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Autore: LoveStoriesInMyHead    24/06/2016    0 recensioni
"My heart, my soul and my music sounds the same."
TRATTO DALLA STORIA:
"Tira indietro i capelli biondi, prende una chitarra acustica, avvicina uno sgabello e abbassa l’asta del microfono.
Gli altri componenti rimangono fermi, come parte dello sfondo di un quadro struggente e malinconico. Le parole mi attraversano e si risiedono sul fondo della mia anima. È inusuale. Non mi capita mai di commuovermi. L’anima tormentata narrata dai suoi versi è perfettamente compatibile alla mia. Ho l’impressione di rispecchiarmi nei suoi occhi. Nonostante l’immensa distanza fisica, sento le nostre anime sfiorarsi, abbracciarsi, fondersi[...]
L'ho sentito cantare per pochi minuti, ma sono bastati per farmi innamorare perdutamente."
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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I don't want to go out


Sono seduto sul comodo sofà a guardare la televisione. Questa sera non trasmettono proprio niente di interessante: cucina, telegiornali, televendite e soliti programmi americani. Potrebbe sembrare strano per un ragazzo di diciotto anni stare a casa a fare zapping con il telecomando alla ricerca di un programma decente da guardare. Gli altri ragazzi sarebbero già in giro a fare baldoria in una qualche discoteca o locale di città. Io non mi posso di certo definire un festaiolo, anzi. Sin da bambino ero quello tranquillo, quello che nessuno invitava alle feste di compleanno perché reputato noioso. La mia infanzia non era stata una delle migliori. Non avevo molti amici con cui giocare, scherzare o combinare guai. La mia situazione in famiglia era la stessa: figlio unico, genitori divorziati e madre perennemente a lavoro. Sono cresciuto con Davide, un ragazzo che si era offerto di badare a me quando mia madre doveva partire a causa degli innumerevoli viaggi di lavoro. Capitava molto spesso che mia madre fosse via e così Davide era la maggior parte del tempo incaricato di tenermi compagnia. All'inizio il mio rapporto con lui non era molto amichevole. All'epoca avevo dieci anni, mia madre era andata in Francia e Davide era venuto per prendersi cura di me. Lui aveva solo quindici anni, ma era già un esperto in cucina e nelle faccende di casa. Era un ragazzo buono e gentile, rispecchiava quello che ogni madre vorrebbe che fosse il proprio figlio. Io avevo il tipico atteggiamento freddo e distaccato, nato per via dell’immensa solitudine che mi circondava. Gli anni passavano ed io mi arresi all'idea di averlo nella mia vita. Lasciandomi andare un po’, scoprii quanto fosse eccezionale. Imparai a volergli bene e ad apprezzarlo per tutto quello che faceva per me. Il nostro rapporto sbocciò in un’amicizia molto intima e stretta. Era il mio unico e solo amico. Adesso lui non viene più come baby-sitter, bensì con il ruolo di amico e confidente. Viene a trovarmi molto spesso, visto che esco di casa di rado. Quando mia madre non c’è, lui rimane anche a dormire; dice che è più sicuro essere in due nel caso succedesse qualcosa. Lui è come il fratello maggiore di cui ho sempre avuto bisogno, la persona con la quale confidarmi, la persona da ammirare e da cui prendere insegnamento.

Mi sono imbambolato davanti un programma di cucina a ripensare agli anni passati. Mi piace voltarmi indietro e vedere i passi che ho percorso, gli ostacoli che ho superato e le scelte che ho fatto per essere arrivato fin qui. Sto ricominciando a vagare nell'universo dei ricordi, quando il campanello suona. Mi alzo dal divano e tolgo i miei occhiali, appoggiandoli sul mobiletto accanto l’ingresso, mi ravvivo i capelli, spostando il ciuffo moro di lato e faccio un respiro profondo. Poso una mano sulla maniglia e spingo verso il basso, tirando la porta verso di me.
- Alessandro! -  esclama Davide con un tono decisamente fin troppo alto per le mie orecchie.
- Davide - dico il suo nome come se fosse un saluto.
Non aspetta il mio invito ad entrare, mi supera e cammina verso le scale che si trovano di fronte l’ingresso.
- Prego, fai pure - sussurro richiudendo la porta.
- Simpatico come sempre eh? -  ride, passando una mano tra i miei capelli.
- Non toccarmi i capelli - sbuffo mentre lo allontano, colpendolo al ventre.
Lui si piega in due, urlando un dolore allucinante che gli ha inflitto il mio colpo.
Io non posso fare a meno di scoppiare in una fragorosa risata, - come sei drammatico! -  gli dico sorridendo.
- Ragazzi, non fate casino - ci urla mia madre dal suo studio in cima alle scale.
Io e Davide serriamo di colpo le nostre bocche e il silenzio torna.
Davide riprende la posizione eretta e mi fissa dritto negli occhi con un’espressione seria in viso.
- Questa sera ti porto fuori - mi annuncia, mettendomi le mani su entrambe le spalle.
Faccio una smorfia di dissenso e gli afferro i polsi. - Non uscirò stasera - gli dico, togliendo le sue mani. Recupero i miei occhiali e torno al mio adorato sofà.
- Alessandro - brontola seccato.
 La sua voce si fa seria, si siede sul tavolino di fronte al divano e continua. - Non esci di casa da quando la tua ragazza ti ha mollato. Devi darti una svegliata! Sei giovane, hai la vita davanti ai tuoi occhi. Lei non sarà l’ultima - mi invoglia ad uscire, toccandomi il ginocchio destro.
- Parli come un vecchio - la butto sul ridere cacciando una risata amara.
Lui fa un’espressione soddisfatta e si alza. Mi afferra un braccio e mi costringe a mettermi in piedi. - Lo prendo come un sì.
Mi trascina su per le scale tirandomi per la maglietta. Davvero, in certi momenti sa essere insistente, talmente tanto che alla fine riesce sempre a farmi fare quello che vuole lui.
- Ehi, non rovinarmi la maglia! - sbuffo divincolandomi.
- Ma se sarà da tre anni che ce l’hai - ribatte tirandola ancora. - Non credi sia ora di rinnovare il tuo guardaroba? - mi prende in giro.

Sospiro e mi arrendo. Terminiamo la nostra ascesa e andiamo in camera mia. È ordinata come al solito, ogni cosa è al suo posto: le foto di famiglia sulle mensole, i vestiti appena lavati, piegati e posati sulla sedia della scrivania, lo zaino appeso dietro la porta, i libri riposti sullo scaffale in ordine di uscita. Diciamo che ho un ossessione per l’ordine: mettere a posto le cose mi rilassa ed in questo periodo ho molto bisogno di relax.
- Ti metterai questa. - Mi lancia addosso una camicia a maniche corte bianca. - E questi - aggiunge, gettandomi dei pantaloni blu notte.
- Non posso mettere la mia solita felpa? - dico schifando quell'indumento troppo bianco per i miei gusti.
- No - risponde fermo Davide.  -Devi essere in tiro- mi spiega con un sorriso malizioso.
- E a che serve? Nessuno vuole un tipo freddo e distaccato come me - rispondo, guardando le mie mani con una nota malinconica cucita nelle mie parole.
Davide mi guarda male, si avvicina a me e mi solleva il mento. - Sei un bravo ragazzo, carino e con un gran talento. Ogni ragazza stravedrà per te stasera- mi rassicura con un sorriso.
- Lo sai che la chitarra è solo un hobby per me - minimizzo guardando le foto che mi ritraggono con quello strumento in mano.
- Non sottovalutarti - mi rimprovera. - Adesso vai a darti una ripulita. Ti aspetto di sotto. - Detto ciò, si avvicina alla porta.

Dire che la mia voglia di uscire di casa lascia un po’ a desiderare è un eufemismo. Mi sembra un’enorme stupidaggine. Perché mai dovrei fingere di divertirmi? Perché dovrei nascondere ciò che veramente sono. Dall'esterno potrei risultare una persona alquanto strana, ma a me va benissimo così. La gente molto probabilmente mi terrà a debita distanza questa sera, ne sono sicuro, ma da un punto di vista ciò gioca a mio favore. È una sorta di filtro naturale. Dubito che qualcuno diverso da Davide mi si avvicini. Questo è l’unica cosa che mi confortava. Non ho molta voglia di conoscere altre persone che molto probabilmente non rivedrò mai più.

- Allora? Hai finito? -  Bussa alla mia porta e infila la testa dallo spicchio di spazio creato dalla porta semichiusa. I suoi occhi corrono sul mio corpo e in particolare si sofferma sulla zona delle clavicole, lasciate scoperte dallo scollo della camicia abbottonata alla meno peggio. Scoppia in una risata soffocata a stento e si avvicina. Prende il mio colletto tra le mani e lo sistema. Dopo avermi rimproverato sulla mia poca attenzione nell'abbottonare questo straccio, mi passa le dita tra i capelli e mi tira su il ciuffo. Mi toglie gli occhiali e mi intima di sorridere. Io sbuffo e lo allontano. Esco dalla camera e vado a guardare il mio riflesso sullo specchio del bagno.
- Starai scherzando! - esclamo inorridito. Non posso credere che voglia che io esca conciato in questa maniera. Sembro un cameriere. Gli strappo i miei occhiali dalle mani e li indosso, nel tentativo di nascondere i miei occhi di un verde decisamente indecente.
- Alessandro, quando avrai intenzione di comprati delle lenti a contatto? Quegli occhiali sono orrendi - mi riprende per l’ennesima volta.
Lo guardo e per la prima volta noto il suo abbigliamento. Porta una maglietta a maniche corte blu ed un gilet grigio perla che gli copre le possenti spalle. Dei jeans strappati mostrano le sue ginocchia lisce e senza nessun accenno di peluria. I capelli perfettamente in ordine, laccati e simmetrici che incorniciano un volto lineare e squadrato. Gli occhi castani e le labbra di un rosa pallido gli danno quell'aria tenera e tranquilla, celando l’uragano che in realtà lo contraddistingue. Oggettivamente è un bel ragazzo e non posso fare a meno di sentirmi un grandino sotto di lui. Sempre non abbastanza. Ho sempre avuto la sensazione di avere qualcosa in meno rispetto agli altri.
Alla fine, mi convinco di provare ad adeguarmi. Mi sistemo i capelli e provo a renderli un minimo presentabili. Tiro fuori le mie lenti a contatto e sollevo le spalle in risposta alla sua espressione scocciata.  Sono ormai pronto e l’ultima cosa che faccio prima di uscire di casa è indossare la catenina con un plettro al collo. Mi cade leggera ed esile lungo il petto fino a solleticarmi il principio del mio addome. Infilo il cellulare nella tasca posteriore dei pantaloni e urlo a mia madre che quasi certamente farò tardi.
Mi chiudo la porta alle spalle e tiro un lungo sospiro. Davide mi lancia un rassicurante sguardo e mi incita a seguirlo. Mi fido di lui. Tutto sommato, credo che potrebbe risultare una serata piacevole in sua compagnia.
   
 
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