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Autore: E S S E    27/06/2016    1 recensioni
Era pronto ormai, pronto per partire e non tornare mai.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nico di Angelo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era pronto ormai, pronto per partire e non tornare mai.
 
Nico non sapeva stare senza fare nulla, senza qualcosa che lo distraesse dai suoi pensieri. Pensieri così drammatici da sembrare falsi nella società stereotipata in cui si trovava, dove la gente soffre la perdita di un abito come la perdita di un genitore, dove una frase di Oscar Wilde perde significato perché utilizzata da troppa gente sui profili di whatsapp, dove non si dicono più le cose in chiaro ma bisogna arrovellarsi il cervello per capire cosa ha appena detto l'interlocutore e, successivamente, per cercare una frase ad effetto ancora più intricata per rispondergli. Nico odiava le cose non dette chiaramente; non gli piacevano i sotterfugi visto che portavano sempre ad un vicolo cieco prima o poi.
Chissà a chi era venuta in mente questa stupida trovata di mettere il mondo tutto sottosopra e farlo sembrare perfettamente normale. Lui non capiva; perché dire una cosa spacciandola per vera, quando si sa perfettamente che non la è e non lo sarà mai, solo per indurre la gente a confondersi ulteriormente su cosa sia vero oppure no? Rettifichiamo: solo per indurre la gente pensante a confondersi. Magari costei o costui era talmente stufo della gente che non lo ascoltasse, che decise di inventare questo metodo per capire chi fosse seriamente disposto a dargli retta e chi invece lo facesse solo alle apparenze.
Fatto era che a Nico questa evoluzione della parlata non piaceva per niente.
Da ragazzino aveva sempre paura di fare la figura dell'idiota; lui non era tipo da battute argute, e nella sua città certo non c'era un Guido Cavalcanti per insegnargliene l'arte, così ogni volta si ritrovava a perdere ogni scontro a parole con chiunque. Anche quando sua sorella Bianca lo sgridava non sapeva come rispondere. Ah, Bianca... Tempo che avrebbero potuto passare a ridere e stare semplicemente insieme, l'avevano passato a litigare e a non parlarsi.
Anche questo gli dava fastidio: perché la gente sapeva solo sprecare le proprie occasioni per poi piangersi addosso? Perché era tanto difficile impegnarsi nel seguire un obiettivo? Forse perché non lo si aveva... O semplicemente perché si pensava, o si era stati portati a pensare che il proprio obiettivo fosse impossibile da perseguire.
Oh, insomma... Perché una persona dovrebbe sentirsi in potere di giudicare le scelte di qualcun altro e di prenderle al suo posto? Dicono tanto di Hitler che aveva la mania della razza ariana e che non doveva permettersi di uccidere così tanta gente, e magari loro spezzano le ali dei loro stessi figli.
Nico di certo non difendeva Hitler, ma meno difendeva la gente che puntava il dito ed era la prima a fare quell'errore.
Lui stesso cercava di non giudicare mai nessuno, perché nessuno secondo lui aveva il diritto di farlo. A volte ci cascava anche lui, ovviamente, e quando se ne rendeva conto si disgustava di sé stesso, chiedendosi perché anche lui, lui che cercava sempre il giusto, fosse caduto così in basso nell'oblio del giudizio infondato. Eppure, ogni volta che diceva agli altri di non giudicare, stava facendo esattamente quello che chiedeva che non andasse fatto, perché interveniva nelle loro vite come la madre bacchettona che non vuole che il figlio diventi il cantante di una band heavy metal, ma un dirigente di banca.
Così aveva deciso di smetterla.
Smetterla con tutte queste cose.
Era diventato il ragazzo che preferiva non parlare, che si rifugiava nella forze delle proprie braccia quando le cose andavano per il verso sbagliato, il ragazzo a cui non importava più di niente né di nessuno, che faceva pensieri bui e profondi e che se li teneva per sé perché tanto nessuno l'avrebbe veramente ascoltato. E forse lui non voleva esserlo.
Ma c'erano quei momenti, quei giorni in cui sembrava di affogare in un oceano soffocante di anidride carbonica e di non riuscire ad uscirne, non riuscire neanche volendo a prendere la mano di chi arrivava con una scialuppa di salvataggio fatta di ossigeno puro; e lui non poteva far altro che lasciarsi scorrere addosso le giornate pensando a quanto avrebbe voluto essere come tutte quelle persone che non avrebbe mai voluto diventare. Perché loro erano la normalità.
E la normalità era l'unica cosa ad essere accettata.
E quando si rendeva conto di star quasi per buttar via sé stesso per essere come l'altra gente, gli saliva una rabbia immane.  Rabbia contro la gente, rabbia contro chiunque, rabbia contro la vita e la morte.
Lui voleva solo la possibilità di trovare il suo habitat e guardare il mondo dall'altra prospettiva per una volta. Poi avrebbe scelto se restare nel suo gregge, o tornare ad essere la pecora nera negli altri.
Ma voleva quella possibilità, che sapeva non gli sarebbe mai stata servita su un piatto d'argento...
 
Quel giorno aveva così deciso di andarsene.
In casa era solo, quella mal assortita composizione di persone che avrebbe dovuto essere la sua famiglia non era lì a dargli ordini e a non curarsi di lui.
Era solo, e si sentiva forte.
Le valigie non erano state un problema: aveva buttato dentro solo qualcosa che sapeva gli sarebbe servito nel suo breve viaggio. I soldi sapeva dove trovarli, e l'alloggio non sarebbe stato un problema.
Bastava uscire di casa, prendere un treno e ricominciare, essere Nico Di Angelo anche solo per qualche giorno e sapere che quello fosse l'essere normali. Poi avrebbe scelto.
Non gli importava della sua famiglia, o di chi altri fosse: a loro non era importato di lui quando era lì con loro. Avrebbe gradito anzi che si preoccupassero non vedendolo a casa, non sentendo la sua voce al cellulare, non vedendo risposta ai messaggi. Avrebbe voluto che, per una volta, fossero loro ad essere angosciati per lui.
Era tutto pronto; la valigia, lo scopo, lui.
E mentre il silenzio gli dava forza a non guardarsi indietro e a percorrere il corridoio di casa sua, ecco che il rumore delle chiavi nella toppa lo fece desistere dal compiere il passo successivo, ed ecco che la figura di Persefone che rientrava dallo shopping gli fece sprecare quell'unica possibilità che si fosse mai dato di cambiare le cose.
 
-A che ti serve quella borsa?-
-A niente-
Ormai…
 
 
 
 
 
 
Intanto nell'Erebo…
Che dire… salve.
Non ci sentiamo da parecchio, non trovate discepoli?
Ah, cos'è mai l'ispirazione! Diciamo il Sacro Graal degli autori, già, già; senza Calliope non si va da nessuna parte. (Parlando di ciò ne approfitterei per ringraziare una mia grande amica, che in questo periodo sembra la mia psicologa, e che non so come oggi ha fato fatto fare Tac! al mio cervellino e gli diede uno spunto da cui partire. Grazie amica, fu molto importante per migo.)
Perché scrissi ciò… Non c'è un vero motivo e ce ne sono tanti in realtà, avevo bisogno di sfogarmi a modo mio, e quale miglior modo se non attraverso gli occhi di Nico? Un ragazzo stufo dell'apatia e dell'indifferenza che vuole solamente trovare la strada di casa e smetterla di dover avere l'onere di passare giornate con gente che non lo comprende, con gente che lo fa sentire fuori posto: l'ospite indesiderato. Lui vuole solo trovare il posto dove non sarà più ospite, ma padrone di casa, ma a volte l'attimo ci sfugge come il foulard delle signore sulle decapottabili nei vecchi film… Ci tocca e poi una folata di vento che si rispecchia nell'arrivo di una delle nostre incertezze, lo fa volare via.
Il Nico della mia storia è forte da solo, senza vincoli e giudizi, potrebbe arrivare in capo al mondo solo con la sua forza di volontà; ma è comunque un umano con delle debolezze, come tutti, e gli ostacoli, a volte, possono ingrandirsi senza preavviso quando eravamo pronti a saltarli…
"Medaglia d'argento" perché, a volte, essere arrivati vicini al proprio scopo ma non averlo realizzato non ti fa pensare "Ce la farò la prossima volta", ma ti da l'amara consapevolezza di non avercela fatta questa.
Ookay… bene.
Vi direi di lasciarmi una recensione per capire cosa ne pensiate, perché mi fa piacere sapere la vostra opinione (capitemi, anche le recensioni sono una specie di Sacro Graal), quindi vi chiedo di avere pietà di una povera malcapitata perfezionista e scrivere qualcosina nel bel riquadretto bianco qui sotto.
Grazie.
Non ho ancora trovato un saluto degno della mia onnipotenza, quindi… niente, quindi vi saluto banalmente con un inchino e mi congedo.
S.
 
 
(P)S: Per chi se lo stesse chiedendo (perché io sono così modesta da credere che voi tutti ve lo stiate chiedendo), non ho perso la mia polverina magica dell'allegria e pazzia a go go, bensì chiamasi "Sindrome da pensionato depresso perché non va più al lavoro", ergo, finii lo stage e un Garfield al quale proibirono le lasagne si impossessò di m
e.
   
 
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