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Autore: Coraline Mondrian    29/06/2016    0 recensioni
Perché non importa quanto ci speri, sai che ancune storie non potranno mai avere un lieto fine.
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Nuovo personaggio | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Quella promessa, che bruciava ancora nitida nella sua mente.
La storia si riaprì in una di quelle mattine di novembre fredde e nebbiose, finendo l’ultima volta in un dolciastro pomeriggio di primavera, qualche anno dopo.
Gerard stava fumando nel balcone del suo appartamento di estrema periferia.
La scena che si proponeva ai suoi occhi era quanto meno desolante: la nebbia rendeva tutto così opaco, sporco e anonimo: gli alberi, la strada, i palazzi, si chiese se fossero gli stessi che aveva guardato tanto entusiasta il giorno in cui si era trasferito, il giorno in cui aveva deciso di rincominciare  daccapo insieme alla persona che lo aveva sempre sostenuto, nascondendo al meglio possibile i mostri del passato, anche se c’erano sempre, negli incubi, nelle notti gelide, nei pianti disperati, nel suo migliore amico che lo abbracciava forte, che gli diceva che se ne sarebbero andati, un giorno.
Frank intanto uscì nel balcone, occupando lo spazio accanto al suo compagno di sventure, il quale si accorse della sua presenza per semplice spostamento d’aria.
Quando trovò la forza di alzare la testa e girarla, Gerard non poté fare a meno di perdersi  nell’ammirare il suo amico: i capelli scuri che gli scendevano dolcemente sul viso di profilo,  cereo e delicato, risaltando i suoi occhi nocciola, un po’ velati e cerchiati da occhiaie e eyeliner sciolto, ma comunque luminosi, limpidi, e oddio, si stava mordendo il piercing sul labbro, quel labbro sottile che Gerard aveva desiderato così ardentemente che si sentì morire.
Girò la testa di scatto quando Frank spostò gli occhi su di lui, ma non fece in tempo e il piccolo notò che lo stava osservando, decidendo di far finta di niente. Quella vecchia storia continuava da tantissimo tempo, e andava bene così. Erano entrambi troppo spaventati per il primo passo, e poi, da allora, avrebbero avuto  problemi molto più importanti da affrontare.
Era il momento, e Frank, per una volta, doveva essere quello forte.
«Way, i Drăculești*  sono tornati.»
Pronunciò la tanto temuta frase, quella che aveva segnato la riapertura della storia, quella che li avrebbe costretti a scappare lontanto, di nuovo, nella vana speranza che non li trovassero.
La frase che ribadiva la loro condanna, proprio nel momento in cui le cose stavano diventando stabili: avevano trovato una casa, un lavoro al bar dietro l’angolo, avevano iniziato a mettere da parte dei soldi per permettere a Frank di continuare gli studi… evidentemente non si meritavano una vita normale, pensò il giovane Iero.
Intanto l’espressione di Gerard passava dallo stupore, alla consapevolezza, alla paura in pochi decimi di secondo e Frank dovette affrontare il progressivo aumento del dolore nei suoi occhi. Parve perdere un battito, sgranò gli occhi e le sue gambe per poco non cedettero.  Si sentì stringere i polmoni, come era successo l’ultima volta, vide di nuovo il sangue a terra, litri del suo sangue, e loro, vide di nuovo le loro facce familiari, il loro pallore non umano, e se una volta era sopravvissuto per miracolo, non era più forte come allora. Fissò l’amico per capire se stesse scherzando, ma sapeva che Frank non scherzava mai, e sicuramente non lo avrebbe mai fatto su queste cose. D’altra parte, il giovane era ancora più terrorizzato di Gerard, i suoi occhi erano dilatati al massimo, la sua voce era incrinata da un pianto che stava nascendo, e le sue mani tremavano così violentemente che Gee le afferrò e le strinse forte tra le sue, le premette contro le proprie labbra e poi sul cuore, per fargli sentire che batteva ancora, che era ancora vivo e che, finché lo fosse stato, avrebbe fatto di tutto per proteggerlo.
Gerard voleva dirgliele queste cose, lo desiderava più di ogni altra cosa, voleva dirgli ogni giorno quanto lo amava, voleva urlarglielo a pieni polmoni e sussurrarglielo nell’orecchio,  voleva riempirlo di complimenti, ma loro si erano portati via tutto ciò che aveva.
Si erano portati via le parole.
«Li ho visti questa notte, qui sotto la finestra, erano in tre, uno ha detto qualcosa indicandoti e poi sono scomparsi. Gee, questa volta non possiamo scappare, non riusciremo a sopravvivere, loro ci seguono e ci prenderanno per sempre, diventerai uno di loro… per sempre.»
Adesso quel pianto prima appena accennato si era trasformato in una disperata richiesta di conforto, così impaurita, e Gerard si maledisse per aver cacciato un cucciolo come Frank in una situazione del genere. Come aveva potuto essere così egoista e lasciare che il piccolo lo seguisse? Adesso erano entrambi destinati a una vita di merda,  ed erano poche le cose che Gee poteva fare per cambiare quella condizione.
Quindi strinse forte l’amico tra le braccia, più forte che poteva, cercando di tranquillizzarlo e a sua volta trattenendo le lacrime. Doveva essere forte per tutti e due e  impedire che i ricordi riaffiorassero.
«Gerard, adesso cosa facciamo? Dove andiamo?»
Il più grande lascio un delicato bacio sul collo di Frank, che rabbrividì, prima di staccarsi. Sarebbero stati così felici. Una di quelle coppie che si vedono in televisione, con una casa accogliente, cinque cani e tre gatti. Sarebbero potuti essere anche solo degli adolescenti passionali, invece, allora, ogni gesto d’amore e dolcezza provocava dolore e lacrime, tutto ciò per colpa di…di loro.... Gerard non riusciva a pronunciare quel nome nemmeno nella sua testa.
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Dopo aver raccattato velocemente le loro cose, partirono. Per fortuna il più grande possedeva un’auto, piccola, fredda e scassata, ma era pur sempre un’auto. Quando si misero in viaggio erano le 9 di mattina.
Si diressero verso sud, verso l’America latina, dove Frank aveva degli amici che avrebbero potuto ospitarli, finché non sarebbe venuta loro un’idea migliore. Gerard e Frank comunicavano in un modo tutto loro fin dall’inizio: a volte sembrava quasi che quest’ultimo leggesse la mente del primo.
Uscirono dalla città e si ritrovarono nell’ autostrada, vuota, anonima. Corsero dritti nel silenzio, sferzando nella nebbia, e sembrava quasi rassicurante, Frank si era tranquillizzato e adesso tentava di convincersi che tutto sarebbe andato per il meglio, che non gli avrebbero mai portato via il suo migliore amico. Che coraggio ad ostinarsi a chiamarlo ancora così; Gerard non era un suo amico, era il ragazzo che gli fatto provare per la prima volta un vero sentimento, un’emozione pura e semplice ma intensa, il ragazzo che fissava, bello e distante, il ragazzo con gli occhi sempre impossibili da raggiungere, il ragazzo che l’aveva tirato sù quand’era caduto, il ragazzo silenzioso e dolce, il ragazzo che sorrideva solo con lui, il ragazzo che gli asciugava le lacrime, il ragazzo che era stato picchiato al posto suo... Era il ragazzo per cui Frank aveva rinunciato a tutto, alla famiglia, alla ricchezza, al liceo, pur di stargli vicino quando tutti se n’erano andati, e lo avrebbe fatto altre mille volte; Gerard era il ragazzo per il quale, Frank, sarebbe anche morto, pur di renderlo felice.
Non era il suo migliore amico.
Intanto le ore passarono, e il piccolo si offrì più volte di sostituire Gerard al volante, il quale però rifiutò sempre. Frank aveva già abbastanza problemi, tutti causati da lui, e non voleva creargliene altri.
Il viaggio scorreva veloce, e quando il cielo inizio a colorarsi di rosso, si trovavano in Pennsylvania, non molto distanti dal West Virginia. Dovettero decidere se continuare il viaggio, anche se i Drăculești probabilmente conoscevano la loro targa e li avrebbe trovati presto, una volta calata la notte, o rifugiarsi in un motel, un ostello, anche se non sarebbe stato molto più sicuro, e anche se avrebbero perso tempo prezioso.
Scelsero entrambi, nonostante le attenuanti, l’opzione del motel, e visto che non se ne trovavano su quella autostrada, Gerard svoltò in una stradina di campagna nemmeno asfaltata, dimenticata dal mondo.
Dovevano nascondersi.
Fortunatamente non passò molto tempo che trovarono un piccolo motel a conduzione familiare il quale sembrava possedere tutte le caratteristiche che stavano cercando: isolato, privato e deserto. Vi era solo un’altra automobile, rossa e brillante con gli interni in pelle, che contrastava con tutto l’ambiente semplice e casareccio circostante. Non potevano esserci loro, vero? Non sapevano ancora che erano scappati, ma una volta calata la notte, sarebbero riusciti a raggiungerli? Nonostante i dubbi constatarono che quel posto era sicuramente la scelta più favorevole, e quindi a malincuore decisero di alloggiare lì.
Parcheggiarono e scesero, presero i loro zaini e il più grande coprì la targa con una coperta che teneva sempre nel baule.
Si diressero verso l’entrata.
Frank aveva paura.
Gerard era confuso.
Il più piccolo strinse forte la mano dell’altro, e con quella libera, dopo un qualche istante di esitazione, suonò il campanello. Un momento dopo la porta si aprì, facendo entrare i due ospiti.
Si trovarono davanti un uomo anziano e baffuto, con lo sguardo austero ma umile che li squadrava severamente. Era vestito da una camicia di flanella a quadri consumata e un paio di pantaloni sporchi.
Frank abbandonò la mano di Gerard.
Gerard decise che, nonostante tutto, quell’uomo gli stava simpatico.
Dopo qualche secondo l’espressione del signore, che probabilmente era il proprietario, si addolcì, ed egli si spostò di lato per lasciare entrare i ragazzi, mentre intanto diceva loro:
«Benvenuti al motel Cussler, sappiamo che è un po’ spartano… ma in compenso è molto economico»
«Non si preoccupi, è perfetto» sorrise sinceramente Frank.
Sembrava un bambino felice. (Da quanto tempo non sorrideva?)
Quell’immagine face scaldare il cuore a Gerard.
Era questo che lo aveva mantenuto in vita tutti i giorni, anche quelli più disperati: ogni piccolo momento di dolcezza, ogni sorriso stupido (seppur non indirizzato a lui, come in quell’occasione), ogni istante in cui poteva mettere in secondo piano la loro condizione di merda per ammirare Frank, la sua bellezza, la sua dolcezza, anche la sua infantilità, dopotutto era un ragazzo a cui era stata strappata l’adolescenza, le situazioni in cui si era trovato negli ultimi anni, la sofferenza che aveva dovuto affrontare, il dolore, la lontananza, lo avevano portato a crescere molto in fretta, ma era pur sempre un sedicenne.
Un sedicenne a cui era stata negata una crescita normale. Forse una vita normale.
Gerard si sentì in colpa come non si sentiva oramai da tanto tempo e cercò di scacciare via quelle insinuazioni, che gli sembravano più veritiere in quel momento che mai.
Assorto dai suoi pensieri, il più grande si perse la conversazione avvenuta tra il proprietario e Frank; appena si destò fece la sua comparsa una donna, anch’essa abbastanza anziana, con un grembiule da cucina e un viso dolce e materno. Presumibilmente era la moglie dell’uomo che aveva aperto la porta.
«Buonasera e benvenuti. Io sono Mary Alice, chiamatemi pure Mary, e lui è mio marito Stephen. Oh dio, tesori, siete così stanchi, vi mostro le vostre stanze subito così potete riposarvi un po’ e lavarvi prima di cena. Parleremo dopo di affari, ma come vi ha detto Stephen qui è molto economico: 7$ a camera singola, 10$ a camera doppia. Preferite due singole o una doppia?»
Frank diede un’occhiata veloce a Gerard e poi chiese una doppia (ovviamente).
Mary li accompagnò al piano di sopra, dove vi erano le stanze, ne indicò una e diede loro le chiavi, dicendo:
«Sono le 5 e mezza; la cena sarà tra due ore al piano di sotto. A dopo!!»
Dopodiché scese, Gerard aprì la camera ed entrarono.
Non si aspettavano che con doppia intendesse con un letto matrimoniale, ma nessuno dei due fece questioni: avevano già dormito insieme più volte, anche nell’appartamento in affitto.
«Gerard, dovresti dormire, o almeno cercare di riposarti un po’, hai guidato tutto il giorno e sei stanco… io intanto vado a farmi la doccia e… per favore, lo so che è difficile, ma almeno provaci..»
Il più grande rispose con un cenno del capo e si chiese come sarebbe sopravvissuto se non avesse mai incontrato il piccolo Iero.
Frank intanto andò in bagno e si lavò con calma, indossò dei vestiti puliti e uscì. L’orologio appeso al muro diceva che erano le sei. Gerard si era accovacciato all’angolo del letto ma aveva gli occhi spalancati, ed era immobile. Gli ci sarebbe voluto un po’ di tempo per abituarsi a quella nuova vita da perseguitati, di nuovo, e, anche se Frank stava soffrendo, doveva metterlo al centro dell’attenzione, era lui il protagonista, quello maledetto, devastato; quello che aveva più bisogno. Nessun rancore, il piccolo ci si era abituato ed era pronto a seguirlo tutta la vita, sarebbe scappato insieme a lui tutta la vita anche solo per essere un personaggio di sfondo della sua variegata esistenza; migliori amici o qualcosa di più, se Gee era condannato, lo era anche Frank.
Era molto più che una cotta adolescenziale.
Frank si sdraiò piano accanto a Gerard e lo abbracciò da dietro, poggiando il mento sulla sua spalla. Era così soffice, così morbido, ma allo stesso tempo così triste e spaventato che il giovane Iero non poté fare a meno che sussurrargli delle parole dolci e confortanti, e, quando prese abbastanza confidenza, iniziò a canticchiargli una melodia che sua mamma gli aveva insegnato quand’era piccolo.
Era tutto ciò che gli rimaneva di lei, e in quel momento lo stava condividendo con Gerard.
Si addormentarono lentamente l’uno tra le braccia dell’altro, e, per una volta, si sentirono sicuri e protetti; c’è poco da dire, erano i più deboli, ma insieme erano forti. Insieme potevano sconfiggerli, insieme potevano sconfiggere tutti
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*I Drăculești furono una delle due linee maggiori originate dalla Casa di Basarab, l'altra linea fu quella dei Dănești. Drăculești e Dănești furono in lotta costante per il controllo sul trono valacco (territorio dell'attuale Romania, in Transilvania) tra XIV e XVI secolo . Venuta meno la minaccia dei Dănești, i Drăculești trovarono nuovi nemici nella famiglia dei potenti Craiovești d'Oltenia, un’altra discendenza della Casa di Basarab. Tra i maggiori principi dràculesti vi è Vlad III, soprannominato Dracula, e da cui prende il nome la discendenza. 
 
 
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sì, eccomi qui, di nuovo, lo so... non avevo intenzione di cimentarmi in un nuovo progetto senza aver prima terminato quello precedente (I know the world's a broken bone, but melt your headaches call it home), ma... va be', certe situazioni mi hanno portata a scrivere questa cosa e... niente, volevo sapere se, secondo voi, dovrei continuare a pubblicarla.
Grazie mille per avermi letto, e ci terrei tantissimo a conoscere la vostra opinione :)
Alla prossima <3




 
   
 
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