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Autore: citizen_erased    02/07/2016    2 recensioni
Dal testo: Se mi guardo allo specchio e penso a quanto sono cambiato, stento addirittura a riconoscere il mio riflesso. E’ tutto svanito in un mare di amarezza e l’unica cosa che mi lascia aggrappato a quel passato sono i ricordi che porto dei momenti che ho trascorso, ma se anche quei ricordi svanissero non resterebbe più nulla di quello che ero, e il vecchio me cesserebbe di esistere. Comunque per me quei ricordi non contano, non più ormai.
OS ambientata in un punto non ben precisato della 5B. Emma obbliga Henry a stare da solo a casa mentre lei e gli altri vanno a cercare un modo per sconfiggere Ade, ma in quella solitudine il ragazzino avrà modo di riflettere a lungo su quello che ultimamente sta succedendo a lui e alla madre.
Lievissimi accenni SwanQueen
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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C’era una volta un ragazzino che possedeva il cuore del vero credente; un bambino che a soli dieci anni era riuscito a capire che il mondo in cui era cresciuto esisteva solo grazie ad un sortilegio; un ragazzino pieno di speranza e determinazione che aveva trovato la mamma che lo aveva dato alla luce affinché salvasse lui e tutti i personaggi delle favole dalla Regina Cattiva; un ragazzino buono, con una fede incrollabile; uno che in città tutti adoravano a causa della sua grande fantasia, intelligenza e sincerità ma anche del suo spirito da combattente che non si arrende nemmeno di fronte all’impossibile; un ragazzino che aveva capito che forse anche la Regina Cattiva aveva bisogno di essere salvata, e così aveva ritrovato anche la sua altra mamma, che invece pensava di aver perduto per sempre; una persona che si sentiva profondamente fortunata ad aver conosciuto, anche se solo per poco (pochissimo) tempo, il papà che aveva sempre desiderato, e che ora gli mancava terribilmente; un ragazzino che sentiva che l’amore che i suoi genitori provavano per lui superava ogni confine; un ragazzino che era stato capace di unire eroi e cattivi; un ragazzino che era anche riuscito ad essere l’eroe diventando l’autore e salvando tutti quelli che amava; un ragazzino speciale.

Quel ragazzino ero io. Ora non lo sono più. Se mi guardo allo specchio e penso a quanto sono cambiato, stento addirittura a riconoscere il mio riflesso. E’ tutto svanito in un mare di amarezza e l’unica cosa che mi lascia aggrappato a quel passato sono i ricordi che porto dei momenti che ho trascorso, ma se anche quei ricordi svanissero non resterebbe più nulla di quello che ero, e il vecchio me cesserebbe di esistere. Comunque per me quei ricordi non contano, non più ormai. Tutto ciò che mi rimane ora sono la rabbia, la frustrazione, la delusione, la tristezza, l’odio. Oscurità.
Come sono potuto diventare così? Beh, sono cresciuto, forse troppo in fretta, e improvvisamente il mondo è cambiato e si è rivelato per quello che è. Ho perso la mia innocenza, la mia ingenuità, la mia fiducia nella bontà, la mia fiducia nell’amore incondizionato.

Una voce familiare, ma che al contempo mi risulta più estranea che mai, arriva da lontano, indistinta; forse mi sta chiamando ma io non ho più né la voglia né la forza di ascoltarla. Poi uno scossone alla spalla frantuma la barriera che avevo creato tra il mondo e il nero abisso dei miei pensieri e mi fa riemergere in superficie dopo un’apnea che sembra durata un’eternità. Forse mi sono davvero dimenticato di respirare per alcuni minuti. Ora la sento chiaramente: “Ehi, ragazzino! Henry! Henry, mi stai ascoltando?” continua a ripetere mia madre, ma tutto ciò che lei ottiene è una mia occhiataccia piena di risentimento, perché in questo momento è tutto quello che riesco a darle. Lei non sembra molto addolorata o ferita dal mio atteggiamento, più che altro sembra arrabbiata con me, e questo non fa altro che aumentare il mio odio verso di lei e verso il mondo. Avrei dovuto capirlo tempo fa che a lei non importa niente se non sé stessa, ma prima ero sciocco ed ingenuo, per questo non lo avevo compreso.

Poi dei familiari occhi scuri entrano nel mio campo visivo, e una mano affettuosa e materna mi accarezza il volto: in quegli occhi vedo tanto amore, un amore che solo una madre può provare, e anche se quelle pozze scure sono velate da un pizzico di delusione, il mio cuore non può che sussultare a quello sguardo, ma solo per un istante. “Henry, tesoro, cosa ti sta succedendo? Perché te la prendi con Emma? Se ti dice di stare a casa è solo perché vuole che tu sia al sicuro, lei ti vuole bene” dice mia madre tentando di farmi ragionare.

Ma quelle parole mi fanno esplodere come un vulcano sopito da troppo tempo, la mia ira ormai incontrollabile. Sento che dalle labbra mi esce una risata sguaiata, un verso che fino a quel momento non mi era mai appartenuto, poi mi alzo in piedi per fronteggiare meglio le mie madri, gli occhi mi bruciano da quanto sono iniettati di sangue: “Stai scherzando vero? Se lei volesse davvero che io fossi al sicuro di certo non mi avrebbe trascinato letteralmente all’inferno, se mi volesse bene nessuno di noi sarebbe mai venuto in questo fottuto posto!” Mi rivolgevo solo a Regina perché il solo pensiero di dover incrociare il mio sguardo con quello di Emma mi faceva imbestialire ancora di più. Entrambe comunque sembravano scioccate da questo mio sfogo, ed erano come pietrificate. “La sai qual è la verità, mamma? Che lei è solo una dannata egoista, e non gliene frega nulla di come si sentono le persone che la circondano fintantoché lei si sente bene, ma quando arrivano i problemi lei non si fa riguardi ad usare i propri cari al fine di raggiungere i suoi scopi, ma tanto tu questo lo sai già, visto che lo hai provato sulla tua pelle, o sbaglio mamma?” dico sputando ogni parola come fosse veleno. Il moto di panico che assale Regina mentre Emma la guarda perplessa mi fa ghignare: “E tu sei solo un’ipocrita! Come puoi anche solo pensare di difenderla dopo tutto quello che ti ha fatto? Dopo quello che ha fatto a me a Camelot?”

“Henry, p-perché dici queste cose?” gli occhi di mia madre sono ormai pieni di lacrime, la sua voce spezzata e sopraffatta da un dolore che non aveva mai provato, forse persino più grande di quello che aveva sentito quando era morto Daniel. Tutto ciò mi fa sentire a disagio per lei, ma sono convinta che se lo sia meritato: “Sono stufo! Stufo di essere trattato come un bambino, stufo di essere rimproverato per cose di cui non ho colpa, stufo di tutto e di tutti voi! Non sono uno stupido, e di certo non sono più un ragazzino ingenuo, mamma, e sai benissimo che ho ragione su tutto, ma hai così tanta paura di ammettere i tuoi sentimenti verso di lei che preferisci fare del male a te stessa e a me. Pensavo finalmente di potermi fidare di te, e invece mi hai deluso di nuovo.” Se possibile ora i suoi occhi erano diventati ancora più neri, così scuri che sembravano vuoti, due buchi neri che mi fissavano immobili.

“Smettila!” l’urlo di Emma è come una lama rovente infilata nella mia schiena, e non fa altro che aumentare la mia rabbia. Finalmente mi costringo a guardarla, il verde dei suoi occhi è spento e offuscato, quel luccichio che una volta la accompagnava sempre e che faceva trasparire tutte le sue emozioni e sentimenti era sparito. Quello stesso luccichio lo avevo anche io, ma ormai lo avevamo perso entrambi. Quella che vedo non è una persona lucida, non è un eroe, non è la salvatrice, non lo è più da un pezzo; quella che vedo non è più Emma Swan, non è più la mia mamma: “Oh no, sei tu che devi smetterla. Non puoi permetterti di autodefinirti come una salvatrice se poi tutto quello che ottieni è rovinare la vita delle persone, specialmente di quelli che ti amano di più. Non puoi crederti un’eroina quando in realtà fai sempre la scelta più semplice invece di quella giusta. Mio padre è morto da eroe per salvare tutti noi, lui meritava una seconda occasione, meritava di essere salvato ma tu hai deciso di non fare niente per lui perché era la scelta più conveniente per te, poi Hook muore per degli errori che lui stesso ha commesso, ma in questo caso tu decidi che vale la pena andare all’inferno per lui, e sai perché? Perché non puoi vivere senza il tuo burattino ai tuoi ordini, ma soprattutto non riesci a vivere senza i tuoi sensi di colpa. Tu non dovresti nemmeno avere il diritto di parlarmi dopo tutto quello che mi hai fatto, e invece non provi neanche un briciolo di rimorso. Davvero, non so come tu riesca ancora a guardarti allo specchio senza farti schifo, perciò smettila” ringhio con tutta la ferocia che ho in corpo. Ci sono tante altre cose che vorrei rinfacciarle, ma non ci riesco perchè la rabbia è tale che mi rende quasi ubriaco, tutto mi sembra più ovattato, ma al contempo i miei sensi sono acuti e vigili come non mai.

Forse le mie parole hanno colto nel segno perché Emma fa un passo indietro, così ne approfitto per uscire dal loft sbattendo la porta. L’ultima cosa che vedo delle mie madri sono le loro facce sconvolte, come se all’improvviso fossero crollate tutte le loro certezze, tutto il loro mondo svanito.

Non so di preciso per quanto tempo vago per le strade di quella Storybrooke infernale, l’atmosfera mi sembra più cupa del solito e una strana foschia rende tutto più opaco, l’aria sa di zolfo ed è quasi irrespirabile. Le mie gambe mi conducono alla casa dell’apprendista, così decido di entrare. Devo assolutamente avere la penna magica e l’inchiostro. Trovare gli oggetti non è per niente difficile, nasconderli in una lampada della sua biblioteca non è stata poi un’idea così geniale. Avverto ancora il potere che fluisce dalla mia mano verso la penna e viceversa, ed è una bella sensazione. Mi chiedo come ci si sente ad avere dei grandi poteri magici, come quelli delle mie mamme.

Mi siedo su una poltrona della biblioteca e continuo a rigirarmi la penna tra le dita, affascinato ed ipnotizzato da quell’oggetto. Il tempo cessa di esistere, ormai ci siamo solo io e la penna, e la prima volta che ne distolgo lo sguardo e mi giro verso la finestra mi accorgo che fuori è notte fonda. Per quanto ne so potrebbero anche essere passati giorni. Non ho fame, non ho sete e non sento il bisogno di dormire; ho completamente perso ogni interesse per quello che accade al di fuori di questa biblioteca, non mi importa più nulla. Torno a fissare il manufatto magico come se da esso dipendesse la mia vita, e forse è così. La mia testa è un vero casino in questo momento, e rifletto su qualsiasi cosa mi venga in mente, anche se al centro della mia testa c’è sempre lei, la penna. Penso per ore, penso così tanto che dopo un po’ non so più a cosa ho pensato. Ogni tanto sento come dei sussurri, voci che provengono sicuramente dalla mia testa ma non gli do retta, non mi sembrano importanti. Quando però si fanno più insistenti decido finalmente di ascoltarle, chi lo sa, dopotutto potrebbero aver qualcosa di importante da dire.

Tu non sei mai stato amato veramente, tu sei stato solo tradito.

Ok, forse non è stata una buona idea prestare attenzione alle voci. Sento delle lacrime bollenti che mi scendono lungo le guance e mi offuscano la vista. Ora riesco solo a pensare a tutte le volte che mi si è spezzato il cuore: quando mi davano del pazzo perché credevo che un libro di fiabe raccontasse la verità, quando ho scoperto che mia madre mentiva riguardo l’identità di mio padre, quando lui è morto, quando il nonno ha cercato di intrappolare mia madre in un cappello magico, quando Violet mi ha rifiutato, quando Hook ha cercato di uccidere me e il resto della mia famiglia. Gli episodi di certo non mancavano.
Sei stato lasciato solo e senza protezione in questo mondo selvaggio ed instabile.
Già, quale razza di genitore permette al figlio di fare una gita agli inferi se la sua presenza non serve a nulla? In un moto di rabbia scaglio a terra la penna, ma appena mi accorgo di quello che ho fatto corro a raccoglierla. Mi si mozza il fiato nel momento in cui mi alzo e uno spasmo doloroso avvolge le mie membra: sono stato fermo e seduto per così tante ore che il mio corpo si è dimenticato di come ci si muove. Con quello che mi sembra uno sforzo immane riesco a raccogliere l’oggetto e tornare a sedermi. La penna non sembra aver subito danni. Mentre la fisso per l’ennesima volta un pensiero attraversa la mia mente: forse il mio viaggio nell’oltretomba non è poi così inutile, forse era destino che venissi in questo posto per ritrovare la penna. Se la mia teoria è vera allora questo significa una cosa sola; devo usare i miei poteri di autore. Ma come?

Tu puoi elevarti come un Dio, tu puoi costruire una potenza senza eguali, tu puoi trasformare la terra secondo i tuoi desideri.

Stringo il mio pugno attorno alla penna con così tanta forza che le nocche si sbiancano e lascio dei piccoli solchi insanguinati a forma di mezzaluna sul palmo della mano.

Fatti forza, tu puoi essere potente.

Improvvisamente sento un rumore provenire dall’esterno della villa e percepisco delle persone che si avvicinano, così decido di nascondermi dietro la grande libreria, lì c’è un nascondiglio segreto che avevo scoperto durante l’operazione Mangusta. Quasi mi viene da ridere ripensando a quegli stupidi nomi che affibbiavo alle missioni, quanto ero infantile. Da quel posto riesco ad avere una buona visuale tramite uno spazio che lasciano due scaffali contigui e non sono sorpreso quando vedo entrare le mie madri nella biblioteca. Entrambe sembravano molto provate, come se non dormissero da mesi. Sui loro visi compaiono delle espressioni di delusione e disperazione non vedendo nessuno all’interno della stanza: “Non è nemmeno qui. Io… io non so più davvero dove altro cercare” sussurra Emma incredula e con uno sguardo vacuo. Regina si butta sulla stessa poltrona sulla quale sono stato seduto fino a quel momento, le mani a coprire il suo volto. Dalla mia posizione riesco a vedere quanto sia scossa da singhiozzi e tremiti, sembra inconsolabile. Sussulta quando una mano le accarezza la spalla il un gesto di conforto e una voce familiare le dice: “Lo ritroveremo, noi lo abbiamo sempre ritrovato. Te lo prometto Regina.” Mi venne quasi da ridere a vedere la faccia completamente rossa per l’imbarazzo di mia mamma mentre guardava la mano appoggiata sulla sua spalla, la tensione era evidente. Dio, la Regina Cattiva si comportava come una timida tredicenne alla prima cotta e si aspettava che nessuno se ne accorgesse? Finalmente anche Emma si rende conto del disagio che prova Regina e rimuove la mano mormorando: “Uh, io… scusa.”

Emma si siede su una sedia vicina alla poltrona senza mai smettere di fissare con aria preoccupata mia madre. Quest’ultima si asciuga le lacrime che le sono cadute sulle guance ma non accenna a smettere di piangere: “Questa volta è diverso, Emma. Hai visto come stava ieri? Lo abbiamo perso, è lentamente scivolato in un mondo fatto di rabbia, tristezza e dolore, e noi non abbiamo fatto nulla perché questo non accadesse.” Quelle parole sono per me come un amaro sciroppo da buttare giù perché corrispondono alla pura verità, e fa male. Improvvisamente accade qualcosa che non avevo previsto; Emma comincia a piangere: “Hai ragione. E tutto questo è successo per colpa mia. Dovrei salvare tutti quanti, ma a parte spezzare il sortilegio non ho mai fatto nulla di buono. E ha anche ragione Henry, ha solo ragione quando dice che sono una maledetta egoista e che penso solo a me stessa!” In un moto di frustrazione si alza e tira un calcio alla sedia mentre si mette le mani tra i capelli, quasi a volerseli strappare. La sua ammissione di colpa dovrebbe farmi sentire meglio, e invece provo solo rabbia, perché capisco che fino ad ora lei è stata consapevole di fare scelte egoiste.

Libera la tua mente dalle tue vecchie e false convinzioni. Tu puoi avere tutto quello che vuoi, puoi nascondere le tue vere motivazioni per disfare e distruggere tutto ciò che conosci.

Un ghigno compare sulla mia faccia perché ho appena avuto un’idea. Prendo la penna, la intingo nell’inchiostro e scribacchio qualcosa su il primo foglio che mi capita a portata di mano. Non appena termino la frase nella biblioteca si diffonde la mia voce, percepita dalle mie madri come un eco lontano: “Ormai è troppo tardi, Emma. È troppo tardi per chiedere perdono.” Regina scatta in piedi, e speranzosa chiede: “Henry, sei tu?” Nessuna risposta. Più deluse che mai le due donne si guardano negli occhi senza smettere di piangere. La prima a riscuotersi sembra Emma, che dice: “Andiamo via. Non c’è nulla qui per noi, solo delusione” così entrambe si dirigono verso l’uscita camminando come se costasse loro un dolore terribile.

Mentre le mie mamme vanno via rifletto sulle parole di Emma. Se si aspettava che io la avrei potuta perdonare si sbagliava di grosso. Se penso a quanto mi sono sentito bene quando ha sentito il mio eco poco fa, quasi sono sorpreso da me stesso. Forse è proprio questo il punto: ho passato tutta la mia vita a cercare di rendere le persone che amavo buone e felici, e in cambio ho ottenuto solo tradimenti e delusioni. Non ho mai fatto nulla per me stesso, io volevo solo aiutare, volevo essere un eroe, ma non commetterò mai più gli stessi errori in futuro. Da ora in poi io sarò egoista, la mia prima preoccupazione sarà la mia felicità e sarò un eroe solo per me stesso. Il mio sguardo cade ancora una volta sulla penna.

Ora finalmente hai la chiave; io ti ho dato la chiave.

La penna è la soluzione. Si, ora è giunto il momento di fare ciò che è meglio per me.

Mi faccio comparire all’interno del banco dei pegni di Tremotino, sono quasi sicuro che lui si trovi lì. Lo chiamo e quando arriva sembra molto turbato dal mio aspetto, sinceramente è la prima volta che lo vedo sorpreso, e ciò mi fa sorridere: “Ciao nonno. Vedi, sono qui perché mi serve una cosa che ti appartiene e a cui tieni molto.” Impallidisce all’istante e il suo sbigottimento aumenta, ma di certo lui è l’ultima persona che riuscirebbe a farmi intenerire: “Spero tanto che tu non abbia problemi a, diciamo, prestarmela, ma in caso contrario sappi che non avrei nessun problema a prenderla contro la tua volontà. In fondo però sono il tuo nipotino, quindi perché non dovresti fidarti di me?” dico provocandolo, nessuno lo aveva mai minacciato in quel modo finora.

“Si può sapere perché mai dovresti volere il mio pugnale?” potevo chiaramente vedere quanto fosse arrabbiato e frustrato. Senza considerarlo scrivo un’altra frase sul foglio e non appena mi ritrovo il pugnale in mano gli rispondo: “Questi sono affari miei nonno. Ma una cosa posso dirtela: hai fatto un grave errore quando hai deciso di tornare ad essere il signore oscuro.”

Sono davvero rapito da tutti quegli intarsi e decorazioni che ornano l’arma, non mi ero mai soffermato abbastanza ad osservarla. Accarezzo distrattamente il nome inciso sulla lama, attratto dall’eleganza delle lettere, poi decido che è il momento di agire e allora sistemo su un bancone il foglio, l’inchiostro e la penna. Sono consapevole del fatto che una volta scritto quello che ho in mente di fare modificherò la realtà, e in tale modo il potere della penna cesserà una volta per tutte, visto che andrò incontro alla più importante regola degli autori, ma non mi interessa perché avrò ottenuto quello che voglio. Prendo un profondo respiro e comincio a scrivere; non appena metto il punto alla frase la penna si spezza e da essa parte una luce bianca e freddissima che avvolge tutto.

Quando la luce scompare mi ritrovo di nuovo nel loft insieme alle mie madri, Hook, e i miei nonni. Sono molto confusi e ancora accecati, non hanno capito che cosa è successo. “Cosa diavolo era quello?” esclama il pirata, ma il grido di Emma non lo lascia finire: “Henry!” dice accorrendo verso di me, ma si ferma quando si ricorda di tutta la situazione e di quanto io sia in collera con lei. Un riflesso sotto di me attira la mia attenzione e vedo tra i miei piedi il pugnale. Anche mia madre sembra accorgersi dell’arma, ma io prontamente la raccolgo e osservo le incisioni. Un ghigno spaventoso appare sul mio volto quando realizzo che il mio piano si è compiuto. Ora sulla lama c’è un nuovo nome: Henry Mills. Emma è abbastanza vicina a me per vedere distintamente il mio nome impresso nel pugnale e le si gela il sangue. Posso sentire la sua paura. Vedendo lo sgomento della salvatrice, anche Snow e Regina osservano l’arma, e le loro reazioni sono identiche a quelle di Emma. Sono come pietrificate. Nonostante io sappia che è sbagliato, non posso fare a meno di provare un’immensa soddisfazione nel vedere la loro sofferenza.

“Non è possibile. Henry…no” farfuglia Regina, ormai sembra che la voglia di combattere la abbia abbandonata. Emma ancora una volta fa un passo indietro, allontanandosi da me: “Henry, perché? Perché fai questo?” dice con un gemito disperato, così debole che quasi faccio fatica a sentirla. Quelle parole mi divertono e non riesco a reprimere una risatina gutturale: “Sai, è proprio curioso che sia tu a chiedermelo. E la risposta alla tua domanda dovresti già saperla” le dico in modo canzonatorio mentre mi rigiro ancora un paio di volte il pugnale tra le mani, guardandolo. Dopo quella che sembra un’eternità torno a fissare quegli occhi verdi e mi decido a risponderle: “Perché sono il signore oscuro. E ora sarete voi a pagarla per tutto quello che mi avete fatto.”

___
Angolo dell’autrice: salve a tutti! Sono secoli che non scrivo nulla, in parte per mancanza di ispirazione e in parte perché il tempo sembra che non basti mai, accidenti questa giungla università mi distrugge! In ogni caso devo dire che mi sarebbe piaciuto molto vedere in OUAT un Henry nelle vesti di dark-one, non so perché ma mi ha sempre attirato l’idea, ma finora non ho mai trovato lo spunto giusto. Diciamo l’idea è arrivata dal fatto che la 5 stagione è stata una vera delusione per quanto mi riguarda, specialmente Emma è stata una delusione, e così ne ho approfittato per lamentarmi un pochino (e mi sono davvero trattenuta, altrimenti potrei andare avanti per giorni). Sono riuscita anche a trovare un piccolo spazio in cui menzionare Neal e la Swan-fire, una coppia che amo molto e che, lasciatemelo dire, poteva e doveva avere molto più spazio, ma come al solito si è preferito dare rilievo all’apparenza piuttosto che ai contenuti. Cambiando argomento, le frasi che sente henry nella sua testa sono la traduzione in italiano di alcuni versi della canzone “The Globalist” dei Muse(ho un serio problema di dipendenza da Muse). Ho cambiato un paio di parole della canzone per adattarlo meglio alla storia ma il senso di fondo rimane quello. Beh, concludendo spero che vi sia piaciuta la storia, e se vi va fatemelo sapere, anche perché forse (ma proprio fooorse) potrei aggiungere uno o due capitoli. Bye! :)
   
 
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