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Autore: Caroline94    08/07/2016    3 recensioni
{Gajeel non aveva mai pensato di trovarsi seriamente una donna, men che mai di mettere su famiglia. Quei pensieri non si addicevano al grande Kurogane, il temibile Dragon Slayer del Ferro.
Lui adorava il combattimento, il fracasso delle lotte, le ferite sulla pelle, il sangue dei propri nemici sulle mani… queste erano le cose adatte a lui. Non aveva tempo per le ragazze, figuriamoci per una fidanzata.
Però, quando si ritrovò tra le braccia quel fagottino avvolto in una coperta color pesca, pensò che forse il combattimento poteva anche aspettare.}
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Perché adoro torturare Gajeel❤
Genere: Comico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil Redfox, Levy McGarden, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gajeel non aveva mai pensato di trovarsi seriamente una donna, men che mai di mettere su famiglia. Quei pensieri non si addicevano al grande Kurogane, il temibile Dragon Slayer del Ferro.
Lui adorava il combattimento, il fracasso delle lotte, le ferite sulla pelle, il sangue dei propri nemici sulle mani… queste erano le cose adatte a lui. Non aveva tempo per le ragazze, figuriamoci per una fidanzata.
Però, quando si ritrovò tra le braccia quel fagottino avvolto in una coperta color pesca, pensò che forse il combattimento poteva anche aspettare.
Non ricordava quando esattamente l’avesse concepita, specialmente con chi fosse avvenuto tale concepimento, sapeva solo che lei era lì. E questo bastava.
Chi lo avrebbe mai detto che lui, il temibile Gajeel Redfox, un giorno si sarebbe sciolto di fronte ad un viso paffuto.
Chiuse gli occhi ed ispirò a fondo: la sua bambina sapeva di vaniglia e inchiostro.
Inchiostro… quel profumo lui lo conosceva, lo avrebbe riconosciuto tra mille. Alzò lo sguardo ma non incontrò le due pozze color ambra che si aspettava. Non c’era nessuno. Solo lui e lei.
Riabbassò lo sguardo e strofinò il naso pieno di piercing su quello della bambina. Una sensazione magnifica. Si chiese perché non ci avesse mai pensato prima… scosse la testa, dopotutto era ancora giovane: aveva meno di 21 anni e il fatto di essere cresciuto con un Drago (perennemente acido e serio) spiegava il suo poco tatto e il complicato approccio con le persone.
Diciamo pure che Gajeel non brillava per la sua arte oratoria. Ma quando voleva era capace di tirar fuori frasi e discorsi poetici e profondi.
Appunto, quando voleva.
Appoggiò la fronte a quella della sua piccola e chiuse gli occhi. Non si accorse di essersi assopito finché non li aprì nuovamente, trovandosi steso in mezzo ad un prato circondato dai mulini.
Quando aveva lasciato la stanza? E perché era lì?
Provò ad alzarsi, confuso, ma un peso sul suo petto lo fece desistere: coricata su di lui vi era lei. La sua bambina.
Era più grande di quanto ricordasse. Quanto poteva avere: un anno? Due?
Non lo aveva nemmeno visto passare quel tempo. Gli occhi erano grandi e di quell’ambra che lui, lo sapeva, avrebbe riconosciuto tra mille insieme al profumo di carta e inchiostro. I capelli erano neri, come i suoi, e lo osservava curiosa giocando con i suoi lunghi capelli che il vento spettinava. Osservandola un sorriso gli spuntò sulle labbra, inconscio. Faceva tenerezza. Il sole spuntò oltre una nuvola illuminandoli e la bambina alzò lo sguardo su di lui, attirata dai riflessi del sole sui piercing che gli costellavano il viso, continuando a tenere in mano una ciocca di capelli corvini.
I suoi occhi erano più grandi che mai mentre rimaneva ipnotizzata da quel gioco di luci che creavano le sfere di ferro incastonante nella pelle dell’uomo. Gajeel si ritrovò a ridere dell’espressione della figlia, pensando quanto dovesse essere interessante per una bambina un volto che brilla al sole.
Si ristese sull’erba e chiuse gli occhi, stringendo a sé quel piccolo fagottino che protestava con voce dolce e acuta… voce che acquistò piano piano intensità e volume.
“Accidenti, lo sapevi che dovevo andarci oggi!” esclamò poi facendolo sobbalzare. Si alzò di scatto e strinse le braccia al petto: non c’era nulla. Dov’era la bambina? Si guardò intorno freneticamente: era su un divano, in una casa.... già, ma quale casa?
Non aveva mai visto quel posto e rimase a guardarsi intorno stordito per due minuti buoni prima che un paio di occhi ambrati, molto minacciosi, gli si parassero davanti agli occhi.
“Mi ascolti quando parlo?” chiese la ragazza davanti a lui. Quanti anni poteva avere? Sedici? Forse quindici… però quegli occhi li conosceva bene.
Ma quanto aveva dormito?
I capelli neri erano perfettamente lisci e le arrivavano alla schiena, aveva le mani puntellate sui fianchi e lo guardava arrabbiata… decisamente arrabbiata.
“Papà!” sbottò. Lui trasalì a sentirsi chiamare così.
Il primo istinto fu di chiedere scusa, aveva avuto pessime esperienze con le donne (per non citare un’isterica guerriera coi capelli rossi ed una bionda con manie di protagonismo capace di farti diventare una statua da giardino se le girano), però voleva sapere perché fosse arrabbiata… ma soprattutto quando fosse cresciuta in quel modo. Boccheggiò per un attimo e tutto ciò che riuscì a pronunciare fu un “Eh?”
La ragazza gonfiò le guance, indispettita, e Gajeel ebbe un tuffo al cuore: quell’espressione… si, esatto, avrebbe riconosciuto tra mille anche quella.
Che fosse davvero come pensava? Che fosse… lei?
Si guardò di nuovo intorno alla ricerca di quella inconfondibile capigliatura ribelle ma non vi era nessuno, oltre loro due.
“Insomma!” esplose la ragazza, facendolo sobbalzare “È da una settimana che ti dico che oggi ho un appuntamento. Come hai fatto a dimenticartene?”
Appuntamento? E con chi? Dove?
“Che?” disse, confuso “E con chi?”
La ragazza lo fissò sbigottita poi scosse la testa rassegnata: “Siete un caso perso, tu e quell’altro” disse dandogli le spalle mentre s’incamminava verso la porta.
L’altro?
“Meno male c’è la mamma, altrimenti chissà dove sarei andata a finire” borbottò uscendo e Gajeel non ebbe nemmeno il tempo di protestare. Sbatté semplicemente le palpebre, stavolta, e si ritrovò in un luogo completamente diverso da quella casa.
Era… in un parco? Si, era proprio un parco. Il parco di Magnolia, più precisamente, e lui era appoggiato ad un albero.
Ma che ci faceva lì? Era pure sera.
Sentì delle voci alle proprie spalle e tese le orecchie (non che ce ne fosse bisogno con l’udito di Drago, già fino di suo, che si ritrovava) e riconobbe quello cristallino della figlia… ma l’altro chi era?
Era una voce maschile, di questo era sicuro, ed aveva una nota ben celata ma che lui conosceva bene… solo che ora gli sfuggiva. Si sporse leggermente, per non essere visto, e scrutò la coppia: era ferma sotto un albero, un bel ciliegio fiorito, lei in piedi davanti ad esso, le mani dietro la schiena e il sorriso sulle labbra. Lui era poggiato al tronco, davanti a lei, e Gajeel sbarrò gli occhi quando lo vide: poteva avere sì e no un paio d’anni in più di lei, aveva un sorriso inconfondibile, dei capelli ribelli di un rosa antico anche troppo conosciuto e una sciarpa a quadri verde pallido. Riconobbe anche l’odore di bruciato che emanava, solo gli occhi, di un caldo castano che lui associò ad una pettinatura bionda e delle orecchie da coniglio, gli fecero capire che non era lui in persona.
Non ci voleva credere.
La sua bambina che usciva con… la prole di quel fiammifero!
No, doveva essere un incubo. Continuò a guardare la scena imbambolato mentre i visi di quei due si avvicinavano. Provò ad intervenire ma si accorse di non potersi muovere, cosa che aumentò il suo senso di panico.
“Gajeel?”
Una voce lo fece sobbalzare, la conosceva ma in quell’istante gli sfuggiva, senza contare che era solo. Non c’era nessuno che avrebbe potuto chiamarlo. Forse se l’era immaginato.
Tornò a guardare i due: adesso erano decisamente troppo vicini.
“Gajeel!”
Provò a parlare ma non gli uscì alcun suono, senza contare che la voce si era fatta più insistente. Ma chi era?! E perché quei due non la sentivano?
“Gajeel! Per Gildarts, svegliati!”
Svegliarsi?
Il tempo si fermò, come se qualcuno avesse schiacciato il tasto pausa, e l’immagine che aveva davanti svanì, trascinata come sabbia al vento.
 
Fairy Tail quella mattina era più tranquilla del solito, fosse perché Natsu era appena tornato da una missione e quindi se ne stava in un angolo a scontare le sofferenze dovute al viaggio in treno non si sapeva, però quella rara quiete era addirittura… piacevole.
Levy era seduta al bancone con Lucy e Mira, sorseggiando un succo all’arancia, mentre la bionda le stava parlando dell’ultimo libro che aveva letto e la barista puliva alcuni boccali ascoltando con interesse. Qualche metro più in là Cana si stava scolando il secondo barile di saké della mattina con Erza accanto che mangiava tranquillamente una fetta di torta alle fragole.
Gray stava passeggiando per la Gilda lasciandosi una scia di vestiti dietro che, puntualmente, Juvia raccoglieva supplicandolo di rimetterli. Il tutto sotto lo sguardo indagatore di Wendy che, avendo ben poco da fare, si divertiva a guardarli.
Insomma, una mattina come le altre.
O meglio, lo sarebbe stato se Gajeel non fosse entrato quasi sfondando il portone. Tutti trasalirono e per poco Levy non si strozzò col succo mentre si girava a guardarlo: era incazzato, lo si vedeva.
Fece scorrere lo sguardo tra quello allibito dei presenti fino a soffermarsi su una figura in fondo alla stanza.
“Fiammifero!” ruggì facendo trasalire per la seconda volta tutti, sorpresi da quell’urlo improvviso. Ignorandoli, il ragazzo si fiondò sul malcapitato, ancora agonizzante sul tavolo, che alzò la testa mezzo stordito sentendosi interpellato. In meno di qualche secondo si ritrovò addosso Gajeel che lo insultava, apparentemente senza motivo. Il corvino lo afferrò per la sciarpa e lo tirò su, gli occhi rossi che mandavano saette da far invidia a Luxus.
“Tieni la tua prole lontano da mia figlia!” sbraitò.
Lo sguardo di tutti si tramutò da allibito a scioccato, non credendo alle proprie orecchie.
“Non so di cosa tu stia parlando” rispose l’altro, ora ben sveglio e pronto a infilarsi in una rissa “Ma se le vuoi prendere ti accontento”
Nel giro di pochi istanti iniziarono a volare tavoli e sedie, coinvolgendo mezza Gilda in una rissa coi fiocchi… che si trasformò in un massacro quando Evergreen spedì Elfman proprio su Erza, mandando la sua torta sul vestito nuovo di Mira. Le due donne si presero solo il tempo di realizzare la cosa prima di trasformarsi, chi in Satan Soul chi in Satan Erza, e mietere tutte le vite che si trovavano sotto tiro.
Insomma, una giornata normalissima.
Lucy, Levy e Juvia osservavano la scena dal bancone, schivando sedie e persone di quando in quando. Juvia stava facendo il tifo per il suo Gray-sama, mentre Levy continuava a bere il suo succo.
“Ma da quando Natsu ha un figlio?” domandò Lucy perplessa.
“Da quando Gajeel ha una figlia?” la corresse Levy. Le due ragazze si guardarono prima di scrollare la testa.
Quei due trovavano ogni scusa buona per darsele.
 
 
Angolino della demente:
Non chiedetemi come mi è venuto, non lo so nemmeno io: in questi giorni ho l’ispirazione.
E via, GajEvy a manetta! Persino Gajeel è un fan della NaLu xD
Ma abbandoniamo gli scleri… per ora.
Boh, spero vi sia piaciuta. Sinceramente non so cosa pensare, e se tiro fuori l’autocritica questa storia non vedrà mai la luce.
Con vostro sommo rammarico, temo che ci rivedremo presto ^^
Con affetto,
il vostro peggior incubo💛
   
 
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