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Autore: Lettrice_del_mondo    01/07/2016    0 recensioni
Amelia De Franchi era una ragazza che amava vivere la vita con la musica, si era trasferita in America all'età di dodici anni, dopo la morte dei suoi genitori, ed era andata a vivere dal solo parente che aveva: suo nonno materno Giorgio, che viveva in America. Lo aveva incontrato poche volte ma, quando mise piede in casa capì che erano identici.
Dopo la malattia del nonno Amelia divenne più timida restringendo le sue amicizie quasi a zero e passando tutti i pomeriggi nella casa di riposo dove il nonno aveva deciso di trasferirsi - per via della sua malattia -.
Un giorno però, la sua vita cambierà, capendo, finalmente chi è.
Genere: Fluff, Malinconico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Una giornata abbastanza soleggiante, con un sottofondo di uccellini che cinguettano, il vento leggero che dorme, i fiorellini che silenziosamente crescono, i ragazzi sorridenti, scocchi di labbra d'amore e sospiri... sospiri di solitudine e rabbia, per un giorno così bello e devastante.

Conigli che correvano, uccelli che volavano circolando nell'aria, bambini che correvano, sorrisi che esplodevano, risate che rieccheggiavano, sospiri che danzavano nell'armonia della primavera.... tanta bellezza sprecata e mai più riacquistata.

Persone che parlavano, gessi che scalfivano la lavagna, penne che macchiavano i fogli, piedi che rumoreggiavano, chew gum che esplodevano, porte che si aprivano o che si chiudevano, sospiri che spezzavano l'armonia... nulla era utile in un modo di disordine. 

Il sole aveva deciso di infrangere un suo raggio sul bianco viso di Amelia De Franchi, che aveva appoggiato la sua pigra e triste testa sul davanzale della finestra, le lacrime erano macchiate da un sole che cercava allegria e compagnia. Non aveva seguito nulla della lezione e non le importava molto, ormai sapeva da un po' che quei giorni, vicini a quella precisa data, sarebbero stati il nulla per lei, aveva deciso che sarebbe stato così e andava più che bene. Non si accorse neanche quando, per la quarta volta, il professore la richiamò. Fu scossa da una sua compagna di classe e lì, in quel momento, rimise tutto a fuoco. La bidella era in piedi davanti alla porta e il professore era vicino alla lavagna che trascriveva un passaggio di Romeo e Giuglietta di Shakespeare. La bidella, una donna corpulenta e pigra guardò storto la ragazza e ripeté, per la milionesima volta: << De Franchi Amelia in presidenza. >>

La ragazza prese le sue cose, le mise nello zaino, prese il telefono in mano e scese giù. Seguì la bidella, non era mai stata in presidenza e si domandava perché mai sarebbe dovuta essere chiamata. Appena scese vide che, su una delle sedie, c'era un ragazzo dai capelli bianchi con qualche goccia di celeste e alcuni piercing. Stava confabulando con il suo cellulare perciò lo lasciò stare e pensò ai fattacci suoi. Sapeva che non sarebbe arrivato presto il suo turno perciò iniziò ad ascoltare la musica e da lì, sentendo le note di One Call Away di Charlie Puth si addormentò. 

Dopo chissà quanto tempo una chioma liscia di uno strano colore le si ritrovò davanti. Quando video che era sveglia sorrise, era carino con quei piercing. << Bella addormentata, ti vogliono. >> Disse indicando la porta della preside. Lei li sorrise, lo voleva ringraziare, ma lui già se ne era andato. Prese le sue cose e bussò alla porta della presidenza ed entrò.

Dentro era molto accogliente, una piccola stanzetta con diversi scaffali pieni di libri e molti attestati e foto che ritraevano la donna che, a quanto pareva, era la preside, con professori, studenti meritevoli, squadre della scuola, figure importanti della società. Si sedette su una sedia e la signora le sorrise. Non era molto anziana, all'incirca aveva 40 anni, aveva dei capelli ricci ed era una donna di colore, non era truccata e ciò metteva in risalto la sua bellezza naturale tenuta ancora abbastanza bene, indossava una camicia rossa e un jeans nero con delle scarpe col tacco. << Ciao Amelia. Ho saputo che non sei stata proprio presente alle lezioni quest'oggi. Cos'è successo? >>

La ragazza le avrebbe potuto rispondere con la verità: L'anniversario di morte dei miei genitori, non li ho potuto dire addio e, infondo, è colpa mia se sono morti, io gli avevo chiesto di ritornare indietro per non lasciarmi da sola a casa, perché avevo paura, e invece volevo andare con loro a quella noiosissima riunione per il cinquantesimo anniversario dell'azienda in cui loro lavoravano; loro stavano per tornare indietro quando .... quando sono morti. Ed è tutta colpa mia. << Ho mal di testa. >>

La donna le si avvicinò un po' di più. << Sicura? >> Amelia annuì. L'altra sospirò e continuò. << Visto che, a quanto pare, la realtà dei fatti non me la vuoi dire, ti dico che ho un compito per te. So che vai bene in tutte le materie, sopratutto in italiano e matematica, perciò penso che questo compito debba andare proprio a te. Vorrei che, come vent'anni fa, si riaprisse il giornalino della scuola, e sarai tu a dirigerlo. >>

La ragazza la guardò seria e le scoppiò a ridere in faccia. << Io. Io Amelia De Franchi scrivere un giornalino della scuola? No. Sono troppo me stessa per fare una cosa del genere. >> L'altra la fissò strabiliante, voleva spiegazioni. << Sono timida. No, mai. Mi dispiace, ha sbagliato persona. >> Si era alzata, con lo zaino sulle spalle, si stava dirigendo alla porta quando vide una foto, vicino all'uscio. Ritraeva la preside con altre donne, sembravano stessero tutte felici, era di qualche anno prima, tra quelle donne c'era .... sua madre. La fissò per bene, si assomigliavano molto, stessi capelli corvini e lunghi, occhi verdi come smeraldi, labbra sottili, guance rosse, di un altezza media. Assomigliava tutta a sua madre da giovane, di suo padre aveva la passione per le materie scientifiche, di sua madre dell'arte.

<< Tua madre dirigeva con me il giornalino della scuola quando eravamo ragazze. Eravamo molto amiche. >> Si alzò e le si avvicinò. << Amelia... so perché stai male, so della morte dei tuoi genitori. Sono venuta al loro funerale a Roma sette anni fa. Mi manca anche a me. >> Le mise una mano su una spalla.

Lei si girò, cercò di sorridere ma le lacrime le macchiavano il volto. << Quando posso cominciare? >>

Le due donne si abbracciarono fra lacrime e sorrisi e arrivò una risposta. << Da ora, se vuoi. >> 

Appena uscì dalla presidenza notò qualcosa di strano su una delle sedie, sopra ci era riposto un diario di cuoio verdognolo legato con un nastro dello stesso materiale. Lo prese e lo slegò. Sopra erano incise delle iniziali B.C. . Le pagine era tutte piene di disegni e fotografie. Fotografie e disegni favolosi e originali, curati nei minimi dettagli. Lo chiuse e lo mise in borsa, avrebbe indagato un po'.

Amelia stava salendo le scale con in mano una copia della chiave dell'aula dedicata al giornalino della scuola. La preside, la signorina Finnigan, era andata in classe sua per avvisare il professore che l'alunna era giustificata da lei stessa per la mancanza da quelle ore ma che l'assenza non contava. Arrivata al secondo piano aprì la porta. Due ragazze di quarto la fissavano gridando insulti sulle sue enormi felpe. Avrebbe pure potuto rispondere, ma non era da Amelia. Indietreggiò, uscì dalla stanc za, sorrise alle due ragazze e, felicemente, rispose: << Almeno non sono una facile. >> E le salutò con la mano. Mia, prima di allora, aveva risposto a qualcuno, soprattutto dopo la malattia di suo nonno era rimasta più chiusa e timida, decidendo di non rispondere alla gente, ma ora, sembrava che qualcosa avesse sciolto il cane rabbioso che era in lei o almeno ne aveva lasciata leggermente la presa.

La stanza era tutta buia e piena di polvere e ragnatele. Sentì qualcosa passarle da vicino ai piedi ed urlò. Uscì di corsa dalla stanza chiudendola a chiave. Aveva una fifa paurosa per i ragni. Corse giù alla ricerca di un bagno per sciacquarsi il viso, i bagni di quel piano erano tutti puzzolenti per via del fumo. Mentre scendeva per le scale si scontrò contro la bidella che l'aveva accompagnata dalla preside. Si elettrizzò. << Signorina De Franchi. >>

Amelia si fermò, non sapeva come mai conoscesse bene il suo nome, a volte non sapeva neanche il nome dei professori. << Mi dica. >>

Respirò, correva poco la donna, chissà quanto ci aveva messo per trovarla . << La signorina preside vuole che lei vada a consegnare questi avvisi ai ragazzi su cui sta scritto qui sopra il nome... >> respirò un altra volta << E le classi. >> Le consegnò i fogli e si sbrigò a scendere giù, soddisfatta del lavoro svolto. La ragazza sfogliò i fogli, respirò e andò per le classi a consegnare gli avvisi. Notò che ogni ragazzo non era di quelli molto affidabili. Le mancavano diversi fogli da consegnare quando si fermò per vedere cosa fosse scritto. Ne prese uno a caso e lo lesse.

La preside Finnigan Paola afferma con piacere che le è stato confermato il modo in cui lei potrà riprendere a risolvere i problemi che ha realizzato mancando agli orari scolastici o cose di questo genere, invece di una normale punizione lei, secondo il seguente orario, dovrà presentarsi all'aula 49c per poter far parte del corso di giornalismo. Se il seguente corso andrà bene le sue punizioni saranno cancellate e tutto sarà ristabilito come prima, avrà anche alcuni crediti.

Dopo ciò era presente la firma della preside e un orario. Era così per tutti gli altri fogli. Passò alla classe successiva. Bussò e le fu permesso entrare. Si trovava in 5B. Appena entrò il professore le si parò d'avanti. Amelia, per curiosità, rilesse il nome del ragazzo sul foglio. << Benjamin Clark. >> Un ragazzo dalla lavagna si avvicinò. Amelia trattenne il respiro, era lui, non ci poteva credere. Poi pensò ad un piano. Sorrise al professore. << Potrebbe uscire Benjamin? Dovrei parlarli di una cosa che mi è stato chiesto dalla preside di dirli. >>

Il professore sospirò, era il suo stesso professore di matematica, era abbastanza severo, ma se lei, con gentilezza, gli chiedeva qualcosa, lui rispondeva di sì. Guardò il ragazzo. << Solo perché è stata la ragazza a chiedermelo. Fai il bravo. >> E si chiuse la porta alle spalle lasciando i due ragazzi fuori.

Camminarono fino alla macchinetta lui si stava facendo una cioccolata calda, li chiese se ne volesse una anche lei ma lei disse che stava a posto. << Che vuole la preside, ancora? >> Le chiese quasi sbuffando, chissà quante volte veniva chiamato in presidenza.

<< In realtà voleva che ti dessi questo. >> e alzò i fogli, lui la fissò stranita. << E io invece volevo darti questo. >> Dallo zaino prese il diario del ragazzo. << E' tuo, giusto? >> Lui indietreggiò, andando a sbattere contro la macchinetta e fece cadere qualche goccia del suo cioccolato. Lo buttò e prese il diario.

<< Grazie. >> Fece un lieve sorriso mostrando quanto fosse bello quel sorriso con l'aggiunta di quel piercing sul lato delle labbra. << Cosa dice il foglio? >> Amelia glielo porse e lui lo lesse. << E' per questo eri giù, prima? >>

Lei alzò le spalle. << Diciamo. >> Si poggiò sul muro.

Rilesse il foglietto. << Perciò tu che centri? >>

Iniziò a giocherellare con un suo ciuffetto e abbasò la testa, guardandosi le punte dei piedi. << Faccio parte del gruppo. >>

Lui annuì. << Va bene. >> Guardò la classe. << Bene. Io vado. >> le mise il diario sotto il naso. Amelia lo fissò perplessa. << Io non posso tenerlo ora con me, me lo daresti domani quando ci incontriamo per il giornalino? >> Annuì. << Io vado. Come hai detto di chiamarti? >>

Sorrise e prese il diario, rimettendolo nello zaino. << Amelia. Amelia De Franchi. >>

Lui sorrise mentre indietreggiava per entrare in classe. << Bel nome, Amelia. >> Ed entrò in classe.

Anche la ragazza ritornò in classe, dopo che ebbe consegnato tutti quei fogli e aver parlato con la preside raccontandole tutto. La giornata finì per bene, prese l'auto e andò a casa, non era come gli altri giorni, che li passava tristemente, quel giorno era felice, così felice che alzò la musica al massimo mentre sfrecciava per le strade di New York.
   
 
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