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Autore: Lala96    03/07/2016    1 recensioni
Lalage, giovanissima promessa della musica classica, a seguito di una serie di eventi dolorosi e di fallimenti professionali si trasferisce dalla capitale francese a Aix en Provence, dove si ritrova a vivere con la bislacca zia materna. Tormentata da dolorosi ricordi ma tenace, troverà ad attenderla persone, ragazzi giovani come lei, che l’aiuteranno a ritrovare l’amore mai scomparso per la musica. E le daranno il coraggio di affacciarsi investigando negli abissi della Storia, alla ricerca dell’amore perduto di sua nonna…
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Lalage gorgogliò “Non è…possibile”. Un ragazzo, alto, dai capelli corvini e lo sguardo tempestoso e bohemien, da vero seduttore, entrò senza degnare di uno sguardo gli altri tre presenti e avvicinandosi a lei le prese una mano e la baciò. “Non potevo mancare, mia cara Lalage. Non appena ho saputo del tuo ritorno ho voluto venire qui in provincia. Ad ogni costo”. Una ragazza bionda e algida, dalla porta, guardava la scena senza proferire verbo, come se nulla le interessasse. Era vestita con un tubino bianco di pizzo aderente che evidenziava ancora di più la sua magrezza e il chiarore della sua pelle eburnea. Lalage si accorse finalmente di lei. “Anche tu, Irina?”. Irina la guardò gelida e poi aprì bocca. E improvvisamente a tutti parve di essere stati catapultati nella Kiev sovietica di metà Novecento. “Tu sa che lui è povero piccolo idiota pieno di boria” disse lei strascicando le parole con un accento russo ben in evidenza “io ho accompagnato lui così non deve preoccuparmi che prende per culo qualche povera donna in altra città, lui accoppia come cane randagio in calore”. Castiel non riuscì a trattenersi e indicandole una sedia vicino alla cattedra dei tre giudici sghignazzando le disse “Perché tu non siede un secondo, piccolo Putin?”. Irina lo degnò di un lungo, gelido sguardo di ghiaccio prima di rivolgersi di nuovo a Lalage ignorandolo. “Non che tu ti trova messa meglio, matjuska. Pieno anche qui di dolboy'eb”. Castiel si voltò verso la sua collega. “Cosa vuol dire “Dolboy'eb”?” “Non lo so, ma il fatto che lo abbia detto parlando di te dovrebbe darti qualche idea, non credi?”. Intanto il ragazzo sollevandola l’aveva presa in braccio principescamente. “Mia dolcissima Lala, da quando te ne sei andata non riesco a trovare un senso alla mia esistenza. Il mio cuore sanguina lacrime e sospiri in tua assenza” “Il mio è sanissimo. Ma nemmeno un filo di colesterolo, guarda. Se mi metti giù ti consiglio un buon cardiologo” gli rispose lei con un sorriso tirato cercando di divincolarsi. Ma anche dopo averla messa a terra lui la strinse a sé, avvicinando il suo volto a quello di lei e mormorando “Non mi respingere, dolcissima musicista della mia anima” “Ok ora basta” Castiel si alzò in piedi di scatto “senti te, coso…” “Viktor” “Viktor” “Per te, signor Dubois” “Ma puoi anche chiamare golovka pisuna che tanto è stessa cosa” intervenne Irina mentre dopo aver esaminato dalla testa ai piedi Ambra e aver concluso con un sorriso sprezzante. Viktor lasciò perdere Lalage che ne approfittò per barricarsi di nuovo dietro Castiel, afferrò Irina con trasporto e la strinse a sé. “Lo so Irina, la tua passione ti spinge ad essere gelosa. Ma tranquilla, sai che penso continuamente a te” “Intanto, Vask’a, tu pensa a togliere tua mano da mio culo, govn'uk gryazniy moniak” lo allontanò lei gelida. Castiel sussurrò a Lalage “Adoro questi insulti lunghi ed elaborati. Suonano quasi sexy”. Lala gli allungò uno scappellotto “Gryazniy moniak” “Ma che è, venite tutte da Pietroburgo ora??” “Net” intervenne Irina “noi viene da Parigi con treno delle dieci, solo per suo nuovo debutto”. Castiel si voltò verso Lalage che impallidiva “Come sarebbe a dire “nuovo debutto”??”. Lalage deglutì e cercò di cambiare discorso. E di rispedire Casanova e Lenin nella Capitale nel più breve tempo possibile. “Ma siete arrivati un po’ in anticipo” cominciò a balbettare “ Immagino che sarà meglio che vi accompagni alla stazione a prendere il prossimo per la Capitale. Il concerto è tra due settimane” “Lo sappiamo matjuska. Infatti Vikto ha preso camera in ostello”. Lysandro lanciò un’occhiata dubbiosa a Viktor, che intanto flirtava senza ritegno con Ambra che in meno di otto secondi era praticamente ai suoi piedi, adorante. “Due separate spero” “No ma non ti allarma, batjuska; io dormo con coltello per orsi sotto cuscino”.

Due giorni dopo, il caldo afoso della fine di maggio iniziava a farsi sentire. I corridoi ombrosi erano gremiti di studenti accaldati che formavano vere e proprie carovane davanti ai distributori di bibite, mentre i lavori del club di giardinaggio si facevano sempre più faticosi, anche perché la serra si era praticamente trasformata in un forno, con una temperatura all’interno insopportabile. Ma, celato agli occhi dei più, c’era un posto che conservava ancora un po’ di refrigerio nonostante il sole battente. E di quel posto Castiel, sfinito dalle sue lamentele per il caldo, le aveva dato la chiave-che in teoria non doveva avere ma ormai aveva fatto copia delle chiavi di tutto il liceo, lecito o meno che fosse. La mise nella serratura, lasciò che la porta si chiudesse alle sue spalle e chiuse un secondo gli occhi beandosi della sensazione di fresco sulla pelle calda. Lalage prese respiro e si guardò intorno. L’immenso spazio era stato recentemente pulito per il concerto, e le ultime cose da spostare erano ammassate in un angolo. “Nemmeno un posto dove prendere fiato, uh?”. Una voce conosciuta ruppe il silenzio. “Di solito ci sono un po’ di cuscini pouf e due belle poltrone, più un divano; ma per il concerto abbiamo pensato fosse meglio trasferirli”. Lalage sorrise “Da quanto tempo non parliamo, Lysandro?” “Da un po’ in effetti. E chiamami Lys. Mi fa strano che lo facciano Castiel e Rosa e tu no”. Il poeta la aspettava seduto su uno scatolone chiuso, vestito della sua solita aria affabile e comprensiva e provvisto del suo solito dolce sorriso. Lala scese la scaletta a chiocciola e andò a sedersi vicino a lui. Aveva tra le mani l’immancabile block notes. Lei storse il naso. “Ti giuro, a volte avrei voglia di bruciarlo, quel dannato affare”. Lys scoppiò a ridere. La sua risata era morbida come il velluto. “Mi sembra di sentire Castiel. Stesse parole, tali e quali. Ma tu sei diversa” “Perché dici questo?...oh vabbè, sfumature di tinta a parte”. Lysandre sorrise e le scompigliò i capelli celesti. “Beh, tu non hai provato a rendere pratiche le tue minacce”. Risero. “Come mani in questo luogo, mademoiselle?”. Lalage si guardò intorno, come temendo di veder spuntare qualcuno da dietro gli scatoloni. Quando vide che non c’era nessuno, tirò un sospiro esasperato e rispose. “Sto fuggendo da certi personaggi poco raccomandabili”. Lysandro smise di sorridere, guardava davanti a sé, pensoso. “Parli del tuo amico di Parigi?” “Esatto” “Ma lui chi è?”. Lalage reclinò il capo e socchiuse gli occhi. A parte tutto, il seminterrato era veramente un luogo meraviglioso in quella stagione: la frescura leggermente umida contrastava con l’afa dei timidi cenni dell’estate. Lysandro aspettava risposta pazientemente, e finalmente “Un pianista” rispose lei “studia nel mio stesso conservatorio, a Parigi. Suo padre è un pezzo grosso del mercato finanziario, sua madre invece è un’artista un po’ eccentrica e un po’ rivoluzionaria” “Difficile da conciliare in famiglia” “Infatti non si concilia. Sua madre li ha piantati un po’ di anni fa. Ora è a San Paolo, in Brasile. Insegna scenografia all’università, e lavora per un po’ di organizzazioni teatrali. Anche per Hollywood ogni tanto.”. Prese in mano il block notes e si mise a sfogliarlo distrattamente. Stranamente, Lysandro pur scrivendo in continuazione aveva una calligrafia orrenda. Si ricordò di quando, per far fare pace a Rosa e Leigh, le aveva chiesto di aiutarlo copiando una bella poesia d’amore, bella sì, ma che aveva scritto su un foglio a quadretti e con una grafia tale…pareva che qualcuno avesse immerso un ragno nell’inchiostro e poi l’avesse lasciato passeggiare sulla carta. Non le sfuggì che mentre lei aveva in mano il “dannato affare” Lysandre la guardava a disagio. “Sembri conoscerlo molto bene” le disse infine. Lala smise di girare le pagine e sorrise. Un flusso di ricordi le tornò alla mente, confuso. Non ricordi belli come quelli dei giorni che aveva condiviso con Kentin e Laety, ma divertenti a loro modo.“Un po’” “Eravate amici?” “Amici?” Lalage scoppiò a ridere “Difficile che Vik non fosse amico di qualcuno. Hai visto come fa? No, io sono una delle poche persone che lo teneva a una certa distanza” Lui la guardava interrogativo- inconciliabile tutto ciò che aveva detto con quel famigliare Vik- così lei spiegò “E’ un tombeur de femmes. Non se ne lascia scappare una. Ha proprio il modo di fare di una rock star, salvo che non si droga” “In effetti, sembra un po’ narcisista” “Beh, è uno dei pochi che se lo può permettere” “Cioè?”. Lalage gli rimise in mano il block notes. “E’ un virtuoso, diciamo che su di lui la definizione “genio e sregolatezza” è particolarmente calzante. È narcisista, pieno di amor proprio, vanitoso; è convinto di essere un dio della musica, e a volta la sua superbia lo mette contro a quei vecchi balordi dei prof. Ma in fondo, lo è. L’ho visto suonare un pezzo senza nemmeno averlo mai letto, solo dopo un ascolto” “Come Mozart??” “Oddio, lui non è un enfant prodige, capiamoci; ha iniziato piuttosto tardi. Ma c’è una cosa sola che ama più di se stesso: il suo pianoforte a coda. Lo ha chiamato “ La belle dame” e lo fa esaminare solo da un liutaio di fiducia”. Si alzò. “Sarà meglio che vada. Ma non sarebbe meglio scrivere in giardino?” “In realtà di solito mi troveresti lì, ma stamattina fa troppo caldo” “Capisco”. Fece per avviarsi alla scaletta, ma lui la chiamò. “Lalage”. Si voltò “Perché non ti va di incontrarlo?”. Lei ci rifletté un secondo prima di rispondere. “Diversi motivi. Ma soprattutto, mi ricorda una parte della mia vita che non mi piace e che è dolorosa da ricordare. Soprattutto, per questo”. Lysandro si era alzato e avvicinatosi, con sua enorme sorpresa, le diede un buffetto. “Ricorda una cosa però: tutto ciò quello che è successo, tutto quello che hai fatto e che fai, ti rende quella che sei oggi. Anche gli errori. Quindi non rimpiangerli. Se sei la persona meravigliosamente forte che sei oggi, ora, lo devi anche a questi momenti”. Lalage sorrise, ma era un po’ imbarazzata. Anche lui era leggermente arrossito. “Farò tesoro di queste parole, monsieur Poeta” “Ne sono lieto, mademoiselle Violiniste”. Risero. Ciò che amava di Lysandro, era la sensazione di libertà, di disponibilità e di tranquillità che le infondeva. Senza pensarci, per ricambiare il buffetto, gli scoccò un bacio sulla guancia, alzandosi appena in punta di piedi. Lui arrossì e distolse gli occhi. “Grazie davvero” “F-figurati” “Allora ciao”. Clack. La porta anti incendio del seminterrato si chiuse. Passandosi una mano tra i capelli candidi aprì il block notes. Meno male che ha smesso di leggere, pensò sollevato ma allo stesso tempo, chissà perché, deluso. Con la sua solita grafia orribile aveva scritto:

Piccolo cuore di avventuriera

Vorrei prendere le tue mani sottili

Fragili e rosa come quelle dell’alba

E posandole sul petto dirti “Ti amo”

La rosa dei venti si riempie di ricordi

E tu resti imprendibile, fragile fiore

Di sogni e sconfitte, di speranze e perdite

Ma tu, rondine

Negli spazzi del cielo hai gettato i tuoi sogni

Come dentro ad un pozzo celeste

Hai sfidato il vento spalancando le ali

Della tua memoria

Cara rondine che ridi delle altezze

Che piangi con la pioggia, che canti con l’estate

Nei tuoi occhi ho lasciato la mia anima

Sulla tua bocca lascerei il mio cuore.


Tornando a casa, Lalage stringeva tra la mani una risma di fogli dall’aria stropicciata. Era così assorta nella lettura che quasi non si accorse di essere entrata nella stazione gelida di aria condizionata della metropolitana. Non si sarebbe nemmeno accorta se qualcuno la stesse seguendo o meno. Scorreva le lettere di inchiostro ricalcando con la mente le parole ormai perdute nel tempo.

Caro Max Cosa non darei per avere qualche tua lettera! Ma forse è meglio così, la prudenza non è mai troppa. Da un po’ di notti dormire per strada sta diventando sempre più pericoloso. L’altra sera sonnecchiavo nell’androne di un’osteria e due uomini mi hanno svegliato e strattonato, cercando di spingermi in un angolo. Mi sono divincolata, a uno di loro ho anche morso la mano, e sono riuscita a scappare. Non so nemmeno io per quanto ho corso, ma sono praticamente arrivata dall’altra parte del paese e poi in aperta campagna, era l’alba. Forse il mio angelo custode- anche se io sai che non credo a queste cose- ci ha messo lo zampino, perché mentre mi guardavo intorno cercando un posto dove nascondermi una signora che andava a mungere le mucche mi ha visto, a piedi nudi nella neve e con solo la coperta leggera, e si è impietosita e mi ha fatto entrare in casa sua, dove suo marito e i suoi sette bambini dormivano nel grande letto al pian terreno. Sono stati gentili, erano giorni che non mangiavo nulla e avevo freddo, sono svenuta sulla porta di casa e il marito mi ha preso in spalla e mi ha fatto sedere accanto al fuoco. Ti sto scrivendo da qui, ormai è quasi sera. Volevo andarmene non appena mi sono ripresa, ma Madame Durand, la signora che ti dicevo, si è tanto impietosita e mi ha chiesto di rimanere ancora, anzi lei e il marito erano commossi. Hanno mandata Solange, la loro maggiore e Pierre, il loro secondo genito, a cercare il mio violino. Sono tornati poco fa, era miracolosamente integro

Lalage smise di leggere, mentre un turbinio di pensieri l’assaliva. Rilesse l’ultima riga, mentre alcuni pezzi del puzzle cominciavano a incastrarsi, pur lasciando enormi voragini di senso

Hanno mandata Solange, la loro maggiore e Pierre, il loro secondogenito, a cercare il mio violino

“Possibile?? Possibile che… la misteriosa C. ….no, non può essere, la conosco, non è lei” e mentre pensava così sentì una vertigine percorrerle le vertebre e si sedette di colpo sulle scale del metrò, rischiando di far inciampare il passeggero che scendeva dopo di lei che ringhiò “Scricciolo, capisco che sei rintronata, ma ora…” poi Castiel si bloccò. Primo, perché Scricciolo stava seduta, pallida, con una lettera tra le mani tremanti. E secondo, perché lui, attonito, guardava lassù, in cima alle scale, una figura di donna quasi irriconoscibile nel contrasto con la luce del sole ma che lui avrebbe riconosciuto ovunque, e che da lì in cima, muovendo le labbra in quel modo che lui sapeva, lo aveva chiamato per nome.

Angolo dell'Autrice. Sono tornaaaaata!! dopo settimane di esami universitari torno a scrivere in questo momento di pausa. Vi avverto che da ora in poi i capitoli usciranno un po' lunghi perché beh, siamo arrivati al quindici e inizio a pensare che se la tiro troppo per le lunghe vi annoio in basta, quindi meglio pochi altri capitoli ma densi di trama, no? La poesia di Lysandro...non è di Lysandro, ovviamente. E' mia. Prossimamente vi chiederò di votare quale musica dovrà suonare Lalage alla serata musicale, quindi tenetevi pronte, amanti della musica classica. A bientot
   
 
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