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Autore: Amaya_    25/06/2016    0 recensioni
La notte era diventato il suo mondo oramai, la sua vita sarebbe stata distrutta nel giro di pochi anni se non avesse fatto un incontro speciale ed inaspettato.
Forse solo il vero amore la potrà aiutare a trovare la luce che ancora vive dentro di lei sotto strati di tenebre. Forse l'amore la riporterà alla vita.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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La Ragazza Della Notte
 

Note autore: Questa storiamè stata scritta da un mio grande amico che, però, non può accedere a questo sito e perciò mi ha chiesto di pubblicarla per conto suo. Perciò i personaggi non mi appartengono, non detengo nessun titolo d'autore e ho avuto il permesso di pubblicare questa storia. Detto questo, buona lettura.


The Dark Side

Solo le cose non terrene persistono, il resto è destinato a perire
.

Carol passò ancora una volta il dito sulle parole incise sottilmente nel ciondolo d'oro, illuminato solo dalle colorate luci della strada che filtravano dalle gocce di pioggia che scendevano lungo il freddo finestrino dell'auto. Le case si susseguivano senza sosta, grandi spettri bui dagli occhi gialli splendenti nell'oscurità della notte.

La ragazza guardò l'ora nel display della radio dell'auto che canticchiava qualche vecchia canzone, con molte interferenze. Erano le undici e un quarto. «Potrebbe andare più veloce? Devo essere all'hotel tra mezz'ora!». Il tassista la guardò per qualche secondo attraverso lo specchio retrovisore, abbassando lentamente il piede sull'acceleratore. «Grazie». Da quando era arrivata a Londra, la settimana precedente, Carol ogni notte usciva dall'hotel e girovagava per le strade mai deserte di Londra. Amava la notte, si sentiva al sicuro protetta dalle tenebre, contrariamente alla maggior parte delle persone; la notte la faceva stare meglio (meglio, non bene) e il suo cuore gioiva. Tuttavia quella sera c'era qualcosa di più oscuro della notte nell'aria, che la opprimeva e le diceva di correre a rifugiarsi tra le coperte del morbido letto della sua camera. Carol sapeva che non c'era niente di cui preoccuparsi, era una sensazione che aveva avvertito già diverse volte, ma sapeva anche che se non avesse ascoltato questa voce del cuore la sua inquietudine sarebbe aumentata fino a esplodere e farle fare qualcosa di stupido e avventato, magari anche pericoloso. Quando aveva paura non riusciva a controllarsi. Una volta aveva quasi ammazzato di botte un cane che l'aveva spaventata in una notte come questa, e da allora evitava di rimanere per strada quando la avvertiva il suo cuore. Il taxi nero si fermò davanti al suo hotel, Carol pagò il tassista e si diresse il più velocemente possibile verso la porta dell'edificio. Non era sempre stato così. Da bambina Carol odiava il buio, lo temeva, soprattutto, per qualche misterioso motivo, dopo la mezzanotte (per questo aveva parlato così al tassista). E a volte la bambina chiusa in lei tornava. Ora era diverso: in passato stava così male nelle notti rese lunghe dall'attesa dell'alba, che aveva finito per allearsi col suo nemico, al di là del bene e del male, arrivando ad amarlo. Carol si avvicinò all'ascensore e impazientemente continuò a premere il pulsante della chiamata per tutto il tempo in cui lo attese, finché la porta si aprì. Un bambino dai capelli chiari seguito da un uomo corse fuori dalla cabina ridendo. Carol a stento trattenne un grido: era ormai diventata una corda tesa, il minimo scatto la faceva vibrare. Nell'ascensore chiuse gli occhi e provò a pensare alle cose che solitamente la facevano rilassare, ma, non ottenendo nessun risultato, una volta arrivata in camera si fece portare una bottiglia di Jack Daniel's. Carol aveva ventisei anni e non amava bere troppo, ma in questi momenti di disperazione spesso non resisteva e beveva per cercare di trovare una consolazione nell'alcool. E anche quella notte cedette sotto il peso dello sconforto; si sentiva una persona vuota, diversa da tutti gli altri che invidiava in quanto essi vivevano divertendosi, lei si preoccupava di cose più serie del ridere, e ciò la faceva soffrire, poiché del riso era priva. Così passò la notte a piangere e a bere, e avendo esaurito la bottiglia se ne fece portare un'altra. Bevve ancora qualche bicchiere prima di cadere svenuta sul letto, con ancora le guance rigate da lacrime, sprofondando in un sonno profondo e senza sogni.

***

Carol si svegliò a ora di pranzo, con tutti i sintomi causati dalla bevuta che la costrinsero a rimanere chiusa nella stanza tutto il pomeriggio, finché il sole cominciò a declinare oltre l'occidente. Allora scese nel ristorante per cenare, quindi tornò in camera per prepararsi ad uscire. Lei viveva così: la notte vagabondava per le strade in cerca di se stessa, mentre di giorno dormiva e scriveva. Perché questa era la sua grande passione, divenuta oramai un lavoro: scrivere. Scriveva quello che provava e ciò che aveva nel cuore, trasformandolo in personaggi e dialoghi, unendoli con le trame complicate ed intricate che amava tanto creare. Carol indossò una t-shirt e degli shorts, quindi guardò lo specchio alto e stretto vicino al suo letto e si vide nella sua completezza: sebbene lei umilmente non lo riconoscesse, era una ragazza alquanto bella: lunghi e lisci capelli neri ricadevano sulle spalle sottili e contrastavano notevolmente con il candidezza della sua pelle; grandi occhi grigi apparivano su un viso aggraziato, una bocca piccola e graziosa dalle labbra carnose nascondeva una serie di perfetti denti candidi, ed il suo corpo era sottile e attraente. Era un corpo che non rifletteva la complessità e la misteriosità dell'anima che nascondeva, un corpo bugiardo. Ed era questo un altro motivo della sua perenne afflizione. Carol dunque uscì per le buie strade di Londra.

Si era spostata qui con l'intenzione di rimanervi un mese, per cambiare aria, sotto il consiglio del suo psicologo, il dottor Roberts, il quale riteneva che Carol avesse bisogno di distrazione per uscire dal suo mondo fatto di ombre e fantasmi. Era un bel tentativo, ma fallì miseramente: Carol non era una che si emoziona in posti nuovi, né amava visitarli, e per di più non riteneva Londra una città molto interessante. Così continuava a vivere come prima nel suo triste e duro mondo, mantenendo inalterata la sua routine abituale. Era stato il dottor Roberts a donarle il ciondolo d'oro che ella portava sempre seco, con incisa quella frase che le ricordava che la bellezza nascosta della sua anima complicata era di gran lunga più considerevole delle paure, degli spettri e dei dolori legati alla terra.

***

 

Verso le due alla ragazza venne fame, perciò si diresse in un piccolo e squallido ristorante aperto ventiquattro ore dove consumò delle patatine cotte in un olio troppo usato e molto salate, quindi si diresse in un bar affollato nonostante la tarda ora per sciacquarsi la bocca con qualcosa di gradevole. Non volendo avventurarsi nella folla dentro il bar - odiava stare in mezzo alle persone- si sedette ad un tavolino di vetro all'esterno del locale, aspettando che qualcuno arrivasse. Ma il bar era affollato e solo un cameriere serviva i tavoli di notte, così la ragazza attese per almeno dieci minuti, che a lei parvero ore. Dieci pericolosi minuti, in cui Carol ebbe tutto il tempo per ricadere nei suoi oscuri pensieri, i quali comprendevano anche una buona dose di motivi per odiare se stessa, scendendo sempre di più nei meandri del cuore mano a mano che il tempo passava. Era talmente assorta in questi suoi pensieri che il cameriere dovette richiamare più volte la sua attenzione prima di ottenerla. Carol dopo quelle riflessioni cedette e, un bicchiere dopo l'altro, si ubriacò di nuovo.

***

La mattina seguente la ragazza si svegliò nella sua camera, senza ricordare nulla di ciò che era successo da quando aveva iniziato a bere. Per la seconda mattinata di seguito si trovò afflitta dalla sbornia, e ciò la fece odiare se stessa. Si svegliò verso le dieci, ma non abbandonò il letto se non dopo le dodici. Alzandosi, notò sul chiaro comodino accanto al suo letto un biglietto, sul quale, con una calligrafia bella e regolare, c'era scritto:

 

Ieri sera ti ho incontrata ubriaca fradicia in un bar, non potevo lasciarti lì in quelle condizioni. Nella tua borsa ho trovato il biglietto da visita del tuo hotel, così ti ho accompagnata fin qui. Sei qui a Londra da sola; se hai voglia di parlare con qualcuno, non esitare a cercarmi.

Allison Sharp

  
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