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Autore: summers001    08/07/2016    5 recensioni
Captain Swan | AU | Nel mondo reale senza magia.
Dal testo:

"Allora," fece la poliziotta sexy "chi è lo sposo?"
Dal fondo della sala partirono una serie di urla di ragazzi e uomini più adulti che gridavano una serie di "io, io, io" per cercare di convincere la spogliarellista.
L'uomo alzò la testa al cielo e cominciò a ridere. Si morse le labbra quando vide la spogliarellista scendere le scale con fare aggressivo ed avvicinarsi. Gli si sedette addosso, mentre dal fondo della sala qualcuno ululava.
L'amica gli passò sul tavolo una serie di banconote. L'uomo le strinse, non sicuro di voler mettere le mani in tutta quell'abbondanza.
"Che direbbe tua moglie?" gli sussurrò la spogliarellista.
"E chi lo sa!" rispose l'uomo quasi intimorito. Non s'aspettava di scoprirsi timido in quella situazione.
"E dai, Killian!" lo spronò l'amica, che s'avvicinò alla spogliarellista e le infilò un paio di banconote nel reggisenoA Killian faceva comodo di sicuro avere un'amica lesbica e così estroversa. Non sapeva infatti cosa aspettarsi per il suo addio al celibato e a tutto poteva pensare eccetto che ad uno strip tease.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2.

18 aprile 2016, l'una di notte.
Precisamente all'una ed un minuto, all'uscita dal locale, dieci metri dopo aver superato il buttafuori Ruby si accovacciò per terra, si tirò su i capelli e cominciò a vomitare.
Killian chiuse gli occhi. Lo sapeva, cazzo! Doveva convincerla prima ad andarsene via. "Coraggio, cammina." le fece prendendola per il braccio ed aiutandola a rialzarsi. S'avviarono verso la sua macchina a passo di lumaca. Le aprì la portiera di destra, la spinse a sedere e le rigirò le gambe dentro all'abitacolo.
"Dove andiamo?"
"A casa tua, no?" le disse ovvio prima di fare il giro dell'auto, raggiungendo il suo posto a sedere.
"Poi te ne vai?" chiese lei quando lui richiuse la portiera.
"No, resto con te." Killian mise in moto, poi aprì il cruscotto di davanti prima di ripartire. Tirò fuori una serie di sacchetti di carta. Così tanti che sembrava che avesse svaligiato un supermercato. Caddero tutti addosso a Ruby sulle sue gambe. "Prendine uno." disse Killian mandandoli a quel paese e rinunciando a risistemarli.
"E che ci dovrei fare?" chiese lei prima che le salisse un altro conato di vomito. Allora capì alla svelta e ci vomitò dentro. Killian non poteva togliere gli occhi dalla strada e non riuscì a seguire tutta la scena. Sapeva solo che l'indomani avrebbe dovuto usare quell'auto e che non voleva arrivarci con la puzza di vomito.
"Non farmi otturare il lavello come l'altra volta." disse Ruby, riferendosi all'ultima delle sue colossali ubriacature, quando aveva così tanto alcol nel sangue che non capiva neanche dove stesse vomitando cosa. Né tanto meno quando. Neanche Killian, che ovviamente era con lei, lo capiva in realtà. Il mattino dopo sapevano soltanto che non scendeva l'acqua dal lavandino e che dovettero infilare a turno una mano per tirare via sporcizia dalle tubature. Si ripromisero di non ubriacarsi mai più così tanto contemporaneamente.
"Non ti faccio neanche sporcare i capelli." la rassicurò Killian. Quindi continuò a guidare fin quando arrivarono a casa di lei. Lui cercò le chiavi nella sua borsa viola. Era forse l'unico uomo sulla terra a saper mettere mano nella borsa di una donna ed uscirne dopo pochi secondi col bottino.
"Sbrigati, sbrigrati, sbrigati!" gli mise fretta Ruby e non appena lui aprì se la fece di corsa sui dei tacchi vertiginosi fino al bagno. Di lì in poi la sentì solo vomitare. La rincorse fino a là dentro, aprì la porta e si voltò non appena la vide, intenta a... non essere poi così carina come al solito. Le raccolse i capelli con una mano e con l'altra la spinse via verso il water. Rimase lì accucciato accanto a lei per una buona mezz'ora.
"Che schifo di notte, scusa." fece lei che stava ancora abbracciando il water. Si sentì forte abbastanza da chiudere il coperchio, scaricare e sedersi accanto all'amico. Gli prese la mano e la strinse, in segno di ringraziamento.
"La futura signora Jones ne sarà contenta, non siamo stati ad uno strip tease in fondo." le fece l'occhiolino "E poi non è stata uno schifo." Alzò gli occhi al soffitto e cominciò ad immaginare di nuovo la spogliarellista. Non c'è niente di male nel pensare in fondo, no? Poi non vedeva la sua futura moglie da una settimana. Aveva accettato quello stupido accordo prima ancora di rendersi conto in che cosa consistesse. Ma poteva una donna immaginare cosa significasse? E Ruby poteva? Tutto quello che avrebbe voluto per la serata era alcol, alcol e tanto alcol per non pensare assolutamente e fargli abbassare il coso che aveva nelle mutande. Era sicuro che era stata lei a programmare tutto, lo streap, convincendo Ruby a portarlo in quel posto, solo per il piacere di torturarlo. Lei lo torturava sempre. E come lo torturava poi... Se la immaginava con un sorriso soddisfatto sulle labbra. Però s'era divertito in fin dei conti. Ah, quella ballerina!
"Alla fine ha deciso di prendere il tuo cognome?" chiese Ruby, ricordandosi di quella discussione avuta nel suo locale una settimana prima, in cui lei le aveva spiegato quanto il suo cognome fosse importante per lei. Decisamente troppo pesante per i suoi gusti, ma se era importante per lei... Sì, dai, in fin dei conti era comprensibile.
"E chi lo sa, lo scopriremo domani!" A Killian non dispiaceva alla fine. Anzi, le piaceva addirittura quella parte di lei: l'orgoglio. Ce l'aveva anche lui, era forte. All'inizio pensava che non sarebbero durati molto proprio per quello. Poi hanno imparato l'uno a convivere con l'orgoglio dell'altro. Da una parte però avrebbe voluto sentirsi più parte di una famiglia. Ed era per questo che si stava per sposare, no? Gesù, gli scoppiava la testa. E se fossero scoppiati?
"Vuoi dire oggi." precisò Ruby e questo non fece decisamente bene al suo mal di testa. Cominciò a pensare ad un bel pacco di aspirine. Dove le teneva Ruby? Il mobile in cucina. Guardò l'orologio e contò quanto tempo fosse passato dall'ultimo conato di vomito e se ce l'avesse fatta in tempo ad andare in cucina, prendere l'aspirina, sbattere la testa contro il muro e poi tornare.
"Già."
"Quanto manca?"
Ovviamente aveva già dimenticato che ora fosse. Rialzò il polso, guardò di nuovo l'orologio. "Dieci ore. Più del tempo che ti serve per vomitare tutto comunque." Purtroppo. Si disse che quell'ansia era solo legata alla sbronza. Ma quando mai un paio di birre l'avevano messo in ansia? Allora era decisamente colpa del matrimonio. Cavolo, non conosceva nessuno che si fosse sposato prima di lui. L'unica era Ruby, che non poteva farlo, se non da pochi mesi (grazie Obama!) e ovviamente ancora non l'aveva fatto. C'era un tale forse, che conosceva dal bar, un certo Robin, che si era sposato, ma sembrava tranquillo e rilassato prima delle nozze. Coi suoi colleghi non era certo in confidenza per poterglielo chiedere. Forse anche lui da fuori sembrava tranquillo e rilassato. Avrebbe davvero gradito un altro paio di giorni per poterci pensare per bene, stare con lei, convincersi che stava facendo la cosa giusta. Per lei. Non voleva che lei andasse incontro ad un'altra rottura o un altro abbandono.
"Magari con un'aspirina..." Ruby gli interruppe il filo di pensieri. Finalmente, comunque pensò. Riguardò l'orologio e ormai i conati erano più sporadici. Si alzò e decise allora di andare in cucina. Prima però Ruby alzò un dito e meno di due secondi dopo stava di nuovo vomitando nel water. Killian la raggiunse e le sollevò i capelli. Si risedette a terra vicino alla tazza e vicino all'amica.
"Quando smetti di vomitare." Le rispose. Non voleva di certo scendere a comprare altre pillole perché le aveva risputate tutte. E non era un medico, ma era abbastanza sicuro che non fosse l'ideale prendere due pillole per poi vomitarle. E poi avrebbero funzionato? Si ricordò di quando Milah aveva vomitato la pillola del giorno dopo ed erano stati nel panico per due giorni, non sapendo se doverne prendere un'altra o no e se avesse funzionato o no. Sorrise ripensandoci, perché in fondo, molto in fondo, era un bel ricordo. Automaticamente la testa gli volò alle sue prime volte. Erano anni che non ci pensava! Sembrava tutto perfetto all'epoca. Aveva quanti, diciott'anni forse? Quando le tette di Milah erano ancora belle gonfie, prima che decidesse di dimagrire e le si ammosciassero. Non poteva negare di essersi innamorato di quelle per prima. Non che dopo fossero diventate così terribili poi, ma erano decisamente meglio prima. Era solo un ragazzetto pieno di ormoni all'epoca. E comunque non era stata lei la sua prima.
Ah! La testa di nuovo! Aspettò che l'amica alzasse la testa dalla tazza. Doveva parlarne con qualcuno. "Ruby?"
"Che c'è?" chiede lei ancora disgustata. Sputò nel water un pezzo di patatina e fece un verso di disgusto. Che schifo, che schifo, che schifo.
"Sto facendo la cosa giusta?"
"In che senso?"
Killian guardò la patatina che era uscita dalla bocca di Ruby scivolare con lo sciacquone. Pensò a quella volta quando con Emma aveva mangiato le patatine sulla pizza. Se l'erano fatte portare a casa un giorno che erano rimasti a letto. Avevano abbassato le tapparelle e nascosto tutti gli orologi dalla sera prima, non volevano neanche sapere che ore fossero. Avevano fatto l'amore cinque volte, si era fatto un segno nero con un pennarello sul braccio ogni volta. Tra la seconda e la terza avevano chiamato una pizzeria e quelli gli avevano chiesto se sapesse che ore fossero e di aspettare. Loro avevano risposto ridendo di no. La pizza arrivò tra la quarta e la quinta. Andò Emma a recuperare gli scatoli, aprì prima quello della pizza, poi quello delle patatine, ci infilò una mano dentro e le rovesciò sulla pizza. Le urlò qualcosa appresso, chiedendole se fosse matta o cosa, ma alla fine scoprì che non era male e glielo disse. Lei gli sorrise mentre teneva ancora in bocca un cornicione e da lì cominciò la quinta.
Era successo solo tre anni prima.
Certo, ora non avrebbe più guardato alle patatine come prima. Avrebbe visto solo vomito. Ma a chi voleva darla a bere. Ma certo che le avrebbe mangiate ancora. Magari con Emma?
"E se non era lei che dovevo sposare?"



19 aprile 2013
Quella mattina Emma si svegliò mal volentieri davvero tardi per colpa di un pedinamento notturno. Le ci sarebbe voluto molto alcol ed un sedativo da elefanti per tornare a dormire ad un orario decente. Ed una nuova sveglia.
Accese la macchinetta del caffé, aspettò cinque minuti, mandò giù qualche biscotto e finalmente il caffé. Caldo, dolce. Buono. Si leccò le labbra, gustandoselo fino in fondo.
Poco dopo la porta cominciò a sbattere. Per la precisione, qualcuno dietro alla porta cominciò a sbattere un pugno contro la porta. Per la sua testa, sembrava che le stessero martellando nel cranio. Guardò l'orologio, allungò la testa verso l'agenda e ne concluse di non aver nessun appuntamento. A piedi scalzi ancora con la tazza in mano raggiunse la porta, che continuava a sbattere, e l'aprì.
"Tu di nuovo!" disse sorpresa. Tutti si poteva aspettare, persino quello che stava inseguendo l'altra sera, ma non Killian Jones davanti alla porta. Dopo quello che le aveva fatto, dopo averla resa ridicola davanti a tutti. Che aveva intenzione di fare? Affondare di nuovo il coltello? Strinse la tazza che teneva in mano e si chiese se fosse il caso di rovesciargli anche quella addosso. L'espressione "ustioni di secondo grado" aveva un sapore dolce.
"Swan, devi aiutarmi."
Emma stava per aprire bocca, rispondere di no, mai e poi mai, non se ne parla proprio, ma poi decise solo di chiudere la porta e basta. Problema risolto. Tirò un sospiro di sollievo.
"Ti prego!" gridò lui da dietro la porta e ricominciò a sbattervi il pugno. Emma fissò l'intonaco attorno allo stipite sbriciolarsi e raccogliersi come polverina bianca sulle mattonelle. D'accordo, non era così ingenua da credere di averla davvero scampata.
Chiuse gli occhi, aprì la porta e si stava già pentendo. Killian Jones sorrise e dio, aveva quel sorriso, i denti troppo bianchi, quelle fossette ai lati delle guance, gli occhi così luminosi... Emma poteva scegliere di richiudere la porta, infilarsi le cuffiette nelle orecchie, aspettare finché non se ne andasse e non rivederlo mai più. Oppure poteva rimanere là a fissarlo e farsi coinvolgere, sperare che alla prima occasione avrebbe avuto la forza di abbandonarlo. In entrambi i casi doveva fare i conti col fatto che le piacesse quell'uomo. Maledizione! Un'altra opzione era diventare insopportabile ed insostenibile, godere della sua presenza fino a quando non si sarebbe scocciato e sarebbe andato via. Questa faceva più al caso suo. "Cinquecento dollari al giorno." disse allora.
"Come? Sono troppi." disse lui con disappunto. Fece gli occhi da cucciolo ferito, con l'espressione supplicante e cavolo, quella doveva essere una sua tecnica.
"E va bene. Che è successo?" Ma che cavolo?! Quando aveva deciso di accettare? Vide Killian Jones sorridere di già, soddisfatto, sapendo che la sua tecnica aveva funzionato. Ma che cavolo? E doveva darla vinta a questo qui? Ma non se ne parla proprio. Era così bello però quand'era felice.
"Milah sta continuando a posticipare le nozze."
E boom! Emma s'era quasi dimenticata dell'elefante nella stanza. Milah quasi-Jones. Che deficiente, perché se l'era scordata? Per due microscopici secondi poi. Evidentemente troppi. Si arrabbiò prima con sé stessa e poi con lui. "Perché nessuno dei due parla con l'altro e venite entrambi da me? Per chi mi avete presa? Ti sembro un consulente matrimoniale?" blaterò e si allontanò dalla porta per non stargli di fronte, perché non sia mai che lui avesse notato che le tremeva un labbro quando era nervosa.
"Certo che no, guarda come sei ridotta." disse lui indicando lei prima e poi tutto il suo appartamento, il disordine e tutto il resto. Emma chiuse la porta della camera da letto che stava là vicino e s'appoggiò al muro.
"Seicento dollari al giorno." rettificò. Procedura ordinaria se insulti chi ti fa la bolletta.
Killian Jones la guardò stranito e sconcertato. "E' almeno legale?" chiese ironico.
E' legale prendermi in giro? Aumentarsi il compenso le pareva solo il minimo che potesse fare, si era limitata, avrebbe dovuto dire addirittura grazie!"Lo vuoi il mio aiuto sì o no?"
"Sii seria però." fece Jones e fu lui a diventare serio.
Emma sospirò. Perché si lasciava sempre coinvolgere? Poteva farlo per quegli occhi solo per una volta. L'ultima. E basta. "D'accordo. Spara."
"Dopo..." fece un gesto con le mani "quella sera, il suo capo le ha offerto una promozione a patto che lei partecipasse al suo stupido viaggio di lavoro in Egitto. E siamo al primo posticipo. Poi là s'è ammalata, sai la..."
"...maledizione."E ben le sta! Pensò Emma. Cavolo perché ce l'aveva con Milah? Lei non era altro che una vittima di quello spietato stronzo, come lei. No, anzi, stava per sposare lo stronzo. Era forse gelosa? Se la immaginò in un bagno in Egitto a piangere per posticipare le nozze. Che bel quadretto!
"Esatto. E' tornata dopo un mese. E siamo a quota due. Non abbiamo ancora deciso la data e lei continua a tornare tardi la sera. Mi dice che è lavoro ogni volta, ma non lo so, non le credo. E poi assumere te, sembra che cercasse soltanto una scusa per lasciarmi."
Killian Jones le si avvicinò. Stava fin troppo vicino, tanto che sentiva l'odore del suo dopobarba di nuovo. Emma sollevò una gamba poggiando il piede al muro, costringendolo ad allontanarsi e fare un po' di spazio. L'odore scomparve per un attimo. Jones fece un passo indietro, si spostò di lato e le si mise accanto. Ecco di nuovo l'odore.
Emma prese un respiro profondo. "E non ne ha trovate?" Commentò sarcastica. Poteva farle una lista lunga quanto una casa. Avrebbe potuto scriverle su una pergamena lunga due metri e poi crearci un cappio per strozzarcelo.
"Che posso dirti, sono perfetto."

E così alla fine Emma s'era messa a spiare la stessa persona che appena due settimane prima l'aveva ingaggiata per spiare il fidanzato, nonché il suo attuale mandante. Da rompersi il capo. Stava aspettando sotto l'ufficio di Milah quasi-Jones.
Stava là ormai da due ore, non sapendo di preciso a che ora sarebbe uscita. Persino il fidanzatino non lo sapeva. E parlando del diavolo. Killian Jones entrò nella sua auto di punto in bianco, abbaiandola con la luce gialla di cortesia.
"Che diavolo ci fai qui?" chiese Emma strofinandosi gli occhi.
Quello si contorse per riuscire ad entrare nel piccolo abitacolo. Era stretto, doveva ammetterlo. Forse era fatto apposta. La prossima volta si sarebbe chiusa a chiave e coi finestrini abbassati soprattutto.
"Posso dirti che hai un'auto ridicola?" disse lui. Neanche un buon giorno o buona sera o ciao posso entrare. Niente.
"Settecento." Emma rettificò.
"Che cosa? Continuerai ad aumentare la parcella ad ogni parola che dico?" si lamentò quello. E sì, perché aveva deciso che da quel momento in poi Killian Jones sarebbe stato solo "quello" per lei. 
E poi più o meno sì, l'idea era quella.
"Puoi chiudere bene la portiera o sei qui per farmi sgamare?"
Quello riaprì e chiuse meglio. La luce si spense. Perfetto, almeno. Emma fece finta di niente, pretese d'esser sola e continuò a guardare.
Quello cominciò a battere prima il piede sul tappetino, poi a tamburellarsi le ginocchia con le dita, poi a muoversi irrequieto. Sbuffava in più. Era impossibile lavorare così. Lo faceva apposta? Emma guardò verso di lui, che strinse le labbra e scrollò le spalle, come fosse tutto normale. Un bambino irrequieto, ecco cos'era!
Tornò a guardare verso il portone dell'ufficio di Milah quasi-Jones. Qualcuno aprì le porte a vetri. Emma recuperò la macchina fotografica dal sedile posteriore, cercando di evitare quanto più possibile quello, che occupava fin troppo spazio. Profumava di nuovo di dopo barba. Ma come faceva?
Puntò l'obiettivo, mise a fuoco, scattò qualche foto e continuò a guardare concentrata. C'era lei, la sua vittima, con un uomo anziano, forse lo stesso che aveva visto la sfortunata sera dell'appuntamento. Non ci aveva fatto troppo caso quella volta.
Quello stava diventando di nuovo irrequieto, se possibile ancora più di prima. Cercò di aguzzare la vista e muovere la testa, strizzare gli occhi, ma da quella posizione era quasi impossibile vedere bene a occhio nudo. Si addosso allora ad Emma, quell'odore di nuovo, le sfiorò la guancia con la barba e cercò di vedere anche lui attraverso la macchinetta. "Posso vedere?" chiese cercando di toglierle di mano l'obiettivo.
"No!" fece lei, strattonandolo. E cavolo, quell'attrezzatura costava soldi, e tanti!
Killian Jones si ritrasse, capendo che in questo modo non avrebbe cavato un ragno dal buco. "Per favore?" chiese allora, provando con un altro approccio. Come se fare gli occhioni da cucciolo l'avrebbe aiutato! Ma cosa credeva, che tutto il mondo gli girasse attorno?
Il breve, si fa per dire, battibecco le fece perdere di vista Milah quasi-Jones ed il suo accompagnatore, che si stavano pericolosamente avvicinando all'automobile. "Cazzo!" fece lei "Sta giù." Si sistemò il cappuccio dell'impermeabile nero in testa e scivolò sul sedile, dritta dritta con il sedere sul tappetino bagnato. All'improvviso sentì due labbra prenderle le sue. Spalancò gli occhi sorpresa e quello che vide fu un orecchio, il collo, i capelli di Jones e il maglione blu che teneva addosso. Evitò di ribellarsi per non fare casino, ma tutto quello che avrebbe voluto era prenderlo a sberle, un calcio nelle palle qualcosa. Intanto però non si poteva muovere. Allora per un secondo, un breve, brevissimo ma sufficiente per farla impazzire, secondo, chiuse gli occhi e schiuse le labbra. Sentì la punta della lingua di Killian Jones al centro del suo labbro superiore ed il sapore della sua saliva in bocca. Sapeva di fresco, di gomma da masticare e di acqua. Ed il suo sapore si mischiava a quell'odore muschiato di dopobarba che s'emava dritto dritto dalla carotide, dove la sua pelle era più calda, e creava una fragranza ed un'esperienza unica.
Emma, riprenditi. Hai baciato tanti altri, hai sentito l'odore del collo di tanti altri. E se invece baciassi quel punto preciso, dove sotto la pelle sentiva il pulsare del suo cuore, tra la trachea ed il muscolo, sotto la mascella, dietro l'orecchio?
Invece lui si stacccò e lo sentì, per fortuna, imprecare "Gold, brutto figlio di..." uscire dall'auto, non chiudere neanche la portiera e farsela di corsa per raggiungere la sua fidanzata. "Dove la sta portando?"
Oh dio, pensò Emma. Uscì, girò attorno al maggiolino giallo e raggiunse Jones, prendendolo per un braccio e bloccandolo. Lo strattonò indietro, ma lui non ne voleva sapere, così gli si parò davanti. "Killian," lo chiamò. Si rese conto di aver usato il suo nome per la prima volta. "va' a casa. Ci penso io."
Killian la guardò dall'alto. Sembrò pensarci un attimo mentre sbolliva, respirando faticosamente dal naso. "Grazie." le disse facendo cenno di sì con la testa.
Lo vide andar via, di nuovo senza salutare, a grandi passi guardando a terra, con una mano in faccia e l'altra a penzoloni affianco ai fianchi.
Era tenero. Ad Emma fece uno strano effetto al cuore. Si toccò poi le labbra senza neanche rendersene conto.

La sera successiva era di nuovo lì: stesso posto, stessa ora, stesso impermeabile nero. Un giorno avrebbe comprato un'altra auto meno vistosa. Per ora si accontentava di mettersi nascosta tra le piante che superavano le ringhiere dei giardini. Ovviamente era parcheggiata in una posizione diversa.
Guardò l'orologio. Erano le otto passate. Il giorno prima Killian Jones era arrivato almeno mezz'ora prima. Non si sarebbe presentato. La sorprendeva? Non era forse quello che s'aspettava? Non era quello che gli aveva detto? Non era quello che voleva? Guardò l'angolo della strada da cui se ne era andato il giorno prima. Niente.
Tanto male!
Aprì il portadocumenti nel cruscotto e recuperò un giornale. Lo girò sul retro, cercò una penna e cominciò a completare le parole crociate.
Si schiarì la voce. Dovevano essere ore che non parlava. "Dieci orizzontale..." fece scattare freneticamente un paio di volte la penna. Niente. Alzò gli occhi, nessun segno. Ok. "Undici...". Quella la sapeva. Cominciò a scrivere quando la portiera s'aprì e di nuovo saltò sul sedile, sorpresa dal rumore e dalla luce, pronta a lanciarsi al collo del suo ospite.
"Latte e panna, giusto?" chiese Killian Jones con due caffé in mano, con la testa e le braccia nell'abitacolo, piegato in avanti.
"Che cavolo!" gli diede un pugno.
"Ehi! Mi stavi facendo versare tutto."
"Dentro o fuori."
Lui non rispose e non si muoveva nemmeno. Emma si girò e lo vide che sorrideva con un'espressione da ebete malizioso sul viso. "Dall'auto!" precisò lei. Si fingeva esasperata, ma in realtà le piacevano le allusioni, le sue soprattutto, le piaceva che lui pretendesse di fraintenderla, che ci fosse quel gioco. Ecco cos'era! Un gioco, nient'altro che un gioco! Ovviamente dovette ripeterselo più volte prima di convincersi a mala pena.
Alla fine Killian Jones salì in auto, chiuse la portiera, le luci si spensero di nuovo. Passò ad Emma il caffé che le aveva portato e poi si mise a bere il suo. Emma pensò che Jones non avrebbe mai smesso di essere l'uomo dei caffé. Sorrise pensando al loro incontro. Chissà se già da lì aveva programmato tutto, si era accorto di essere seguito ed aveva deciso di versarle il caffé addosso. Le piaceva che fosse così furbo ed intelligente, non le era mai successo durante il lavoro: la maggior parte dei clienti erano semplicemente stupidi. Era impossibile non rendersi conto di una macchina fotografica gigante, che fa un casino del diavolo, che ti sta facendo foto a dieci metri di distanza.
"Da quanto sei qui?" chiese lui.
Emma si domandò invece se la sua domanda non fosse mirata a capire: 1) a che ora cominciasse a lavorare per raggiungerla prima, o 2) da quanto tempo la sua fidanzata stava facendo gli straordinari.
"Un'oretta." rispose lei sul vago.
Killian Jones fece cenno di aver capito. Si guardò attorno, giocherellò col bicchiere del caffé. Doveva pensare che era un mestiere noioso il suo. Trovò le pagine del cruciverba e la penna e cominciò a leggere. "Ah questa è semplice." fece lui e scrisse qualcosa a penna. Emma spiò: gli aveva completato la dannatissima dieci orizzontale.
Gli strappò il giornale di mano. Doveva finirlo lei. E poi una volta concluso quel lavoro non avrebbe voluto trovare delle tracce della sua presenza nella sua auto. Una strisciata di penna blu rigò a metà il cruciverba. "Ehi!" si lamentò lui. La penna gli finì sui jeans scuri. Richiuse il cappuccio e poi sfregò quel punto, osservando che non si fosse macchiato il tessuto. Ricominciò a guardarsi allora attorno irrequieto.
"Eri molto carina quella sera." disse poi lui, di punto in bianco.
Emma sapeva benissimo a quale sera si stava riferendo. Quella in cui credeva che non ci fosse davvero Milah quasi-Jones e che aveva deciso che una cenetta fuori non le avrebbe di certo fatto male, anzi tutt'altro. Due settimane prima. "Ah! Seicento." rispose lei. In realtà stava arrossendo, ma porca miseria non avrebbe mai lasciato che lo vedesse. Continuò allora a far finta di lavorare. In realtà sperava che Milah si facesse viva accompagnata a quell'uomo in atteggiamenti ben più che equivoci, che i due si fossero mollati, che Killian Jones avesse deciso di andare avanti e... E cosa? Ma andiamo. Quella cosa, quel gioco, le stava sfuggendo di mano.
"Oh, lascia stare la parcella." fece lui agitando la mano "Davvero." puntualizzò "Pensa, avevo quasi deciso di non dire niente a Milah."
Emma prese un respiro profondo, ma non ribatté. Non le piaceva essere paragonata a... quella. "Grazie." disse solo. "Stavi bene anche tu." ma non volle girarsi, non volle vedere che faccia stava facendo o quanto si sentiva soddisfatto del complimento.
"Come credi che sarebbe andata a finire?" chiese poi lui sorseggiando il suo caffè.
"Che cosa?" chiese lei. Ovviamente aveva capito, ma sperava che lui ci ripensasse e cambiasse il senso della sua domanda salvandola in calcio d'angolo.
"Immaginaci in un sistema parallelo," cominciò Jones, disegnando il suo mondo fantastico con le dita per aria "senza Milah, senza lavoro. Io e te a cena. Mi avresti invitato a salire a casa tua?"
"Neanche per idea." rispose allora secca Emma. Ovviamente ci aveva pensato, non a farlo salire a casa sua, al sesso. Ma non gliel'avrebbe detto. Mai, mai, mai. Neanche sotto giuramento, neanche davanti a testimoni o sotto tortura. A parte che non si sarebbe mai fatta torturare per una cazzata simile.
"Ma andiamo, ci saresti stata! Ti piacevo," disse. Emma si voltò allarmata, come diavolo l'aveva capito? E lei che cosa diavolo stava ammettendo a sé stessa? "e ti piaccio ancora, lo sentivo, sai."
E per lui era una cosa normale? Era normale starle così vicino ogni sera, invitarla a cena, baciarla, sapendo di piacerle e di essere fidanzato allo stesso tempo? Cos'era un pallone gonfiato che viveva dell'approvazione e dell'amore degli altri? "Te lo sei sognato." rispose dura. Si rese conto che oltre al bell'aspetto, quell'uomo aveva una lista di difetti lunga quanto una casa per davvero: partiva da questa insicurezza mascherata da auto ammirazione, la classica sindrome del fratello minore; il bisogno di certezze patologico, probabilmente legato ad un'insoddisfazione affettiva che la portava dritta dritta al prossimo difetto, che era l'incapacità di troncare un rapporto che non lo soddisfava. Quante cose si possono sapere da quattro battute ironiche messe in croce!
"L'avresti fatto!" confermò lui, che intanto aveva intuito un certo imbarazzo che, d'accordo, c'era, ma al quale Emma aveva smesso di pensare e porca miseria, ci stava ritornando a pensare.
"Non faccio salire nessuno da me." rispose secca di nuovo ed era una cosa che diceva sempre a tutti per fortuna: nessuno sale a casa mia, nessuno sa com'è casa mia. Eccetto i clienti è chiaro, ma quelli vedono solo una parte della casa. Per fortuna s'era allenata a lungo negli anni a ripetere quella tiritela.
"Ancora meglio!" incalzò lui. Che cosa, voleva chiedere Emma, ma la risposta le arrivò prima che potesse aprir bocca "L'avremmo fatto in auto! Dio, Swan, quanto mi saresti piaciuta!" fece quello eccitato.
Ad Emma corse un brivido dietro la schiena. Gli piaceva? Cacchio, ma che importava? Pensò di saltargli addosso, abbassargli i pantaloni e fare sesso lì, sul sedile del passeggero, vedere appannarsi i vetri e poi abbassare i finestrini, far entrare aria dopo. Però sì, doveva piacergli e quella Milah doveva essere la classica donna da due volte al mese, che stava sotto e sempre sul letto, che non sapeva di preciso bene che le succedeva, che voleva e che le piaceva. E questo doveva annoiarlo. Eppure stava ancora con lei. Beh forse l'amava davvero in fin dei conti. All'amore Emma non ci aveva pensato. Emma pensò a quanto potesse essere diversa lei da Milah, a cosa poteva esserci. La risposta fu sesso intenso senza amore, qualcosa alla nove settimane e mezzo e poi niente e poi se ne sarebbe sbarazzata, perché lei non era fatta per l'amore e forse Killian Jones, in fondo in fondo, tutte quelle battute, tutta quella malizia la usava anche per nascondere un bisogno patologico di amore. Ed ecco un altro difetto. Alla fine comunque Emma si riprese e schiarì la voce. "Stiamo spiando la tua ragazza!" disse.
"Fidanzata." corresse lui.
"Appunto!"
"Era tutto ipotetico."
Emma sorrise. Beh, chissà. "Sì, certo." Le sfiorò il pensiero di provarci con lui solo per dimostrare il suo punto.
"Ehi, sono fidanzato, ho anche dei piatti a casa." Killian Jones prese un altro sorso di caffé e poi si pulì le labbra con la lingua.
"Piatti?"
"E che ne so," scrollò le spalle "è la prima cosa che ti regalano quando ti fidanzi." Dal tono pareva un po' arrabbiato, la voce era diventata un crescendo di irritabilità. Si girò dall'altro lato e guardò fuori dal finestrino. Afferrò la maniglia per abbassare il vetro ma non lo girò. Strinse e basta. "Lo sapresti se non fossi così insopportabile." disse poi alla fine.
Emma lo fissò. Sapeva che c'era qualcosa che non andava. Avrebbe dovuto chiedergli che gli stava succedendo? Se per caso quelle visite inaspettate non nascondessero altro? Era questo quello che faceva la gente normale? Si stava facendo coinvolgere troppo. Sperò intensamente di risolvere al più presto quel caso e tornare poi alla vita normale. Lontano da Killian Jones, lontano da Milah quasi-Jones. Alla normalità. E come se qualcuno avesse ascoltato le sue preghiere, comparve la famosa fidanzata da sola, che s'avviava verso la sua auto.
"Sta' zitto." fece Emma, rompendo il silenzio.
"Lo vedi?" disse Jones girandosi verso di lei, ovviamente non avendo notato la donna che camminava per strada. Era distratto. Che non gli importasse? Però intanto Emma ci teneva anche che quella non sentisse la voce del suo fidanzato (che, per inciso, era strano come epiteto da associare a Killian Jones). Gli mise una mano sulla bocca e con l'altra gli indicò Milah che camminava furtivamente. I peli della barba di lui le tintillarono e punsero i polpastrelli ed il palmo della mano. Era stata con uno, una volta, tempo fa, che portava la barba allo stesso modo, un certo August. Si ricordò che le sarebbe piaciuto accarezzarla o spettinarla contro pelo, ma sarebbe stato un gesto troppo intimo e carino per poterlo fare. Emma abbassò la mano e se la lisciò sui pantaloni per cancellare quella sensazione, mentre Milah continuava a camminare. Si preparò a mettere in moto per inseguirla.
"Ora basta." disse Killian e prima che Emma potesse fermarlo, uscì dall'auto, la raggiunse chiamandola a gran voce per nome. Emma scese anche lei ma non lo seguì, guardò solo la scena. Le spalle di Milah si irrigidirono e ci mise una vita per rigirarsi. Aveva un'espressione mortificata sul viso e neanche tanto sorpresa. Jones la raggiunse, parlarono sotto voce per un po'. Vide lui alzare le braccia, lei avvicinarsi e toccargli le spalle e lui allontanarsi. Poi Jones urlò "Il signor Gold?"
Emma pensò che forse avrebbe dovuto avvicinarsi, quanto meno per assicurarsi che nessuno facesse del male all'altro. Li raggiunse rimanendo ad appena tre metri lontano da loro. Forse troppo vicino.
"Il signor Gold mi stava aiutando," replicò Milah disperata e dalla sua voce Emma capì che era innocente, che non aveva fatto niente, che lui l'avrebbe perdonata e che si sarebbero sposati. Beh che si aspettava? "voleva presentarmi ad un medico che... Un ginecologo perché, sai..."
"Che cosa?" urlò Jones, esasperato che una volta e per tutte voleva vederci chiaro.
"Ti ricordi quando un anno fa credevo di essere incinta? E che poi l'ho perso?"
Lui fece sì con la testa, già più calmo.
"E se magari non potessi avere figli? E se per qualche strana ragione noi non... Volevo essere sicura che tu sposassi una donna che potesse darti un figlio. Ecco tutto." e Milah cominciò a piangere. Jones la raggiunse in meno di un secondo, esclamando solo un "Oh dio." ed abbracciandola.
"Milah," fece lui, che ancora la stringeva e se la accarezzava "l'hai sentito il dottore, capita al 90% delle donne la prima volta."
"Sì, lo so, lo so." fece lei come se stesse ascoltando una vecchia nenia, che lui comunque pazientemente le ripeteva. "Ma non può certo guastare, ti pare?"
"Tu sei pazza!"
Un velo di tristezza coprì gli occhi di Emma. Si sentì improvvisamente imbarazzata davanti a quello scambio di effusioni dolci e tenere. Guardò a terra e calciò una ghianda sull'asfalto. S'immaginò di essere al posto di lei, di doversi sposare presto, di farsi prendere dal panico e farsi abbracciare e consolare. S'immaginò di piangere ed essere stretta tra un paio di braccia che la cullavano. Mise le mani in tasca e diede un altro calcio alla stessa ghianda.
Milah stava ancora singhiozzando, ma intanto rideva e sorrideva, mentre lui non emetteva un suono. Quando si staccarono la donna la chiamò. "Signorina Swan!" Emma alzò la testa e la guardò e stava ancora abbracciando Killian Jones, che aveva gli occhi azzurri e le pupille gonfie, gli angoli della bocca inclinati in basso e le sopracciglia strette al centro sopra al naso. "Sembra che ci stia aiutando a salvare il nostro matrimonio ogni volta!"
Salvare.
Il bacio di lui della sera prima le colpì la memoria come una lama. Voleva sentirselo dire da lui. Dimmi che sei felice che ho salvato il tuo matrimonio. Killian continuava a guardarla con la stessa espressione, come una preda o come un nemico. Emma aggrottò le sopracciglia anche lei e lo guardò in sfida. "Già!" rispose.
Poi Milah prese di nuovo Jones per mano, lo tirò giù per il collo e sorridendo gli diede un bacio. Ora lui era girato di spalle.

Emma rimase a guardare senza riuscire ad ammettere che avrebbe tanto voluto essere al posto di quella. 


 




Angolo dell'autrice
Buon giorno! 
Io mi sono da poco ripresa dalla fine de "il mio posto", e voi? Tuttavia, voglio anche mettere in pratica tutto quello che ho imparato con quella storia e scriverne un'altra con più attenzione. E così continuiamo! *canticchia la siglia di how I met your mother*
Che ve ne pare? Ho notato di aver suscitato meno interesse di quanto l'altra ff ne avesse fatto all'inizio, quindi vi rimando la palla e vi chiedo se c'è qualcosa che non vi piace (trama a parte ovviamente!) e che posso migliorare, quindi recensioni? :-) 
I migliori saluti a voi, buone vacanze e VVB! :*

  
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