Titolo: Dead Memories.
Autrici: Nemesi06 e Setsuka
Disclaimer: FullMetal Alchemist © Hiromu Arakawa, a noi non
appartiene nulla.
Credits (eventuali): la canzone Dead Memories è degli Slipknot
Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang.
Pairing (se ci sono): RoyEd
Rating: giallo
Genere: triste/malinconico
Avvertimenti: shonen ai, spoiler, what if...?
Riferimenti ad anime/film/manga: anime, non tiene conto però della reale
fine, nè del film.
Divisione delle parti scritte: descrizioni e narrazione sono di entrambe,
le parti riguardanti il personaggio di Edward sono di Nemesi06 e quelle
riguardanti Roy di Setsuka.
Note delle autrici (se ne avete): ci sono due citazioni prese da altri due
manga. ricordiamo che la seguente storia non tiene conto della fine dell'anime,
o almeno parzialmente. E' ambientata dieci anni dopo la lotta contro Dante e il
Fhurer, e sia Roy che Ed sono ancora ad Amestris e si fanno accenni a
un'inesistente relazione istaurata tra i due.
Introduzione: Central City. Un incontro casuale, in un bar che riporta a
galla amare e dolci memorie, un incontro del destino che potrebbe segnare la
felicità di Edward Elric e Roy Mustang.
La seguente storia non è la copia originale
valutata per il concorso, grazie al permesso delle giudici Shatzy e Rue
Meridian86 che ci hanno segnalato gli errori, l'abbiamo corretta.
Ci teniamo a pubblicarla così riveduta perchè siamo
particolarmente legate a questa fanfiction.
Ringraziamo le giudici per
averla premita con il secondo posto nel contest su FullMetal Alchemist "Doppia Coppia".
Grazie mille e grazie a chi leggerà, è dedicata a voi fan del RoyEd.
Sitting in the dark, I can't forget.
Even now, I realize the time I'll never get.
Another story of the Bitter Pills of Fate.
I can't go back again. I can't go back again…
But you asked me to love you and I did
Traded my emotions for a contract to commit
And when I got away, I only got so far.
The Other Me Is Dead. I hear his voice inside my head…
We were never alive, and we won't be born again.
But I'll never survive with Dead Memories in my heart.
You told me to love you and I did.
Tied my soul into a knot and got me to submit.
So when I got away, I only kept my scars.
The Other Me Is Gone. Now I don't know where I belong…
We were never alive, and we won't be born again.
But I'll never survive with Dead Memories in my heart
.
Dead Visions in your Name.
Dead Fingers in my Veins.
Dead Memories in my Heart
[ Dead Memories, Slipknot ]
Era
tranquillamente seduto al tavolino di un locale in centro, intento a sorseggiare una tazza di tè caldo.
Girava
senza troppa attenzione le pagine di un libro che gli era stato regalato per il
suo ventiseiesimo compleanno.
Era una
giornata come tante altre, l'unica differenza era la possibilità di non andare
al lavoro presto e quindi, come ormai era diventato d'abitudine, si era recato in quel
piccolo locale per fare colazione.
Alzò i
profondi occhi dorati per dare un'occhiata alle persone attorno a lui, alla sua
sinistra un uomo anziano leggeva con attenzione il quotidiano che riportava le
notizie sui fatti accaduti di recente, poco più in là, un gruppetto di ragazzi
rideva e chiacchierava probabilmente di amore, divertimenti e altri argomenti
leggeri.
Sorrise e
si sistemò una dispettosa ciocca di capelli dietro l'orecchio sinistro, gli piaceva portarli lunghi
ma doveva ammettere che ogni tanto la voglia di tagliarli si presentava nella
sua mente.
Un leggero
sbuffo si mescolò alla brezza che iniziava ad alzarsi per correre lungo le
strade della capitale. Si strinse nella calda divisa che indossava.
Forse era
arrivato il momento di andarsene e dirigersi verso la sua meta.
Un caso?
" Hai mai creduto al caso Edward ?"
Il suo
sguardo fu attirato da qualcosa e, nel
momento in cui i suoi occhi lo incontrarono, non poté nascondere la sorpresa
che lo colse.
Destino?
" Non hai
sempre detto che il destino lo costruiamo noi ?"
Sorrise e
alzando leggermente la tazza, accennò un saluto.
Due
pupille nere si dilatarono, che il tempo si fermasse per un dannato secondo
per capire cosa stava accadendo, per prevedere cosa sarebbe successo.
Una
sottile luce, attraversò le iridi color pece, un flash per mettere a fuoco quel
ricordo del passato che l'aveva riscaldato più del fuoco, che l'avevo reso
fiero più di qualsiasi medaglia. Increspò le labbra dando un'occhiata veloce al
proprio petto: la divisa perfettamente spoglia da qualsiasi decorazione. Andava
bene così, si era detto, meglio perder tutto che se stesso.
Purtroppo
pure quello aveva perso.
Se lo
ricordò avvicinandosi al tavolo dove l'ultimo brandello di sé -la parte più importante, una stella anonima, piccola, ma
della stessa importanza del sole per la terra- lo guardava con un leggero sorriso sul volto.
Era un
ironico incontro quello.
Non c'era
dubbio, la vita si divertiva a
prenderlo per il culo.
<
Fullmetal >
Un tono
noncurante, una bugia, una parola che mascherava un cuore nostalgico, una
lesione mai cicatrizzata. Ancora bruciava come limone su una ferita
aperta.
<
Colonnello >
Anni ormai
che non pronunciava quella parola rivolta alla persona che ora si trovava di
fronte a lui, così semplice e banale ma che faticosamente aveva rinchiuso in
qualche angolo della mente per poter almeno non sentirsi lacerare ogni giorno
quell'anima che aveva ritrovato amando, amando il fuoco che lo aveva bruciato
senza possibilità di sfuggirgli.
< Mi
sembri più alto >
Doveva
smetterla di guardarlo con quell'intensità e spezzare quell'atmosfera,
dopotutto erano in un bar... tutto era cambiato, il loro mondo e loro, ormai le
priorità erano diverse per ognuno, per Edward -probabilmente- esser un buon
padre, forse si era sposato con l'amica d'infanzia.
"Meglio
non pensarci" non voleva esser
più cane di quanto non lo fosse effettivamente; al
confronto cane dell'esercito era un appellativo più che onorevole:
meglio leccare e scodinzolare per un titolo che per qualcosa che mai esisterà.
Ci fu un
sorriso sul viso del giovane
< Sono
alla sua stessa altezza ora, quattro anni sono tanti >
Non si vedevano da tutto quel tempo, ma Ed si soffermò a osservare i lineamenti del viso dell'altro, notando come fossero ancora giovanili, anche se induriti, come il nero di quegli occhi che lo stavano studiando senza fargli capire cosa volessero trovare.
<
Desidera rimanere in piedi o vuole accomodarsi? Non la mangio non si preoccupi,
non mi avvicinerò a lei >
Richiuse
il volume che ormai veniva sfiorato solo dall'aria che con lentezza iniziava a
impadronirsi della scena, giocando con le nuvole che cominciavano a celare la
luce dell'astro del giorno.
<
Figuriamoci se posso aver paura di un fagiolo >
Non
avevano la stessa efficacia di un tempo quelle battute. Peccato.
Alzò una
mano, sorridendo accondiscendente alla
cameriera che si avvicinò al tavolo.
< Posso
offrirti qualcosa? >
Ed reclinò
leggermente la testa di lato.
< Sta
cercando di appurare se sono maturato oppure se agisco ancora d’impulso come
quando davo vita alle scenate che tanto la divertivano? Potrebbe offrirmi il
dolce grazie >
Qualcosa
era cambiato in lui, quel tono di scherno non suscitava più l'imbarazzo che gli
colorava le gote, o forse la ragione era nella voce così diversa dell'altro? La
sua memoria forse lo stava ingannando, ma non vi era nulla in quelle parole: sembravano vuote e
prive di qualsiasi capacità di colpirlo.
<
Sentito signorina? Un dolce per il... ragazzo. Per me solo caffè >
Era
imbarazzante la perdita dell'appetito che ormai da anni versava su di lui.
Tornò a
guardare Edward, cercando di fare una domanda impegnativa, per poter avere
l'occasione di guardarlo a lungo, più di quanto potesse fare nei sogni, che si
trasmutavano sempre in incubi.
Ironica,
crudelmente ironica, una bella beffa, ma la realtà sapeva esser generosa, per
quanto fosse una parola difficile.
< E'
proprio una strana coincidenza trovarsi qui >
Il giovane
si decise a osservarlo meglio, notando la divisa semplice, il fisico
sicuramente più magro di quello che ricordava e passando di nuovo al viso, quel
nero così spento gli provocò un debole disagio.
<
Già... Colonnello >
Il grado
sulla divisa del giovane.
"Il blu ti sta bene Edward"
Scosse la
testa cacciando lontano quel ricordo. Quattro anni li dividevano.
Nulla da
commentare, se non l'amarezza di quello che non c'era stato.
Ed
sorseggiò il tè che ormai si era raffreddato senza però smettere di fissare
l'altro.
Le parti
si erano invertite, ora era lui il più alto in grado, come a voler rendere
ancora più profondo quel solco che li aveva divisi.
Finito di
sorseggiare la bevanda, poggiò la tazza.
< Non è
necessario che si rivolga a me usando i gradi >
S’inumidì
leggermente il labbro superiore con la lingua.
<
Piuttosto perché non mi racconta qualcosa di lei? >
Nel
frattempo la cameriera arrivò portando una fetta di torta e il caffè -il
dolce e l'amaro- per sparire subito dopo.
Mustang
era rimasto alla lingua che inumidiva il labbro.
Perché ancora quell'effetto? Perché quel disperato bisogno?
< Beh
credo che l'assenza dei gradi sulla mia divisa spieghi tutto >
< E'
stata una sua scelta, non condivisa da nessuno, nemmeno da me se posso ricordarle
>
Afferrò
con forza la forchetta, stava cercando di mantenere la calma dal primo momento
che aveva incrociato quegli occhi, ma non era riuscito a controllarsi quel
breve istante, era come se si fosse sentito accusato nel sentire quelle parole.
< Non avrei
dovuto? Eppure hai mai guardato gli occhi della gente? Il loro desiderio di
democrazia era più che legittimo >
Si morse
il labbro inferiore, nell'istante in cui la memoria gli mostrò se stesso uscire
più morto che vivo dalla residenza del Fhürer Bradley.
Per non
ricordare parlò ancora, facendo un sintetico commento dell'attuale situazione
in cui Amestris viveva.
< Più
che dovuto. Anche se adesso hanno già fatto il callo ad essa >
< Non
posso giudicare le sue azioni, non mi chieda una cosa simile >
Lo
stridere della porcellana del piatto tradì il crescente disagio che si stava
insinuando nel giovane.
< Una
volta le ho detto che c'è sempre qualcosa di più importante di noi stessi e dei
nostri sogni, ma non è giusto perdersi una volta raggiunti. Se lei non...
>
Abbassò lo
sguardo.
<
...non parliamo del passato, quello è qualcosa che non può modificarsi, mi dica
quello che è il suo presente >
Un peso
sul cuore di Ed che credeva di aver imparato a sopportare lo stava di nuovo
iniziando a schiacciare.
<
Un’ombra del passato >
Sussurrò
con vergogna, volse lo sguardo alla sua sinistra per vedere il sole che
brillava, non per loro, né tanto meno per la gente, per nessuno se non per se
stesso.
< E'
lei che non vuole andare oltre >
Lo sguardo
fisso sulla panna con cui giocherellava. Quello era un momento che non avrebbe
mai voluto vivere, cominciò a pensare che forse l'idea di uscire per la
colazione non era stata buona, per questo sorrise.
< Lei è
il Fuoco e non può farsi oscurare da una semplice ombra, è ridicolo >
Il dolore
lo spingeva ad agire ma non poteva lasciarsi andare all'irrazionalità e alle
emozioni, non ora, non di fronte a colui che poteva distruggerlo con una sola
parola o gesto, colui che aveva il potere di riportarlo al passato.
< Lei
è il fuoco... >
Lo citò
Roy e rise.
Non di
Edward, ma di sé.
Portò una
mano alla tasca dalla quale ne estrasse un pacchetto di sigarette, un vizio
acquisito per ammazzare il tempo e che colmava la fame ogni tanto.
L'accese
con un accendino anonimo.
Inspirò
profondamente.
Senza
pensare Edward allungò la mano afferrandola.
< Non
sono salutari e lei mi sembra già abbastanza debilitato, il fumo non porta via
né il dolore né la sofferenza! >
La buttò a
terra, spegnendola con il piede.
<
Troverà prima o poi qualcosa che le permetterà di riprendere la vita in mano
>
Lui era
riuscito a crearsi almeno quella che poteva definirsi una vita, non priva di
sofferenza, ma almeno qualcosa di se stesso lo aveva salvato.
< Tsk
>
La
cameriera si avvicinò di nuovo, sperando di scambiare quattro chiacchiere con quei due
bei giovani, ma l'atmosfera era troppo elettrica e si limitò a ritornare indietro,
desistendo.
< Credi
che fumi per alleviare le sofferenze? Sei rimasto un Romantico, Edward
>
Scandì
bene quel nome, che da tanto non pronunciava, ma sempre infestava i suoi
pensieri.
<
Qualunque sia la ragione, le conviene smettere, quel sapore non è buono da
sentire durante un bacio >
Spostò il
dolce di fronte all'uomo.
< Vuole
finirlo lei? >
Un'abitudine
che aveva preso durante la loro relazione, era un gesto naturale per lui, come
tanti altri che ogni tanto la sua mente si divertiva a ricordargli.
Se ne
accorse e cercò subito di rimediare.
< Mi
scusi >
Lo riportò
dalla sua parte.
Roy guardò
il pezzo di torta offertagli, come nelle colazioni dentro la loro casa, prima
di recarsi a lavoro, oppure come dessert, prima di andare a dormire e passare a
contatti meno discreti.
< E'
cambiato tutto, no? >
< E'
stata una scelta fatta da entrambi >
Come
quelle negli anni passati insieme, in cui ogni scelta era compiuta in
accordo e mai senza l'altro vicino.
< Tutto
cambia, nessuno può rimanere lo stesso, oppure lei pensa che qualcosa rimanga
uguale nonostante tutto? >
Alzò il
viso e il tempo sembrò fermarsi.
" Voi due, due anime, due cuori, due esseri che dopo
aver toccato la perfezione, hanno permesso alla realtà di dividerli e
distruggerli “
Ultima
carta.
Tanto
aveva perso tutto, orgoglio compreso.
< Io
credo che qualcosa possa non cambiare. Mai >
<
Divertente detto da qualcuno che invece non ha più niente di quello che era
>
Colpito
dalla veridicità delle parole chinò il capo, guardando il suo caffè.
< Non
abbassi lo sguardo, è da quattro anni che ha smesso di guardarmi, almeno non
distruggiamo quel poco che è rimasto >
Ecco che
quel vortice, quel potere che il moro esercitava su di lui e che lo spaventava,
lo stava di nuovo facendo sprofondare nell'illusione di una realtà impossibile
da realizzarsi.
La fredda mano dell'uomo sfiorò le dita dell'altro che, come scottato, la ritirò.
Un lieve
sorriso sul volto del soldato semplice.
Prese la
tazza del caffè portandola alle labbra e senza preoccuparsi, iniziò a
sorseggiarlo permettendo al liquido caldo di scendere e soffocare tutto,
persino le parole crudeli che Edward aveva la forza di pronunciare.
< Credi
davvero non sia rimasto più niente del Roy che conoscevi? >
Ed arretrò
leggermente quasi spaventato, ma non da Roy... da se stesso.
L'illusione
lentamente si fece largo nella mente, trovando un varco tra i muri
che cercava di erigere tra il proprio desiderio irrazionale di sperare e
riprovare all'infinito e invece quel barlume di ragione che lo pregava di non
cedere -perché consapevole della stupidità di quella che apparve come una
possibile nuova strada da percorrere- cosa stava facendo?
< Stai
cercando di ritrovare quell'Edward che amavi? >
< Non
sto cercando di ritrovarlo, ognuno di noi, anche cambiando, è sempre la stessa
persona >.
< E'
vero, io sono sempre quello che ero anni fa, irrazionale, attaccabrighe,
spavaldo e anche -ma solo a volte- precipitoso >
Strinse il
pugno.
< ...ma sono dovuto
cambiare in parte per avere la forza di andare oltre a quello che era stato un
sogno che, perso, mi aveva
distrutto. Io mi sono aggrappato a ciò che rimaneva di quel povero e stupido
moccioso che si rifiutava di perdere ogni cosa e in qualche modo ho ritrovato
me stesso... >
Alzò il
viso.
< In me
però è rimasta anche una parte di quello che mi ha dato Colonnello, non
credo però che valga lo stesso per lei >
Stava
tentando di allontanare quella morsa che sembrava volerlo riprendere e che
stava sgretolando -solo a causa di quella voce- ogni sua certezza costruita con
fatica.
< Hai
scordato presuntuoso >
<
Quello era lei >
< Anche
tu. Siamo sempre stati simili in fondo, solo che la tua presunzione, di sapere
degli altri, non l'ho mai digerita e nemmeno ora la tollero >
Per lui
sentire Ed sminuire i suoi sentimenti era atroce. Cosa ne poteva sapere?
Lui era
sprofondato in un abisso che l'aveva spento per sempre.
Gli
adolescenti credono che persa la persona che si ama finisca tutto, ma lui non
era un adolescente, né una persona infantile, mai lo era realmente stato.
Eppure perso l'amore tutto si era spento.
Avrebbe
voluto fosse stato così anche per gli occhi di Edward.
Il biondo
cercò di non far trasparire quel turbine di sentimenti e di parole che
premevano per uscire.
< Non
riesco a capire se sta cercando di farmi arrabbiare per raggiungere un qualche
scopo a me sconosciuto, oppure se pensa che offendermi sia di qualche utilità >
< Sei tu
che stai cercando di farmi arrabbiare >
Disse
indifferente, con l'amaro in bocca, non del caffè, ma di quelle parole morte
sulle sue labbra.
< Lei
mi ha dato del presuntuoso, non rigiri le carte com’era abituato a fare quando
mi portava a letto >
Quante
volte aveva ceduto, aveva accantonato l'orgoglio a causa di quel fascino
magnetico esercitato da occhi neri più della notte, da mani più infuocate dalle
fiamme stesse che controllava, da parole sussurrate a metà, complici di
un’illusione da cui ora voleva fuggire, perché dolorosamente reale come la
persona che gli sedeva di fronte.
< Sei
crudele, sai? >
Lo derise,
si derise.
< Cerco
solo di mantenere la mia dignità di fronte a colui che me la stava portando via
e non credo che questo sia divertente >
<
Felice per te allora, Edward. Ma non distruggere la mia >
Un altro
sorso di caffè, doveva resistere, non cedere, ed era così fottutamente
difficile.
< Non
giudicare i miei sentimenti, puoi deridere e disprezzare ogni cosa di me, ma
quelli lasciali in pace >
Una risata
in risposta.
Stranamente
Ed sentendo quelle parole provò come un dolce sollievo o forse era solo
soddisfazione data dall'egoismo che rimane dopo la fine di un rapporto
importante: avere la conferma che comunque una parte di se stessi era
rimasta nel cuore dell'altro, fondamentalmente faceva piacere.
< Lei
non sta giudicando i miei Mustang? E' da quando si è seduto che non fa altro
che parlare come se conoscesse quello che ho dentro il mio animo, cosa che però
mi sembra difficile >
Iniziò a
giocherellare con il cucchiaino, provocando un rumore continuo dato dal metallo
che scandiva il tempo contro la porcellana bianca che gli stava di fronte.
<
Fammeli conoscere allora >
< No,
non vi è nessun valido motivo per parlare di qualcosa di così privato, oppure
mi sfugge qualcosa? >
Poggiò la
posata sulla tovaglia di lino e con tono di sfida, com’era abituato a fare
quando aveva affrontato il moro anni prima, iniziò a fissarlo con uno sguardo
divertito.
< Non
vi è un valido motivo? Io non posso esserlo? >
A testa
alta, affrontandolo, con il desiderio di sapere.
< Vuole
sentirsi dire qualcosa in particolare oppure le basta sapere che questo suo
atteggiamento disfattista e provocatorio mi dà letteralmente sui nervi? >
Ecco, come
temeva quella parte nascosta, guidata dai sentimenti, si stava riaffacciando.
Stava rialzando la testa e senza riuscire a controllarla, lo stava portando ad
avere quel confronto temuto dal momento in cui si era reso conto di non avere
la forza necessaria per superarlo indenne.
E quell'
Edward ravvivò Roy, in quegli occhi dorati, accesi, vide il fuoco che tanto
amava e fu migliore di uno schiaffo.
Il suo
sorriso sghembo, come in passato, volle ritornare alla luce del sole, a
provocare, lottare con l'orazione e lo sguardo, tagliente quanto la sua
lingua.
< Non
so, dimmi, tu che preferisci... >
Ed sorrise
nervoso.
<
Allora le vorrei far presente che quel sorrisetto mi ha sempre irritato. Questi
tentativi di farmi cedere e dire qualche idiozia sono patetici, ora comincia a
non essere più divertente >
Si
appoggiò allo schienale come a volersi allontanare dalla fonte del suo disagio,
qualcosa dentro di lui si stava frantumando, quel muro che aveva eretto a sua
difesa iniziava a dare segni di cedimento.
Erano
rimasti soli nel piazzale, tutti si erano ritirati a causa del vento ormai
sempre più forte e della luce che ormai stava lasciando posto al grigiore delle
nuvole.
<
Altro? >
Spavaldo
si protese in avanti, fissandolo divertito, con il mento poggiato sulle sue
mani, estremamente interessato da ogni sillaba che usciva dalla sua bocca, per
la quale provava l'irrefrenabile desiderio di violarla, con baci che sognava da
ben troppo tempo.
<
Bastardo! >
Strinse
con le mani la sedia.
< Lo
trova divertente? Altra cosa di lei che odiavo è questa dannata sicurezza,
questa sua capacità di... >
Si fermò
appena in tempo, stava cadendo nella trappola, con poche e semplici frasi era
stato messo all'angolo, di nuovo, come se il tempo fosse tornato indietro.
< ...
sedurre? >
Una folata
di vento accarezzò i lunghi capelli di Ed coprendone per qualche istante il
volto.
< ...
di controllarmi e rendermi un giocattolo nelle sue mani >
Girò il
viso verso qualcosa che non fosse quella parte del suo cuore che gli era stata
portata via.
< Non
ti ho mai usato Edward >
< Non
ho detto che l’ha fatto, almeno non consapevolmente >
Di nuovo i
suoi occhi puntati sull'altro.
< Non
capire il potere che si esercita sulle persone che si hanno vicine è pericoloso,
può portare a distruggerle >
Non aveva
detto quelle parole per giustificare la sua debolezza in quella
situazione, era quello che aveva capito fin dal primo momento in cui si era
ritrovato ad avere a che fare con Mustang.
Il buio
negli occhi scrutava una luce spenta in quelli dell'altro.
L'oggetto
del desiderio di Mustang, malleabile... sarebbe bastato così poco... ne aveva
la certezza a quel punto, questione di tatto... se l'avesse toccato nel modo
giusto avrebbe riottenuto il suo passato.
Poteva
ma... doveva?
Allungò le
sue dita sottili verso il volto che aveva ancora tratti fanciulleschi. Le sue
vene aveva creduto fossero per sempre state congelate dal freddo del tempo, ma
a quel tocco gli sembrò di sentire la vita pulsare, di nuovo.
Solo per
aver toccato quella guancia calda.
E
gli occhi dorati si spalancarono e -istintivamente- Edward allontanò il viso.
Era come se una fiamma lo avesse sfiorato.
<
Fermo! >
Ritrasse
le dita all'istante.
Cosa aveva
fatto di male?
Ironico,
non seppe giustificarsi, né spiegarne il vero motivo. Puro istinto.
Il biondo
capì che era giunto il momento di andarsene, non avrebbe retto per molto,
soprattutto dopo aver rivisto quella luce, quella forza negli occhi dell'altro
che lo stava rapendo.
< Sarà
meglio che me ne vada, offre lei vero? >
Si schiarì
la voce e si sistemò la divisa.
< Vuoi
davvero scappare? >
Il tono
poteva sembrare sconcertato.
< Io
non scappo, non l'ho mai fatto e di certo non inizierò ora di fronte a lei,
solo che la discussione è diventata troppo intima e non mi sembra saggia come
cosa >
Provò ad
esprimersi con la sua solita sicurezza, ma quest'ultima sembrava aver deciso
che non era necessario palesarsi; avrebbe riso se non si fosse sentito così
vulnerabile.
<
Perché? Hai paura? >
Era perplesso
perché aveva ragione. Non era una domanda quella.
< Tu
non hai mai avuto paura nemmeno della morte e... hai paura di me? >
Un brivido
percorse la schiena di Elric, con violenza, senza alcun tatto. Le sue mani
sbatterono con forza sul tavolino.
< Io non
ho paura, capito? Come potrei avere paura di un Colonnel- anzi ex-Colonnello
che sembra un derelitto? >
Fremeva di
rabbia.
< E'
contento? E' riuscito a farmi saltare i nervi. La odio! >
Sì, era
contento.
E
sorrideva di gusto.
Forse il
suo desiderio non era poi tanto impossibile.
< Non
ridere, non ridere bastardo! >
Gli urlò
spinto da qualcosa d’incontrollabile che si era affacciato nella sua
mente.
Il muro
era crollato purtroppo.
Quella che
prima era solo una brezza leggera, ora si faceva largo con più forza, giocando
con entrambi.
< Sei
tu che sei estremamente divertente. Tu non puoi immaginare da quanto non ridevo
>
Felice.
Ecco la
parola esatta.
C'era
ancora un cuore che batteva per Roy Mustang.
Edward si
ritrovava in piedi, di fronte a quel tavolino, in quel bar ormai deserto a
causa della tempesta imminente che sembrava doversi scatenare.
Non capiva
più nulla, ora era veramente nei guai, qualcosa gli diceva di andarsene ma il
suo corpo sembrava non volere. Cercò di ritrovare una parvenza di lucidità.
Non
poteva, non doveva permettere a quell'uomo di riprenderlo.
Con forza
tentò di trovare il modo per uscire da quella situazione mantenendo un minimo
di dignità.
<
Felice di questo suo divertimento, ora direi che posso andarmene >
Gli lanciò
un'ultima occhiata e si girò, senza dire più nulla.
Iniziò a
camminare, le gambe pesanti per i primi passi, più si allontanavano, più si
alleggerivano e la calma dentro di lui tornava.
Percepiva
i suoi passi risuonare in quella strada che lo stava riportando alla sua nuova
vita, aveva avuto un attimo di cedimento ma ne era uscito.
Sorrise leggermente... non aveva ceduto.
Questa sua
illusione non durò. Roy poco dopo fu lì.
Lo colse
di sorpresa abbracciandolo da dietro; lo stringeva, questa volta non avrebbe
permesso nessuna fuga. Che diventasse suo prigioniero: se
Edward avesse avuto delle ali, gliele avrebbe spezzate, come aveva fatto con se
stesso, le sue invisibili ali della libertà: le aveva spezzate in sacrificio al
mondo, ma nessuno se ne era curato.
Ora voleva
anche quelle di Ed, per non farlo più volare da nessuna parte e poter camminare
sotto lo stesso cielo, non seguirlo più con lo sguardo distante, rivolto alle
stelle.
Era egoismo.
Puro egoismo.
Ma non
sempre l'egoismo è un difetto o un comportamento sbagliato, a volte è un bel
sentimento: amare se stessi, ogni uomo dovrebbe farlo, blasfemo era il
contrario.
Roy
Mustang si era odiato a lungo...
Roy
Mustang si era privato dell'amore a lungo...
Edward si
sentiva stringere con forza, non quella che aveva conosciuto lui, tenera,
affettuosa, protettiva... questa era disperata, mossa dal dolore, vi
sentiva sentimenti a lui sconosciuti.
<
Lasciami! >
Provò a
divincolarsi.
<
Lasciami stupido! Che vuoi fare? >
< Cosa credi
sia la libertà Edward? >
< Cosa?
>
Provò a
guardare il viso dell'altro.
<
...che significa? >
<
Rispondi! >
Tono
fermo, vagamente autoritario... o forse solo disperato.
< E'
quella che mi devi dare ora, lasciami libero, subito! >
< La vera libertà è avere un luogo in cui tornare,
Edward >
Gli
sussurrò con tono solenne e profondo.
Sperando che capisse, infatti l'altro smise di agitarsi e il suo viso fu coperto dai lunghi fili dorati che erano sfuggiti al piccolo elastico nero.
< Io non ho più un luogo in cui tornare, Roy >
Stava
mentendo a se stesso, un luogo lo aveva avuto, ma purtroppo
era custodito nel suo cuore e più nessuno poteva riportarglielo, era stato lui
stesso a renderlo inaccessibile.
< Ora
che hai avuto la tua risposta sei soddisfatto? >
< No, Edward
>
Una luce
squarciò il cielo ormai cupo e minaccioso che sovrastava i due.
Ed cercò
di tirargli un calcio accorgendosi che la presa si era fatta meno salda di
prima.
< Ahi!
>
Non
l'avrebbe lasciato per nulla al mondo.
Venne
colpito, scivolò all'indietro ma nella caduta strinse saldamente il polso
di Edward, trascinandolo con se (sé).
Gli occhi
di Mustang si soffermarono su quei colori cupi e senza vita che ora
tinteggiavano il cielo; grigio che versava nel nero, come il suo destino se
Edward gli fosse sfuggito davvero.
Ed, preso alla sprovvista, non era riuscito ad evitare di
finirgli addosso.
Si ritrovò
sopra al corpo dell'uomo, questa vicinanza lo fece rabbrividire.
<
Maledetto! Voglio andarmene, non mi puoi trattenere, se non la smetti mi
costringi a usare l'alchimia >
Non
sarebbe voluto arrivare a tanto, ma pur di non cedere lo avrebbe allontanato
anche con la forza, ma venne prese per il colletto, girato, ritrovandosi a
guardarlo negli occhi... occhi cupi, neri e senza luce. Non c'era buio più
desolante, oscurità che potesse terrorizzare se non quegli occhi.
< Ti
prego... >
Ed avrebbe
detto che quella voce fosse rotta dal pianto, ma nessuna lacrima veniva
versata.
< Che
ti costa cedere? Ti offro ogni mia parte... >
Stretto,
ancora più vicino al suo volto.
< ...
ogni centimetro della mia pelle, ogni mio respiro... prendili! Distruggili!
>
Lasciò il
colletto, lo cinse in un abbraccio disperato.
<
Scopami senza ritegno se vuoi, o baciami dolcemente, riempimi di schiaffi,
pugnalami, urlami quanto sono bastardo, degradami sputandomi in faccia,
sfregiami il volto con le unghie o a suon di pugni... >
Un lampo
lì illuminò.
La
tempesta stava per arrivare.
<
...fai quello che vuoi di me, qualsiasi cosa, ma ti proibisco di scappare, ti scongiuro di non
ignorarmi! Fa troppo freddo in questa merda di esistenza, tra quelle bufere di
neve nei pressi di Dracma. Fa dannatamente freddo soprattutto se penso a quanto
calore c'era prima attorno a me >
Si lasciò
andare, le sue braccia abbandonarono il corpo del giovane e lentamente fece
aderire la schiena al freddo asfalto, lasciando che la pioggia che iniziava a
cadere, lo aiutasse a non sentire quel calore che gli era tanto mancato ma che
mai aveva scordato.
Nonostante
fosse sempre stato il fuoco, lui aveva sempre segretamente amato quella
pioggia: gli concedeva ogni tanto di non essere il Colonnello Roy Mustang o
semplicemente -come ora poteva ben dire- il Soldato Semplice Roy Mustang.
La pioggia
lava ogni cosa, talvolta il dolore, talvolta l'orgoglio e qualche volta anche
se stessi, come a lui sempre succedeva.
< Lì
non piove mai, c'è sempre quella fottuta neve >.
< Roy?
>
Il biondo
si ritrovò seduto di fronte all'uomo sdraiato a terra, non capiva cosa gli
stesse succedendo, vederlo così fragile e perso... era come ricevere una
pugnalata al cuore, come se il destino volesse giocare ancora con loro; ma lui
non poteva cedere, come avrebbe potuto donarsi di nuovo a lui, colui che aveva la
forza di spazzare via ogni sua sicurezza e certezza (?)
Sentiva
male al petto e il respiro era sempre più incontrollabile.
< Non puoi
avermi, rassegnati e prova a ritrovare te stesso da solo >
< La
risposta... no anzi che dico, tutto, è in te >
<
Smettila subito, io non sono la risposta a niente >
Appoggiò
le mani a terra, voleva alzarsi e andarsene da quella situazione non gestibile.
<
Tornatene a casa, io non posso cedere, io non sono più tuo >
Si ritrovò
in piedi a guardarlo dall'alto, con la pioggia che ricadeva sui vestiti
completamente fradici
<
Ritrovati Flame Alchemist, ti prego >
Il moro a
fatica si rialzò, ridendo, come se il senno l'avesse abbandonato.
Per
la prima volta, Ed provò paura di fronte a Roy e questo lo fece indietreggiare.
< Che
cosa ti prende? >
Il Soldato
Semplice soffocò una risata e trovò il coraggio di guardarlo negli occhi,
doveva concederselo, era l'ultima volta.
<
Sai... non ho mai capito cosa mi faceva impazzire di te, e è ironico e crudele, ma proprio adesso
lo capisco >
< Che
vuoi dire? >
Non capiva
cosa stava succedendo, era tutto troppo surreale, forse era un sogno e presto
si sarebbe svegliato nel suo letto, non stava veramente vivendo quel momento.
Una mano
in tasca, espressione seria e vagamente maliziosa, la pioggia sembrò
ritrasformarlo, riportare l'immagine sfocata del più giovane Colonnello di
Amestris che col suo passo cadenzato e sicuro stava per andarsene.
<
Qualsiasi donna non avrebbe resistito alle mie lusinghe, avrebbe ceduto... >
Allungò la
mano nuda bagnata per accarezzare un' ultima
volta le labbra di cui
conosceva fin troppo bene il sapore. Non sarebbero più state sue, ma le dita
dovevano ricordare la loro morbidezza.
< ...ma
tu non sei loro >
La mano
del giovane, come mossa da sola, andò a sfiorare quelle calde dita, ma appena ne sentì il
tepore, la razionalità tornò e le scansò con forza.
< Non
voglio cedere, smettila >
< Lo
so, non lo farai >
A fare da
punto un sorriso fiero, un sorriso... Mustang.
Era
tornato, lui era tornato, in quel sorriso, in quegli occhi colmi di sfida e
orgoglio.
< Sei
tornato >
Sorrise e
lacrime si mischiarono alle gocce di pioggia che ormai nemmeno sentiva
più.
<
Quello che è ironico Roy è che ci sei andato veramente vicino a riprendermi,
hai ancora quel potere su di me >
Ci fu un
lungo minuto di stallo.
Edward
piangeva, ma non sembravano lacrime di disperazione.
<
Edward, tu sei l'alchimista d'Acciaio... >.
< Lo
so, per questo... >
Gli si
avvicinò e senza nessun preavviso lo colpì con un pugno ben assestato nello
stomaco
<
...non osare mai più agire in questo modo con me, non lo sopporto, io ora sono
un tuo superiore e da oggi in poi voglio da te il rispetto che merito!
>
Era
l'unico modo che aveva trovato per ricucire la cicatrice riaperta che doleva
terribilmente.
< Che
presuntuoso fagiolo >
Dolorante,
ma non troppo, si riprese e sorpassò la figura di Edward con un sorriso, quel
sorriso sghembo da Colonnello bastardo.
Non si
sarebbe più voltato e voleva che Edward avesse un bel ricordo di lui, che ora
fradicio camminava verso un orizzonte oscuro.
Il ragazzo
lo lasciò andare, la tentazione di fermarlo era forte ma non poteva tornare
sulla sua decisione
< Non
tornare a essere un'ombra, non si addice al padrone del fuoco >
Si girò
dalla parte opposta e s’incamminò verso casa, consapevole che dimenticare quello che era
successo quella sera sarebbe stato difficile e, forse, impossibile.
< Ehi
Fullmetal! >
Era
lontano ma ancora ben udibile in quel vicolo, dove le voci echeggiavano tra
quelle spesse mura in pietra.
< Mi
faresti un favore? >
L'ombra di
un sorriso sul volto del giovane
<
D'accordo Colonnello >
Rispose senza girarsi.
< Nella
prossima vita... scegli me >
Breve e
conciso. Fatale, come il lampo che colpì una grande quercia non lontano dal
luogo in cui si trovavano.
Col passo
fiero e il cuore ormai imputridito, consumato da quella fiamma che aveva arso
troppo, iniziò ad allontanarsi.
Doveva
saperlo: l'acciaio non si scioglie che a 1538° C e con un tempo del genere non
poteva arrivare a bruciare a quelle temperature.
Aveva
perso ma -pregò- con onore, sperando in un altro tempo dove né pioggia, né
fuoco, né dittature né democrazie li avrebbero contrastati lui avrebbe vinto.
Era un'
utopia, ma gli angeli non si possono tenere per sempre in nessun luogo se non
in paradiso, il quale non era certo quel mondo che trasudava sangue.
<
Stupido, non è nemmeno da chiedere una cosa simile... >
Ci ritroveremmo sempre, in qualunque luogo e tempo.
Saranno le nostre anime a guidarci l'uno all'altro,
dopotutto...
...solo il Fuoco può sciogliere l'Acciaio.
< ...alla
prossima, Flame Alchemist >
E con
un sorriso sul volto, lasciò quel vicolo, andando incontro al futuro.
Qui sotto trovate i giudizi alla nostra Fanfiction, le note e la traduzione di Dead Memories.
Ringraziamo tutti voi per aver letto, e vi ringraziamo ancora di più se ci lasciate un commentino.
*
Correttezza grammaticale e l'uso proprio del lessico: 7,63
Originalità: 9,25
Aderenza ai personaggi (IC): 9,25
Capacità di rendere organica la FF: 9
Giudizio personale dei giudici: 5,5
Totale: 40,63
Giudizio (Shatzy):
Una fanfic dai toni scuri, pesanti, dove l’introspezione gioca un ruolo fondamentale per entrambi i personaggi. Ritroviamo un Edward cresciuto, ormai maturo (almeno apparentemente), che ha compiuto delle scelte e che riesce a convivere con esse, mentre dall’altra parte c’è Roy, che ha perso tutto, anche se stesso. Interessante come i ruoli siano invertiti, adesso, tranne in quel momento bellissimo in cui Edward fa emergere il suo carattere di adolescente, quando l’altro lo provoca. In fondo, “ognuno di noi, anche cambiando, è sempre la stessa persona”. Molto bella anche la conclusione, realistica in parte, le citazioni che avete scelto dagli altri manga s’intersecano perfettamente alle vostre riflessioni. Ed è questa speranza finale che pervade un po’ tutta la fanfic che mi è piaciuta, il fatto che anche se ormai le cose siano inevitabilmente cambiate, una persona riesca comunque a mantenere il suo carattere vero, sotto gli strati di durezza che la vita ci ha depositato sopra.
Molto bello come il paesaggio s’innesta nella fanfic, le condizioni atmosferiche partecipano dei sentimenti dei due personaggi, ed è una cosa che può solo far prendere punti.
Ho ritrovato in parte il Roy del film, anche se qui è approfondito maggiormente e gli avete dato una spiegazione diversa, e probabile, del perché si è ridotto in quello stato. Un uomo che ha lottato per tutta la vita per un sogno, e che alla fine ci ha dovuto rinunciare, come a tutto il resto.
Ciò che penalizza la fanfic è la poca accuratezza nella grammatica, ci sono errori ripetuti, la punteggiatura è un po’ scarsa, e spesso è difficile attribuire i dialoghi a un personaggio, di conseguenza alcune scene risultano confuse. Ciò non toglie che la storia mi è piaciuta particolarmente, riesce a trasmettere tanto con i suoi toni sofferti e introspettivi e l’organicità raggiunta è ottima, avete mosso i personaggi senza sbavature, con uno stile unitario e omogeneo, veramente ottimo. Ho apprezzato in particolar modo la gradualità con cui avete mosso tutto il lungo e intenso dialogo della fanfic, sviluppato in modo magistrale. Davvero un bel lavoro.
Giudizio (Rue meridian86):
La fanfiction è grammaticalmente corretta, eccettuato un errore ripetuto, la punteggiatura purtroppo contribuisce a far scendere il voto ed il lessico è sempre corretto, se non per un uso improprio di un termine.
La trama è semplice: un incontro fra i protagonisti dopo anni di separazione; tuttavia, questa semplicità è apparente poichè le autrici studiano con attenzione quanto intimamente questo incontro scuota i personaggi e li porti ad evolversi. Il dialogo, che è la struttura portante della storia, è serrato e mai banale, impedendo al lettore di distrarsi, ma portandolo più volte a cercare cosa si celi nelle battute.
Il finale, amaro seppure lasci qualche speranza, non è affatto scontato, anzi ribalta le aspettative che van crescendo nella lettura.
I personaggi son trattati con caratterizzazione sicuramente aderente all'anime ed al film: nell'evolversi dei loro stati d'animo, si ritrovano le caratteristiche principali di Roy e di Edward e si ha la sensazione che una puntata dell'anime con tale trama sarebbe credibile.
La sincronia quasi perfetta è stata penalizzata da una contraddizione nella trama, seppure minima.
Personalmente, apprezzo molto di questa fanfiction il fatto che l'introspezione non abbia soffocato la trama o i dialoghi, ma anzi ne sia il diretto risultato.
Note:
La vera libertà è avere un luogo in cui tornare: frase tratta
dall'anime/manga Gensomaden Saiyuki di Kazuya Minekura.
Mi faresti un favore? ...Nella prossima vita scegli me: frase
tratta dal manga di Yoko Kamio Hana Yori Dango.
Traduzione Dead Memories.
Seduto nel buio, non riesco a
dimenticare
anche adesso, mi rendo conto
del tempo che non riavrò mai indietro
un'altra storia delle amare pillole del destino
non posso tornare indietro di nuovo
non posso tornare indietro di nuovo...
ma tu mi hai chiesto di amarti e io l'ho fatto
scambiando le mie emozioni
per un contratto da rispettare
e quando sono andato via, sono arrivato lontano
l'altro me è morto.
sento la sua voce dentro la mia testa...
Non siamo mai stati vivi,
e non nasceremo di nuovo
ma non sopravviverò mai con
i ricordi morti nel mio cuore
Mi hai detto di amarti e l'ho fatto
legando la mia anima con un nodo
e portandomi a cedere
così quando sono andato via,
ho solo portato con me le mie cicatrici
l'altro me è andato
adesso non so a quale posto appartengo...
Non siamo mai stati vivi,
e non nasceremo di nuovo
ma non sopravviverò mai con
i ricordi morti nel mio cuore
Visioni morte nel tuo nome.
dita morte nelle mie vene.
Ricordi morti nel mio cuore.