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Autore: _Cthylla_    23/06/2016    1 recensioni
Nel riacquisire la potenza perduta in attesa di dare nuovamente battaglia ai Guardiani, Pitch Black finisce nella stanza del bambino sbagliato.
Dal testo:
"Si era svegliato, e lo aveva visto uscire dall’ armadio, per poi andare vicino al suo letto. Sogghignava, mostrando denti storti e occhi dorati che scintillavano nel buio.
Zachary non aveva avuto molti dubbi sulla sua identità, perché sua nonna lo aveva descritto proprio in quel modo: alto, magro, naso impossibile, capelli neri, pelle grigia, un bel po’ brutto. L’Uomo Nero aveva riso, mentre degli strani cavalli neri fatti di chissà cosa gli stavano accanto, poi era scomparso.
[...]
La seconda notte, invece, l’Uomo Nero non aveva aspettato neppure che si addormentasse: era uscito di nuovo dall’armadio, e aveva trasformato in realtà l’incubo della notte prima. Un cobra di sabbia nera -era sabbia, alla fine lo aveva capito- gli era strisciato nel letto, e dopo quello un serpente a sonagli, un mamba, un pitone e tanti altri…troppi. Lo avevano seppellito, esattamente come nell’ incubo, ma stavolta era stato reale…orrendamente reale.
Non gli era piaciuto.
Era ora di farla finita."
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Pitch
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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°° Just Like Fire °°







«…mi ascolti? Parlo con te! Vuoi che andiamo a giocare a baseball o no?»

Niente da fare, il suo fratellino sembrava essersi estraniato dal mondo circostante, perso in chissà quali pensieri, e Michael Connors non riusciva proprio a evitare di inquietarsi leggermente ogniqualvolta accadeva.

Avrebbe potuto lasciar correre se fosse stato un bambino qualunque, ma Zachary era precisamente l’opposto.

Se non lo si conosceva era facile intenerirsi e, perché no, anche meravigliarsi guardandolo: il suo albinismo parziale -causante anche la sua eterocromia- e la sua piccola statura lo rendevano una creatura non solo inconsueta, ma all’apparenza fragile e delicata, e qualunque negoziante era pronto a regalargli caramelle per uno dei suoi sorrisi estremamente dolci. Lo credevano una specie di angioletto.

Con un’attività cerebrale fin troppo superiore alla norma.

Che faceva Dio solo sapeva cosa con quel Piccolo Chimico che i nonni paterni avevano regalato “al piccolo genio di casa”.

Che quando aveva tre anni aveva dato fuoco alla rimessa del vicino perché il fuoco era “tanto carino”.

Era accaduto poco più di due anni prima, e non era qualcosa che Michael potesse dimenticarsi facilmente, nonostante quell’atto fosse stato privo di conseguenze per entrambi. No, non poteva permettersi di lasciar correre, neanche volendo. «Zachary!»

Quel richiamo parve riportare il bambino alla realtà, al punto che si degnò persino di voltarsi verso il fratello. «No, non mi va il baseball» disse, dimostrando di aver sentito «Forse dopo. Adesso sto pensando».

«Mi ero accorto che stavi pensando, e a tal proposito…a cosa stavi pensando di preciso? Spero che tu non ce l’abbia ancora con quel serpente del circo, può capitare che fuggano e mangino il cibo di uno spettatore!»

Il visetto di Zachary assunse un’espressione neutra. «Per colpa sua odio tutto quello che striscia» affermò «Ma non pensavo a quello. Lentiggine, a te è mai capitato di vedere un tizio che si chiama Uomo Nero?»

Il diciottenne sollevò entrambe le sopracciglia, con fare perplesso. «Zeke, di uomini neri ormai se ne vedono tanti, in giro…»

«Ma no! Io non parlavo della pelle!» disse Zachary «Uomo Nero è il suo nome!»

«Aaah, adesso forse ho capito. Beh…ogni tanto qualcuno lo tira in ballo in libri e film teoricamente horror che invece in realtà non lo sono affatto» Michael fece spallucce «Oppure in qualche storia de la abuelita Isabèl« aggiunse poi «Ma non devi credere a quel che racconta: l’Uomo Nero non porta via i bambini cattivi né in Argentina né in nessun altro posto. Questo perché ovviamente, come dovresti sapere bene anche tu, non esiste».

Zachary non rispose, limitandosi a guardarlo con un’espressione indecifrabile.

«Tu lo sai che non esiste, vero?» tornò a dire Michael.

«Quindi non lo hai mai visto» concluse il bambino.

«Per forza di cose, abbiamo appena stabilito che non esiste!»

Zachary non commentò quell’ultima affermazione, ma dopo qualche momento si voltò a indicare la libreria. «Mi dai l’enciclopedia?»

«Anche il vocabolario?»

Zeke annuì, e Michael decise di accontentarlo, dopo un breve sospiro. Gli altri bambini di cinque anni leggevano favole illustrate, e lui invece cosa faceva? Leggeva l’enciclopedia, e andava a cercare nel vocabolario le parole che non capiva!

Si allontanò, decidendo di salire su nella propria stanza, e scrollò le spalle. Probabilmente anche quello faceva parte dell’essere una specie di piccolo prodigio. Stava di fatto che probabilmente Zachary conoscesse più parole di lui, dal momento che gli aveva detto di essere arrivato a leggere fino alla lettera “N”.

Una volta che fu sicuro di essere rimasto solo, Zachary aprì l’enciclopedia, andando direttamente dove aveva lasciato il segnalibro. Aveva visto una parola secondo lui molto interessante, che forse poteva aiutarlo a risolvere il suo problema attuale.

Michael poteva dire quello che voleva, ma lui era più che sicuro che l’Uomo Nero delle storie di nonna Isabèl esistesse davvero. Sapeva benissimo cosa aveva visto, ed era più che sicuro che fosse tutto reale.

La prima notte era giunto con un incubo.

Zeke, povero bimbo innocente, stava sognando di saltellare allegramente in un posto fantastico con prati verdi, lecca-lecca giganti che spuntavano dal terreno come fossero state piante, e piccoli putti alati che, insieme agli unicorni, erano i soli abitanti di quel posto. Lui era munito di un fucile spara arcobaleni e di una spara bolle, e stava giocando allegramente con gli indigeni, il tutto accompagnato da una canzone che faceva “do you believe in magic? In a young girl’s heart, how the music can free her, whenever it starts!”…

Poi la musica era finita, ed erano arrivati i serpenti, i vermi, i bruchi, tutto quello che strisciava -e che lui dunque odiava-. La musica era finita, gli unicorni erano volati via insieme ai putti, e lui era rimasto solo a cercare di difendersi da quella grande massa strisciante che lo stava seppellendo, soffocandolo…

Si era svegliato, e lo aveva visto uscire dall’armadio, per poi andare vicino al suo letto. Sogghignava, mostrando denti storti e occhi dorati che scintillavano nel buio.

Zachary non aveva avuto molti dubbi sulla sua identità, perché sua nonna lo aveva descritto proprio in quel modo: alto, magro, naso impossibile, capelli neri, pelle grigia, un bel po’ brutto. L’Uomo Nero aveva riso, mentre degli strani cavalli neri fatti di chissà cosa gli stavano accanto, poi era scomparso.

La seconda notte, invece, l’Uomo Nero non aveva aspettato neppure che si addormentasse: era uscito di nuovo dall’armadio, e aveva trasformato in realtà l’incubo della notte prima. Un cobra di sabbia nera -era sabbia, alla fine lo aveva capito- gli era strisciato nel letto, e dopo quello un serpente a sonagli, un mamba, un pitone e tanti altri…troppi. Lo avevano seppellito, esattamente come nell’incubo, ma stavolta era stato reale…orrendamente reale.

Non gli era piaciuto.

Era ora di farla finita.

“…ottenuto dalla coprecipitazione…co-pre-ci-pi-ta-zio-ne…sì, sì, so cosa vuol dire…dei sali di alluminio dell’acido naftenico e dell’acido palmitico” lesse in silenzio “il primo agente di gelificazione…cosa vuol dire ‘gelificazione’? Vocabolario!” pensò, aprendo il volumetto “geeeee….gelificare: trasformare in gel. Va bene. Allora: il primo agente di gelificazione utilizzato per la benzina fu il palmitato di sodio…i tedeschi usavano il naftenato di alluminio per gelificare la benzina…rispetto alla semplice benzina, presenta inoltre il vantaggio di essere impermeabile all’acqua. Sì! Proprio quello che mi serve!” sorrise, chiudendo l’enciclopedia “così potrò di nuovo dormire in pace!”

Si alzò e uscì di casa, diretto al capanno degli attrezzi che ormai era diventato il suo “piccolo laboratorio personale”: era lì che teneva il Piccolo Chimico che gli avevano regalato i suoi nonni. Un Piccolo Chimico semi professionale, andava detto, tanto da potergli consentire di ottenere la coprecipitazione di acidi che voleva.

Let’s practice chemistry!” pensò Zachary, sfregando tra loro le piccole mani candide quasi quanto i capelli, mentre un sorriso sornione assai preoccupante gli compariva sul visetto da bambolotto.

La benzina sarebbe stata l’ultimo dei suoi problemi…avevano due auto.

 

 

 

[…]

 

 

 

La notte era calata, e finalmente era giunto il suo momento.

Quello era un buon periodo, per Pitch Black: i Guardiani avevano creduto di averlo definitivamente sconfitto alla fine dei Secoli Bui, e lui era stato abbastanza lungimirante da decidere di tornare a raccogliere potere mantenendo un basso profilo, così da ridurre al minimo i rischi che qualcuno si mettesse in mezzo.

Tra pochi anni avrebbe raggiunto un livello sufficiente di potere da attaccare i suoi principali nemici, anch’essi indeboliti dall’aumento progressivo di bambini sempre meno disposti a credere in qualcosa che non riuscivano a toccare. Era il 1999, ormai era così che girava il mondo, specie nelle patinate periferie americane come quella dove si era appena recato.

Fino a due notti prima non era mai stato in quello specifico quartiere della periferia di Washington, impegnato a cercare altrove della paura più semplice da ottenere. Era arrivato lì quasi per caso, ed era stato lì che aveva incontrato quel bambino, oltre agli altri.

Nella sua paura non c’era nulla di diverso rispetto a quelle degli altri bimbetti a cui nei secoli aveva fatto visita, non era né più né meno “nutriente”; a colpirlo un po’era stato il suo aspetto.

Era un piccolo mortale, e Pitch lo sapeva benissimo, ma era così…bianco! Con un occhio azzurro e uno marrone, oltretutto. Qualche spirito avrebbe potuto tranquillamente scambiarlo per un proprio simile, se non avesse fatto attenzione.

Non che questo lo avesse indotto a risparmiargli alcun incubo, se mai il contrario: la seconda notte, invece di limitarsi ad assorbire la paura generata da un brutto sogno, aveva addirittura agito quando il bambino era sveglio.

Come si chiamava?...Zachary. Zachary Connors, se non ricordava male.

Tipico caso di minore con genitori piuttosto assenti -e Pitch avrebbe dovuto trovare il modo di ringraziarne la nonna che, non volendo, gli aveva reso un gran servizio- nonché un fratello maggiore che voleva diventare militare, e che dunque non avrebbe potuto seguirlo granché. In un certo senso era la vittima perfetta per lui, perché non aveva chi potesse rassicurarlo, o proteggerlo…e lui intendeva sfruttare questo il più possibile.

Fece atterrare elegantemente i suoi Incubi purosangue sul vialetto di casa Connors. Avrebbe potuto entrare direttamente nella stanza di Zachary, che in quella stagione teneva sempre la finestra spalancata -non che se fosse stata chiusa gli avrebbe impedito di entrare- ma il proverbio non recitava forse “l’attesa del piacere è essa stessa il piacere”?

Entrò in casa e andò in salotto. Il fratello maggiore se ne stava sul divano a guardare una partita di football…

«Dai! Dai cazzo!!!...fai punto!!!»

«Uh, che volgarità. Meriti una punizione, ragazzo» disse l’Uomo Nero, consapevole di non essere visto e udito, avvicinandosi al televisore…

«NOOOOOO!!! Merda!» sbraitò l’americano lentigginoso «Merda, ma perché?!»

…per spegnerlo proprio nel momento clou.

«Almeno impari. Ora scusami, ma devo andare a fare visita al tuo dolce e per nulla somigliante fratellino» disse Pitch, dopo una breve risatina.

Divenne un’ombra, scivolò lungo le scale che portavano al piano di sopra e sulle pareti dei corridoi. Entrò in camera dei genitori, controllando anche loro per puro sfizio e trovandoli già profondamente addormentati. Dormivano vicini, e il marito cingeva la moglie, visibilmente serena, con fare protettivo.

L’Uomo Nero rimase lì in piedi ad osservarli molto più del dovuto. Gli ricordavano troppe cose: una vita fa, un nome fa, lui aveva abbracciato sua moglie proprio in quel modo.

«Questo è stato un errore» commentò, a voce bassa quanto seccata, prima di lasciare quella stanza più in fretta che poteva. Meglio andare in camera del bambino, spaventarlo ancor più rispetto alle altre due notti, e non tirarla più per le lunghe.

Scivolò silenziosamente nella stanza di Zachary. Il bambino dormiva placidamente, avvolto nel suo lenzuolo decorato con molteplici versioni di quel…coso giallo a palla che la gente chiamava “Pac-Man”, stringendosi al cuscino.

Pitch era quasi deluso che Zachary non lo avesse di nuovo aspettato alzato, visto e considerato che i loro “appuntamenti”, quelle due notti, avevano mantenuto precisamente lo stesso orario. Aveva veramente creduto che lo avrebbe lasciato perdere, dopo quel che era successo la notte prima? Era stato davvero così ingenuo?

«Alla fine è anche comprensibile…hai solo cinque anni» sospirò, infilandosi dentro l’armadio passando per la fessura tra le ante «Cosa potrei pretendere di più da un bambino, anche strano come te?»

Lasciò che i suoi purosangue si avvicinassero a Zachary, pianificando di farlo svegliare da essi, aumentare la sua paura con un’uscita trionfale dall’armadio, e poi…farlo seppellire nuovamente dai serpenti? Farlo inghiottire da un pitone gigantesco? Un’idea valeva l’altra.

Maledizione, vedere i genitori abbracciati lo aveva messo proprio di pessimo umore.

“cosa?...”

Spiando dalla fessura, vide Zachary rizzarsi a sedere sul letto con la massima tranquillità. Pareva che non dormisse, dopotutto.

Pitch sogghignò. Piccolo sciocco, aveva forse creduto che fingendo di dormire lui l’avrebbe risparmiato, che se ne sarebbe andato senza colpo ferire? Neanche a parlarne.

Aprì le ante dell’armadio con un colpo secco e una risata. «Sei stato proprio sciocco a-»

Non riuscì a finire la frase, perché un composto semiliquido gli cadde dritto sulla testa -assieme al recipiente che lo conteneva- bagnandolo da capo a piedi. Parte gli entrò anche in bocca, con suo sommo disgusto: ma che roba era, benzina?!

Fece giusto in tempo a guardare il bambino, trovandosi sotto gli occhi la scena finale: un sorriso sornione, una piccola luce che faceva brillare di una luce inquietante i suoi occhi di diverso colore.

«Il fuoco è tanto carino, vero?»

Poi la luce non illuminò più il volto del bambino, volò e colpirlo in pieno petto, e venne l’Inferno.

Appena il fiammifero -perché di questo si trattava- sfiorò il suo corpo bagnato dal liquido, questo prese fuoco in meno di un istante. Pitch iniziò a correre e ad agitarsi mentre sentiva un dolore atroce su ogni centimetro di pelle, e l’odore disgustoso della carne bruciata. Della sua carne bruciata!

Si lanciò fuori dalla finestra senza essere perfettamente conscio di quel che stava facendo, rotolandosi e contorcendosi sul vialetto e urlando come un ossesso, senza ottenere alcun risultato concreto: qualunque cosa fosse quella roba non sembrava avere voglia di smettere di bruciare, e lui non riusciva proprio a diventare un’ombra, al momento.

Poi i suoi occhi videro la salvezza: un irrigatore automatico. Con la forza della disperazione, l’Uomo Nero lo ruppe lanciandogli contro una lama di sabbia nera…peccato che, nonostante il fiotto d’acqua che gli si riversò addosso, non arrivò alcun sollievo. Il liquido continuava a bruciare imperterrito, sembrava aver voglia di continuare a farlo in eterno.

«L’acqua non funziona col napalm! L’ho prodotto io tutto da solo, qui in bagno!» esclamò, applaudendosi da solo e con un sorriso piuttosto dolce «sono stato bravo, Uomo Nero?»

Napalm?

NAPALM?!

Ma era uno stramaledetto scherzo o cosa?!!

“O cosa”, a quanto sembrava, perché altrimenti il fuoco si sarebbe spento da un pezzo.

Il minimo di lucidità ritrovato, unito all’istinto di sopravvivenza, gli suggerì finalmente un’idea valida, ossia spegnere il fuoco ricoprendosi di sabbia nera. La coltre oscura lo privò momentaneamente di vista e udito ma, se non altro, riuscì a soffocare definitivamente le fiamme. Nonostante il dolore ancora acuto, Pitch si lasciò sfuggire un gemito di sollievo soffocato: i danni erano ingenti, ma non potevano essercene di nuovi, e ringraziò ogni divinità conosciuta per il suo fattore di guarigione da essere immortale.

Emettendo faticosi respiri rauchi, riuscì a voltare la testa in direzione della finestra.

Quella piccola bestia di Satana -che intanto aveva sempre solo cinque anni- travestita da fragile esserino indifeso gli stava ancora sorridendo.

«Se vuoi tornare per vendicarti lo puoi fare, ma guarda che ormai la ricetta del napalm la so bene» lo avvertì «Quindi se vieni qui di nuovo fallo senza serpenti e di giorno, Uomo Nero, perché io di notte voglio dormire tranquillo…buonanotte, eh!»

Detto ciò, Pitch vide il piccolo bastardo psicotico piromane allontanarsi dalla finestra, presumibilmente per tornarsene a letto con la massima serenità possibile e immaginabile, mentre lui era ancora lì a languire nel vialetto.

“Sono stato attaccato da un bambino di cinque anni che ha prodotto bell’e apposta del napalm nel bagno di casa sua” pensò, mentre le sue dita si affondavano convulsamente nel terreno “questa cosa non è possibile”.

Proprio in quel momento vide una delle fate di Dentolina volare in camera del piccolo demone albino uscito da chissà quale bolgia infernale e, sebbene si trattasse di una nemica, gli venne istintivo gridarle di fuggire. Gli usci solo un “HHHHHH!” a malapena udibile.

“Devo farmi portare via di qui” pensò, modificando parzialmente due dei suoi Incubi in modo che potessero sollevarlo con una sorta di tentacoli d’ombra.

Prese il volo proprio quando sentì il pigolio acuto della fatina.

«Una fata? Ma quanto è carina!...»
 

 

 


Ehm.

Allora.

Chi ha già avuto modo di conoscere Zachary Connors come la sottospecie di terrorista ventiduenne che è al momento, di certo non si è sorpreso molto nel leggere quello che tutti voi avete letto. Produrre del napalm in bagno è ben poca cosa, confrontata al resto :’D

 L’idea per scrivere questa storia proviene da una mia vecchia one shot presente in una raccolta, sempre pubblicata qui, chiamata “fare l’Uomo Nero è complicato”. Lì il ventiduenne Zachary Connors incontra Pitch, lasciando intendere di aver già avuto a che fare con lui in un’altra occasione…ossia questa qui!

Spero che abbiate gradito almeno un minimo l’assurdità intrinseca in tutti i fatti, e anche la, ehm, psicosi -teoricamente ancora acerba, ma in pratica non è cambiato poi così tanto!- del nostro amatissimo Zachary Connors che è tanto carino! *spara arcobaleni con un fucile* …scusate :’D

Le citazioni semi nascoste -*tossisce*koffkoff Pyro e Medico - invece sono rivolte a una persona in particolare :’D

 

Grazie a tutti quelli che hanno letto. Alla prossima…presumibilmente col nuovo capitolo di LLD 2,

 

_Dracarys_

   
 
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