Buon anniversario alla mia OTP suprema, ai due che mi ispirano sempre,
e che amo con tutto il cuore. <3
Una
camicia a quadretti rossa
“Signor
McCartney, sono arrivati questi per lei.”
Paul si
voltò verso il ragazzino sulla porta del loro camerino. Era molto giovane,
probabilmente era uno stagista arrivato da poco e già coinvolto nella gestione
del primo concerto dei Wings a New York. Si notava
perfettamente il timore reverenziale nei suoi occhi, una cosa che Paul ormai
aveva visto fin troppe volte nelle persone che incontrava, ma ancora qualcosa a
cui non si fosse abituato.
Si alzò
allontanandosi per un istante dalla sua nuova band e dalle sue figlie che
giocavano facendo un gran chiasso. Raggiunse il ragazzo, evidentemente
spaventato dal pensiero di averli interrotti durante la loro piccola
festicciola post-concerto.
Con le mani
reggeva una cesta colma di quelli che sembravano proprio regali: c’erano fiori,
cioccolatini, e diversi pacchetti e lettere.
“Chi li
manda?” domandò Paul, prendendo la cesta e appoggiandola sul tavolino con le
bevande.
“I suoi
fans, signore, li hanno lasciati nell’ingresso.”
“Grazie…
ehm…”
“Michael,
signore, mi chiamo Michael.” rispose prontamente il ragazzino.
“Grazie
mille, Michael.” affermò Paul, rivolgendogli un occhiolino, “Molto gentile.”
Michael
sorrise brevemente e compiaciuto e dopo avergli rivolto un cenno del capo, si
allontanò.
Paul
ridacchiò fra sé e si mise a curiosare tra i regali. Sistemò i fiori da un
lato, mentre i cioccolatini finirono tutti insieme alle altre cibarie. Le
lettere le avrebbe lette dopo con calma; i regali invece stuzzicarono subito la
sua curiosità. Dopotutto alcuni fan erano davvero originali nella scelta di
cosa donargli. Tra peluche e biancheria intima ormai aveva un’invidiabile
collezione. E se fintanto che fosse giovane e single era anche simpatico, ora
che era un uomo sposato con famiglia era un po’ più sconveniente. Ma per
fortuna Linda sembrava essersi abituata abbastanza in fretta. In fondo sapeva
bene chi avesse sposato!
Tra tutti quei
regali però, ci fu un pacchetto stranamente soffice che attirò la sua
attenzione. Le sue mani si mossero subito per raggiungerlo e iniziare a
scartarlo.
Il vociare
dei suoi compagni di band e le grida acute delle sue bambine divennero solo un
suono ovattato tutto intorno a lui quando tra le mani si ritrovò una camicia.
Una camicia
a quadretti rossa.
*****
“E quanto
starai via?”
Paul era
seduto sul letto di John, strimpellando distrattamente la sua chitarra mentre
osservava l’amico preparare una piccola valigia per la sua imminente partenza
per Durness.
“Una
settimana.”
“Mm.”
Paul
mormorò, chinando il capo, e John si fermò subito per fissarlo con un sorriso ben
conscio di cosa stesse passando per la testa del suo compagno.
“Ci risiamo,
vero?”
“Cosa?”
domandò Paul, guardandolo curiosamente.
“Stai per
fare di nuovo la femminuccia.”
Paul si
imbronciò, indignato, abbandonando la chitarra da un lato, “Non è vero.”
“Oh sì,
invece, ti conosco ormai. Stai per dire che ti mancherò e che speri che io
torni presto.”
John rise,
prendendolo in giro, e Paul sbuffò, incrociando le braccia sul petto, “Vai a
cagare, John, te lo dico col cuore.”
“Molto
volentieri. Ma prima fammi un favore.”
“Col cazzo.”
sbottò Paul, il broncio sempre più profondo.
“Andiamo, Paulie. Se lo fai prometto che ti dirò una cosa bella.”
La
prospettiva offerta da John sembrò particolarmente allettante e funzionò nello
stuzzicare l’interesse di Paul, tanto che questi si voltò a guardarlo con un
sopracciglio sollevato.
“Cosa?”
“Beh, prima
tu fammi il favore e poi te lo dico.”
Il ragazzo
sul letto sospirò, sconfitto, “Sentiamo.”
“Mi prendi
quel paio di jeans bianchi nell’armadio?”
“Tutto qua?
Che succede, è troppo complicato per voi fare due passi, Vostra Altezza?”
Erano
letteralmente due passi, pensò Paul trascinandosi in piedi dal letto
all’armadio.
“Ehi, c’è
gente che sta lavorando duramente qui. E poi, scusatemi, signor McCartney, ma
siete o non siete venuto per aiutarmi?”
“Sono venuto
per salutarti. Ora me ne sto pentendo però.”
John sogghignò
divertito, tornando al suo compito di infilare vestiti, biancheria e
quant’altro nella valigia.
Paul aprì le
ante e cercò nei vari scaffali i jeans bianchi di John, sperando che l’amico
non li avrebbe indossati tanto spesso. Quei pantaloni addosso a John erano
letali, avrebbe fatto fin troppe conquiste per i gusti di Paul. Mordendosi il
labbro per trattenere quell’attacco improvviso di gelosia, Paul si concentrò
sul suo compito. Quando li intravide, allungò una mano per prenderli e fece per
allontanarsi, ma il suo sguardo fu attirato dai colori familiari di una camicia
piegata alla bell’e meglio e nascosta tra i vestiti stropicciati e in disordine
nell’armadio.
Riconobbe
subito quella camicia: era la stessa che John indossava quando si erano
incontrati per la prima volta ormai tre anni fa. Tre lunghi, magnifici,
perfetti anni fa.
La prese e
la fissò senza accorgersi di un sorriso stupido che tirava ora le sue labbra.
Ma era così assorto nel ricordo degli eventi di quella giornata, di quanto
fosse stato incredibile vedere John suonare e cantare per la prima volta, di
quanto lo stesso Paul fosse emozionato di esibirsi davanti a qualcuno che gli
ricordava così maledettamente Elvis, che nel momento in cui John lo richiamò,
sobbalzò.
“Che ti
prende?”
“Oh,
niente.” rispose Paul, cercando in qualunque modo di non arrossire, “Ho trovato
questa.”
“E allora?”
Lo sguardo
totalmente disorientato di John non fu proprio incoraggiante per Paul.
“Non te la
ricordi?”
“Mi ricordo
che è una camicia davvero brutta.” disse John, guardandola con una smorfia,
“Come cazzo facevo a indossarla?”
Paul sospirò
e la guardò con profondo desiderio, “Se non ti piace, allora posso prenderla
io?”
“Non se ne
parla neanche. Almeno prima dimmi cosa mi dovrebbe ricordare. Devo sapere a
quale reperto storico sto per rinunciare.”
“Beh se non
te lo ricordi, allora non è importante per te, non credi?” esclamò Paul,
lanciandogli in faccia i pantaloni con fare scocciato.
John osservò
la sua faccia imbronciata per pochi istanti, prima di raggiungerlo e spingerlo
sul letto.
“Ehi, che
cazzo pensi di fare?” protestò Paul, cercando di rialzarsi.
Tuttavia John
fu più veloce e si arrampicò su di lui, inchiodandolo contro il materasso con
il peso del suo corpo.
“Sono uno
stronzo egocentrico e smemorato, Paul! Dimmi cosa mi deve ricordare e non fare
tanto la signorina indispettita.”
“Me. Ti deve
ricordare me.” sbottò Paul.
John sembrò
pensarci a fondo, prima che l’illuminazione gli schiarisse le idee, e poi
sorrise.
“Oh, giusto,
è quella camicia, vero?”
Paul arricciò
le labbra, sempre più imbronciato, e si voltò per guardare la suddetta camicia,
scivolata dalle sue mani quando John aveva afferrato i suoi polsi.
“Andiamo,
Paul, non mi tenere il broncio. Lo sai come sono fatto.” mormorò John,
afferrando la punta del suo naso con due dita.
“Purtroppo.”
John si
chinò su di lui, strofinando il viso contro la guancia soffice di Paul, “Dai,
sorridi per il buon vecchio Johnny.”
Paul
raddrizzò il capo e fissò il sorrisino implorante di John, così vicino al suo
viso che lo fece rabbrividire tra le sue braccia.
“E va bene,
bastardo.”
John sembrò
soddisfatto quando Paul gli sorrise, finalmente.
“Comunque
non posso regalartela, ora che mi ricordo del suo valore affettivo.” commentò
afferrando la camicia con una mano e nascondendola dietro la sua schiena.
“Non vale.”
“E’ mia, in
fondo. Perché diavolo la volevi?”
“Perché mi
piace e mi ricorda te.”
“Ma non hai
bisogno di questa per ricordarti di me, vero?” sospirò John sulle labbra di
Paul.
Il ragazzo
più giovane fissò con desiderio quella bocca dolce e familiare, mormorando uno
sciocco, “Ah no?”
E John
scosse il capo, prima di chinarsi su di lui e baciarlo, dolcemente ma anche con
tanto trasporto da lasciarlo con le guance arrossate e il respiro leggermente
affannato.
Forse, forse!, era riuscito a togliergli dalla
testa quella benedetta camicia.
“E… mm… era
questa la cosa carina che dovevi dirmi?”
Ma non
quello, a quanto pareva.
Che memoria, Macca!
“Era questa,
idiota.”
“Ma non era
una cosa da dire.” protestò Paul e John scoppiò a ridere.
“Quanto
cazzo sei pignolo, Paul?”
*****
Paul strinse
tra le mani la camicia.
Il ricordo,
per quanto lontano, era ancora vivido e suscitava in lui sensazioni potenti che
lo avrebbero sopraffatto lì e subito, se non fosse arrivata Linda a
controllare.
“Cos’è?”
“Oh, niente,
cara. Un regalo da parte di qualche fan.”
Linda
osservò con un sorriso la camicia, prima di tornare a guardare il marito, “Non
ti hanno mai regalato una camicia, vero?”
“No.” le
rispose Paul con un sorriso, “Mai.”
La donna ridacchiò
e raccolse uno dei pacchetti di cioccolatini per tornare subito dopo dalle
ragazze.
Paul guardò
nuovamente la camicia, notando un piccolo biglietto che fuoriusciva dal taschino.
Lo prese subito per leggerlo, anche se poteva ben immaginare cosa ci fosse
scritto.
E
soprattutto chi l’avesse scritto.
‘Buon anniversario, Paul.’
Note dell’autrice: e davvero, buon anniversario a John e
Paul, e sia benedetto questo giorno. Il 6 luglio mi rende sempre
particolarmente felice, il fandom si movimenta, si
leggono nuove storie, tumblr è in fermento… insomma,
è tutto bellissimo. <3
Ormai sono 4
anni che festeggio il loro incontro con una fanfiction,
eppure mi sembra davvero di essere come agli inizi, di scrivere di loro con la
stessa felicità. L’ispirazione è calata, ma la felicità c’è sempre per loro,
perché mi fanno stare davvero bene. <3
Bando alle
ciance, ho sempre voluto scrivere una storia su quella bellissima camicia. Mi ispirava
fluff a tutto spiano. E forse questo non è a tutto spiano, ma ehi, è sempre
fluff.
Ringrazio moltissimo
Claudia che questa volta ha corretto lei la os. :3
Grazie di
cuore anche ad Anya che anche da lontano mi ha consigliata e aiutata con questa
os, come sempre. <3
Grazie a
Paola per le chiacchierate e il sostegno. ^_^
E grazie a
chiunque leggerà/recensirà. :D
Per chi
segue il sequel, il nuovo capitolo è qui. J
A presto e
buon anniversario a tutti. <3
kia85