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Autore: _Parole_Non_Dette_    05/07/2016    0 recensioni
"Ci dispiace." L'aria in quella stanza era diventata tesa, tanto che a malapena riuscivo a reggere.
"Non è colpa vostra." Chinai il capo verso il basso fissando le mie adorate All Star.
Tra qualche giorno le avrei riviste? Avrei potuto ritornare alla mia vita? Finirà qui, in questa stanza o in un mondo lontano?
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Delle forti braccia mi avvolsero la vita da dietro e scoppiai in un pianto liberario. Percepivo quell'ombra che quasi non conoscevo ma sentivo che non sarebbe stato il nostro ultimo abbraccio.
"Mi spiace." Ne avevo sentiti di milioni solo in quella giornata ma erano tutti per compassione, il suo no. Solo lui poteva capirmi, eravamo simili. Uno lo specchio dell'altro, due anime uguali, con gli stessi problemi e che forse non avrebbero superato.
Copyright 2016.
Tutti i diritti riservati.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Luke Hemmings
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Abigail, svegliati dai." Mi scuotevano incostantemente. Volevo urlare ma non ci riuscivo, non avevo forze. Mi sentivo inutile, fragile, un'anima insulsa in quella circostanza.

"Prendete del sangue 0 negativo." Perché? Potevo riuscirci da sola, non mi serviva l'aiuto di nessuno.

Non capivo un bel niente di ciò che mi circondava, poteva essere mai che stavo morendo? Un dolore al petto, un respiro stentato, perdita di sangue.

Potevo solo rimembrare ciò che era successo poco prima.

Flash-back 
"Lexy dai muoviti." La sprono a correre un po'.

"Arrivoarrivo." E tre secondi dopo finalmente raggiunse il suo traguardoprecipitarsi da me che sto aspettando sul marciapiede rimpetto alle strisce pedonali.

"Io mi avvio mentre tu riprendi fiato." Camminando guardo davanti a me e fischiettoMi girai per vedere se era ancora  quella lumacona della mia migliore amica.

Fine flash-back

Fu quello il mio sbaglio. Un'auto mi investì e l'autista ubriaco se ne andò lasciandomi stesa a terra sanguinante. Il fluido liquido e rosso si era dilaniato sull'asfalto ed ero svenuta per emorragia.

Gli occhi si schiuse finalmente e i medici tirarono un sospiro di sollievo. Una fitta al petto si face sempre più acuta, un urlo scappò dalle mie labbra e svenni di nuovo.

Un'altra fitta, le palpebre si aprirono e le pupille si dilatarono. Una sofferenza inaudita, ti tramortiva all'istante e ti lasciava senza fiato per qualche secondo.

Le porte dell'ambulanza si spalancarono e successivamente percorremmo altri corridoi. 
Quelle piccole vie erano bianco come simbolo di pace ma in un ospedale esiste la quiete? Fino a quel momento io non lo avevo mai percepito.

A dir la verità, non erano vuoti. C'erano tanti ragazzi e anziani che, anche se a fatica camminavano, sorridevano, chiacchieravano e vivevano. Di sfuggita incrociai gli occhi con un ragazzo, o almeno credevo fosse del mio sesso opposto, pelato che aveva una luce spenta ma che continuava a sorridere. Si spostava su una sedia a rotelle, poi d'improvviso non lo vidi più. Fui sveglia ancora per pochi attimi.

Mi somministrarono un'anestesia e da lì non percepii più nulla.

~~~~~
"Abigail giusto si chiama?" Sentì chiedere da una voce strana, non la conoscevo. Volevo svegliarmi ma non ci riuscivo, pareva che le mie palpebre fossero state attaccate con qualche sottospecie di colla.

"Sì." Affermò una voce femminile. Sentii dei passi e poi una mano calda mi spostò i capelli dal viso.

"Si riprenderà?" Domandò con fare sofferente la precedente voce, che sembrava fosse di un ragazzo.

"Lo speriamo. Le hanno iniettato un'anestesia pesante, ha perso molto sangue e per rimettersi in forze ci vorrà del tempo." Quella era sicuramente una signora. Sentii che la mia maglia era stata sollevata di poco, non sopra l'ombelico ma il perché mi era ignaro.

"L'hanno travolta in un punto critico, quasi sull'ovaia." La maglia fu riabbassata e un sospiro echeggiò per la stanza.

"La conosci?" Chiese la donna con fare indagatorio.

"No." Non era un'affermazione dura, anzi, quasi come se fosse...non sapevo spiegare il modo.

"E ti interessi ad una paziente chiunque?" Sospettava qualcosa la donna ma non ero ancora riuscita a capire su cosa stesse indagando. Forse mi stavo sbagliando?

"Ho visto i medici preoccupati." Disse vago lui.

"Ne hai visti fin troppi da quando sei qui." Sospirarono entrambi. Le mie palpebre decisero finalmente di aprirsi e un raggio di sole mi accecò.

Misi le mani davanti agli occhi come per difendermi dalla luce. La donna se ne accorse e chiuse la tenda.

"Dove mi trovo. " Cerca di sollevarmi ma ottenni solo un'altra fitta più forte di quelle in ambulanza.

"Rimani stesa. Sei in ospedale cara. Hai avuto un'incidente." Annuivo incredula ancora a quell'avvenimento. 
La donna era un'infermiera quarantenne alta e poco robusta, mentre il ragazzo era lo stesso di quello con cui il mio sguardo si era incrociato prima di essere operata.

"Io vado, Luke resti tu qui con lei?" Chiese distogliendo il suo sguardo da me per portarlo sul ragazzo che annuì.

Uscì fuori e calò il silenzio. Mille domande, una testa che scoppiava e il nulla in quella stanza.

"Chi sei?" Domandai rompendo il silenzio. Si alzò in piedi e con una piccola spinta si sedette sul mio letto.

"Mi chiamo Luke." Mi sorrise.

"Non ti conosco." Lo guardai scrutandolo.

"Neanche io ti conosco." Affermò lui continuando a sorridere.

"Bene, e che ci fa in questa camera?" Chiesi cercando di capire la situazione. Fece spallucce e ridacchiò.

"Hai la faccia di una che ha visto un fantasma." Risi per quella stupita frase.

"Ho visto te." Trattenni una risata mentre lui pareva quasi sconcertato.

"Non sapevo di essere un fantasma." Si scrutò ridacchiando.

"Hai la faccia bianca come un fantasma." Risi.

"E tu non sei da meno." Mi indicò e mi coprii la faccia con una mano sorridendo.

"Ancora non mi hai detto il suo nome." Puntualizzò lui con fare da superiore.

"Abigail." Sorrisi.

"Abi cosa?" Chiese sconcertato ma non sapevo se fingesse.

"Abigail. Sapevo che il mio nome era strano ma non che non si riuscisse a pronunciare." Feci una piccola risata la quale si accorpò alle sue fragorose risa.

"Posso farti un domanda?" Chiesi con voce piccola.

"Già me l'hai fatta." Puntualizzò lui e io scossi la testa per la sua immensa stupidità.

"Cretino." Gli diedi un pugno sul bicipite e fece finta di farsi male. Risi di gusto per la faccia che aveva fatto.

"Perché sei qui in ospedale?" Chiesi infine. Calò il silenzio.

"Sono ricoverato qui da un anno, per la correttezza 12 mesi e 20 giorni. Dovevo fare delle certificazioni quel giorno, dovevano tirarmi del sangue niente di che. Le analisi non furono positive. C'era degli sbalzi elaborato il problema mi ricoverarono di urgenza. Avevo e ho tutt'ora un tumore al cervello." Rimasi di sasso. Ecco perché i capelli rasati a zero e quel fino di tristezza che avevo notato precedentemente.

"Fa male? " Chiesi. Sapevo che era un quesito molto idiota in quel momento ma avevo bisogno di sapere e non conoscevo il motivo di tanta curiosità.

"Fa più male sapere che l'hai e che forse morirai con lui e non il dolore fisico perché quello è inesistente rispetto a quello psicologico."

   
 
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