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Autore: dark_heroes_    03/07/2016    3 recensioni
Mi sono chiesta se Charles ed Erik si fossero rivisti, prima che uno diventasse un alcolizzato e l'altro 'sparasse' al presidente. Questa fanfiction è nata da questa domanda che mi sono posta. Alla fine dei conti è un incontro di una delle mie ship preferite, un piccolo ritorno a casa del mutante che Charles ha sempre amato.
Mi piacerebbe molto se passaste qualche minuto a leggerla e spero di essere all'altezza di questo fandom!
[La storia rispetta la continuity mutante ed è ambientata tra x-men: l'inizio e giorni di un futuro passato]
[Cherik]
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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השיבה הביתה

 
Amare non è prendere un altro per completarsi,
bensì offrirsi ad un altro per completarlo.
(Michel Quost)



Charles osserva l’uomo che un tempo chiamava amico.
Osserva l’abbigliamento semplice, il dolcevita blu che mette in risalto i suoi magnifici occhi.
E dannazione, Charles sa che non dovrebbe pensare queste cose ma semplicemente non può, nonostante tutto ciò che ha passato per causa sua, non considerare quei freddi abissi ghiacciati qualcosa di incantevole. Forse è l’elmetto che li risalta, quell’oggetto che ha riflesso le morti di tanti innocenti. Erik lo sta indossando.
Ha paura che possa leggergli la mente, pensa.
Come se fosse un dato di fatto. Come se fosse normale nascondere i propri pensieri al telepate che aveva rimesso insieme le schegge di quell’anima spezzata.
Charles scaccia quelle riflessioni nell’angolo più profondo della sua mente dove tiene i ricordi peggiori, quelli che, lasciati liberi, potrebbero spezzarlo e questo lui non può permetterselo,
non con decine di studenti che vedono a lui come una guida, come un esempio da seguire.
<< Charles.>> dice finalmente. La prima parola da anni ed Erik decide di chiamarlo per nome.
Il suo cuore perde un battito. Una strana sensazione gli riempie il petto. Ma è solo un secondo, poi la sua mente torna lucida, così come il suo corpo.
<< Erik.>> risponde cercando di mantenere un tono freddo. E crede di esserci riuscito perché una strana emozione si dipinge in volto all’altro.
Il Signore del Magnetismo fa un passo avanti, sembra voler annullare le distanze che ci sono fra loro e infatti si piega in avanti, avvicina la testa a quella del telepate sulla sedia a rotelle.
Per colpa sua, una parte di Charles ci tiene a precisare.
<< Da quando non facciamo una partita, Charles?>> continua a ripetere il suo nome con un tono che il telepate credeva di aver dimenticato, ma scopre solo ora di aver sentito inconsciamente nei suoi sogni più dolci.
Si rende conto del doppio senso: le loro partite a scacchi avevano sempre un risvolto... passionale.
<< Perché sei qui? Dopo tutto questo tempo... perché?>> chiede freddo, per quanto gli permetta la bocca di Erik a pochi centimetri dalla sua.
<< Per questo>> sussurra l’altro mentre si avvicina.
Le loro labbra si sfiorano e Charles non riesce a mantenere la sua maschera di stoicismo.
Cade ogni barriera.
Il bacio è casto, leggero. Nessuno dei due si sente ancora pronto ad approfondire il tocco, nessuno dei due sa se l’altro lo desidera.
Erik si allontana un poco per respirare e il suo viso parla ancora prima delle sue parole sofferte:
<< Mi sei mancato, Charles>> ed il telepate sa che lui è sincero, nonostante porti ancora l’elmetto << La rabbia e il dolore mi stanno soffocando, lo sento. Lo sento da quando...>>
Erik fa una pausa e l’altro crede di sapere già il resto.
<< Da Cuba.>> è come una confessione per il Signore del Magnetismo << Quando sono con te invece... è come se respirassi di nuovo.>>
Il professore non risponde. Non sa nemmeno lui quali sono le emozioni che gli esplodono nel petto. Sa solo che quello che Erik sta tentando di dire è mi dispiace.
<< Charles...>> 
Il telepate non si rende conto di essersi perso tra i mille ricordi felici che affollano la sua mente finché non si sente chiamare. Alza lo sguardo sul suo amante.
 << Ti voglio dentro la mia testa.>> sussurra Erik guardandolo negli occhi e quelle poche parole bastano a riaccendere la fiamma dentro di lui, sopita sotto mesi e mesi di dolore.
Il telepate non ce la fa più. Semplicemente non può resistere davanti a tanto.
E Dio, il sorriso di Erik è la cosa più bella del mondo, capace di annullare ogni suo pensiero, come se tutto fosse insulso in confronto ad esso.
<< Toglilo>> geme Charles mettendo le mani sul collo dell’altro.
Erik lo aiuta a sfilargli l’elmetto perché le mani del telepate non rispondono ai suoi comandi.
La lega metallica cade sulla moquette con un tonfo.
Il bacio che si scambiano è bisognoso, quasi frettoloso.
Hanno aspettato secoli solo per quel momento e il professore sa di non potersi più trattenere.
Mentre le loro lingue danzano, Charles entra nella mente del suo amante.
Prima lentamente, come a voler assaggiare un frutto proibito, poi, quando sente la disponibilità di Erik, con maggiore sicurezza.
Ed Erik lo accoglie, come facevano un tempo. Ed ora i loro corpi e le loro menti sono un tutt’uno e Charles sa di non aver mai provato qualcosa di simile a loro due, insieme.
I loro pensieri si perdono in quel groviglio di emozioni e bisogno che sono diventati e i sospiri colmano l’aria dell’umida notte. 














Charles si sveglia con calma. Lentamente prende coscienza della luce che filtra sotto le sue palpebre. Percepisce il tessuto del lenzuolo a contatto con la sua pelle.
Si sorprende che l’ormai avulsa insensibilità alle gambe non gl’importi più di tanto.
Apre gli occhi e sente già il sorriso increspargli le labbra.
Immagina di piegare la testa di lato e vedere il suo Erik dolcemente addormentato accanto a lui.
Ricorda le splendide mattine in cui rimaneva ad osservarlo per ore.
E ricorda anche le volte in cui era lui a svegliarsi sotto lo sguardo malizioso dell’altro. E in quei momenti era come se la notte precedente non fosse bastata per quietare la loro passione.
Ma voltandosi vede le coperte sfatte, sul cuscino ancora l’impronta del suo viso ed Erik non c’è. Allunga la mano per toccare il punto dove lui aveva dormito sentendolo spaventosamente freddo. Il suo cervello fatica a realizzare ciò che significa quello ma alla fine, facendo forza sulle braccia riesce a mettersi seduto e a spaziare la stanza con lo sguardo: del dolcevita blu nessuna traccia. Niente che lasci dedurre una visita notturna al professore.
Prima che possa lasciarsi andare alla disperazione, lo vede.
Sul comodino, di fianco a lui c’è un sacchettino di pelle nera. Scorgendolo il suo cuore perde un battito. Si trascina tra le coperte fino a raggiungerlo.
In principio sembra vuoto ma toccandolo riesce a sentire una piccola protuberanza.
Lascia cadere il contenuto nella mano destra: piccolo e deformato dalla forza dell’impatto.
E’ un proiettile. E’ il proiettile.
Quello che Erik gli ha estratto dalla spina dorsale sulla spiaggia di Cuba. Credeva si fosse perso tra i granelli di sabbia, eppure eccolo lì.
L’ha conservato per tutto questo tempo, si rende conto.
E in un secondo Charles capisce: quel proiettile è tutto ciò che rimane del vecchio Erik, del suo Erik. Come se restituirglielo significasse la morte del suo amante, e la nascita di un altro.
La nascita di Magneto.
Il professore sente di aver perso per sempre una parte di sé, di aver perso Erik, ritrovandosi a combattere il suo peggior nemico, da solo.
Stringe il proiettile nel palmo della mano fino a farsi male.
Resta fermo in quel punto per un tempo infinito, non sa nemmeno lui quanto, senza versare nemmeno una lacrima e respirando a malapena, forse non rendendosi conto di ciò che è successo. Poi i suoi occhi si illuminano di uno strano bagliore, un miscuglio di rassegnazione, risolutezza e senso del dovere.
Il Professor X si trascina faticosamente fino all’altro capo della stanza e sale sulla sua sedia a rotelle. 
 
סוף


 
Dedicato a Natalia, grazie per avermi fatto scoprire tutto questo.
Dedicato a Daniela, il mio Enea. 
 
   
 
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