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Autore: Mellybonf    03/07/2016    0 recensioni
Questa è la mia prima FanFiction, spero vi piaccia. Parla di me, della mia vita, della mia famiglia e ovviamente delle nostre amate TMNT.
Tratto dal primo capitolo: "Ognuno di noi è diverso dall’altro, nell’aspetto e nel carattere. Ognuno di noi è unico ma non sempre ci si sente speciali, spesso ci si sente solo sbagliati.
La parola diverso ha il potere di farti credere di essere distinto e completamente imparagonabile a chi ti circonda. Credi di essere inadeguato nei confronti di qualsiasi cosa. [...]
Per un ancor più ristretto numero di persone particolarmente sensibili, anche la propria famiglia può apparire come una relazione troppo dolorosa da sopportare. Per quanto l’ amore per la famiglia sia grande, per quanto loro ricambino il tuo amore e cerchino di proteggerti, istintivamente chiudi ogni porta e ogni spiraglio del tuo guscio. Inconsciamente entri in uno stato di chiusura. [...]
L’Autismo è questo.
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Prologo- Diverso


Ognuno di noi è diverso dall’altro, nell’aspetto e nel carattere. Ognuno di noi è unico ma non sempre ci si sente speciali, spesso ci si sente solo sbagliati.
La  parola diverso ha il potere di farti credere di essere distinto e completamente imparagonabile a chi ti circonda. Credi di essere inadeguato nei confronti di qualsiasi cosa.
Se qualcuno ti definisse diverso, con la giusta punta di disprezzo, ti sentiresti un emarginato che nessuno vorrebbe avere intorno. Qualcosa di troppo scomodo da comprendere, qualcosa di fastidioso, qualcosa di cui nessuno sente la necessità o la mancanza.
Essere diverso è una forma di maledizione con cui lotti da quando sei al mondo. L’unica cosa che profondamente vorresti è essere accettato per quello che sei, senza perdere parti della tua personalità per omologarti a quella che è la concezione sociale del normale.
Le relazioni sociali, sono alla base della cultura umana fin dall’antichità o dai nostri primi ricordi.
Fin da bambini, cerchiamo di relazionarci con chi ci circonda; per trovare nell’altro uno specchio in cui rifletterci, poterci vedere attraverso gli altri,  poterci confrontare e crescere insieme.
Per la maggior parte delle persone, entrare in contatto con l’esterno è naturale e semplice.
Per altri le relazioni nascono e si concludono nel proprio nucleo familiare, tutto il resto non esiste. Non si riesce ad uscire da quello che è il proprio nido. L’esterno appare come qualcosa di doloroso e pericoloso.
Per un ancor più ristretto numero di persone, particolarmente sensibili,  anche la propria famiglia può apparire come una relazione troppo dolorosa da sopportare. Per quanto l’ amore per la famiglia sia grande, per quanto loro ricambino il tuo amore e cerchino di proteggerti, istintivamente chiudi ogni porta e ogni spiraglio del tuo guscio. Inconsciamente entri in uno stato di chiusura.
Si crea così una fortezza dentro alla quale nulla esce e nulla entra, dietro alla quale il tuo inconscio sembra poter sopravvivere, grazie a schemi precisi e definiti.  Percepisci di essere sempre più  qualcosa di diverso, di inadeguato e sbagliato. 
L’Autismo è questo.
Io sono questo.
Io sono Marco e ho 19 anni.
Questa è la storia di come il mio mondo un po’ troppo chiuso dietro a corazze troppo spesse, stia cominciando a sentirsi stretto. Di come aver incontrato 4 personaggi di fantasia mi abbiano aiutato a crescere.
Prima di iniziare a narrarvi la mia avventura, è giusto preparavi almeno un pochino a quello che voglio condividere con voi. In questo spazio voglio raccontarvi della mia vita e di quello che è successo prima.
Il mio essere diverso non era una condanna solo per me.
Ho visto la mia famiglia disperarsi per la mia condizione, soprattutto i miei genitori: avrebbero voluto che ad un certo punto diventassi una persona normale e che vivessi la mia vita come tutti. Non riuscivano a capire che io sono normale a prescindere, sono normale perché sono io. Se per il mondo sono fuori posto è un problema del mondo.
Era questo che avrei voluto sentirgli dire. Avrebbero dovuto capire che ero quello che ero, indipendentemente da come loro avrebbero voluto che fossi. Purtroppo non è una cosa facile da fare o da capire. L’idea razionale di normalità che si erano fatti nella loro mente, era più forte dell’amore che provavano nei miei confronti.
La cosa che non ho mai capito è il concetto di normalità che le persone hanno. Cosa vuol dire essere normali? Ognuno di noi ha degli atteggiamenti che per qualcuno sono incomprensibili o strani, ma questo non significa essere fuori dalla norma. Ognuno è normale proprio perché è se stesso. O almeno, dovrebbe essere così, ma il giudizio e l’incomprensione sono l’ordinario.
La consapevolezza di aver disatteso le aspettative dei miei genitori, fin dalla più tenera età, è stata la mia sofferenza più grande. La mia presenza li appesantiva e li faceva soffrire. Questo mi ha portato negli anni a sentirmi sempre più inadeguato e fragile, sentivo che nulla in me sarebbe potuto cambiare.
L’unica persona che mi ha sempre visto solo come Marco era mia sorella Nadia, una delle poche con cui io sia riuscito ad avere un qualche tipo di legame semplicemente per come sono. È stata la mia finestra sul mondo e lo specchio in cui riflettermi. Non c’è legame più forte per me di quello che ho con lei.
Si dice che i fratelli siano i primi amici e le prime persone con cui condividi il mondo, nel nostro caso è stato proprio così.
Tutti i ricordi che ho positivi della mia infanzia sono legati a lei.
Quando avevo tre anni mi ritrovavo spesso a piangere da solo nel mio lettino. Appena sentiva i miei lamenti, Nadia si precipitava da me e cercava di non farmi sentire solo. Si sporgeva, con quelle mani paffute di bimba, attraverso le sbarre cercando la mia mano. Non appena sentivo la sua presenza mi calmavo, se c’era lei con me potevo stare tranquillo.
Quando dormivamo nella stessa cameretta, io parlottavo tra me e me perché  non riuscivo a dormire. Era una cosa che avveniva spesso, soprattutto quando entrambi avevamo avuto una giornata impegnativa. In quelle occasioni, lei mi prendeva la mano e  mi accarezzava la testa; adoravo quel tocco delicato, il suo personale tentativo di farmi addormentare più facilmente senza parlare.
Un altro episodio divertente è stato quando ha tentato di farmi leggere i primi due fumetti della mia vita per coinvolgermi nel suo mondo; mi piaceva l’idea che volesse rendermi partecipe, ma non ho resistito all’istinto di strappare le pagine dei giornalini ridendo come un matto. Mi ha inseguito un intero pomeriggio a causa della mia bravata.
Il nostro era un rapporto basato sui miei silenzi e i suoi tentativi di coinvolgermi, in cui bastava uno sguardo e ci si capiva al volo. Un abbraccio o una parola fugace detta al momento giusto, era tutto quello di cui avevamo bisogno.
Un’altra persona che ha sempre cercato di capirmi è mio cugino Luca, di 7 anni più piccolo di me.
Ha sempre avuto fin da piccolo una strana curiosità nei miei confronti. Ero il suo strano cugino maggiore che non parlava e non lo guardava mai negli occhi. Detto fra di noi, quando era piccolo era una vera peste: faceva dei giochi rumorosi che spesso sfociavano in urla e piagnistei e anche se io non avevo nessuna voglia, costringeva tutti a coinvolgersi in quello che faceva. Ero molto geloso di lui ed un paio di volte l’ho anche spintonato. Niente di grave sia chiaro, ma volevo che la smettesse di prendersi le attenzioni di tutti. Quello che fino a poco tempo prima era il piccolo e delicato maschietto di casa, ero io!
Crescendo però la sua presenza è sempre stata piacevole.
Spesso lo sentivo chiedere a bassa voce a Nadia spiegazioni sul perché facessi questo o quello, nel tentativo di capirmi senza imbarazzarmi - o forse solo perché non voleva litigare- però era un’attenzione nei miei confronti che apprezzavo.
Ogni volta che lo andavo a trovare, cercava di farmi vedere tutti film nuovi con tanti effetti speciali, sapendo che sono gli unici che guardo volentieri. Non si lamentava mai, neanche quando mi mettevo davanti al televisore bloccandogli completamente la visuale. Ero troppo soddisfatto di quello che stavo guardando e saltellavo come un matto, senza riuscire a trattenermi. Mio cugino, contento di avermi fatto vedere qualcosa che mi piacesse, mi guardava sorridendo. Quell’espressione mi ha sempre fatto capire quanto mi volesse bene; era buffo e carino insieme.
Prima che iniziasse la nostra avventura, eravamo solo noi tre in famiglia.
I miei genitori sono morti in un incidente automobilistico e da un paio d’anni vivevamo con Luca e i miei Zii. Dopo qualche tempo anche loro hanno dovuto abbandonarci, si dovevano trasferire all’estero per lavoro: mio zio è insegnante di liceo mentre mia zia è una infermiera, con gli stipendi che prendevano in Italia non riuscivano a darci tutto quello di cui avevamo bisogno.
Quando decisero di partire per la Germania, ci chiesero di seguirli. Per me andare in un paese straniero era un’impresa impossibile: trovo difficoltoso esprimermi nella mia lingua d’origine, figuriamoci imparare a relazionarmi con un nuovo idioma.
Mia sorella abbandonata l’idea della laurea, propose di restare con me e di permettere alla famiglia unita di partire.
Il mio testardo cugino però non voleva separarsi né da noi né dai sui amici. L’idea di dover ricominciare tutto da capo in un paese straniero, non gli piaceva per niente. Inoltre, sapeva quanto per me e mia sorella sarebbe stato difficile senza di loro e non voleva assolutamente abbandonarci. Nonostante le proteste degli Zii e di Nadia, non ci fu modo di fargli cambiare idea; Luca è proprio cocciuto quando vuole.
Alla fine si arresero e partirono lasciandoci la casa a disposizione. Sarebbero tornati per le festività e li avremmo sentiti tutti i giorni. Non era una vera e propria separazione, ma fu dolorosa comunque.
In conclusione, dalla partenza dei miei zii le cose erano cambiate: i soldi che ci avevano lasciato i nostri genitori non erano molti a causa di un cavillo legale e mia sorella, lavorando in un supermercato portava la famiglia a fine mese; mio cugino si occupava della casa come poteva e io tentavo in tutti i modi di dare meno fastidio possibile. Stavo da solo a guardare la TV per tutto il giorno e mi ricollegavo al resto dell’esistenza, solo quando tornavano a casa la sera.
Quello che state per leggere è la storia di noi tre, catapultati in una dimensione diversa da quella in cui vi sto parlando in questo momento; una dimensione che sicuramente tutti voi entrati in relazione con questo testo conoscete bene; una dimensione che unisce un ragazzo autistico di diciannove anni, una ragazza di ventuno e un ragazzino di dodici con 4 tartarughe molto speciali.
Una dimensione venuta in contatto con la nostra grazie a testi scritti, disegni, cartoni animati e film.
Una realtà dove persino un diverso come me può fare la differenza e aiutare.
Un universo che fino a poco tempo fa credevo fosse solo fantasia.

 
Zona dell'autore:

Questa storia è dedicata a Switch e a SaraJane92. Grazie ragazze, è solo grazie a voi che ho dato libero sfogo alla mia fantasia e alla mia ispirazione!
Pubblicherò subito un nuovo capitolo per dare continuità alla storia. Buona lettura!
Mellybonf.
   
 
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