Dopo qualche secondo le distende. – Vuoi parlare? >> 

Lo guardo stranita, più di quanto vorrei dare a vedere, e lui ritrae la testa di qualche centimetro da me. 
Silenzio, ancora.

<< Io vorrei parlare dell’altra sera… >> dice, iniziando di nuovo il discorso ma io non gli rispondo, di nuovo.

Non voglio parlarne, non voglio sapere nulla, voglio evitare completamente tutto ciò che riguardi qualcosa di quella sera. Non sono ancora pronta, sento che se ne parlassi potrei scoppiare a piangere per non finire mai più. Trovarmi in questo sgabuzzino con lui è la cosa peggiore che mi poteva mai succedere.

Sento un accenno di nausea che mi invade la gola e la pancia, ma cerco di non far notare il mio riflesso involontario che mi spinge a mettermi una mano sul collo.

<< Dai Phone, vorrei parlarne. – continua Michael ma un altro attacco di nausea mi invade e non ce la faccio più. Mi alzo in piedi, più lentamente di quanto vorrei, e comincio a fare un passo ma Michael mi afferra la caviglia. – Lasciami solo spiegare, per me quella ragazza non è nessuno, io…>>

Scuoto la gamba per togliermi di dosso la presa di Michael e apro la porta che era socchiusa, per dirigermi velocemente verso lo spogliatoio delle donne. Apro la porta del bagno.

<< Non puoi scappare per sempre Phone, dovrai parlarmi prima o… >>

Vomito nel water. Il mio corpo cade in ginocchio davanti alla tazza ed io riverso tutta me stessa dentro l’ovale. Ogni conato si trasforma in schifo che il mio corpo rigetta. Sento che i capelli mi vengono presi per venire spostati da davanti la mia faccia e tenuti fermi sulla mia schiena.

Michael mi sussurra di stare tranquilla e di buttare tutto fuori, mentre mi accarezza la schiena. Il mio corpo è scosso da tremolii che mi sconquassano anche gli organi interni. Dopo mezzo minuto è finito tutto.

Sento la bocca impastata e mi faccio ribrezzo da sola. Mi siedo per terra incrociando le gambe, mentre sto ancora tremando. Michael si inginocchia accanto a me e mi prende il viso tra le mani. Sento solo la preoccupazione di aprire la bocca perché la sento piena di schifo, ma lo faccio comunque.

<< Non voglio parlare di quella cazzo di serata.>>







Hello.

Buuoonasera a tutti.
Nuovo capitolo e mi scuso immensamente per la scarsità di azione e di avvenimenti presenti in queste quattro parole messe in fila. L'ho scritto una settimana fa e non ho nemmeno avuto la forza per modificarlo o (cercare di) migliorarlo.
Questi giorni sono stata risucchiata dallo studio matto e disperatissimo pre-maturità, quindi capitemi, sono un pochino occupata hahaha
Essendo una di quelle persone che studia tre ore a settimana, e quindi non avendo studiato una beata minchia durante tutto l'anno, in questi giorni ho fatto una full immersion negli argomenti della tesina e mi sto drogando di limiti, derivate e integrali...
E ancora non ho messo mano alle materie di terza prova!
Ma prendiamola a ridere, alla fine l'importante è la salute.
Per tutti gli sfigati che domani si troveranno a soffrire davanti alle tracce di italiano (scegliete l'analisi del testo, cazzata assurda), in bocca al lupo da parte di una stronza maturanda come voi.
Mi raccomando non fatevi prendere dal panico o sprecherete
tempo prezioso.
Tanto alla fine non conta un cazzo il voto con cui esci.
Però che ansia.
Ora vado a cantare "Notte prima degli esami" sotto scuola, giusto per stare allegri.
 
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Baci.
 
   
 
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