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Autore: quirke    06/07/2016    0 recensioni
Indurì di colpo l'espressione del viso scavato. Un'espressione acerba, muta ed appuntita. Familiare.
Ann sussultò, addossandosi allo schienale della sua poltrona. Sbarrò gli occhi e non si curò affatto della bocca spalancata.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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white, mountains, and snow image city, pink, and sky image flowers, rose, and grunge image
 


Lettere al cosmo

 

 

""Cosa fai?"
"N-Niente"
"Non credo"
"Che t'importa?"
"Mi fai incuriosire"
"Puoi andartene?"
"Mi fai vedere cosa stai facendo?"

Etciù.
Ann strinse le labbra, nascondendosi ancora di più. Palpò le tasche della felpa e, una volta sfiorato il pacchetto di fazzoletti, ne estrasse uno con maestria.
Cominciò a far dondolare un ginocchio spigoloso, sperando di attutire una volta per tutte quei gemiti infantili e sommessi.
Etciù.
Ann, esasperata, si portò una ciocca di capelli dietro le orecchie, e si scusò con l'uomo al suo fianco.
Stavano infastidendo parecchia gente, e si sarebbe aspettata da un momento all'altro un'occhiataccia ammonitrice da parte del signor Michetti. Sbuffò, gonfiò le guance e si girò verso la piccola bambina sulle sue gambe.
"Se non la smetti subito, ci caccieranno fuori!" sussurrò. Prima aggrottando le sopracciglia, poi addolcendo l'espressione lentamente.
Pulì le guance umide della bambina, tamponando bene anche le labbra arricciate e la punta del naso, quasi a farle il solletico.
La bambina increspò la bocca rossa, accomodandosi poi meglio. Aprì le gambe paffute, buttò indietro la testa, scontrandola contro il seno di Ann, e si ammutolì.
La sala era spaziosa, quasi enorme. Quasi come un teatro, l'attenzione dell'intero pubblico era rivolta verso il palcoscenico, verso i principali direttori del club di calcio.
Etciù.
Ann era semplicemente stressata, spazientita. Sbuffò pesantemente, ignorando per l'ennesima volta la mascella tesa dell'uomo alla sua sinistra.
Alzò il braccio, conficcò le unghia sul bracciolo della poltroncina rossa mentre, con l'altra mano, stringeva a sé la bambina.
Le avvicinò il fazzoletto sul naso, spingendola a soffiarci dentro. Le ripulì il viso e, inasprita, si schiacciò ancor di più contro lo schienale morbido.
Non ce la faceva più. Era lì soltanto da qualche minuto e già voleva andarsene via, buttarsi sul suo letto e dormire per il resto della giornata.
Aguzzò la vista, cercando di seguire i movimenti vivaci del signor Michetti e concentrandosi sulle sue parole. Dopo esser riuscita a riprendere il filo del discorso, ora parlavano dei problemi che potevano insorgere nella futura squadra, cominciò a muovere una gamba, dilettando così la bimba.
Etciù.
Perfino il signor Michetti si girò verso di loro, sorridendo. Ma sotto sotto, Ann aveva notato il suo disappunto, la sua disperazione. Il fastidio che gli recavano.
Etciù.
Ann roteò gli occhi, agitò la gamba accelerandone il ritmo, come a sperare che quel maledetto raffreddore potesse calmarsi, sparire definitivamente, ed allungò ancora una volta un nuovo fazzoletto sul viso paffuto della bambina.
Etciù.
Si portò una mano sulla faccia, accarezzandola disperatamente.
Pregò mentalmente che quello potesse essere l'ultimo starnuto della bimba, poi ritornò a fissare il direttore, lanciandogli occhiate dispiaciute ogni qualvolta posasse gli occhi attorno a loro.
Etciù.
Ann sbuffò rumorosamente, trattenendo a fatica la voglia di strapparsi i capelli dalla testa.
L'uomo davanti a lei si scosse. Lei, standogli alle spalle e su uno scalino più in alto, notò come arrestò di scatto il movimento agitato, il tic con cui giocherellava con la sua biro. Poteva scommettere qualsiasi cosa: era furioso.
Lui posò la penna sulle ginocchia, addolcì i muscoli delle spalle aguzze e fece per girarsi lentamente.
Ann deglutì, cercando scuse banali e sufficienti a tranquillizzarlo.
Etciù.
Si sarebbe beccata un proiettile dritto in testa.
Tamponò il naso della bambina, stringendo le labbra e aguzzando gli occhi, pronta al peggio. Fissava con così tanto ardore la schiena spigolosa del ragazzo che; da un momento all'altro, si ritrovò preoccupata di bruciarlo vivo.
Etciù.
Volle scusarsi, schiuse pure le labbra ed alimentò le sue corde vocali. Le sopracciglia erano aggrottate in un'espressione mortificata, il naso arricciato. 
Ma il ragazzo non disse nulla, non aveva nemmeno ostentato del fastidio. Niente.
Invece, e con grande sorpresa, le sorrise. O meglio, sorrise a Joelle teneramente e quando alzò lo sguardo verso di lei ... Indurì di colpo l'espressione del viso scavato. Un'espressione acerba, muta ed appuntita. Familiare.
Ann sussultò, addossandosi allo schienale della sua poltrona. Sbarrò gli occhi e non si curò affatto della bocca spalancata.
"Ann?"
Ann non accennò nemmeno un movimento, non mosse nulla del suo corpo, ormai rigido, gelido. Sorpreso, spaventato.

"Louis, eh?"
"Quanto tempo?"
"Già"
"E cosa ci fai qui?"
"In pratica, sono stata inviata con estrema urgenza da mia sorella. Sua figlia vorrebbe ricominciare a giocare"
"A calcio?"
"Mi sembra ovvio, non penso abbiano proposto qualcos'altro" ridacchiò.
"Già, sì"
"E tu?"
"Sono il nuovo allenatore della squadra. Oggi non avevo granché da fare quindi ho ben pensato di dare un'occhiata"
"Una squadra di calcio femminile?"
"Dovremmo pur iniziare dal gradino più basso, no?"
"Ricominciamo"
"Era per dire, Ann"
"Certo"
"Comunque, chi é questa principessa?"
"Joelle" 
"Tua figlia?" ancorato al sorrisino di Joelle, non la degnò di uno sguardo. Quella domanda appena pronunciata sembrava quasi soffiata per scherzo, uno sbuffo divertito.
"Sì"
Louis spalancò gli occhi, ancora piegato a giocherellare con le dita cicciottelle della bambina. Si fermò, immobile. Ritornò su, riprese a guardarla sorpreso e constatare la situazione. Le guardò in alternanza, cercando quindi di accertarsi, di trovare qualche somiglianza.
Ed in effetti si arrestò al secondo sguardo, compiaciuto dal fatto che Joelle riprendesse le stesse identiche labbra della madre.
"È proprio graziosa" nascose il fastidio, un fastidio strano.
"Grazie"
"E con ..." ridacchiò divertito, si grattò la nuca con le dita ruvide, "Con chi ...?"
"Chi é il padre?"
Annuì.
"Non lo conosci"
"Proviamoci, no?"
"Keaton, un ragazzo che ho conosciuto qualche estate fa"
Louis approfondì lo sguardo e la invitò a continuare.
"Era stato tutto un gioco, stupido. E per sbaglio sono rimasta incinta, gliel'ho detto un paio di mesi dopo. Mi ha assillato giorno e notte, convincendomi alla fine di evitare l'aborto o l'affidamento. Ce la saremo cavata, mi ripeteva. Quindi io l'ho tenuto, ma lui é scappato via. A stento manda ciò che dovrebbe"
"Ma ..."
"Risparmiami la paternale, o qualsiasi cosa noiosa che mi abbiano già detto un migliaio di volte" allungò una mano, bloccandola davanti alla sua faccia. "E sopratutto non rendere il tutto più patetico scusandoti di qualcosa di cui non hai colpe. Evita il 'Mi dispiace, Ann', per favore"
"Volevo solamente dirti che é stato uno stronzo, e che naturalmente avrebbe dovuto assumersi le sue responsabilità perché sono soltanto sue e nessuno se ne prenderà carico"
"Io che cazzo sono?"
"Non intendevo questo"
"Allora, stai zitto"
"Sono sicuro che tu sia un'ottima madre"
"Ti ho detto di risparmiarmi queste cazzate"
"Come stai, altrimenti?"
"L'anno prossimo avrò finito la mia formazione, ho ancora i miei santi weekend liberi dato che mia madre se ne impossessa" e indicò Joelle, "E quindi non penso di essere ridotta al lastrico, no?"
"E Keaton?"
"Ma sei ritardato, o cosa? Risparmiami qualsiasi discorso profondo tu abbia voglia di intavolare"
"Okay" scrollò le spalle. "Ti piacerebbe ritrovarci per un caffé?"
"Perché mai?"
"Solo come quei soliti vecchi compagni di scuola che si ritrovano qualche anno dopo e, veramente incuriositi uno della vita dell'altro, si danno appuntamento in un caffé. Solo che io voglio anche lei, soprattuto lei" 
Indicò Joelle, sorridendole. Non lei, non sorrise nemmeno a lei. Louis voleva vedere Joelle.
"È un invito?"
"Sì, perché?"
"Questo strano tono lo usavi anche un po' di tempo fa, quando mi obbligavi a fare qualcosa. Non semplicemente invitarmi"
Louis sorrise.
"Ecco, ci aggiungevi anche questo sorrisino. Come a sottolineare il fatto che saresti veramente capace di farmi male, se non ti avessi dato retta"
"Hai capito perfettamente, come sempre"
"Allora, ci risentiamo. Devo andare" Ann afferrò la bambina e gli allungò il suo numero di telefono. "Chiamami e dimmi tu quando vuoi incontrarmi. O meglio, incontrarla" si corresse subito dopo Ann, indicando la bambina in braccio.
"Perfetto"
"Ciao"
"Ciao amore" pronunciò dolcemente Louis.
Ann sussultò sul posto, sentendo la schiena rabbrividirle. Quelle semplici parole riportarono a galla così tanti ricordi da farla sentire male, per un attimo. Uno.
Louis si girò verso di lei, scollandosi finalmente da Joelle.
"Ciao Ann""

 

 

 

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