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Autore: Enigmista12    23/06/2016    0 recensioni
L'approdo a Gotham City dei tre maghi più famosi del mondo getta nello scompiglio varie vite; ma un pericolo è in agguato, e bisognerà unire le forze per fermarlo.
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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“Questo...esalta le mie competenze!” Osservò Bullock sorseggiandosi il suo caffè. Lui e Gordon erano stati scelti per indagare sul caso del “muro sfondato” come lo chiamavano ironicamente alcuni poliziotti. Dapprima i due partner non avevano capito il motivo, ma ora che erano lì davanti non sapevano come altro definirlo: nel grosso edificio che si stagliava di fronte a loro c'era un buco enorme, come se avessero usato della dinamite. Però non c'erano segni di bruciature; sembrava che una mano gigantesca si fosse abbattuta sopra, sfondandolo. Era un palazzo disabitato, ma aveva importanza storica: nulla era stato trafugato, ma allora perché distruggere letteralmente quel muro? Da quando lo aveva visto Gordon si tormentava. Bullock stava per aggiungere qualche commento sarcastico quando arrivarono tre grosse limousine, dal quale scesero Falcone, Maroni e Mooney, ciascuno con il suo scagnozzo a seguirlo.

“Salve signori” salutò Falcone. Molti poliziotti salutarono frettolosamente e se ne andarono più disinvolti possibili; rimasero solo Gordon e Bullock (anche se quest'ultimo era stato trattenuto dallo stesso Gordon).

“Buongiorno signori. A cosa dobbiamo questa visita?” chiese educatamente Jim.

“Voci...” disse Mooney. “Ci siamo incuriositi a voler vedere questo “Buco nel muro”, niente di che.”

Bullock le rivolse un sorrisetto.

“Non c'è molto da vedere, Fish. Non abbiamo trovato neanche un indizio”.

Aveva appena finito di parlare che una voce eccitata si alzò.

“Detective! Ho trovato un indizio!” A parlare era stato Edward Nygma, l'eccentrico medico forense. Quando uscì dall'edificio passando attraverso il buco, rimase sorpreso a non trovare quasi più nessun poliziotto. Poi si accorse dei mafiosi.

“Oh! Buongiorno! Scusate, non vi ho sentito arrivare...”

“Cos'hai trovato, Ed?” Lo interruppe Bullock. Edward si avvicinò e mostrò lui un oggetto: sembrava un fiocchetto nero.

“A meno che il criminale che stiamo cercando non sia una bimbetta di cinque anni, dubito che possa minimamente aiutarci questo gingillo, Ed!” Sbottò Bullock.

Gordon gli fece segno di calmarsi, poi si rivolse a Nygma:

“Dove l'hai trovato?”

“Là. Insieme all'ammaccatura”. Disse Edward. Quando si accorse delle facce perplesse dei presenti si affrettò a dire:

“Ah, non sapevate? All'interno dell'edificio, nella parete proprio di fronte al buco, c'è una specie di ammaccatura, come se qualcosa ci fosse finito contro. Venite a vedere”.

Detto questo fece loro un cenno, e si fece seguire nell'edificio.

“Quindi... questo edificio sarebbe entrato in mano a qualcuno di voi?” Chiese nel frattempo Gordon a Falcone e Maroni. Questi annuirono.

“Ci stavamo ben mettendo d'accordo. Ma poi qualcuno l'ha praticamente rovinato. Ristrutturarlo costerà un occhio della testa” disse Maroni. Poi aggiunse, rivolto a Falcone:

“A proposito, su quell'edificio abbandonato sul porto... ho mandato un mio uomo a controllare che fosse proprio disabitato. Così poi vedrò bene cosa farmene di quella catapecchia che mi hai affibbiato!” Detto questo ridacchiò.

“Quale uomo?” Chiese Falcone.

*************************************************************

Oswald Cobblepot, detto Pinguino, scrutava l'edificio con i suoi grandi e pungenti occhi verde chiaro. Maroni lo aveva mandato appositamente a controllare che fosse completamente vuoto, prima di farlo sistemare: di solito, in posti come quelli, ci si nascondevano senzatetto o barboni; le porte venivano sempre chiuse a chiave, ma qualche tempo prima si erano accorti di un vetro rotto in una finestra. Accompagnato da due scagnozzi con pistole ben pronte nella cintura, il giovane si addentrò al primo piano. Quello sembrava a posto. Passò al secondo. E il terzo. E il quarto...

Mano mano che si avviava al sesto piano, l'ultimo, Oswald notò che i suoi uomini si facevano sempre più nervosi. Alla fine, irritato, si fermò in mezzo alle scale, girò e chiese:

“Posso sapere, signori, perché siete così agitati?”

“Nulla capo. E' solo che... girano delle voci: ieri sera si sono viste due di quelle figure volanti entrare qui, all'ultimo piano. E quindi...”

Oswald roteò gli occhi al cielo.

“Dio mio! Di cosa avete paura? Dei fantasmi? Siamo anche in pieno giorno!

Muovetevi, diamo solo un'occhiata e poi torniamo!”

Riprese a salire, zoppicando, le scale. Di tanto in tanto, avvertiva però una strana sensazione, come di essere osservato e seguito. Ma ogni volta si diceva che doveva essere frutto della sua immaginazione. Arrivò all'ultima porta, ruotò la maniglia e la spalancò, seguito dai suoi uomini. Si trovarono in una stanza quadrata e spoglia. In un paio degli angoli polverosi stavano ammucchiate alcuna casse di legno. Una finestra era rotta e schegge di vetro erano sparpagliate per tutto il pavimento. C'erano altre porte che conducevano in altre stanze, una per ogni parete. Oswald pensò di darci un'occhiata, ma mentre si avvicinava a quella che stava di fronte a loro, la sua attenzione fu attirata da qualcosa: seminascosto da un velo di alcune tende lì accanto, stava a terra un libro. Zoppicando gli si avvicinò e lo raccolse, esaminandolo con attenzione. Era un volume molto vecchio, quasi cencioso. Sopra si leggeva ancora il titolo: Pozioni Avanzate. Senza capire di cosa si trattasse, Oswald lo aprì. Era rovinatissimo: il proprietario ci aveva scarabocchiato così tanto i margini che era difficile riuscire a leggere qualcosa dai testi veri e propri. I due scagnozzi lo scrutavano perplessi. Nonostante non disdegnasse proprio i libri, Oswald non era un grande lettore. Eppure quel libro lo attirava in una strana maniera. Lesse le frasi scritte a mano sui margini: c'erano strane parole come “Levicorpus” o giù di lì, senza senso. Da come era stato scritto, sembrava un vecchio libro di chimica per la scuola. Solo che non si menzionavano nemmeno materiali usati per la chimica: c'erano ragni, bezoar, corna di unicorno, e tutte robe del genere. Un vecchio libro di fiabe per bambini? Ma lì di fiabe non ce n'erano. Solo ingredienti e ricette per pozioni stravaganti. Oswald non riusciva stranamente a staccarne gli occhi. Anche i due uomini si erano avvicinati per dare un'occhiata. Erano così assorti che non realizzarono nemmeno quanto tempo passasse. Dopo qualche minuto che esaminavano lo strano libro, sussultarono nel sentire una voce sconosciuta:

“Hem hem!”.

Tutti e tre alzarono di scatto lo sguardo, i due scagnozzi estrassero prontamente la loro pistola. Ma poi si bloccarono: di fronte a loro era apparsa una donna alquanto insolita: la prima cosa che Oswald pensò fu che somigliava a un flaccido, tozzo rospo. Vestiva interamente di un abito rosa acceso, orribile per la sua età, e fra i capelli corti, ricci e color topo, portava un cerchietto dello stesso colore. Pareva apparsa dal nulla, e se ne stava in piedi in mezzo alla stanza con uno strano sorrisetto. A Oswald pareva familiare, e di colpo realizzò dove l'aveva già visto: era il suo sorriso, quando stava per prendersi una cosa, e quando era sicuro al cento per cento che l'avrebbe ottenuta. Quindi non prometteva nulla di buono.

“Signora questa è una proprietà privata. Lei non può stare qui.” Disse Oswald in tono fermo e chiudendo il libro con un colpo secco. La donna ridacchiò in una maniera chioccia.

“Oh, mi perdoni tanto signor... come si chiama?”

“Oswald Cobblepot”.

“Be', signor Cobblepot, sono molto dispiaciuta di ciò che ho fatto. Però dovevo assolutamente recuperare il mio libro” detto questo indicò con lo sguardo il grosso volume tenuto in mano da Oswald. Normalmente lui glielo avrebbe dato senza troppe cerimonie. Ma quella faccia... c'era qualcosa che non lo convinceva in quella donna, nonostante l'aspetto affabile. E quel libro aveva un che di strano anche lui. Meglio non rischiare.

“Scusi, ma non sono sicuro che questo libro sia suo, signora” disse con fermezza.

“Pertanto, di chi è veramente questo libro?”. La donna sorrise amabilmente.

“Gliel'ho detto: è mio, appartiene alla mia famiglia da generazioni.”

“Curioso... che ci faceva questo suo libro in un questo edificio?”

“Ci sto vivendo qui, per adesso”.

“Questa è proprietà privata, signora, lei non può stare qui” ripeté Oswald ancora sospettoso. “E poi la chiave per entrare ce l'abbiamo solo noi; ha rotto una finestra per caso?”

La donna sembrava si stesse spazientendo: non sorrideva più.

“Allora, potrei riavere il mio libro signor Cobblepot? Lei non ha alcun diritto di tenerlo.” Oswald represse una risata.

“Mi perdoni, signora, ma lei lo sa che lavoro per Salvatore Maroni? Sa chi è don Maroni, vero?”

“Ne ho sentito parlare. Mi sono appena trasferita a Gotham”. Rispose la signora. Tese la mano come per prendere il libro, ma Oswald non glielo dette.

“Devo avere prove che sia suo e della sua famiglia, signora. E poi che razza di libro è?!”

Questa volta la donna non rispose: mise una mano in una tasca, e i due scagnozzi tirarono la sicura delle rispettive pistole pronti a far fuoco; ma la signora tirò semplicemente fuori un corto bastoncino. Gli uomini abbassarono le armi, mentre la donna puntava lentamente il legno verso di loro.

“Il libro signor Cobbelpot...adesso.”

“Altrimenti? Mi infilza?” La prese in giro Oswald, e i due uomini ridacchiarono.

Ma per poco: la donna disse delle parole che non riuscirono a comprendere. Si alzò un lampo di luce verde... e gli scagnozzi caddero a terra. Oswald si girò a guardarli senza capire, si chinò e li colpì senza ottenere alcun risultato: erano morti. Molto lentamente, il ragazzo alzò la testa verso la donna che ora puntava il bastoncino su di lui. Ma non lo guardava: borbottava tra se' e se' qualcosa su “Il Ministero non lo saprà mai” e “Questa feccia di Babbani se lo meritano” e “Basta far sparire i corpi come sempre, e andrà tutto a posto”. Oswald si rialzò e infilò la mano in tasca per pi estrarre il cellulare: non aveva armi, era la sua unica possibilità. Ma aveva appena iniziato a comporre un numero, che la donna rialzò improvvisamente la testa ed esclamò:

“Accio telefono!”

Il telefono di Oswald volò letteralmente via dalla sua mano per finire in quella della donna che buttò a terra e calpestò fino a distruggerlo. Oswald non sapeva cosa dire, fare o pensare. Per la prima volta non sapeva come cavarsi fuori da quella situazione. Il cervello gli si era come spento, non riusciva a pensare o fare nulla. Le gambe presero a tremargli. La donna lo fissò gelidamente.

“Suppongo... che adesso dovresti darmi quel libro. Avanti dammelo ragazzo, e ti farò andare via illeso.” Oswald fu tentato di darglielo, ma si bloccò: dal tono capì che la donna, indipendentemente da cosa avrebbe fatto, non l'avrebbe mai lasciato vivo. E allora non sarebbe morto come un debole, dandogli quello che voleva.

“No” sbottò così. “Non le darò questo libro. E segnati le mie parole: la pagherà cara per questo affronto. La pagherà cara!”

La donna sorrise diabolicamente. Poi levò in aria il suo bastoncino, puntandomela contro. Oswald si preparò, tremando, al lampo verde e alla morte. Ma invece, quando abbassò il legno, la donna pronunciò un'unica parola:

“Crucio!”

L'effetto che ne seguì fu atroce: Oswald di colpo sentì un dolore tremendo colpirlo in ogni parte del corpo, un dolore così atroce che non ne aveva mai provato in tutta la sua vita. La vista gli si annebbiò, cadde a terra e urlò, urlò come non aveva mai urlato prima. Si strinse il corpo con le braccia senza smettere di gridare. Forse ad un tratto supplicò di ucciderlo e farla finita, ma la tortura non cessò. Il libro gli era sfuggito di mano, ma non riusciva neanche a vederlo, e non gliene importava nulla. Ad un tratto il dolore cessò di colpo come era venuto. Oswald si abbandonò a terra, respirando affannosamente per recuperare l'aria che aveva buttato fuori con le urla, e che non aveva ripreso. La donna fissò con interesse il proprio bastoncino, poi si avvicinò e raccolse il libro. Sfinito, Cobblepot allungò le braccia sul pavimento... e sentì qualcosa di freddo. Era una delle pistole dei suoi uomini. La donna nel frattempo aveva sollevato lo sguardo.

“Bene” disse. “Credo che non avrò più bisogno di lei. Avada Ke...”

Ma non terminò la frase, che Oswald, con lo scattò più veloce che gli riuscì, le sparò un proiettile che la colpì nella mano sinistra, che reggeva il libro. La donna, che non se lo aspettava, gridò, e buttò in aria il libro, per poi addossarsi al muro alle sue spalle con la mano che gli sanguinava. Oswald tentò di rimettersi in piedi e al contempo di uccidere la donna sparando due colpi, ma perse l'equilibrio e mancò il bersaglio. Riuscì a rialzarsi e afferrò il libro, per poi tentare di sparare un colpo definitivo, ma si accorse che aveva finito i proiettili. La donna a quel punto gli puntò nuovamente contro il legno e provò a colpirlo con qualche lampo luminoso; chissà come, Oswald li schivò e riuscì ad arrivare alla porta più vicina. Ruotò la maniglia e si chiuse nella stanza.

“Apra, signor Cobblepot!” Urlò la donna dall'altra parte con voce stridula.

“Apra o abbatterò la porta!” Seguì una strana esclamazione, seguita da una voce, una voce diversa... e subito dopo, nella stanza in cui si trovava ancora la donna sembrò accadere il finimondo: schiocchi, grida... sembrava che ci fosse un combattimento in corso. Oswald affannosamente si guardò intorno, nella speranza di fuggire, ma scoprì che non c'erano altre porte. Si avvicinò a una finestra e si affacciò, ma era tropo alto, anche cadendo in acqua ci avrebbe rimesso la pelle. Ad un tratto, appoggiato a una cassa lì accanto, vide una vecchia bottiglia scheggiata; gli venne un'illuminazione: poteva prenderla... e tentare di accoltellare la donna quando sarebbe entrata nella stanza. Se fosse stato abbastanza veloce...

Decise di provare, così si nascose il libro sotto la camicia, per poi avvicinarsi e afferrarla. Ma appena lo fece... provò una stranissima sensazione: fu come se un gancio invisibile lo afferrasse e trascinasse ruotando vorticosamente, finché... non cadde di schiena su un prato; per un attimo rimase a fissare il cielo bianco a bocca aperta, senza sapere cosa fosse successo. Poi, lentamente si rialzò. Decisamente, quella era la giornata più strana della sua vita. Si sistemò i vestiti, tirò fuori il libro e rivolse lo sguardo tutt'attorno; non molto distante c'era quella che riconobbe come la Villa Wayne. Bene, avrebbe chiesto un telefono e avrebbe chiamato immediatamente a don Maroni. Anche se sicuramente non gli avrebbe creduto. Ma non fece neanche un passo che una voce fin troppo familiare disse:

“Fermo dove sei”. Oswald alzò le braccia e si girò. La donna era in piedi, come sbucata dal nulla. Aveva i capelli in disordine, qualche graffio sul viso, e pareva molto arrabbiata. Brutto segno.

“Accio libro!” Esclamò. Oswald tentò di tenere il volume con tutte le sue forze, ma questo volò ugualmente in mano alla donna, che ora sorrideva trionfante.

“Finalmente... resta ancora lì caro. Sarò buona, condividerò questo divertimento con te” disse sorridendo in quella maniera sdolcinata. Poi aprì il libro e lo sfogliò. Pareva molto interessata. Ogni tanto agitava il bastoncino o borbottava qualche strana parola tra se' e se'. Oswald nel frattempo si guardava attorno cercando una possibile via di fuga. E di colpo si ricordò della sua tasca segreta. Qualche tempo prima si era fatto cucire all'interno della giacca una tasca nascosta che conteneva una minuscola ma letale pistola. Il problema ora era tirarla fuori senza farsi notare. Cercò di far scivolare la mano nel vestito nella maniera più neutrale possibile, come se dovesse prendere un fazzoletto. Ma poi...

“Bel tentativo Cobblepot” cinguettò la donna facendolo sobbalzare. Prima che il ragazzo potesse estrarre l'arma, lei roteò il bastoncino e, leggendo rapidamente qualcosa sul libro, esclamò, puntandoglielo al torace:

“Sectumsempra!”

**********************************************************

“Quello che dici non ha alcun senso!” Sbottò Bullock rivolto a Edward. Erano ancora davanti all'edificio bucato, ma la situazione per risolvere il mistero non si era mossa di un millimetro. Ad un tratto Edward aveva proposto che potesse essere stato qualcuno con una palla demolitrice, anche se, come stava facendo notare Bullock, una palla demolitrice che se ne va in giro per una città avrebbe attirato l'attenzione, anche se la città era Gotham. A un tratto a Gordon suonò il telefono. L'uomo controllò di chi era la chiamata.

“Ah” disse perplesso. “Alfred.” Rispose.

“Pronto? Ciao Alfred, cosa posso fare per te....che cosa hai detto??”.

Mentre parlava, Bullock finì di bere il caffè ormai freddo, Mooney, Falcone e Maroni, con Carbone, discussero a bassa voce su come sistemare la questione dell'edificio, mentre Butch e Zsasz contemplarono incuriositi Edward che continuava a scribacchiare punti interrogativi sul suo taccuino. Ad un tratto Gordon mise giù e si rivolse a Maroni e Carbone.

“Scusate, dove dovrebbe trovarsi Pinguino?”.

“Lui? Ah, doveva controllare che nell'edificio al porto est della città non ci fossero entrati barboni, sai che si intrufolano sempre dappertutto...”

“Forse è meglio che andiamo a fare una visitina a Villa Wayne” lo interruppe il poliziotto.

“Alfred e Bruce lo hanno trovato in giardino, ferito da un'arma da taglio”.

Pochi minuti dopo, il gruppo si trovava di fronte alla possente villa dei defunti coniugi Wayne, ora in possesso nel figlio tredicenne Bruce, accudito dal maggiordomo Alfred. Quest'ultimo, quando li ricevette, non sembrò molto contento di far entrare dei mafiosi, ma Gordon gli fece capire che era meglio non discutere. Era venuto anche Edward, per vedere se sarebbe riuscito a sistemare la ferita dal momento che non si poteva andare in un ospedale, essendo il ferito un lavoratore di un potente boss mafioso: andare là metteva troppe vite in pericolo. Oswald stava in una camera al piano di sopra, assistito da Bruce, in uno stato pietoso: aveva il petto squarciato da un'ampia ferita che sembrava, proprio come aveva detto Alfred, inflitta da un'arma da taglio molto grossa come una spada; neanche un coltello poteva causarne una simile.

“Ehy Pinguino ma che ti è successo?” chiese Maroni avvicinandosi al letto in cui si trovava il ragazzo. Oswald, in evidente stato di shock, mosse le labbra fino a riuscire a dire qualcosa:

“Era...una...una don...don...donna. Il li...libro, p...poi c'era quel...quel legno...faceva... faceva male, ahhh...” gemette portandosi una mano al torace. Bruce scosse la testa.

“Continua a parlare di una donna, un libro e un legno...ma non parla di armi da taglio.”

“Come lo avete trovato?” Chiese Bullock.

“Abbiamo sentito delle urla e uno sparo; quando sono andato a vedere l'ho trovato in questo stato e con un'arma di fuoco in mano; non c'era nessun altro. Allora ho chiamato Alfred che lo ha portato qui e ha telefonato al detective Gordon” snocciolò Bruce. Mooney e Carbone se ne stavano in disparte, e avevano una strana faccia, come se ce la stessero mettendo tutta per non sorridere. Falcone scuoteva la testa con aria grave.

“Perché lui? E' un avvertimento?” chiese a Maroni, il quale scrollò le spalle. Poi quest'ultimo si rivolse a Oswald:

“Pinguino, dovevi andare all'edificio del porto est, come mai invece ti trovavi qui?”

“La...la...donna...l'ho...in...incon...incontrata...lì” riuscì a dire Oswald.

“E ti ha portato qui lei?” Volle sapere Falcone. Oswald tentò di rispondere ma non gli venne fuori nulla. Aveva la faccia bianca come un panno appena lavato.

“Penso che basti. Il signor Cobblepot ha perso molto sangue, una quantità impressionante. Meglio non sforzarlo troppo per ora” interruppe Alfred.

“Ma chi può aver fatto una cosa simile?” Mormorò tra se' e se' Gordon, premendosi le tempie.

“Un ottimo carnefice” rispose Zsasz abbozzando un sorrisetto.

“Un malato di mente?” suggerì Edward.

“Un amante della tortura” osservò Butch.

“O forse” risuonò a quel punto una voce che nessuno riconobbe “Tutte e tre le cose?”

   
 
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