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Autore: Made of Snow and Dreams    30/06/2016    3 recensioni
Strani eventi cominciano a disturbare la vita dei nostri killer: macabre scoperte, gente spaventata per un pericolo sconosciuto, corpi ammassati nella foresta. Cosa sta succedendo? Chi sta minacciando il territorio dei nostri assassini? Chi è il nemico?
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Un paio di avvertimenti è sempre meglio farli:
Il linguaggio, con la venuta di Jeff e l'alternarsi delle vicende, non sarà proprio pulitissimo.
Dato che il mio progetto include la presenza dei miei Oc (quindi ho detto tutto), saranno presenti scene di violenza varia con un po' di sangue (un po'? Credeteci pure...).
Spero vi piaccia.
P.S. Fate felice una scrittrice solitaria con una recensione, si sentirà apprezzata!
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Notti di noi







Scontri

 



Anche Laughing Jack sentiva che qualcosa non quadrava. Anche se era un’entità soprannaturale, i suoi sensi erano strettamente legati al mondo degli umani; le sue percezioni erano in grado di mutare in base all’atmosfera che respirava, e l’atmosfera che lo condizionava variava con l’umore generale di quegli esseri in continua proliferazione. Quello che gli abitanti del pianeta solevano chiamare ‘sesto senso’ e che lui aveva sviluppato con il tempo e la pazienza.
In particolare, il fatto che il numero dei bambini di quella cittadina - che era divenuta la giostra momentanea - si fosse dimezzato improvvisamente, non gli lasciava presagire nulla di buono.
Inclinò leggermente il capo all’indietro, arricciando le labbra in una risata intrisa di nervosismo, e scartò un lecca-lecca dai colori vivaci per divorarlo in solitudine. Studiò il locale in cui si trovava: una piccola veranda contornata da rampicanti secchi che si aggrovigliavano sui muri, sulle ringhiere arrugginite. Erano persino giunti a strisciare sul pavimento, formando un tappeto di foglie scricchiolanti.

La tana perfetta per i topi, constatò Laughing Jack. Adocchiò distrattamente uno dei tanti ratti che sfrecciavano come missili sulle grondaie di quella catapecchia. La casa doveva esserne infestata: ovunque si girasse, il suo udito poteva captare il raschiare delle loro unghie sul legno, il loro continuo rosicchiare le muffe, il loro perenne zampettare nelle tubature idrauliche in disuso da anni. Quando uno di quei grandi roditori gli sfiorò la caviglia con il suo pelo arruffato, Laughing scattò. Afferrò il topo con poca delicatezza, stringendo gli artigli sul ventre per impedirgli la fuga, e avvicinò la mano al viso. Scrutò il muso incrostato di polvere come se non avesse mai visto un ratto in vita sua; l’animale si dibatteva furiosamente, le zampette posteriori sporgevano dal suo pugno allentato e sussultavano a intervalli più o meno regolari per sfuggire alla sua morsa. Se avesse pressato maggiormente le sue dita sulla pancia gonfia del topo, avrebbe percepito il frenetico battito del suo cuore impaurito.

‘Che strano animaletto sei… ‘ mormorò il clown con voce cantilenante. Sorrideva mentre il suo volto sporgeva a meno di un soffio dalla testa del ratto, tanto che se avesse voluto infilzare il suo cranio con la punta del suo naso gli sarebbe bastato inclinare il collo di pochi centimetri. ‘La più miserabile delle creature su questo mondo. Vivi nelle case degli altri e ti moltiplichi nell’ombra. Rubi il cibo dalle cucine, porti malattie. ‘
Gli squittii del topo si fecero più sottili e terribili mentre lui serrava la presa, soffocandolo lentamente, pressando gli organi interni. I suoi occhietti neri erano più vivaci che mai. Si dimenava, serrava i denti, torceva vanamente il collo per tentare di morsicarlo.
‘E come lotti per liberarti! ‘ rise Laughing Jack. Allentò la presa per qualche secondo e poi strinse più forte, scimmiottando il battito del cuore dell’animale sempre più sofferente. ‘Ma immagino che chiunque lo farebbe al posto tuo. Giusto? Nessuno vuole morire con la schiena spezzata. ‘ Le sue dita si flessero un’altra volta, palpitarono.

Nelle orecchie del clown risuonarono quelle che immaginò essere delle urla disperate e acute. La sua vista si annebbiò. ‘Com’è vero che nessuno sceglierebbe di condurre una vita al di fuori dagli schemi. Quale potrebbe essere il tuo motto? ‘ chiese, sovrappensiero. Gli occhi lacrimosi di anonimi bambini si sovrapposero gli uni con gli altri, offuscandogli la vista come una fitta nebbia. ‘Forse… forse la collaborazione con i tuoi amici della colonia. Aiutarsi a vicenda. Potrebbe essere buon precetto, in effetti. Ma che prezzo sei disposto a pagare per giurare la tua fedeltà? ‘
Attese una risposta che non arrivò mai. Si limitava ad guadare il topo senza nemmeno vederlo, incastonando il suo sguardo nella fitta rete di vene che si intrecciavano nelle zampe del roditore.
‘La morte sarebbe la pena più dura e il costo più generoso. ‘ continuò in tono colloquiale. La sua mano libera sfiorò pericolosamente gli arti anteriori dell’animale, e, in una frazione di secondo, glieli strappò. Il suono dei nervi che si laceravano fu sovrastato dagli squittii esasperati, e il sangue picchiettò sul pavimento in legno. Il topo agitò forsennatamente i moncherini sanguinanti e le zampe posteriori nel suo ultimo tentativo di salvarsi la vita. L’intensità di quei versi fu graffiante come un gesso che viene fatto stridere su una lavagna.

‘E tu sei disposto a pagare per salvare i tuoi amichetti, vero? ‘ gracchiò Laughing Jack. Un rivoletto di sangue gli colò sulle falangi delle dita e glieli solleticò. ‘Sono sicuro che lo sei. Sei un bravo ratto, dopo tutto. ‘ Quella calda stimolazione convinse il clown a schiacciare la sua piccola vittima. Gli artigli perforarono la pelliccia grigia e permisero alle dita di scomparire nel corpo del ratto fino alle nocche, attratte dalla viscosità dei fluidi interni. Si udì lo scricchiolio delle ossa frantumate quando le viscere pulsanti si riversarono sul palmo del clown, che continuava ad osservare la scena con un’espressione vacua e, allo stesso tempo, incredula.
‘Ora fai il tuo dovere e diventa cibo per i tuoi compagni. ‘ Gettò il cadavere straziato sul pavimento e lo ricoprì con una montagnetta di caramelle colorate, come per celarlo alla vista altrui. Ebbe un attacco di risa quando si accorse che un filamento insanguinato gli si era appiccicato sulle unghie, e, chinato il capo, lo raccolse con la lingua e lo ingoiò.

Era una notte stranamente silenziosa. A parte il brusio dovuto alla presenza degli insetti nel legno marcio e nelle pareti marce, non c’erano rumori in lontananza. Era come se in quell’anfratto di mondo dimenticato dalla civiltà, il tempo si fosse fermato.

‘E pensare che ero voluto venire qui per fiutare la presenza dei mocciosi! ‘ lamentò il clown, digrignando i denti.
Sbuffò nel rammentare l’istinto che lo aveva condotto in quella casa abbandonata che ricordava, per la sua struttura, l’abitazione del suo carnefice e della sua prima vittima: era entrato nella speranza di trovarvi una bella famigliola con un bambino solo e triste, bisognoso di amicizie speciali; magari un bambino con i capelli biondi, sui sette anni e mezzo, con i genitori dallo schiaffo facile e perennemente pronti a urlarsi contro. Un bambino con cui cantare a squarciagola Pop Goes The Weasel, con cui giocare ai pirati o con i giocattoli animati, un bambino da cui mai separarsi, un bambino che non lo avrebbe mai segregato in una scatola - quella scatola - per anni e anni. Un bambino per cui essere creati.

Isaac…

Mentre valutava l’opzione di abbandonarsi dolcemente agli unici ricordi lindi e lucenti di gioiosa sanità che la sua mente aveva diligentemente conservato, un tonfo, che risuonò in tutte le pareti di quella casa, lo fece trasalire. Quando si voltò con nonchalance per controllare cosa si fosse sfracellato in terra, vide che delle tegole, staccatesi dal tetto intriso di acqua, si erano schiantate sul pavimento.

Un sorriso divertito scoprì le zanne del pagliaccio monocromatico, che sfociò in un vero e proprio scroscio di risate quando intravide la figura di una bambina appostata sulla sommità delle scale che conducevano al piano superiore. La sua pelle era stata martoriata in più punti diversi con quello che sembrava essere stato un martello di piccole dimensioni. Il cranio le era stato fracassato in prossimità della tempia, cicatrizzata in un grumo di sangue rappreso, e lividi di varia natura erano ben visibili sulle sue braccia e, in particolare, sulle cosce. Delle gocce di sangue continuavano a lasciare degli aloni più scuri sul vestitino rosa, laddove l’imene squarciato continuava a spruzzare le lacrime del suo abuso. La bambina sorrideva a Laughing Jack come se fosse l’azione più naturale del mondo, contraendo così tanto le guance da mostrare le gengive. Il clown la fissò di rimando, ostinandosi a mantenere il sorriso impresso sui suoi tratti, interdetto ma risoluto. Entrò e una zaffata di odori disgustosi lo investì, il puzzo dei corpi in putrefazione.

‘Vuoi giocare con me? ’ chiese la bambina. La sua voce si propagò in tutte le stanze della casa come se lei si trovasse contemporaneamente in ognuna di esse.

‘Se per giocare intendi rincorrerti per tutta la casa, aprire a metà il tuo bel corpicino per decorare le pareti di questo… ‘ Fece una pausa, aprendo teatralmente le braccia per guardarsi intorno con aria scherzosamente meravigliata. ‘… amabile luogo con le tue interiora, e poi riempirti di canditi e caramelle… ma certo, bambina mia! ’ disse il clown, battendo il piede destro sul primo scalino, in un muto invito a scappare e iniziare i giochi.

Il sorriso della bambina vacillò per un istante e gli occhi verdi si incupirono. Sembrò ispirare l’aria per acquistare qualche secondo in più per riprendersi dallo stupore, e strinse al petto il suo orsacchiotto di peluche, affondando il naso nel pelo sintetico per tranquillizzarsi con l’odore rassicurante dell’imbottitura. Scosse piano la testa, fissando il clown con dichiarata curiosità.
‘Allora no. Non voglio giocare a quel genere di giochi. L’ho già fatto tempo fa con mio zio, e non mi è piaciuto per niente. ’ sussurrò con voce argentina, squillante come una campanella. ‘Fa piuttosto male. ‘
Il ghigno di Laughing Jack si espanse ancora di più mentre lui tastava il gradino successivo con il piede sinistro per incuterle ansia, lasciando che gli artigli affilati della mano destra graffiassero leggermente il corrimano. Voleva che la mocciosa riconoscesse la sua superiorità, pretendeva il rispetto che la sua creatività gli conferiva! Era ad un passo da dichiarare lo scacco matto alla sua piccola sfidante.

‘Ma davvero? ‘ ghignò. ‘ Motivo in più per fare amicizia con un vero amico come me! Da quanto tempo sei qui da sola? ’
La bambina indietreggiò di un passo, cingendo ancora più strettamente il suo peluche come se potesse animarsi da un momento all’altro per difenderla da quell’attacco non previsto. Il clown aveva deciso di giocare d’anticipo, e la sua tattica stava funzionando. ‘Io sono qui da sempre. ‘ rispose lei, scrollando le spalle. ‘Vivo qui da quando ne ho memoria. ‘

‘Davvero? ‘ ribatté Laughing Jack con falso interesse. Un altro passo in avanti. ‘E vivi da sola, per caso? O per caso hai anche dei fratelli, delle sorelle? ‘
‘No. Sono sola e basta. ‘

‘Ma è impossibile che tu abbia vissuto in questa casa senza nessuno! Chiunque crollerebbe… ‘

E tu ne sai qualcosa, vero, Isaac? Mio defunto migliore amico per la vita e per la pelle. Soprattutto per la pelle, quella che io ti ho tolto…
‘Effettivamente ho notato che prima venivano delle persone qui… ‘
…in cambio del risarcimento che hai elargito al tuo migliore amico, giunto a te solo per renderti felice. Vent’anni, Isaac. Vent’anni. Vent’anni chiuso e dimenticato nella mia scatola, una scatola in cui non posso più entrare a causa tua.
‘… ma ora non viene più nessuno. Tutti spariti! Anche la foresta è deserta, hai visto? ‘

Laughing Jack aggrottò la fronte e permise alla sua testa di ricadere mollemente di lato, in una grottesca imitazione di una bambola di pezza. Dalla sua bocca aperta sgorgò un rigagnolo di saliva che gli sporcò il mento. Sally seguì il tragitto del rivolo con aperto disgusto, imitando l’occhiata sdegnosa che una nobildonna rivolge ad un umile contadino. Captò un leggero brusio provenire dall’esterno della casa, uno sfregare di incisivi misto al ronzio delle mosche. Lanciò un’occhiata interrogativa a Laughing Jack.
‘Oh, è solo un piccolo topo che ho involontariamente fatto fuori. La tua casa ne è infestata, a proposito. ‘ disse il clown. ‘Dovresti fare qualcosa. Una disinfestazione. ‘
Il viso di Sally s’illuminò. ‘Ma io non voglio che muoiano. Sono gli amici più fedeli che ho, i topi. Mi tengono compagnia. ‘
‘Ti tengono compagnia. ‘ ripeté Laughing Jack, ora a metà strada nel suo proposito di fronteggiare la bambina per sfogare le sue voglie represse. ‘Ti tengono compagnia perché da te non arriva più nessun amico. E io credo di sapere il motivo. ‘ Si fermò in una drammatica pausa. Percepì lo sconcerto della mocciosa crescere in lei, mentre quest’ultima sporgeva il collo come se stesse per sapere il più oscuro dei segreti. ‘La causa di tutto questo, mia dolce bambina sconosciuta, è che i bambini là fuori stanno morendo come mosche. E sospetto che tu, in particolare, sia la responsabile della mia fame. I bambini… ‘ disse Laughing Jack, e incatenò le sue iridi splendenti di una nuova luce, più sadica della precedente e traboccante di rabbia, in quelle verdi e confuse di Sally. ‘… li stai ammazzando tu, vero? ‘

Istintivamente Sally indietreggiò ancora. La presenza del clown monocromatico era opprimente e soffocante, e le veniva naturale provare un intenso disagio quando lui le si avvicinava. I suoi capelli crespi gli ricadevano sugli occhi, ombreggiandoli, e una campanella d’allarme iniziò a trillare nella sua testa. Sospettava che dietro quel ghigno tiratissimo si celasse una furia a stento controllabile, e quando notò delle sfumature rossastre sui suoi artigli, il sospetto divenne una certezza.
‘No! ‘ si affrettò ad esclamare. ‘ Come potrei rubarti le prede se anch’io sono a secco di compagnia? ‘
‘Allora spiegami! ‘ sbottò Laughing Jack, alzando il tono della voce gradualmente, ‘Com’è possibile che metà di quei microbi si sia volatilizzata nel nulla? Se non sei tu, chi li sta facendo fuori? ’
Sally sospirò lievemente, come per comunicargli che era un cruccio anche per lei.
‘Non lo so, signor clown. Però pensaci: io e te siamo messi male. Io ho bisogno di riprendere i miei giochi, e tu le tue… attività. Siamo abitudinari in queste cose, tu e io. ‘
‘E questo cosa dovrebbe comportare? ‘ sibilò Laughing Jack, spazientito.
‘Comporta che anche ‘i vertici’ dovrebbero risentire di questa mancanza. Tu che dici? ‘
‘Chi? Cosa? Quali vertici? ‘
‘Dovresti sapere meglio di me di chi sto parlando. L’Uomo Alto, ad esempio. O quel ragazzo con le guance tagliate. O la donna con la maschera e la parrucca nera. ‘
‘Mi stai suggerendo di andare a cercare quei buffoni per interrogarli? ‘ esclamò Laughing Jack. ‘E chi mi garantisce che non sia tutta una tua tattica per farmi perdere tempo? ‘
‘Nessuno, infatti. ‘ rispose Sally con serenità. ‘Solo la mia parola. ‘
‘Ah! Con le tue parole posso addobbare le interiora dei bambini, mocciosa! ‘
‘Beh, la scelta è sempre tua. ‘ ridacchiò lei. Spiò il viso sconvolto del clown, il cui respiro era diventato affannoso per il nervosismo che quella scelta gli stava innestando. ‘Al massimo posso proporti un accordo. Se io ho ragione e c’è qualcosa sotto, qualcosa di molto più grande, mi lasci stare. In caso contrario… ‘
‘In caso contrario torno qui e rado al suolo questo cubicolo. Con tutte le conseguenze che ricadrebbero su di te.‘ completò Laughing Jack. I suoi lineamenti tornarono a distendersi in un largo e giocoso sorriso di vittoria.
‘Affare fatto. ‘
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Jane the Killer camminava a passo spedito, affidando i lunghi capelli sintetici al vento calmo della sera. Da quando aveva parlato con quello spettro più umano di quanto sembrasse all’apparenza, la infastidiva un bizzarro malessere che le aveva colpito la testa: una specie di forte ronzio le trapanava i timpani, divenendo talmente assordante da riempirle il cervello.

Era certa che non fosse opera di Puppeteer: da quando ci aveva parlato la prima volta, mesi fa, lui le aveva confidato che non le avrebbe mai fatto del male e non le avrebbe torto nessun osso di nessun’articolazione per trasformarla in uno dei suoi burattini di carne. E lei gli aveva creduto.
Le aveva anche promesso che non le avrebbe messo alle calcagna Zachary, il suo proxy, e che sarebbe stato lieto di poter discutere con lei. Di quelle semplici frasi, pronunciate con tanta sincerità, Jane non avrebbe potuto sospettare mai.
D’altronde, come avrebbe potuto dubitare mai di quella schiettezza, se ora quella serie infiniti di bisbigli, sussurri e brusii che udiva costantemente nelle sue orecchie, erano provocati dalla presenza di quella creatura che minacciava il territorio del suo amico?

Non aveva mai visto un essere più alto di lui: doveva superare abbondantemente i due metri, indossava una sorta di smoking - o almeno quello che la ragazza credeva essere uno smoking, visto che la presenza di Ticci Toby le impediva la visuale - nero, dalla sua schiena avevano origine diversi tentacoli del medesimo colore, e non possedeva i tratti somatici. Puppeteer era davanti a lui, con le dita contratte - le ricordarono tanto gli artigli di un rapace - e le corde dorate guizzanti, ed era coadiuvato dal proxy che Jane non aveva mai avuto occasione di vedere: Zachary.
Ciò che restava del ragazzino che aveva provato a fuggire dall’onnipresente spettro era uno scheletro vivente, che sfiorava con decisione il tasto d’accensione della sua arma - un trapano-, in un muto ammonimento per il suo rivale, Toby, che rispondeva facendo dondolare impercettibilmente una delle sue accette sulla gola dell’avversario.

‘Mossa scorretta attaccare il mio territorio. A cosa devo questa visita? ’

La voce cavernosa e assolutamente innaturale rispose a quella di Puppeteer, intrisa di talmente tante interferenze che sembrava provenisse dalla radio che ascoltava ogni giorno con suo padre in macchina, in un passato dai contorni fiabeschi e sfumati nel dolore di un lutto insostenibile da superare.

‘Stai rubando le mie vittime, ne sono certo. Ecco il motivo della mia venuta qui. ’

‘Le tue vittime non le tocca nessuno. Di sicuro non sono io quello che spreca il suo tempo cacciando nel tuo territorio per danneggiare la tua reputazione degna di una leggenda metropolitana. Ti sminuisci, così. ‘

Jane trattenne il fiato a quell’affermazione azzardata e audace, e usò la mano sinistra per spingere la propria maschera sul suo volto deturpato nella speranza di imprigionare qualsiasi gemito di sorpresa nell’oscurità della sua protezione cartacea. Si accucciò dietro un ammasso di cespugli, e allungò il collo per spiare la scena con più attenzione possibile.
Vi fu un attimo di assoluta immobilità da parte dei due nemici, poi la creatura parlò.

‘Non credo che possa piacerti essere appeso ad un albero con le tue stesse corde, Puppeteer. E non credo che gioiresti nel vedere i pezzi della testa della tua proxy, Emra, sparpagliati per il bosco.’

‘Emra…’ sussurrò Puppeteer. Il tono con cui pronunciò il nome della sua amata e odiata proxy fu simile a quello usato da un fedele che prega il suo Dio personale per la propria incolumità. ‘L’ hai attaccata? ‘ sibilò poi, assottigliando le palpebre in segno di sfida.

Jane scorse gli occhi dorati dello spettro arrossarsi ai bordi ed emanare un’intesa luce arancione, calda e luminosa. Un brutto segno.

‘Tu non sei niente. ‘ seguitò a dire la creatura immensa. ‘Non hai alcun potere se vieni paragonato a me. Ringrazia che ti ho permesso di vivere fino a questo giorno, anche se la tua presenza in questa dimensione è del tutto superflua. ’

Quella voce, nonostante le minacce, era pacata e risonante nel silenzio teso della foresta, abbastanza da cullare i battiti forsennati del cuore di Jane, che non voleva saperne di rallentare. Ma era tanta la paura di essere scoperta e ancor di più di essere uccisa prima di aver compiuto il suo dovere. E temeva, temeva per l’esistenza del suo nuovo amico Puppeteer, la cui forza eguagliava pericolosamente quella della creatura sconosciuta.

‘Sarebbe soddisfacente impedirti di pronunciare qui e ora una sola e ultims parola, per poi sbarazzarmi di entrambi i tuoi proxy. Ma, stando così le cose, sarebbe anche più divertente costringerti ad assistere all’agonia della tua preziosa bambolina, non trovi? ’

‘Non avrai osato catturarla…’

‘No. Non ho intenzione di avvicinarmi a lei, e non lo farò se mi tornerai indietro i bambini. Devi averli presi necessariamente tu, perché nessun altro killer osa avvicinarsi a me e ai miei… collaboratori. ’

‘Non sono così disperato da richiedere addirittura delle vittime a un avversario. Al contrario tuo, la gente a cui indirizzare le mie preziose attenzioni non mi manca visto che faccio loro un favore, aiutandole a scegliere la via giusta per la salvezza. ’ rise lo spettro ironicamente, persistendo nel suo fluttuare davanti alla creatura.

La tensione era palpabile, e uno scontro imminente. Jane stava per scattare fuori dal suo nascondiglio improvvisato, quando una musica che non aveva mai sentito in vita sua la fece desistere dal suo proposito.
 



A penny for a cotton ball
A penny for a needle
That’s the way the money is spent
Pop goes the weasel!




‘Ma che combinazione! Passavamo di qui e vi abbiamo incontrati… dire che vi stavamo anche cercando. Anche voi con lo stesso problemuccio? ’

I volti di tutti e cinque i presenti si voltarono, chi con stupore e meraviglia e chi con indifferenza, a quella voce stridula e a quella risatina dolce e bambinesca. Puppeteer aggrottò la fronte alla vista della bambina a cui era tanto legato e a cui voleva un bene quasi fraterno, mentre Jane studiò con diffidenza e timore la figura del clown monocromatico, focalizzando la sua attenzione sui denti acuminati come quelli di uno squalo.
La ragazza ebbe l’impressione che la creatura senza volto conoscesse la piccola accompagnatrice del pagliaccio, perché non rispose al suo nemico e, addirittura, avanzò di un passo verso quella strana accoppiata.

‘ Abbiamo anche noi lo stesso guaio.’ mormorò Sally.
 
 
 
 
 
 
 
 





Angolo Autrice

Scusate il ritardo per la pubblicazione, ma ho avuto diversi problemi con il computer.
Anyway, passiamo alla storia: come potete vedere, chiunque sia questo nemico invisibile sta creando un bel po’ di problemi alle nostre creepy, tanto che c’è voluto l’intervento del nostro amatissimo Laughing Jack e Sally per scongiurare uno scontro… che non avrebbe lasciato proprio incolumi i nostri beniamini.
Chiudendo l’angolo della scrittrice, al prossimo capitolo! (Che spero di pubblicare quanto prima…)
 

Made of Snow and Dreams.
  
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