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Autore: Ila_JL    07/07/2016    6 recensioni
Clexa AU.
Una One shot senza pretese, estremamente sdolcinata, uscita dai deliri di una notte insonne. E li contiene tutti.
_Dal testo:
Lexa ama i ristoranti italiani.
Clarke si accontenta del cinese a domicilio.
..
Lexa ama lo sport e una vita sana, corre tutti i sabato mattina.
Clarke ha fatto scadere il suo abbonamento in palestra. Tre volte.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Lexa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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NOTE INIZIALI:
scrivo solo due cose come legenda per capire meglio questa storia.
È nata durante una notte insonne e proprio per questo è un casino.
Ci sono cambi di focalizzazione, flashback e salti temporali.
Nella colonna di sinistra c’è il punto di vista di Lexa, in quella di destra quello di Clarke.
In corsivo al centro ci sono le date e a volte il narratore esterno.
Buona lettura, e grazie!
 
COMPROMESSI
 
13 Aprile 2012

 
Tic. Tic. Tic. Tic. Tic.
Sbuffo, girandomi per l’ennesima volta nel letto.
Il rumore della pioggia che si scontra con il davanzale della finestra mi rende inquieta.
Ho sempre odiato la pioggia, da quando ero bambina.
Era insopportabile il ticchettio delle gocce contro la vecchia grondaia di stagno della casa dove sono cresciuta. Rimbombavano nella stanza impedendomi di prendere sonno.
Improvvisamente mi viene in mente il volto di una persona che so per certo, invece, ami le notti come questa. Trattengo a stento il sorriso mentre afferro il cellulare.
 
01.23. A: Clarke.
Io odio la pioggia.
 
Ripongo il telefono, convinta che la risposta non mi arrivi prima di domani mattina.

 


 
Tic. Tic. Tic. Tic. Tic.
Il rumore della pioggia mi affascina, lo ha sempre fatto, soprattutto di notte.
Sin da bambina mi piaceva l’idea che nonostante tutte le persone si fermassero e chiudessero gli occhi dopo una lunga giornata di lavoro, qualcosa continuava ad andare avanti.
La vita, la natura, continuava il corso delle cose, incessantemente.
Mi alzo per aprire le persiane e lasciare che la vista della città bagnata, illuminata dai lampioni mi avvolga.
In quel momento il telefono mi avvisa di aver ricevuto un messaggio.
Inconsciamente sorrido, mentre lo afferro.
Non avevo dubbi, né sul mittente, né sul contenuto, e il sorriso mi si allarga senza che possa oppormi, mentre digito a mia volta.
 
01.25. A: Lexa
Io amo la pioggia.
 


La vibrazione mi riscuote e mi sorprendo dalla velocità della risposta di Clarke.
Prendo il telefono e leggo il suo messaggio.
Una risata esce con uno sbuffo dalle mie labbra, quando vedo che il nostro strano gioco continua.
Così  scrivo velocemente la risposta, come se avessi automatizzato le mie azioni, come se stessi seguendo un copione, senza preoccuparmi del fatto che apparentemente potrebbe non avere senso per il resto del mondo.
 
01.26. A: Clarke
Come al solito.
 
Sorrido, e questa volta spengo il telefono. Lascio che il rumore che prima mi dava tanto fastidio diventi il sottofondo di un mio sonno tranquillo.

 


 
14 Aprile 2012
 
Esco dall’ospedale con le mie solite cento cose in mano, inciampando e imprecando sottovoce contro il mio essere goffa e il mio disordine.
Il temporale della scorsa notte ha lasciato spazio a un cielo tipicamente primaverile:  grossi nuvoloni bianchi sul cielo azzurro lasciano spazio a fastidiosi raggi di sole, che rendono ancora più complicata la mia camminata nella piazza per tornare a casa.
Cerco di non andare a sbattere contro nessuno, mentre frugo nella borsa alla disperata ricerca dei miei occhiali da sole, che ovviamente non trovo.
Sbuffo, finchè con le dita non tocco il mio cellulare, e sul mio viso nasce un sorriso.
Lo tiro fuori dalla borsa e scrivo il messaggio.
 
17.35. A: Lexa
Io odio il sole negli occhi.
 
Infilo nuovamente il telefono nella borsa e mi incammino verso casa.
 


 
Ancora mezz’ora e potrò andarmene dall’ufficio.
Ho finito il mio lavoro di oggi, così mi concedo qualche minuto di tranquillità.
Il temporale della scorsa notte è passato, ed ora il cielo è meraviglioso: da qualche minuto le nuvole hanno lasciato spazio a coraggiosi raggi di sole che si fanno largo creando zone di luce intensa fra i quartieri della città.
Sorrido quando uno di questi raggi arriva fino alla vetrata del mio ufficio, e sposto leggermente la mia sedia per esserne colpita.
Chiudo gli occhi quando la luce mi invade il volto, lasciandomi cullare da questo calore.
Sento il telefono suonare e lo prendo tranquilla.
Mi copro gli occhi con una mano e leggo il messaggio.
Un’altra risata, proprio come sta notte.
Le rispondo velocemente.
 
17.36. A: Clarke
Io amo il sole negli occhi.
 
Mi rivolgo di nuovo al sole e aspetto la risposta, che so arriverà a momenti, questa volta.

 
 

 
Sento il telefono vibrare e reimmergo il braccio nella borsa per estrarlo.
Leggo il messaggio e mi stupisco di come questo gioco non mi annoi mai, anzi.
Sono eterne conferme.
Da quando è iniziato, circa un mese fa, è diventata una routine strana, ma rassicurante.
Così senza indugiare scrivo la mia risposta.
 
17.37. A: Lexa
Come al solito.
 

 
*.*.*.*.*
 

Un mese prima:
12 Marzo 2012
 

Entro nella solita caffetteria vicino all’ufficio.
Da quando lavoro qui mi piace trascorrere l’ultima mezz’ora della pausa pranzo in questo posto.
Ha un ampia zona all’esterno con alcuni tavolini, che mi permettono di rilassarmi osservando la vita frenetica intorno a me, prima di immergermene io stessa.
Mi avvicino rapida al bancone per ordinare.
Noto accanto a me una ragazza bionda, più o meno della mia età, che non ho mai visto qui.
Sta salutando gentilmente il cameriere davanti a lei.
Distolgo lo sguardo per concentrarmi sul ragazzo pronto a segnare l’ordine.
“Un the, grazie” dico sicura, proprio mentre la ragazza accanto a me esclama con voce decisa: “Un caffè”
Mi volto un istante a guardarla, e noto che lei fa lo stesso, con un sorriso imbarazzato per il nostro tempismo nell’esprimere richieste opposte. Ha gli occhi blu.
Il cameriere annuisce, segnando sul suo blocco e chiedendomi se preferisco stare all’esterno o all’interno.
Di nuovo senza indecisione affermo: “Fuori, ti ringrazio.”
E, inutile a dirsi, sento la ragazza parlare nello stesso istante: “Dentro, grazie mille.”
Sorrido di nuovo, rigirandomi verso di lei.
Sento il cameriere avvisarmi che mi porterà subito l’ordine, così lo ringrazio di nuovo e mi avvio al solito tavolino all’esterno.

 
 


Osservo la ragazza allontanarsi tranquilla verso i tavolini all’aperto e mi dirigo anche io verso uno di questi più vicini.
Non sono mai stata fuori: ho sempre paura che qualche mio paziente che cammina verso l’ospedale mi noti e si sieda con me, vedendomi sola.
Amo il mio lavoro e lo faccio con passione, ma ho bisogno di questa mezz’ora per staccare da tutto.
Mi siedo, aspettando il caffè e l’occhio mi cade sulla figura della ragazza con cui ho condiviso questa strana scena.
Ha preso posto a un tavolino e osserva il via vai della piazza con aria tranquilla.
Distolgo lo sguardo e attendo il cameriere.
Quando questo arriva lo ringrazio e afferro la mia tazza bollente.
Un istante prima di portarla alla bocca guardo nuovamente all’esterno, e vedo la ragazza ringraziare a sua volta e prendere la tazza di the dal tavolo.
Mi guarda, e la alza davanti al viso a mo’ di brindisi.
Ha gli occhi verdi, recepisco, prima di sorridere e fare lo stesso, per poi godermi il caffè e la fine della pausa.
 



 
16 Marzo 2012
 

Entro nella caffetteria e non mi stupisco di vedere la ormai solita ragazza bionda al bancone.
Mi avvicino, con già il sorriso sulle labbra, visto che i nostri incontri ormai durano da una settimana. Ed hanno le stesse identiche modalità della prima volta.
Davanti al cameriere ordino il mio solito the, ma al momento di avvisare che mi sistemerò all’esterno, un’altra voce copre la mia.
“Fuori.” diciamo entrambe contemporaneamente e mi volto a guardarla sorpresa.
Lei si stringe nelle spalle, con fare innocente, ma sorridendo anche con gli occhi.
“Qualcuno dovrà pur scendere a compromessi.”
Dice semplicemente, e mi precede fuori, sedendosi al mio solito tavolino.
La seguo, senza combattere il sorriso che mi è nato sulle labbra.
 



 
Ci sediamo, e tutta l’audacia che mi ha spinta fino a qui sembra abbandonarmi di colpo.
Così nervosamente mi passo il palmo delle mani sulle cosce prima di allungargliene una e presentarmi.
“Sono Clarke, Clarke Griffin, comunque”
Lei sorride e mi stringe la mano.
“Lexa Woods, piacere. Sei nuova qui? Vengo in questo posto da parecchio tempo e non ti ho mai vista prima dell’altro giorno.”
È spigliata, e questo aiuta anche me.
“In realtà no – le sorrido – vengo qui anche io da un bel po’, ma dall’inizio di questa settimana mi hanno cambiato gli orari, in reparto, e ho dovuto anticipare la pausa pranzo.”
Le spiego facendo un cenno con la testa al grande edificio bianco alle mie spalle.
Lei annuisce comprensiva.
“Sei un medico dunque.”
“Si – rispondo io, più sciolta – mi sono laureata tre anni fa e da allora lavoro qui.”
Le nostre ordinazioni arrivano, e ringraziamo il cameriere.
Lei riprende la parola, alzando una mano come per fermarmi.
“Aspetta, fammi indovinare” la vedo chiudere gli occhi in una buffa espressione pensierosa, poi li riapre esclamando convinta.
“Cardio chirurgia!”
Rido leggermente, scuotendo la testa.
“Sbagliato, e non ci sei neanche lontanamente vicina.”
La vedo afflosciarsi sulla sedia, abbattuta, così riprendo.
“È una specializzazione nuova in effetti: neuropsichiatria infantile.”
Lei annuisce, e dall’espressione consapevole capisco che non ha bisogno  di altre informazioni.
Poi vedo nascere una strana smorfia sul suo viso, come se trattenesse un sorriso di presa in giro.
“Tutto il giorno alle prese con i problemi delle persone eh? Proprio come me.”
Dice, smorzando una risata.
“Principalmente bambini, in realtà. È un lavoro molto gratificante.” Poi continuo stando al suo gioco.
Imito la sua espressione corrucciata di poco prima pensando ad un lavoro completamente opposto al mio.
Penso al suo completo elegante e all’edificio in cui l’ho vista entrare l’altro giorno.
Apro gli occhi ed esclamo.
“Broker bancario!”
Lei sgrana gli occhi un istante, prima di scuotere la testa e appoggiare i gomiti sul tavolino.
“No, ma ci sei andata vicino. Sono un ingegnere matematico e lavoro in quella banca.”
Indica il grattacielo davanti a noi, mentre annuisco.
Sospira e dice: “preferisco i numeri alle persone, sai.”
Sorrido e afferro la tazza di caffè che avevo quasi dimenticato.
La sollevo davanti al mio viso, come ha fatto lei in tutti i giorni precedenti e aggiungo.
“Alle diversità.”
Lei sorride e fa scontrare leggermente la sua tazza con la mia, fissandomi intensamente.
Beviamo le nostre bevande, continuando a chiacchierare e a scambiarci sorrisi.
 


 
È così strano parlare con questa ragazza, Clarke.
Non abbiamo praticamente nulla in comune, eppure sento una strana sintonia, come se la conoscessi da una vita e avessimo scelto consapevolmente di prendere strade opposte, solo per poi ritrovarci.
I minuti della pausa scorrono veloci, e mi ritrovo a guardare l’orologio un po’ dispiaciuta di dover rientrare in ufficio.
Prima di alzarmi la guardo un’altra volta e decido che voglio rivederla.
Così, senza pensarci ulteriormente, prendo il mio portafoglio dalla borsa e ne estraggo il mio bigliettino da visita. Pesco una penna nella tasca e scrivo velocemente una riga.
Glielo consegno e mi alzo.
“È stato un piacere, Clarke, davvero.”
Lei alza gli occhi dalla sua tazza e guarda stranita il foglietto che le porgo.
“Ci vediamo settimana prossima” le dico con un sorriso, cominciando ad allontanarmi.
Esco dal locale e mi incammino verso l’ufficio.
A metà della piazza mi giro e osservo i tavolini fuori dal locale.
La vedo, con i suoi capelli biondi, in piedi davanti al mio solito tavolo, al nostro tavolo, che osserva il bigliettino che le ho dato. Anche da qui posso vedere il sorriso che le increspa le labbra.
Ricomincio a camminare con uno strano sentimento di felicità addosso.

 


 
Fisso il bigliettino da visita che ho in mano da quando sono uscita dalla caffetteria.
Lo leggo per la centesima volta.
Lexa Woods. Ingegnere matematico della EDCBanck.
Seguono un numero di telefono e una scritta a penna.
“Qualcuno dovrà pur scendere a compromessi.”
Sorrido, e per quanto sembri assurdo credo che la mia vita sia sull’orlo di una svolta.
 
 

 
*.*.*.*.*
 

Passano i giorni, e le due ragazze continuano a incontrarsi alla caffetteria alla stessa ora.
Si frequentano, anche in altri locali, e non tanto sorprendentemente scoprono di avere molte altre cose completamente diverse.
Lexa ama la solitudine, la sua serata ideale è in compagnia di un buon libro sul suo fidato divano.
Clarke è più vitale, preferisce le serate con i suoi amici, magari davanti a un bel film e ad una scatola di patatine.
Lexa ama i ristoranti italiani.
Clarke si accontenta del cinese a domicilio.
La famiglia di Lexa, è lontana, semplice e sobria, sempre disponibile, ma che le  lascia tutto lo spazio di cui ha bisogno.
La famiglia di Clarke è chiassosa, numerosa, vi rientrano cugini e amici d’infanzia, ha un appuntamento fisso con loro ogni settimana per un pranzo.
Lexa ama lo sport e una vita sana, corre tutti i sabato mattina.
Clarke ha fatto scadere il suo abbonamento in palestra. Tre volte.
 
Ciononostante le due ragazze imparano a conoscersi, sono talmente opposte che ormai sanno quasi cosa aspettarsi dall’altra, non si annoiano mai.
E sono certe che non si stancheranno facilmente l’una dell’altra.
 
Se i passanti frettolosi di quella piazza nel centro città prestassero maggior attenzione a quelle due ragazze sedute a un tavolino all’aperto, si accorgerebbero di tante cose.
Di come le due si avvicinino sempre di più, a volte sfiorandosi le mani appoggiate sul tavolo, con dita tremanti e un sorriso timido sul volto.
Di come i loro sguardi si facciano via via sempre più intensi, caricandosi di una miriade di sentimenti ancora inespressi.
Si sarebbero anche accorti di come Lexa avesse preso l’abitudine di tenere la porta della caffetteria aperta, per far passare prima Clarke e dirigersi insieme verso il bancone.
E, certamente, si sarebbero accorti di come Clarke avesse iniziato a salutare l’altra con un lieve bacio a fior di labbra, prima di rientrare in ospedale.
Non sarebbe sfuggita loro la lenta reazione di Lexa a questo rituale di Clarke: passando da un lieve imbarazzo iniziale ad una totale scioltezza.
Avrebbero di certo notato il sorriso di entrambe, abbastanza forte da illuminare anche le giornate di pioggia, che una amava, e che l’altra non riusciva proprio a sopportare.
 

 
*.*.*.*.*
 
29 Giugno 2012
 
Clarke aveva raramente turni notturni in pronto soccorso.
La sua specializzazione le permetteva orari umani, ma quando riceveva la chiamata doveva recarsi lì immediatamente. Lexa lo capiva, e non glielo faceva mai pesare, anche se avevano organizzato di incontrarsi. Ma non quella sera, in cui Lexa si trovava a maledire non troppo silenziosamente la ragazza che l’aveva lasciata da sola a scegliere la meta delle loro prime vacanze insieme.
 


Afferro il telefono combattuta, mentre faccio scorrere sulla pagina internet del mio portatile possibili mete per la loro vacanza.
Non ne abbiamo mai parlato, eppure ho il forte sospetto (per non dire la certezza) che Clarke sia tipo da spiaggia, asciugamano e crema solare.
Trattengo a stento una smorfia. Non che a me dispiaccia, ma credo che non durerei più di un paio di giorni.
Amo la montagna, le passeggiate nei boschi, piantare una tenda e godermi la natura.
Trattengo un gemito di frustrazione e mi decido a scriverle il messaggio.
 
21.44. A: Clarke
Io odio il mare.



 
È, tutto sommato, una notte tranquilla.
Dopo la prima emergenza di pediatria per cui sono stata chiamata, visto l’improvvisa assenza del pediatra, non sono arrivati altri bambini in pronto soccorso.
Così sono appoggiata al bancone del triage da qualche minuto, consapevole che la nottata è solo agli inizi.
A distrarmi arriva, come al solito, il suono del telefono.
Appena leggo il messaggio mi scappa una risata colpevole, consapevole della situazione difficile in cui ho lasciato Lexa questa sera.
So perché mi ha scritto, così le rispondo.
 
21.45. A: Lexa
Io amo il mare. Odio la montagna.
 


 
Appena leggo la risposta di Clarke, sbuffo sonoramente.
Picchietto nervosamente sul tasto del mouse facendo scorrere innumerevoli centri balneari che vantano le migliori occasioni di relax per quest’estate.
Sbuffo di nuovo.
Provo disperatamente a inserire “Mare e Montagna” nella casellina di ricerca di Google, senza la minima speranza.
Infatti mi rimanda a una serie infinita di link insulsi, finchè la mia attenzione viene catturata da una foto.
Una piccola casa, al confine di una spiaggia bagnata da un mare sorprendentemente azzurro.
Ma la cosa che mi colpisce maggiormente è il bosco dietro la casa.
Apro il link per vedere altre foto. È perfetta.
Sogghigno, mentre penso che farò penare Clarke ancora un po’.
Giusto per avermi lasciata da sola stasera.
Afferro il telefono e le rispondo.
 
21.53. A: Clarke.
Come al solito.

 
 


Ricevo la risposta di Lexa e sospiro.
Sarà una scelta difficile.
Decido di giocarmi l’unica carta che ha mai funzionato.
Metto su faccia da cucciolo migliore che mi riesca, mi faccio una foto e la invio, aggiungendo il commento.
 
21.55. A: Lexa
Immagine.
Qualcuno dovrà pur scendere a compromessi.
 
 


Rido sonoramente osservando la foto che mi ha mandato Clarke.
Fortunatamente ho già un’ottima soluzione. Copio e incollo il link che ho trovato e le mando una mail.
Prendo il cellulare e le scrivo.

21.56. A. Clarke
Hai proprio ragione, per fortuna che ci sono io.
Guarda la mail.

 


 
Apro curiosa la mail che mi ha mandato Lexa.
Le foto che mi trovo davanti mi lasciano a bocca aperta.
Le rispondo velocemente.
 
21.57. A: Lexa
È perfetta.


 
Sorrido sotto i baffi.
 
21.58. A: Clarke
Sì, lo è. Ho prenotato poco fa.
 


 
*.*.*.*.*

 
Quella fu la prima di numerose vacanze.
Lexa e Clarke continuavano ad essere una coppia bizzarra.
Lexa si svegliava presto la mattina, e sbuffava quando notava Clarke ancora immersa in un sonno profondo.
Ma poi si alzava, cercando di fare meno rumore possibile per non svegliarla, e si occupava di farle trovare la colazione pronta al risveglio.
Clarke si lamentava del fatto che Lexa si addormentasse presto, senza commentare con lei la fine del telefilm della serata. Ma, puntualmente, prima di spegnere la luce, si girava dolcemente dalla parte del letto di Lexa e le sfilava delicatamente il libro da sotto le mani, appoggiandolo sul comodino e lasciandole un dolce bacio sulla fronte.
Ecco una cosa su cui non avevano avuto problemi:
al momento di scegliere da che parte del letto dormire, Lexa aveva esclamato velocemente “Sinistra!”, nello stesso istante in cui Clarke si era buttata sull’altro lato urlando: “Destra!”.
Lexa l’aveva raggiunta subito, abbracciandola dolcemente.
 

 
*.*.*.*.*

 
Clarke Griffin e Lexa Woods
sono liete di invitarvi al loro matrimonio, in data 17 aprile 2015.
È gradita conferma.

 
*.*.*.*.*

 
17 aprile 2015
 

Mi ero preparata tanto per questo momento.
Vivo con Lexa da più di un anno, ma subito è stato chiaro che avrei voluto passare con lei il resto della mia vita.
La proposta di matrimonio è stato uno dei rari momenti in cui siamo state entrambe d’accordo, anche se questo evento è stato subito cancellato dalle numerose scelte sulla cerimonia e sul ricevimento.
Eppure eccoci qui.
La guardo, dall’altro lato del prete e penso che sia bellissima.
Ripenso a quanto la mia vita è cambiata da quando l’ho incontrata per la prima volta, e non sono mai stata più felice che in questo momento.
Così quando il prete mi chiede la conferma di volerla prendere in sposa, non mi accorgo neanche dei miei genitori che singhiozzano silenziosamente in prima fila, né degli sguardi contenti dei miei amici.
Guardo solo lei e i suoi occhi verdi, e con sicurezza pronuncio la frase di rito.
“Sì, lo voglio.”
Lei mi guarda e sorride dolcemente, ma quando il prete si rivolge a lei, vedo che il suo sorriso è cambiato, lasciando il posto a un ghigno che ho imparato ad associare a qualche scherzo crudele.
Chiudo gli occhi un istante e spero di stare immaginando tutto.
Ma quando il prete pone a lei la domanda e sento la sua risposta, dalla mia bocca esce una sonora risata.
“No, non voglio”
 
 


Sento la gente trattenere il fiato, alcuni genuinamente sorpresi. Altri, i nostri amici più cari, scuotono la testa rassegnati.
Ma l’unica cosa su cui riesco a concentrarmi è la risata della donna che di lì a poco sarebbe diventata mia moglie.
La vedo sporgersi verso di me per darmi un buffetto sui capelli perfettamente pettinati, prima di rivolgersi al prete, ostentando un tono paziente.
“Le rifaccia la domanda, padre.”
Lui la guarda sospettoso, poi si rivolge di nuovo a me, che metto in mostra il mio più candido sorriso.
“Vuoi tu Lexa Woods, prendere Clarke Griffin, qui presente, come tua legittima sposa?”
La guardo negli occhi, addolcendo nuovamente lo sguardo.
“Sì, lo voglio.”
E tutti i presenti, prete compreso, tirano un sospiro di sollievo.
Al momento dello scambio degli anelli afferro quello destinato a Clarke, e guardandola negli occhi lo sollevo sopra il viso, emulando i brindisi scambiati con tazze di thè e caffè tanto tempo fa.
Ed è mentre glielo infilo orgogliosamente al dito che le sussurro la frase che mi fa guadagnare l’ennesima occhiataccia.
“Qualcuno dovrà pur scendere a compromessi.”

 

 
*.*.*.*.*

 
23 Luglio 2016
 
 
È in notti come questa che penso che la mia vita sia perfetta, e mi chiedo cosa posso aver fatto per meritarmi tutto questo.
Siamo qui, in questa casa al mare (che amo) che è anche in montagna (che odio), e che è diventata una delle mete fisse delle nostre vacanze.
Stringo il corpo di Lexa contro il mio e accarezzo lentamente la sua pelle nuda.
Non si è ancora addormentata, stranamente, e si lascia stringere placida, con un lieve sorriso sul volto.
“Sai..” inizio io, sentendo le sua dita fresche che percorrono la lunghezza del mio braccio.
“A volte mi chiedo come sia possibile tutto questo – faccio un cenno con la testa ai nostri corpi intrecciati –nonostante tutto quello che ci divide.. c’è qualcosa di più grande che ci tiene insieme.”
La sento sbuffare lievemente, e quando volta il viso verso di me noto il ghigno che le copre la faccia.
“Siamo in vena di sentimentalismi eh”
Si guadagna un’occhiataccia, poi ricomincia.
“Beh, qualcosa ci ha sempre unite però. La caffetteria, gli orari della pausa pranzo…”
Si ferma guardandomi maliziosamente, e chiudo gli occhi fingendomi scandalizzata per quello che sta per dire.
“E credo che ci piacciano anche le stesse cose… riguardo questo argomento”
Indica i nostri corpi scoperti, stringendosi più a me per far entrare in contatto più pelle possibile con la mia.
Sbuffo, ma ha comunque ragione.
Le lascio un bacio sulla clavicola.
“Ti amo.”
Lei strofina la guancia contro la mia e sento il suo cuore contro il mio braccio.
Così quando lei mi sussurra: “Io no”, la mordo scherzosamente e le rispondo: “Neanche io allora”
Dopo qualche secondo di silenzio ci ritroviamo a sorridere.
“Qualcuno dovrà pur scendere a compromessi.”
Sussurriamo contemporaneamente.
Lei si rigira tra le mie braccia e affonda il viso nell’incavo della mia spalla.
Ci addormentiamo così.
 

 
*.*.*.*.*

 
24 Luglio 2016
 

07.23. A: Clarke
Ti amo.
 
 
09.18. A: Lexa
Anche io.
 

09.30. A: Clarke
Come al solito.

 
09.32. A: Lexa
Come al solito.
 
 
 
NOTE FINALI:
Se siete giunti fino a qui, grazie della pazienza!
So di aver lasciato a metà l’altra storia, diciamo solo che dopo la 3x07 ho staccato dal mondo di the100, per poi tornare con questa AU completamente senza senso, ma essendo nata praticamente da sola, ci tenevo a pubblicarla..
Rimango disponibile per pareri e critiche!
Grazie a tutti,
Ila
 
 
 
  
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