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Autore: NemesiO6_e_Setsuka    19/04/2009    14 recensioni
+ Seconda Classificata al contest "Doppia Coppia"+
[I'll never survive with Dead Memories in my heart.]
Due pupille nere si dilatarono, che il tempo si fermasse per un dannato secondo per capire cosa stava accadendo, per prevedere cosa sarebbe successo.
Una sottile luce, attraversò le iridi color pece, un flash per mettere a fuoco quel ricordo del passato che l'aveva riscaldato più del fuoco, che l'avevo reso fiero più di qualsiasi medaglia.
Increspò le labbra dando un'occhiata veloce al proprio petto: la divisa perfettamente spoglia da qualsiasi decorazione. Andava bene così, si era detto, meglio perder tutto che se stesso.
Purtroppo pure quello aveva perso.
Se lo ricordò avvicinandosi al tavolo dove l'ultimo brandello di sé -la parte più importante, una stella anonima, piccola, ma della stessa importanza del sole per la terra- lo guardava con un leggero sorriso sul volto.
Era un ironico incontro quello.
Non c'era dubbio, la vita si divertiva a prenderlo per il culo.
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Dead Memories- R

Titolo: Dead Memories.
Autrici:
Nemesi06 e Setsuka
Disclaimer:
FullMetal Alchemist © Hiromu Arakawa, a noi non appartiene nulla.
Credits (eventuali):
la canzone Dead Memories è degli Slipknot
Personaggi:
Edward Elric, Roy Mustang.
Pairing (se ci sono):
RoyEd
Rating:
giallo
Genere:
triste/malinconico
Avvertimenti:
shonen ai, spoiler, what if...?
Riferimenti ad anime/film/manga:
anime, non tiene conto però della reale fine, nè del film.
Divisione delle parti scritte:
descrizioni e narrazione sono di entrambe, le parti riguardanti il personaggio di Edward sono di Nemesi06 e quelle riguardanti Roy di Setsuka. 
Note delle autrici (se ne avete):
ci sono due citazioni prese da altri due manga. ricordiamo che la seguente storia non tiene conto della fine dell'anime, o almeno parzialmente. E' ambientata dieci anni dopo la lotta contro Dante e il Fhurer, e sia Roy che Ed sono ancora ad Amestris e si fanno accenni a un'inesistente relazione istaurata tra i due.
Introduzione:
Central City. Un incontro casuale, in un bar che riporta a galla amare e dolci memorie, un incontro del destino che potrebbe segnare la felicità di Edward Elric e Roy Mustang. 

La seguente storia non è la copia originale valutata per il concorso, grazie al permesso delle giudici Shatzy e Rue Meridian86 che ci hanno segnalato gli errori, l'abbiamo corretta.
Ci teniamo a pubblicarla così riveduta perchè siamo particolarmente legate a questa fanfiction.
Ringraziamo le giudici per averla premita con il secondo posto nel contest su FullMetal Alchemist "Doppia Coppia".
Grazie mille e grazie a chi leggerà, è dedicata a voi fan del RoyEd.
 


Sitting in the dark, I can't forget.
Even now, I realize the time I'll never get.
Another story of the Bitter Pills of Fate.
I can't go back again. I can't go back  again…
But you asked me to love you and I did
 Traded my emotions for a contract to commit
And when I got away, I only got so far.
The Other Me Is Dead. I hear his voice inside my head…
We were never alive, and we won't be born again.
But I'll never survive with Dead Memories in my heart.
 
You told me to love you and I did.
Tied my soul into a knot and got me to submit.
So when I got away, I only kept my scars.
The Other Me Is Gone.  Now I don't know where I belong…
We were never alive, and we won't be born again.
But I'll never survive with Dead Memories in my heart
.
Dead Visions in your Name.
Dead Fingers in my Veins.
Dead Memories in my Heart


[ Dead Memories, Slipknot ]

Era tranquillamente seduto al tavolino di un locale in centro,  intento a sorseggiare una tazza di tè caldo.

Girava senza troppa attenzione le pagine di un libro che gli era stato regalato per il suo ventiseiesimo compleanno.

Era una giornata come tante altre, l'unica differenza era la possibilità di non andare al lavoro presto e quindi, come ormai era diventato d'abitudine, si era recato in quel piccolo locale per fare colazione.

Alzò i profondi occhi dorati per dare un'occhiata alle persone attorno a lui, alla sua sinistra un uomo anziano leggeva con attenzione il quotidiano che riportava le notizie sui fatti accaduti di recente, poco più in là, un gruppetto di ragazzi rideva e chiacchierava probabilmente di amore, divertimenti e altri argomenti leggeri. 

Sorrise e si sistemò una dispettosa ciocca di capelli dietro l'orecchio sinistro, gli piaceva portarli lunghi ma doveva ammettere che ogni tanto la voglia di tagliarli si presentava nella sua mente.

Un leggero sbuffo si mescolò alla brezza che iniziava ad alzarsi per correre lungo le strade della capitale. Si strinse nella calda divisa che indossava.

Forse era arrivato il momento di andarsene e dirigersi verso la sua meta.

Un caso?

 

" Hai mai creduto al caso Edward ?"

Il suo sguardo fu attirato da qualcosa e, nel momento in cui i suoi occhi lo incontrarono, non poté nascondere la sorpresa che lo colse.

 


Destino?

 

 

" Non hai sempre detto che il destino lo costruiamo noi ?"


 

Sorrise e alzando leggermente la tazza, accennò un saluto.

Due pupille nere si dilatarono, che il tempo si fermasse per un dannato secondo per capire cosa stava accadendo, per prevedere cosa sarebbe successo.

Una sottile luce, attraversò le iridi color pece, un flash per mettere a fuoco quel ricordo del passato che l'aveva riscaldato più del fuoco, che l'avevo reso fiero più di qualsiasi medaglia. Increspò le labbra dando un'occhiata veloce al proprio petto: la divisa perfettamente spoglia da qualsiasi decorazione. Andava bene così, si era detto, meglio perder tutto che se stesso.

Purtroppo pure quello aveva perso.

Se lo ricordò avvicinandosi al tavolo dove l'ultimo brandello di -la parte più importante, una stella anonima, piccola, ma della stessa importanza del sole per la terra- lo guardava con un leggero sorriso sul volto.

 

Era un ironico incontro quello.

Non c'era dubbio, la vita si divertiva a prenderlo per il culo.

  

< Fullmetal >

Un tono noncurante, una bugia, una parola che mascherava un cuore nostalgico, una lesione mai cicatrizzata.  Ancora bruciava come limone su una ferita aperta.

 

< Colonnello > 

Anni ormai che non pronunciava quella parola rivolta alla persona che ora si trovava di fronte a lui, così semplice e banale ma che faticosamente aveva rinchiuso in qualche angolo della mente per poter almeno non sentirsi lacerare ogni giorno quell'anima che aveva ritrovato amando, amando il fuoco che lo aveva bruciato senza possibilità di sfuggirgli.

 

< Mi sembri più alto >

Doveva smetterla di guardarlo con quell'intensità e spezzare quell'atmosfera, dopotutto erano in un bar... tutto era cambiato, il loro mondo e loro, ormai le priorità erano diverse per ognuno, per Edward -probabilmente- esser un buon padre, forse si era sposato con l'amica d'infanzia.

"Meglio non pensarci"  non voleva esser più cane di quanto non lo fosse effettivamente; al confronto cane dell'esercito era un appellativo più che onorevole: meglio leccare e scodinzolare per un titolo che per qualcosa che mai esisterà.

 

Ci fu un sorriso sul viso del giovane 

< Sono alla sua stessa altezza ora, quattro anni sono tanti > 

Non si vedevano da tutto quel tempo, ma Ed si soffermò a osservare i lineamenti del viso dell'altro, notando come fossero ancora giovanili, anche se induriti, come il nero di quegli occhi che lo stavano studiando senza fargli capire cosa volessero trovare.                        

< Desidera rimanere in piedi o vuole accomodarsi? Non la mangio non si preoccupi, non mi avvicinerò a lei >

Richiuse il volume che ormai veniva sfiorato solo dall'aria che con lentezza iniziava a impadronirsi della scena, giocando con le nuvole che cominciavano a celare la luce dell'astro del giorno.

 

< Figuriamoci se posso aver paura di un fagiolo >

Non avevano la stessa efficacia di un tempo quelle battute. Peccato.

Alzò una mano, sorridendo accondiscendente alla cameriera che si avvicinò al tavolo.

< Posso offrirti qualcosa? >

 

Ed reclinò leggermente la testa di lato.

< Sta cercando di appurare se sono maturato oppure se agisco ancora d’impulso come quando davo vita alle scenate che tanto la divertivano? Potrebbe offrirmi il dolce grazie > 

Qualcosa era cambiato in lui, quel tono di scherno non suscitava più l'imbarazzo che gli colorava le gote, o forse la ragione era nella voce così diversa dell'altro? La sua memoria forse lo stava ingannando, ma non vi era nulla in quelle parole: sembravano vuote e prive di qualsiasi capacità di colpirlo.

 

< Sentito signorina? Un dolce per il... ragazzo. Per me solo caffè >

Era imbarazzante la perdita dell'appetito che ormai da anni versava su di lui.

Tornò a guardare Edward, cercando di fare una domanda impegnativa, per poter avere l'occasione di guardarlo a lungo, più di quanto potesse fare nei sogni, che si trasmutavano sempre in incubi. 

Ironica, crudelmente ironica, una bella beffa, ma la realtà sapeva esser generosa, per quanto fosse una parola difficile.

 

< E' proprio una strana coincidenza trovarsi qui > 

Il giovane si decise a osservarlo meglio, notando la divisa semplice, il fisico sicuramente più magro di quello che ricordava e passando di nuovo al viso, quel nero così spento gli provocò un debole disagio.

 

< Già... Colonnello > 

Il grado sulla divisa del giovane.

 

"Il blu ti sta bene Edward" 

Scosse la testa cacciando lontano quel ricordo. Quattro anni li dividevano.

Nulla da commentare, se non l'amarezza di quello che non c'era stato.

 

Ed sorseggiò il tè che ormai si era raffreddato senza però smettere di fissare l'altro.

Le parti si erano invertite, ora era lui il più alto in grado, come a voler rendere ancora più profondo quel solco che li aveva divisi.

Finito di sorseggiare la bevanda, poggiò la tazza. 

< Non è necessario che si rivolga a me usando i gradi > 

S’inumidì leggermente il labbro superiore con la lingua. 

< Piuttosto perché non mi racconta qualcosa di lei?

Nel frattempo la cameriera arrivò portando una fetta di torta e il caffè -il dolce e l'amaro- per sparire subito dopo.

 

Mustang era rimasto alla lingua che inumidiva il labbro.
Perché ancora quell'effetto? Perché quel disperato bisogno?

< Beh credo che l'assenza dei gradi sulla mia divisa spieghi tutto >

 

< E' stata una sua scelta, non condivisa da nessuno, nemmeno da me se posso ricordarle > 

Afferrò con forza la forchetta, stava cercando di mantenere la calma dal primo momento che aveva incrociato quegli occhi, ma non era riuscito a controllarsi quel breve istante, era come se si fosse sentito accusato nel sentire quelle parole.

 

< Non avrei dovuto? Eppure hai mai guardato gli occhi della gente? Il loro desiderio di democrazia era più che legittimo > 

Si morse il labbro inferiore, nell'istante in cui la memoria gli mostrò se stesso uscire più morto che vivo dalla residenza del Fhürer Bradley. 

Per non ricordare parlò ancora, facendo un sintetico commento dell'attuale situazione in cui Amestris viveva. 

< Più che dovuto. Anche se adesso hanno già fatto il callo ad essa >

 

< Non posso giudicare le sue azioni, non mi chieda una cosa simile > 

Lo stridere della porcellana del piatto tradì il crescente disagio che si stava insinuando nel giovane. 

< Una volta le ho detto che c'è sempre qualcosa di più importante di noi stessi e dei nostri sogni, ma non è giusto perdersi una volta raggiunti. Se lei non... > 

Abbassò lo sguardo. 

< ...non parliamo del passato, quello è qualcosa che non può modificarsi, mi dica quello che è il suo presente > 

Un peso sul cuore di Ed che credeva di aver imparato a sopportare lo stava di nuovo iniziando a schiacciare.

 

< Un’ombra del passato >

Sussurrò con vergogna, volse lo sguardo alla sua sinistra per vedere il sole che brillava, non per loro, né tanto meno per la gente, per nessuno se non per se stesso.

 

< E' lei che non vuole andare oltre > 

Lo sguardo fisso sulla panna con cui giocherellava. Quello era un momento che non avrebbe mai voluto vivere, cominciò a pensare che forse l'idea di uscire per la colazione non era stata buona, per questo sorrise. 

< Lei è il Fuoco e non può farsi oscurare da una semplice ombra, è ridicolo > 

Il dolore lo spingeva ad agire ma non poteva lasciarsi andare all'irrazionalità e alle emozioni, non ora, non di fronte a colui che poteva distruggerlo con una sola parola o gesto, colui che aveva il potere di riportarlo al passato.

 

Lei è il fuoco... > 

Lo citò Roy e rise.

Non di Edward, ma di .

Portò una mano alla tasca dalla quale ne estrasse un pacchetto di sigarette, un vizio acquisito per ammazzare il tempo e che colmava la fame ogni tanto.

L'accese con un accendino anonimo. 

Inspirò profondamente.

 

Senza pensare Edward allungò la mano afferrandola. 

< Non sono salutari e lei mi sembra già abbastanza debilitato, il fumo non porta via né il dolore né la sofferenza! > 

La buttò a terra, spegnendola con il piede. 

< Troverà prima o poi qualcosa che le permetterà di riprendere la vita in mano > 

Lui era riuscito a crearsi almeno quella che poteva definirsi una vita, non priva di sofferenza, ma almeno qualcosa di se stesso lo aveva salvato.

 

< Tsk >

La cameriera si avvicinò di nuovo, sperando di scambiare quattro chiacchiere con quei due bei giovani, ma l'atmosfera era troppo elettrica e si limitò a ritornare indietro, desistendo.

< Credi che fumi per alleviare le sofferenze? Sei rimasto un Romantico, Edward  >

Scandì bene quel nome, che da tanto non pronunciava, ma sempre infestava i suoi pensieri.

 

< Qualunque sia la ragione, le conviene smettere, quel sapore non è buono da sentire durante un bacio > 

Spostò il dolce di fronte all'uomo.

< Vuole finirlo lei? > 

Un'abitudine che aveva preso durante la loro relazione, era un gesto naturale per lui, come tanti altri che ogni tanto la sua mente si divertiva a ricordargli.

Se ne accorse e cercò subito di rimediare.

< Mi scusi > 

Lo riportò dalla sua parte.

 

Roy guardò il pezzo di torta offertagli, come nelle colazioni dentro la loro casa, prima di recarsi a lavoro, oppure come dessert, prima di andare a dormire e passare a contatti meno discreti.

< E' cambiato tutto, no? >

 

< E' stata una scelta fatta da entrambi > 

Come quelle negli anni passati insieme, in cui ogni scelta era compiuta in accordo e mai senza l'altro vicino. 

< Tutto cambia, nessuno può rimanere lo stesso, oppure lei pensa che qualcosa rimanga uguale nonostante tutto? > 

Alzò il viso e il tempo sembrò fermarsi.

 

" Voi due, due anime, due cuori, due esseri che dopo aver toccato la perfezione, hanno permesso alla realtà di dividerli e distruggerli “

 

Ultima carta.

Tanto aveva perso tutto, orgoglio compreso.

< Io credo che qualcosa possa non cambiare. Mai >

< Divertente detto da qualcuno che invece non ha più niente di quello che era > 

Colpito dalla veridicità delle parole chinò il capo, guardando il suo caffè.

< Non abbassi lo sguardo, è da quattro anni che ha smesso di guardarmi, almeno non distruggiamo quel poco che è rimasto > 

Ecco che quel vortice, quel potere che il moro esercitava su di lui e che lo spaventava, lo stava di nuovo facendo sprofondare nell'illusione di una realtà impossibile da realizzarsi.

La fredda mano dell'uomo sfiorò le dita dell'altro che, come scottato, la ritirò.

 

Un lieve sorriso sul volto del soldato semplice.

Prese la tazza del caffè portandola alle labbra e senza preoccuparsi, iniziò a sorseggiarlo permettendo al liquido caldo di scendere e soffocare tutto, persino le parole crudeli che Edward aveva la forza di pronunciare.

< Credi davvero non sia rimasto più niente del Roy che conoscevi? >

 

Ed arretrò leggermente quasi spaventato, ma non da Roy... da se stesso.

L'illusione lentamente si fece largo nella mente, trovando un varco tra i muri che cercava di erigere tra il proprio desiderio irrazionale di sperare e riprovare all'infinito e invece quel barlume di ragione che lo pregava di non cedere -perché consapevole della stupidità di quella che apparve come una possibile nuova strada da percorrere- cosa stava facendo?

< Stai cercando di ritrovare quell'Edward che amavi? >

 

< Non sto cercando di ritrovarlo, ognuno di noi, anche cambiando, è sempre la stessa persona >.

 

< E' vero, io sono sempre quello che ero anni fa, irrazionale, attaccabrighe, spavaldo e anche -ma solo a volte- precipitoso > 

Strinse il pugno. 

< ...ma sono dovuto cambiare in parte per avere la forza di andare oltre a quello che era stato un sogno che, perso, mi aveva distrutto. Io mi sono aggrappato a ciò che rimaneva di quel povero e stupido moccioso che si rifiutava di perdere ogni cosa e in qualche modo ho ritrovato me stesso... > 

Alzò il viso. 

< In me però è rimasta anche una parte di quello che mi ha dato Colonnello, non credo però che valga lo stesso per lei > 

Stava tentando di allontanare quella morsa che sembrava volerlo riprendere e che stava sgretolando -solo a causa di quella voce- ogni sua certezza costruita con fatica.

 

< Hai scordato presuntuoso >

 

< Quello era lei >

 

< Anche tu. Siamo sempre stati simili in fondo, solo che la tua presunzione, di sapere degli altri, non l'ho mai digerita e nemmeno ora la tollero >

Per lui sentire Ed sminuire i suoi sentimenti era atroce. Cosa ne poteva sapere?

Lui era sprofondato in un abisso che l'aveva spento per sempre.

Gli adolescenti credono che persa la persona che si ama finisca tutto, ma lui non era un adolescente, né una persona infantile, mai lo era realmente stato. Eppure perso l'amore tutto si era spento. 

Avrebbe voluto fosse stato così anche per gli occhi di Edward.

 

Il biondo cercò di non far trasparire quel turbine di sentimenti e di parole che premevano per uscire.

< Non riesco a capire se sta cercando di farmi arrabbiare per raggiungere un qualche scopo a me sconosciuto, oppure se pensa che offendermi sia di qualche utilità >

 

< Sei tu che stai cercando di farmi arrabbiare >

Disse indifferente, con l'amaro in bocca, non del caffè, ma di quelle parole morte sulle sue labbra.

 

< Lei mi ha dato del presuntuoso, non rigiri le carte com’era abituato a fare quando mi portava a letto > 

Quante volte aveva ceduto, aveva accantonato l'orgoglio a causa di quel fascino magnetico esercitato da occhi neri più della notte, da mani più infuocate dalle fiamme stesse che controllava, da parole sussurrate a metà, complici di un’illusione da cui ora voleva fuggire, perché dolorosamente reale come la persona che gli sedeva di fronte.

 

< Sei crudele, sai? >

Lo derise, si derise.

 

< Cerco solo di mantenere la mia dignità di fronte a colui che me la stava portando via e non credo che questo sia divertente >

 

< Felice per te allora, Edward. Ma non distruggere la mia >

Un altro sorso di caffè, doveva resistere, non cedere, ed era così fottutamente difficile.

< Non giudicare i miei sentimenti, puoi deridere e disprezzare ogni cosa di me, ma quelli lasciali in pace >

 

Una risata in risposta. 

Stranamente Ed sentendo quelle parole provò come un dolce sollievo o forse era solo soddisfazione data dall'egoismo che rimane dopo la fine di un rapporto importante: avere la conferma che comunque una parte di se stessi era rimasta nel cuore dell'altro, fondamentalmente faceva piacere.

 

< Lei non sta giudicando i miei Mustang? E' da quando si è seduto che non fa altro che parlare come se conoscesse quello che ho dentro il mio animo, cosa che però mi sembra difficile > 

Iniziò a giocherellare con il cucchiaino, provocando un rumore continuo dato dal metallo che scandiva il tempo contro la porcellana bianca che gli stava di fronte.

 

< Fammeli conoscere allora >

 

< No, non vi è nessun valido motivo per parlare di qualcosa di così privato, oppure mi sfugge qualcosa? > 

Poggiò la posata sulla tovaglia di lino e con tono di sfida, com’era abituato a fare quando aveva affrontato il moro anni prima, iniziò a fissarlo con uno sguardo divertito.

 

< Non vi è un valido motivo? Io non posso esserlo? > 

A testa alta, affrontandolo, con il desiderio di sapere.

 

< Vuole sentirsi dire qualcosa in particolare oppure le basta sapere che questo suo atteggiamento disfattista e provocatorio mi dà letteralmente sui nervi? > 

Ecco, come temeva quella parte nascosta, guidata dai sentimenti, si stava riaffacciando. Stava rialzando la testa e senza riuscire a controllarla, lo stava portando ad avere quel confronto temuto dal momento in cui si era reso conto di non avere la forza necessaria per superarlo indenne.

E quell' Edward ravvivò Roy, in quegli occhi dorati, accesi, vide il fuoco che tanto amava e fu migliore di uno schiaffo. 

Il suo sorriso sghembo, come in passato, volle ritornare alla luce del sole, a provocare, lottare con l'orazione e lo sguardo, tagliente quanto la sua lingua.

 

< Non so, dimmi, tu che preferisci... >

 

Ed sorrise nervoso.

 

< Allora le vorrei far presente che quel sorrisetto mi ha sempre irritato. Questi tentativi di farmi cedere e dire qualche idiozia sono patetici, ora comincia a non essere più divertente > 

Si appoggiò allo schienale come a volersi allontanare dalla fonte del suo disagio, qualcosa dentro di lui si stava frantumando, quel muro che aveva eretto a sua difesa iniziava a dare segni di cedimento.

 

Erano rimasti soli nel piazzale, tutti si erano ritirati a causa del vento ormai sempre più forte e della luce che ormai stava lasciando posto al grigiore delle nuvole.

 

< Altro? >

Spavaldo si protese in avanti, fissandolo divertito, con il mento poggiato sulle sue mani, estremamente interessato da ogni sillaba che usciva dalla sua bocca, per la quale provava l'irrefrenabile desiderio di violarla, con baci che sognava da ben troppo tempo.

 

< Bastardo! > 

Strinse con le mani la sedia. 

< Lo trova divertente? Altra cosa di lei che odiavo è questa dannata sicurezza, questa sua capacità di... > 

Si fermò appena in tempo, stava cadendo nella trappola, con poche e semplici frasi era stato messo all'angolo, di nuovo, come se il tempo fosse tornato indietro.

 

< ... sedurre? >

 

Una folata di vento accarezzò i lunghi capelli di Ed coprendone per qualche istante il volto.

 

< ... di controllarmi e rendermi un giocattolo nelle sue mani > 

Girò il viso verso qualcosa che non fosse quella parte del suo cuore che gli era stata portata via.

 

< Non ti ho mai usato Edward >

 

< Non ho detto che l’ha fatto, almeno non consapevolmente > 

Di nuovo i suoi occhi puntati sull'altro. 

< Non capire il potere che si esercita sulle persone che si hanno vicine è pericoloso, può portare a distruggerle >

Non aveva detto quelle parole per giustificare la sua debolezza in quella situazione, era quello che aveva capito fin dal primo momento in cui si era ritrovato ad avere a che fare con Mustang.

 

Il buio negli occhi scrutava una luce spenta in quelli dell'altro.

L'oggetto del desiderio di Mustang, malleabile... sarebbe bastato così poco... ne aveva la certezza a quel punto, questione di tatto... se l'avesse toccato nel modo giusto avrebbe riottenuto il suo passato.

Poteva ma... doveva?

Allungò le sue dita sottili verso il volto che aveva ancora tratti fanciulleschi. Le sue vene aveva creduto fossero per sempre state congelate dal freddo del tempo, ma a quel tocco gli sembrò di sentire la vita pulsare, di nuovo. 

Solo per aver toccato quella guancia calda.

 E gli occhi dorati si spalancarono e -istintivamente- Edward allontanò il viso. Era come se una fiamma lo avesse sfiorato.

 

< Fermo! >

 

Ritrasse le dita all'istante.

Cosa aveva fatto di male?

Ironico, non seppe giustificarsi, né spiegarne il vero motivo. Puro istinto.

 

Il biondo capì che era giunto il momento di andarsene, non avrebbe retto per molto, soprattutto dopo aver rivisto quella luce, quella forza negli occhi dell'altro che lo stava rapendo.

 

< Sarà meglio che me ne vada, offre lei vero? > 

Si schiarì la voce e si sistemò la divisa.

 

< Vuoi davvero scappare? >

Il tono poteva sembrare sconcertato.

 

< Io non scappo, non l'ho mai fatto e di certo non inizierò ora di fronte a lei, solo che la discussione è diventata troppo intima e non mi sembra saggia come cosa > 

Provò ad esprimersi con la sua solita sicurezza, ma quest'ultima sembrava aver deciso che non era necessario palesarsi; avrebbe riso se non si fosse sentito così vulnerabile.

 

< Perché? Hai paura? >

Era perplesso perché aveva ragione. Non era una domanda quella.

< Tu non hai mai avuto paura nemmeno della morte e... hai paura di me? >

Un brivido percorse la schiena di Elric, con violenza, senza alcun tatto. Le sue mani sbatterono con forza sul tavolino.

< Io non ho paura, capito? Come potrei avere paura di un Colonnel- anzi ex-Colonnello che sembra un derelitto? > 

Fremeva di rabbia. 

< E' contento? E' riuscito a farmi saltare i nervi. La odio! >

 

Sì, era contento.

E sorrideva di gusto.

Forse il suo desiderio non era poi tanto impossibile.

 

< Non ridere, non ridere bastardo! > 

Gli urlò spinto da qualcosa d’incontrollabile che si era affacciato nella sua mente. 

Il muro era crollato purtroppo.

Quella che prima era solo una brezza leggera, ora si faceva largo con più forza, giocando con entrambi.

 

< Sei tu che sei estremamente divertente. Tu non puoi immaginare da quanto non ridevo >

Felice.

Ecco la parola esatta.

C'era ancora un cuore che batteva per Roy Mustang.

 

Edward si ritrovava in piedi, di fronte a quel tavolino, in quel bar ormai deserto a causa della tempesta imminente che sembrava doversi scatenare.

Non capiva più nulla, ora era veramente nei guai, qualcosa gli diceva di andarsene ma il suo corpo sembrava non volere. Cercò di ritrovare una parvenza di lucidità.

Non poteva, non doveva permettere a quell'uomo di riprenderlo.

Con forza tentò di trovare il modo per uscire da quella situazione mantenendo un minimo di dignità.

< Felice di questo suo divertimento, ora direi che posso andarmene > 

Gli lanciò un'ultima occhiata e si girò, senza dire più nulla.

Iniziò a camminare, le gambe pesanti per i primi passi, più si allontanavano, più si alleggerivano e la calma dentro di lui tornava.

Percepiva i suoi passi risuonare in quella strada che lo stava riportando alla sua nuova vita, aveva avuto un attimo di cedimento ma ne era uscito.

    Sorrise leggermente... non aveva ceduto.

 

Questa sua illusione non durò. Roy poco dopo fu lì.

Lo colse di sorpresa abbracciandolo da dietro; lo stringeva, questa volta non avrebbe permesso nessuna fuga. Che diventasse suo prigioniero: se Edward avesse avuto delle ali, gliele avrebbe spezzate, come aveva fatto con se stesso, le sue invisibili ali della libertà: le aveva spezzate in sacrificio al mondo, ma nessuno se ne era curato.

Ora voleva anche quelle di Ed, per non farlo più volare da nessuna parte e poter camminare sotto lo stesso cielo, non seguirlo più con lo sguardo distante, rivolto alle stelle.

 

Era egoismo.

 

Puro egoismo.

Ma non sempre l'egoismo è un difetto o un comportamento sbagliato, a volte è un bel sentimento: amare se stessi, ogni uomo dovrebbe farlo, blasfemo era il contrario.

Roy Mustang si era odiato a lungo...

Roy Mustang si era privato dell'amore a lungo...

 

Edward si sentiva stringere con forza, non quella che aveva conosciuto lui, tenera, affettuosa, protettiva... questa era disperata, mossa dal dolore, vi sentiva sentimenti a lui sconosciuti.

 

< Lasciami! > 

Provò a divincolarsi. 

< Lasciami stupido! Che vuoi fare? >

 

< Cosa credi sia la libertà Edward? >

 

< Cosa? > 

Provò a guardare il viso dell'altro. 

< ...che significa? >

 

< Rispondi! >

Tono fermo, vagamente autoritario... o forse solo disperato.

 

< E' quella che mi devi dare ora, lasciami libero, subito! >

 

< La vera libertà è avere un luogo in cui tornare, Edward >

Gli sussurrò con tono solenne e profondo.

Sperando che capisse, infatti l'altro smise di agitarsi e il suo viso fu coperto dai lunghi fili dorati che erano sfuggiti al piccolo elastico nero.

< Io non ho più un luogo in cui tornare, Roy > 

Stava mentendo a se stesso, un luogo lo aveva avuto, ma purtroppo era custodito nel suo cuore e più nessuno poteva riportarglielo, era stato lui stesso a renderlo inaccessibile. 

< Ora che hai avuto la tua risposta sei soddisfatto? >

 

< No, Edward >

 

Una luce squarciò il cielo ormai cupo e minaccioso che sovrastava i due.

 

Ed cercò di tirargli un calcio accorgendosi che la presa si era fatta meno salda di prima.

 

< Ahi! >

Non l'avrebbe lasciato per nulla al mondo.

Venne colpito, scivolò  all'indietro ma nella caduta strinse saldamente il polso di Edward, trascinandolo con se (sé).

Gli occhi di Mustang si soffermarono su quei colori cupi e senza vita che ora tinteggiavano il cielo; grigio che versava nel nero, come il suo destino se Edward gli fosse sfuggito davvero.

 
Ed,
preso alla sprovvista, non era riuscito ad evitare di finirgli addosso.

Si ritrovò sopra al corpo dell'uomo, questa vicinanza lo fece rabbrividire.

< Maledetto! Voglio andarmene, non mi puoi trattenere, se non la smetti mi costringi a usare l'alchimia > 

Non sarebbe voluto arrivare a tanto, ma pur di non cedere lo avrebbe allontanato anche con la forza, ma venne prese per il colletto, girato, ritrovandosi a guardarlo negli occhi... occhi cupi, neri e senza luce. Non c'era buio più desolante, oscurità che potesse terrorizzare se non quegli occhi.

< Ti prego... >

Ed avrebbe detto che quella voce fosse rotta dal pianto, ma nessuna lacrima veniva versata.

< Che ti costa cedere? Ti offro ogni mia parte... > 

Stretto, ancora più vicino al suo volto.

< ... ogni centimetro della mia pelle, ogni mio respiro... prendili! Distruggili! >

Lasciò il colletto, lo cinse in un abbraccio disperato.

< Scopami senza ritegno se vuoi, o baciami dolcemente, riempimi di schiaffi, pugnalami, urlami quanto sono bastardo, degradami sputandomi in faccia, sfregiami il volto con le unghie o a suon di pugni... >

Un lampo lì illuminò.

La tempesta stava per arrivare.

< ...fai quello che vuoi di me, qualsiasi cosa, ma ti proibisco di scappare, ti scongiuro di non ignorarmi! Fa troppo freddo in questa merda di esistenza, tra quelle bufere di neve nei pressi di Dracma. Fa dannatamente freddo soprattutto se penso a quanto calore c'era prima attorno a me >

Si lasciò andare, le sue braccia abbandonarono il corpo del giovane e lentamente fece aderire la schiena al freddo asfalto, lasciando che la pioggia che iniziava a cadere, lo aiutasse a non sentire quel calore che gli era tanto mancato ma che mai aveva scordato.

Nonostante fosse sempre stato il fuoco, lui aveva sempre segretamente amato quella pioggia: gli concedeva ogni tanto di non essere il Colonnello Roy Mustang o semplicemente -come ora poteva ben dire- il Soldato Semplice Roy Mustang.

La pioggia lava ogni cosa, talvolta il dolore, talvolta l'orgoglio e qualche volta anche se stessi, come a lui sempre succedeva.

< Lì non piove mai, c'è sempre quella fottuta neve >.

 

< Roy? > 

Il biondo si ritrovò seduto di fronte all'uomo sdraiato a terra, non capiva cosa gli stesse succedendo, vederlo così fragile e perso... era come ricevere una pugnalata al cuore, come se il destino volesse giocare ancora con loro; ma lui non poteva cedere, come avrebbe potuto donarsi di nuovo a lui, colui che aveva la forza di spazzare via ogni sua sicurezza e certezza (?)

Sentiva male al petto e il respiro era sempre più incontrollabile.

 

< Non puoi avermi, rassegnati e prova a ritrovare te stesso da solo >

 

< La risposta... no anzi che dico, tutto, è in te >

 

< Smettila subito, io non sono la risposta a niente > 

Appoggiò le mani a terra, voleva alzarsi e andarsene da quella situazione non gestibile. 

< Tornatene a casa, io non posso cedere, io non sono più tuo > 

Si ritrovò in piedi a guardarlo dall'alto, con la pioggia che ricadeva sui vestiti completamente fradici 

< Ritrovati Flame Alchemist, ti prego >

 

Il moro a fatica si rialzò, ridendo, come se il senno l'avesse abbandonato.

 Per la prima volta, Ed provò paura di fronte a Roy e questo lo fece indietreggiare.

< Che cosa ti prende? >

 

Il Soldato Semplice soffocò una risata e trovò il coraggio di guardarlo negli occhi, doveva concederselo, era l'ultima volta.

 

< Sai... non ho mai capito cosa mi faceva impazzire di te, e è ironico e crudele, ma proprio adesso lo capisco >

 

< Che vuoi dire? > 

Non capiva cosa stava succedendo, era tutto troppo surreale, forse era un sogno e presto si sarebbe svegliato nel suo letto, non stava veramente vivendo quel momento.

 

Una mano in tasca, espressione seria e vagamente maliziosa, la pioggia sembrò ritrasformarlo, riportare l'immagine sfocata del più giovane Colonnello di Amestris che col suo passo cadenzato e sicuro stava per andarsene.

< Qualsiasi donna non avrebbe resistito alle mie lusinghe, avrebbe ceduto... >

Allungò la mano nuda bagnata per accarezzare un' ultima volta le labbra di cui conosceva fin troppo bene il sapore. Non sarebbero più state sue, ma le dita dovevano ricordare la loro morbidezza.

< ...ma tu non sei loro >

 

La mano del giovane, come mossa da sola, andò a sfiorare quelle calde dita, ma appena ne sentì il tepore, la razionalità tornò e le scansò con forza.

 

< Non voglio cedere, smettila >

 

< Lo so, non lo farai >

A fare da punto un sorriso fiero, un sorriso... Mustang.

 Era tornato, lui era tornato, in quel sorriso, in quegli occhi colmi di sfida e orgoglio.

< Sei tornato > 

Sorrise e lacrime si mischiarono alle gocce di pioggia che ormai  nemmeno sentiva più. 

< Quello che è ironico Roy è che ci sei andato veramente vicino a riprendermi, hai ancora quel potere su di me >

 

Ci fu un lungo minuto di stallo.

Edward piangeva, ma non sembravano lacrime di disperazione.

< Edward, tu sei l'alchimista d'Acciaio... >.

 

< Lo so, per questo... > 

Gli si avvicinò e senza nessun preavviso lo colpì con un pugno ben assestato nello stomaco 

< ...non osare mai più agire in questo modo con me, non lo sopporto, io ora sono un tuo superiore e da oggi in poi voglio da te il rispetto che merito! > 

Era l'unico modo che aveva trovato per ricucire la cicatrice riaperta che doleva terribilmente.

 

< Che presuntuoso fagiolo >

Dolorante, ma non troppo, si riprese e sorpassò la figura di Edward con un sorriso, quel sorriso sghembo da Colonnello bastardo.

Non si sarebbe più voltato e voleva che Edward avesse un bel ricordo di lui, che ora fradicio camminava verso un orizzonte oscuro.

 

Il ragazzo lo lasciò andare, la tentazione di fermarlo era forte ma non poteva tornare sulla sua decisione 

< Non tornare a essere un'ombra, non si addice al padrone del fuoco > 

Si girò dalla parte opposta e s’incamminò verso casa, consapevole che dimenticare quello che era successo quella sera sarebbe stato difficile e, forse, impossibile.

 

< Ehi Fullmetal! >

Era lontano ma ancora ben udibile in quel vicolo, dove le voci echeggiavano tra quelle spesse mura in pietra.

< Mi faresti un favore? >

 

L'ombra di un sorriso sul volto del giovane

< D'accordo Colonnello > 

     Rispose senza girarsi.

 

< Nella prossima vita... scegli me >

Breve e conciso. Fatale, come il lampo che colpì una grande quercia non lontano dal luogo in cui si trovavano.

Col passo fiero e il cuore ormai imputridito, consumato da quella fiamma che aveva arso troppo, iniziò ad allontanarsi.

Doveva saperlo: l'acciaio non si scioglie che a 1538° C e con un tempo del genere non poteva arrivare a bruciare a quelle temperature.

Aveva perso ma -pregò- con onore, sperando in un altro tempo dove né pioggia, né fuoco, né dittature né democrazie li avrebbero contrastati lui avrebbe vinto.

Era un' utopia, ma gli angeli non si possono tenere per sempre in nessun luogo se non in paradiso, il quale non era certo quel mondo che trasudava sangue.

 

< Stupido, non è nemmeno da chiedere una cosa simile... >

Ci ritroveremmo sempre, in qualunque luogo e tempo. 

Saranno le nostre anime a guidarci l'uno all'altro, dopotutto... 

...solo il Fuoco può sciogliere l'Acciaio

< ...alla prossima, Flame Alchemist > 

E con un sorriso sul volto, lasciò quel vicolo, andando incontro al futuro.

 

 

 

 


Qui sotto trovate i giudizi alla nostra Fanfiction, le note e la traduzione di Dead Memories.
Ringraziamo tutti voi per aver letto, e vi ringraziamo ancora di più se ci lasciate un commentino.

*

Correttezza grammaticale e l'uso proprio del lessico: 7,63
Originalità: 9,25 
Aderenza ai personaggi (IC): 9,25
Capacità di rendere organica la FF: 9
Giudizio personale dei giudici: 5,5
Totale: 40,63


Giudizio (Shatzy):
Una fanfic dai toni scuri, pesanti, dove l’introspezione gioca un ruolo fondamentale per entrambi i personaggi. Ritroviamo un Edward cresciuto, ormai maturo (almeno apparentemente), che ha compiuto delle scelte e che riesce a convivere con esse, mentre dall’altra parte c’è Roy, che ha perso tutto, anche se stesso. Interessante come i ruoli siano invertiti, adesso, tranne in quel momento bellissimo in cui Edward fa emergere il suo carattere di adolescente, quando l’altro lo provoca. In fondo, “ognuno di noi, anche cambiando, è sempre la stessa persona”. Molto bella anche la conclusione, realistica in parte, le citazioni che avete scelto dagli altri manga s’intersecano perfettamente alle vostre riflessioni. Ed è questa speranza finale che pervade un po’ tutta la fanfic che mi è piaciuta, il fatto che anche se ormai le cose siano inevitabilmente cambiate, una persona riesca comunque a mantenere il suo carattere vero, sotto gli strati di durezza che la vita ci ha depositato sopra.
Molto bello come il paesaggio s’innesta nella fanfic, le condizioni atmosferiche partecipano dei sentimenti dei due personaggi, ed è una cosa che può solo far prendere punti.
Ho ritrovato in parte il Roy del film, anche se qui è approfondito maggiormente e gli avete dato una spiegazione diversa, e probabile, del perché si è ridotto in quello stato. Un uomo che ha lottato per tutta la vita per un sogno, e che alla fine ci ha dovuto rinunciare, come a tutto il resto.
Ciò che penalizza la fanfic è la poca accuratezza nella grammatica, ci sono errori ripetuti, la punteggiatura è un po’ scarsa, e spesso è difficile attribuire i dialoghi a un personaggio, di conseguenza alcune scene risultano confuse. Ciò non toglie che la storia mi è piaciuta particolarmente, riesce a trasmettere tanto con i suoi toni sofferti e introspettivi e l’organicità raggiunta è ottima, avete mosso i personaggi senza sbavature, con uno stile unitario e omogeneo, veramente ottimo. Ho apprezzato in particolar modo la gradualità con cui avete mosso tutto il lungo e intenso dialogo della fanfic, sviluppato in modo magistrale. Davvero un bel lavoro.

Giudizio (Rue meridian86):
La fanfiction è grammaticalmente corretta, eccettuato un errore ripetuto, la punteggiatura purtroppo contribuisce a far scendere il voto ed il lessico è sempre corretto, se non per un uso improprio di un termine.
La trama è semplice: un incontro fra i protagonisti dopo anni di separazione; tuttavia, questa semplicità è apparente poichè le autrici studiano con attenzione quanto intimamente questo incontro scuota i personaggi e li porti ad evolversi. Il dialogo, che è la struttura portante della storia, è serrato e mai banale, impedendo al lettore di distrarsi, ma portandolo più volte a cercare cosa si celi nelle battute.
Il finale, amaro seppure lasci qualche speranza, non è affatto scontato, anzi ribalta le aspettative che van crescendo nella lettura.
I personaggi son trattati con caratterizzazione sicuramente aderente all'anime ed al film: nell'evolversi dei loro stati d'animo, si ritrovano le caratteristiche principali di Roy e di Edward e si ha la sensazione che una puntata dell'anime con tale trama sarebbe credibile.
La sincronia quasi perfetta è stata penalizzata da una contraddizione nella trama, seppure minima.
Personalmente, apprezzo molto di questa fanfiction il fatto che l'introspezione non abbia soffocato la trama o i dialoghi, ma anzi ne sia il diretto risultato.


Note
:

La vera libertà è avere un luogo in cui tornare: frase tratta dall'anime/manga Gensomaden Saiyuki di Kazuya Minekura.
Mi faresti un favore? ...Nella prossima vita scegli me: frase tratta dal manga di Yoko Kamio Hana Yori Dango.

Traduzione Dead Memories.

Seduto nel buio, non riesco a dimenticare
anche adesso, mi rendo conto
del tempo che non riavrò mai indietro
un'altra storia delle amare pillole del destino
non posso tornare indietro di nuovo
non posso tornare indietro di nuovo...
ma tu mi hai chiesto di amarti e io l'ho fatto
scambiando le mie emozioni
per un contratto da rispettare
e quando sono andato via, sono arrivato lontano
l'altro me è morto.
sento la sua voce dentro la mia testa...
Non siamo mai stati vivi,
e non nasceremo di nuovo
ma non sopravviverò mai con
i ricordi morti nel mio cuore

Mi hai detto di amarti e l'ho fatto
legando la mia anima con un nodo
e portandomi a cedere
così quando sono andato via,
ho solo portato con me le mie cicatrici
l'altro me è andato
adesso non so a quale posto appartengo...
Non siamo mai stati vivi,
e non nasceremo di nuovo
ma non sopravviverò mai con
i ricordi morti nel mio cuore

Visioni morte nel tuo nome.
dita morte nelle mie vene.
Ricordi morti nel mio cuore. 

 

  
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