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Autore: workingclassheroine    07/07/2016    3 recensioni
"Devo essere davvero molto ubriaco" sibilò John, sorridendo, "Se non mi fermi ora, Paul McCartney, potrei persino baciarti".
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Buon 58 anniversario, John e Paul.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Liverpool era un posto tranquillo, o almeno agli occhi di Paul McCartney lo era sempre stato: in quindici anni vissuti lì non era mai successo nulla di notevole, né nel bene né nel male, e lui per quanto poteva aveva sempre cercato di tenersi fuori dai casini.
Non che gli pesasse, in realtà.
Paul non era quello che sua madre avrebbe definito un cattivo ragazzo, e provava anzi una naturale repulsione verso coloro che avevano bisogno di ostentare la propria ribellione per affermarsi nei sudici quartieri cittadini. 
Avendo terminato questo veloce schizzo della propria personalità, Paul non riusciva davvero a spiegarsi come potesse essere finito in quel pub squallido, in compagnia dei peggiori compagni che Liverpool fosse in grado di offrire.
"Volete ordinare?" 
I suoi già molto annebbiati pensieri vennero interrotti bruscamente dalla voce stridula di un'annoiata cameriera bionda, che si era avvicinata pasticciando qualcosa sul taccuino, senza neanche preoccuparsi di sembrare cortese.
"Una birra per tutti, piccola, offro io" annunciò qualcuno alla destra di Paul, seguito da un entusiasta applauso di ringraziamento da parte della tavolata, con tanto di fischi e urla.
La donna guardò scettica il gruppo di ragazzi, "Siete tutti maggiorenni?".
La risposta fece quasi venire un colpo a Paul.
"Certo, ora vuoi anche patente e libretto?" ribatté il ragazzo accanto a lui, secco. 
"Anche lui?" 
Paul si accorse all'improvviso che l'indice della cameriera era puntato su di lui, e non riuscì a far altro che arrossire di botto.
Come un maledettissimo bambino.
Stupida testa di cazzo, Paul, cosa stai facendo?
E avrebbe continuato a ripeterselo se solo un braccio non gli avesse circondato all'improvviso le spalle, scrollandolo amichevolmente, "Lui è con me, dolcezza, non preoccuparti".
La bionda annuì, probabilmente stanca di quella discussione e indifferente alla loro vera età, e si diresse con lentezza verso il bancone, portando loro l'ordine dopo appena un paio di minuti.
"Dicono che si stia preparando un'azzuffata di quelle epocali, giù al porto, ci andiamo, John?" chiese speranzoso Pete, con gli occhi già lucidi e le guance rosse.
Paul alzò gli occhi al cielo.
John, possiamo fare questo? John, possiamo fare quello? John, posso pulirmi il culo?
Additati da tutti come la peggior compagnia in cui si potesse incappare, a Paul non sembravano altro che pulcini bisognosi dell'approvazione della chioccia.
"Cosa si direbbe di me se non ci andassi, Pete?" rispose John con uno scintillio pericoloso negli occhi, bevendo un sorso di birra e sbattendo sul tavolo il boccale.
Paul osservò i capelli disordinati del ragazzo, acconciati in modo da farlo sembrare la brutta copia della brutta copia del Re, e con una smorfia ravviò i propri, accuratamente pettinati all'indietro. 
"Che sei un vigliacco" intervenne un Nigel visibilmente eccitato, prevedendo a quel punto la risposta del ragazzo.
"Allora credo proprio che mi toccherà stare in prima linea" rise John, alzando la bottiglia come a brindare con l'aria, fra le acclamazioni degli amici.
Paul scosse la testa, disgustato.
Era andato al concerto dei Quarrymen, quel giorno, sperando di conoscere qualcuno con i suoi stessi interessi (e soprattutto perché Ivan lo aveva letteralmente trascinato di peso) ma più che musicisti, quelli sembravano piccoli criminali di seconda classe.
Si strinse a disagio nel suo giubbotto bianco, lasciando vagare lo sguardo sul tavolo ricolmo di bottiglie vuote e sugli sguardi vacui dei compagni.
Ormai dovevano essere al terzo o quarto giro, e neanche a dirlo la più alta concentrazione di bottiglie era davanti a John Lennon, bastardo numero uno sulla sua lista.
"Maledizione, McCharmly, levati quella cosa, si muore di caldo" borbottò l'interessato, la testa che ciondolava e gli occhi fissi sul giubbotto di Paul.
"Il mio cognome è McCartney" puntualizzò lui, seccato "E mi hai rotto i coglioni, io me ne vado" concluse, spingendo indietro la sedia e alzandosi in piedi.
"Dove cazzo stai andando?" 
La voce adirata di John lo seguì per tutto il locale, e non fu sorpreso di sentire dei passi incespicare dietro di sé.
Si affrettò ad accelerare il passo ed uscire dal locale, sperando di porre fine a quell'orribile serata. 
L'indomani, avrebbe solo dovuto fingere che nulla fosse successo e continuare la propria vita senza interferenze di alcun genere. 
E mollare un pugno in faccia ad Ivan, per completare il tutto.
Rallentò, rassicurato da quelle riflessioni, ma una mano gli arpionò con forza l'avambraccio, costringendolo a voltarsi.
Paul sussultò, pronto a difendersi -maledizione, crescere ad Allerton doveva pur avergli insegnato qualcosa- ma gli bastò acuire lo sguardo nell'oscurità per rendersi conto che non ce n'era davvero alcun bisogno.
"Ora dovrei ammazzarti di botte" mormorò la voce dolce e impastata di John Lennon, mentre il ragazzo gli crollava praticamente addosso.
Paul alzò gli occhi al cielo, sorreggendolo "Perché ho sfidato la tua autorità di maschio alfa davanti al branco?"
"Qualcosa del genere" confermò John, appigliandosi alle sue spalle per non cadere.
"Sto aspettando, Lennon" lo schernì Paul, quasi divertito dal calore che il corpo inerme del ragazzo rimandava al suo.
"Un'altra volta. Se ora non mi siedo ti vomito addosso, McCharmly" lo informò stancamente John, abbandonando maldestramente il mento contro la spalla di Paul.
"Non preoccuparti, se non ho vomitato io con la tua versione di Come Go With Me non lo farai tu con un po' di birra" lo schernì, con un accenno di dolcezza che non poté non trapelare dal modo in cui la sua mano andò a cingere il fianco di John per impedirgli di cadere.
John rise, stancamente, di un suono così autentico e piacevole da far spuntare un sorriso sulle labbra strette di Paul e fargli pensare che no, forse John Lennon non era poi così male, "I più grandi artisti improvvisano, McCharmly, ricordalo".
"Forse" concesse il minore, conducendo piano John verso la malridotta panchina in ferro battuto e legno "Ma a loro riesce bene".
"Magari potresti insegnarmi, te la cavi bene" ammise John, onesto, e Paul si limitò a sorridergli dolcemente. 
Gli piaceva John, quando era lontano dai suoi valletti e dalla maschera che si era imposto, ed era davvero un peccato che si ostinasse a farne il suo vero volto.
"Credimi, John Lennon, sei davvero una testa di cazzo" lo informò, dando voce ai propri pensieri.
John rispose nascondendo il volto nella sua spalla, gli occhi chiusi e l'espressione sofferente.
 "Lo so" farfugliò, le parole rese quasi indistinguibili dalla stoffa del giubbotto di Paul "La mia testa di cazzo adesso sta girando come una trottola" puntualizzò, e senza sapere esattamente come Paul si ritrovò a stringergli goffamente una mano, ansioso di fare qualcosa per farlo sentire meglio.
John si sollevò lievemente, osservando con un sorriso incosciente le loro dita intrecciate, "McCartney?".
Paul si voltò verso di lui, sorpreso dal sentir pronunciare correttamente il proprio nome per la prima volta in quella giornata.
E vi avrebbe sicuramente fatto sopra qualche battuta se la mano libera di John non si fosse posata sulla sua guancia, facendola andare letteralmente a fuoco e annodandogli la lingua.
"Lennon" mormorò stupidamente Paul, e per un attimo desiderò scappare via, di corsa, oltreoceano, e mettere quanta più distanza possibile fra sé e gli occhi di John Lennon.
"Devo essere davvero molto ubriaco" sibilò John, sorridendo, "Se non mi fermi ora, Paul McCartney, potrei persino baciarti".
Ma Paul non lo fermò.
Né in quel momento, né nel lungo e straziante cammino di John verso le sue labbra tremanti.
Durante quel bacio Paul mise in ordine un sacco di cose e ne incasinò altrettante.
E le labbra di John erano morbide e sapevano di birra e vecchio fumo, con un retrogusto più dolce e delicato che neanche l'alcool era riuscito a cancellare.
E anche un sapore lievemente salato, omaggio delle lacrime che dagli occhi serrati di Paul correvano a suicidarsi sui loro respiri uniti e complementari.
Piangeva perché John l'indomani probabilmente non avrebbe ricordato nulla, ma lui sì e sarebbe impazzito, e avrebbe visto John baciarlo ogni volta in cui avesse chiuso gli occhi.
"Basta, John" mormorò, respingendo delicatamente l'altro, le mani che indugiavano a lasciare il calore del suo petto.
"Dammi un buon motivo" lo sfidò John, allontanandosi per assecondare però la richiesta del minore.
"Te ubriaco, ti basta?" riassunse Paul in malo modo, asciugandosi discretamente le guance con il bordo della manica.
"Non è un buon motivo, non lo sono" ribattè John, seccato, raddrizzandosi di scatto. 
Fin troppo velocemente per un ubriaco.
Paul ci mise quasi un intero minuto a realizzare ciò che il ragazzo accanto a lui aveva appena detto.
"Cosa cazzo hai detto?" gemette, guardando il compagno ridere divertito al suo fianco.
"Credevi davvero che bastasse qualche birra per mandarmi al tappeto? Piccolo McCartney, hai così tante cose da imparare sul mondo" scherzò John, fingendosi offeso.
"Vattene" sillabò Paul, tagliente.
"Paul-" tentò debolmente John, con un brusco cambio di tattica, cercando di stringerlo a sé per scusarsi.
"Non chiamarmi per nome, John Lennon. Se non sparisci entro dieci secondi non rispondo più delle mie azioni".
"Paul, per favore, scusa. È solo che sono fatto così, avevo paura di un rifiuto" spiegò John, spettinandosi imbarazzato i capelli castani "Quindi ho optato per il 'Non sapevo cosa facevo, ero troppo ub- Ehi" si interruppe, notando sul viso scarlatto e piangente di Paul la rabbia e l'umiliazione che stava provando, "Va tutto bene?".
E Paul si ritrovò stretto fra le braccia di John, a piangere sul suo petto e infradiciargli la sgargiante camicia a quadri rossa per un lasso di tempo infinito.
"Scusami" sussurrò John, ancora una volta, accarezzandogli i capelli e le spalle per consolarlo.
Paul raddoppiò i singhiozzi, stringendosi ossessivamente a lui.
Lo aveva ottenuto e ora lo avrebbe buttato via, come aveva ripetutamente fatto con centinaia di ragazze, ma la notte era ancora lunga e John così vicino da illuderlo che mai questo sarebbe potuto cambiare.
"Sei una testa di cazzo" ripeté Paul per la seconda volta in quella serata, rassicurato in parte dalla calda concretezza delle braccia di John intorno a sé.
Era ancora lì.
"Ascolta, se ti do una bella notizia la smetti di fare il bambino?" 
Paul si trattenne dal prenderlo a pugni.
"Vaffanculo" sibilò, aggrappandosi però ulteriormente alla sua camicia, ben deciso a tenerlo stretto a sé con le unghie e i denti.
"Beh, io te la do lo stesso" proseguì John, incurante, rivolgendogli un sorriso affettuoso, "Da stasera fai parte dei Quarrymen".
Ottenne se non altro di fargli alzare la testa, "Dici sul serio?".
John annuì, torturandosi le mani, "Certo, sei in gamba, ci farai comodo. Ti manderò Pete fra qualche giorno per, sai, una sorta di proposta ufficiale. Solo per far finta che abbia dovuto pensarci su".
Paul gli rivolse un sorriso dolce, gli occhi ancora rossi e gonfi, "Sai che io non sarò un tuo valletto, vero?" chiarì, accennando al resto della band.
John ricambiò il suo sorriso, sollevato, "Lo ho messo in conto, principessa".
"Quindi hai deciso di lasciarmi la leadership?" rise Paul, lanciandogli un giocoso sguardo di sfida.
"Ho deciso di condividerla con te" ammise, e Paul poté finalmente arrendersi alla dolce consapevolezza che John era venuto per restare.
"Credo che accetterò" lo informò Paul, "Dopo le vacanze".
"Allora è deciso, sei nella mia band" rise John, prendendogli avventatamente il viso fra le mani e posandogli un bacio leggero sulle labbra.
Paul arricciò il naso, divertito, e si rannicchiò nuovamente contro di lui, in pace.
"Sbagliato, John" si limitò a mormorare "La nostra band".



  
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