Storie originali > Romantico
Segui la storia  |      
Autore: obvceanhaz    26/06/2016    0 recensioni
❝ - Sei diversa da quelli del posto. Te c'hai voglia di vivere, di lottare, di sognare. Te sai di rivoluzione
Avevano solo diciassette anni e a diciassette anni non lo puoi sapere com'è amare qualcuno. Per questo invece che amarsi di dichiararono guerra, una guerra fredda, fatta di sguardi casuali e sfiorarsi di mani e corpi. Erano come l'America e la Russia: eternamente in guerra ma sempre in contatto l'uno con l'altra.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 


 

Light reflects from your shadow
It is more than I thought could exist
You move through the room
Like breathing was easy
If someone believed me


Francesco aveva diciassette -quasi diciotto, ci teneva a precisare lui- anni quando, dopo una prolungata assenza di ben ventiquattro mesi, era tornato con la sua famiglia nella località marittima sulla costa amalfitana dove era cresciuto prima di trasferirsi a cinque anni nella lussuosissima Milano. Il ragazzino aveva però lasciato entrambi i nonni e numerosi zii in quel piccolo paesino che ormai ripudiava con enorme astio.

Certo, in quel posto ci era tornato numerose volte durante le vacanze antecedenti ai due anni di "pausa", ma per lui in quella settimana e mezzo che era solito trascorrere in quel posto sembrava di patire le pene del inferno, figuriamoci starci tre interi mesi.

La cosa che più detestava di quel paesino era la gente che lo abitava: erano per lo più vecchi rintronati oppure bambini troppo piccoli persino per poter contare fino a cinque senza commettere alcun errore. In più la connessione internet faceva anche abbastanza schifo lì, e la sola idea di doversi accontentare solamente dei suoi preziosissimi 3G mensili lo faceva abbastanza arrabbiare.

In quel lasso di tempo che avrebbero trascorso nel paese dimenticato da Dio avrebbero alloggiato nella loro vecchia casa al mare la quale per qualche oscuro motivo, che solo in quel momento riuscì a capire pienamente il perché, non era mai stata venduta dai suoi genitori.

Mentre attraversava il paese a bordo della lussuosissima decappottabile Alfa-Romeo di suo padre, si perse nel guardare il paesaggio e studiare attentamente le persone che, ogni tanto, vedeva sbucare da qualche via. Una cosa di cui erano tutti, o la maggior parte, dei paesani erano accomunati era una catenina con un crocifisso. Francesco avrebbe giurato di aver visto quella catenina addosso ad almeno tre quarti di paesani.

Una mano sudaticcia e abbastanza piccola lo distrasse dalla sua panoramica del paese, quella stessa mani che ora, indisturbatamente, stava pigiando a caso sul touch-screen del suo nuovissimo iPhone. Con aria scocciata Francesco si tolse lentamente una cuffietta e rivolse la sua attenzione verso la sorellina di undici anni.

— Mila, cosa vuoi? —

— Voglio sentire anche io la musica —

— Ma tanto a te la musica che ascolto io non piace neanche, ascolta la radio con mamma e papà —

— Ma loro stanno ascoltando i politici che parlano —

— No, Mila, ho detto di no—

— Ma uffa però. Mamma, Francesco non mi fa ascoltare la musica! —

Il ragazzo sbuffò sonoramente, era mai possibile che una bambina di undici anni dovesse fare così tanti capricci? Dov'erano finiti tutti gli schiaffi che aveva preso lui da piccolo? Tutte le sfuriate di sua madre se solo osava toccare il sedile dell'auto con le mani sporche ti cioccolato? Da quanto si ricordava i suoi genitori non avevano mai torto neanche un singolo capello alla sorella. Fortuna dei secondogeniti, ipotizzava.

Per evitare di sentire l'ennesimo rimprovero da parte di sua madre su quanto dovesse essere un buon fratello e stronzate simili si rimise le cuffiette e tornò ad ascoltare la sua musica, questa volta però chiuse gli occhi così da potersi distaccare completamente, anche se solo per qualche minuto, dalla realtà.

 

♡♡♡



— Staccati da quelle dannate cuffiette, siamo arrivati—

Eccola sua madre che in tutto il suo splendore e i suo modi sempre aggraziati nei suoi confronti lo avvisava gentilmente del loro arrivo a destinazione. Sua madre si chiamava Giorgia e per un puro scherzo del destino si era sposata con un un uomo di nome Giorgio che in fatto di aspetto era esattamente la sua fotocopia spiccicata, quasi sembravano fratelli. Aveva esattamente quarantanove anni, tre giorni, due ore e ventisette minuti. Portava il conto di tutto: era una fissata con i numeri, diceva che erano l'unica cosa certa della vita perché: "uno più uno farà sempre due e mai quattro, ricordatelo tesoro". Si era laureata in ingegneria e aveva subito pensato alla carriera e a trovar casa da sola, mica lo voleva un marito lei, infatti lo diceva sempre che Giorgio le era capitato per caso, un dolce imprevisto lo aveva chiamato una volta.

Suo padre invece di anni ne aveva quasi cinquanta e con i numeri faceva schifo: lui era la parte artistica della famiglia, quello che organizzava gite al museo che finivano per interessare solo lui, quello che si divertiva a fare i puzzle la domenica mattina con una tazza di caffè in mano. 
Lui la scuola l'aveva fatta a forza, altrimenti i suoi genitori l'avrebbero mandato in campagna a lavorare, e pur di non andarci si sarebbe ammutati le braccia, quindi no ma grazie mille. Giorgio era una persona piuttosto stravagante, gli piaceva cambiare, essere colorato, divertente. L'unica costante che aveva nella vita, oltre la sua famiglia, era la miracolosa Gazzetta dello Sport, una sorta di Bibbia per gli Italiani, soprattutto in casa sua. Gli piaceva commentare le partite di calcio con gli amici al bar e tifare agguerritamente il Milan ogni volta che c'era il derby con l'Inter.

Forse il calcio era l'unico punto in comune che Francesco aveva con suo padre. Aveva ripreso in tutto e per tutto da sua madre: la mente matematica, l'ossessione per gli schemi, i grafici e tutte quelle cose che comprendessero della logica. Sua sorella invece era totalmente l opposto: se lui aveva ripreso dalla madre beh, Mila era una "mini Giorgio, solo con più capelli forse" come aveva decretato sua zia tempo fa.

— Allora, Francesco, tu porta dentro i bagagli e vedi di sistemare la casa. Io, Mila e tuo padre andiamo a fare la spesa poi andiamo tutti insieme dalla nonna, d'accordo? —

Francesco si limitò ad annuire svogliatamente nei confronti della madre così da dare il suo consenso. Sollevò con non poca fatica le enormi valige e le depositò ognuna della camera adeguata, non prima di aver sbagliato due o tre volte stanza, ma ehi, erano due anni che non andava in quella casa, era normale sbagliarsi.

Dopo aver completato il suo incarico si buttò a capofitto sul letto in camera sua che aveva ancora le lenzuola blu con i supereroi Marvel di quando era piccolo. Sorrise sentendo quello strano odore sulle coperte, quel odore che sta a significare una sola cosa: casa. Casa. Perché, sebbene, lui continuasse a lamentarsi di quella vacanza e di quel posto, alla fine gli era mancata quella sensazione di essere semplicemente a casa sua.

Si alzò lentamente dal materasso intento a dare un'occhiata in giro. Nel corridoio del secondo piano, il quale portava verso le camere da letto, c'era un'intera parete tappezzata da fotografie di qualsivoglia genere: polaroid, scattate con telefonini, con macchinette fotografiche da due soldi, foto di famiglia, individuali, con gli animali, foto di dolci preparati tutti assieme.

Ritrovarsi di fronte a tutti quei ricordi fece scende una lacrima a Francesco, una sola però, lui era un vero uomo non poteva certo perdersi in simili sentimentalismi da ragazzine. Una foto in particolare, però, attirò la sua attenzione: c'era lui, all'età di nove anni forse, e una bambina con i capelli rossi e gli occhi azzurri affiancati da un sorriso sprovvisto dei canini superiori. Francesco non ricordava in nessun modo chi fosse quella bambina e si chiedeva se i suoi genitori ne sapessero qualcosa più di lui.

Neanche il tempo di appuntarsi mentalmente di chiedere in seguito qualche spiegazione che i suoi genitori, rientrati esattamente in quel momento, gli urlarono dal pian terreno, con decisamente poca gentilezza, di dover muovere il suo culo per andare dalla nonna dato che erano già in un madornale ritardo.


♡♡♡

 

The xx - Angels

Prima parte di non so quante. Inizio col dire che non sono una persona costante, lo ammetto, ma ammetto anche di voler infinitamente dare una conclusione degna di nota a questa storia perciò mi impegnerò al massimo pur di dargliela.
È molto importante per me sapere cos'è ne pensiate.
Spero vi sia piaciuto questo piccolo inizio.

All the love, C.

 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: obvceanhaz