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Autore: Cioppys    09/07/2016    1 recensioni
[HanaRu]
Sbuffo. Ultimamente ho strani pensieri per la testa.
Dovrei essere felice per come mi stanno andando le cose – sono insieme alla persona che amo, riprenderò a giocare a basket – eppure è come se mancasse qualcosa, o che ci sia qualcosa di sbagliato. Ci sono momenti in cui mi sento tremendamente insoddisfatto, di tutto e di tutti, e fatico a capirne il motivo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Alla Luce del Sole
di Cioppys

 

Capitolo 2

Usciamo dalla stazione che sono quasi le undici di sera e troviamo la zona più affollata che mai: sembra che in questo angolo di mondo si sia riversato l’intero Giappone. Io e Haruko ci facciamo trasportare dalla corrente, in direzione del mare, luogo in cui ci sarà uno spettacolo pirotecnico allo scoccare della mezzanotte.
Stiamo parlando del più e del meno, quando sento qualcuno che mi chiama.
Mi volto e vedo arrivare Ryota accompagnato da Ayako. Subito dietro scorgo Mitsui e… Rukawa?
Sono sorpreso: non sapevo che frequentasse i compagni di squadra al di fuori del campo da basket.
«Che ne dite di unirvi a noi, piccioncini?» propone Mitsui, sottolineando con ironia l’ultima parola.
Ammetto che in un primo momento ho avuto l’impulso di rispondere un “no” secco, volendo trascorrere la serata solo con Haruko. Poi, quando il mio sguardo ha incrociato per un istante quello della Volpe, in me è scattato qualcosa: rimanere con loro mi avrebbe permesso di stare con lui. E la consapevolezza di ciò è stato come un pugno in pieno stomaco.
Ora, che cazzo è questo desiderio impellente di voler passare del tempo con Rukawa?
No, no, devo essere completamente impazzito!
Comunque, non faccio in tempo a prendere una decisione che Haruko sta già parlando con Ayako. Come a dire: non c’è nessun problema, e poi più siamo, più ci divertiamo! Io alzo le spalle e mi scambio con un cinque con Ryota e un cenno con Mitsui, mentre Rukawa è fermamente impegnato a fissare il terreno.
Non resisto, io devo provocarlo. «Ehi Volpe! Cosa c’è di così interessante sull’asfalto?».
Per un attimo sembra irrigidirsi, poi sospira.
«Do’aho».
Oh! Il primo dito della seconda mano! Un vero record!
Non faccio in tempo ad aprire bocca per ribattere che lui ha girato i tacchi e si allontana, perdendosi tra la folla.
Lo ammetto: sono semplicemente sconcertato da codesta fuga. Perché si, di una fuga si tratta, è palese.
Ayako punta le mani sui fianchi. «Possibile che voi due non riuscite proprio ad andare d’accordo? Ancora non so come, l’abbiamo convinto ad uscire con noi e tu, con un solo stupido commento, lo fai innervosire?» mi rimprovera.
Seccato, infilo le mani nelle tasche. «Uffa! Che lagna che sei! Avessi detto chissà cosa!».
Non passa un secondo che sento un dolore lancinante sullo stinco, dove Ryota mi ha dato un calcio!
«Ahia! Maledetto Nano! Mi hai fatto male!» esclamo, contrariato.
Lui mi mostra un pugno. «Prova ancora a dire una cosa del genere alla mia Ayakuccia e vedi che ti faccio!».
«E chi sarebbe “tua” scusa?».
Mentre gli altri – ad eccezione di Ryota – ridono alla riposta di Ayako, inconsciamente mi stacco dal gruppo vado alla ricerca di Rukawa. Alla solita domanda “perché cazzo lo stai facendo” ovviamente non ho risposta.
E come un mantra continuo a ripetermi: da quando mi frega qualcosa di quella stupida Volpe?
Certo che, con tutta questa gente, non sarà facile trovarlo. Ed infatti è più di venti minuti che giro a vuoto come un imbecille, senza uno schema preciso, per le vie della zona. Ormai avrò percorso la strada che va dal mare alla stazione e le vie limitrofe due volte, andata e ritorno, nella speranza di intravedere un ragazzo moro racchiuso come un sacco in un lungo cappotto grigio. Mi fermo un attimo a pensare dove la Volpe possa essersi rintanata, ma non mi viene in mente nulla. Il che è impossibile: sono o non sono il Genio? Qualcosa dovrà pure venirmi in mente, no? E invece niente. Il vuoto più assoluto.
Più il tempo passa, più inizio a pensare che sia tornato a casa. E ormai non manca molto a mezzanotte.
Alla fine decido di tornare dagli altri,  i quali si staranno chiedendo che fine abbia fatto pure io. La speranza è che non si siano mossi dal punto in cui li ho lasciati, altrimenti non troverò più nemmeno loro!
E’ quando passo davanti ad un piccolo parco che ho l’illuminazione.
Quale posto migliore per stare tranquillo e lontano dalla gente, se non in un parco semideserto?
Non ci penso due volte e mi fiondo all’interno, iniziando a girare per i vialetti e guardandomi avidamente intorno, ma non vedo nessuno. Nel momento in cui torno al punto di partenza sono deluso, ma soprattutto arrabbiato.
Sto solo perdendo tempo!
«Ma dove cazzo ti sei cacciata, stupida Volpe?!» urlo, pugni stretti, al cielo.
Mi volto per uscire ed eccolo lì, fermo davanti a me, immobile.
Rukawa mi guarda, dritto negli occhi, come stupito di vedere che sia proprio io quello che lo sta cercando.
Io, invece, aspetto in silenzio che mi dica qualcosa, qualsiasi cosa.
Per la prima volta, lo ammetto: speravo che dopo la partita contro il Sannoh il nostro rapporto sarebbe cambiato. Mi immaginavo di giocare insieme come buoni compagni di squadra, quasi amici, e smettere di litigare in continuazione… beh, forse quello no, considerando che un nostro modo di esprimerci.
Resta il fatto che il nostro rapporto è davvero cambiato, ma non come mi aspettavo: è addirittura regredito.
In particolare, questo suo atteggiamento scostante, fa male.
Ad un certo punto, lui abbassa la testa e fissa il terreno.
«Do’aho» sussurra.
Ok, due volte in una sera è più di un record, è un miracolo. Però da mesi non sa dirmi altro, e la cosa mi infastidisce parecchio. Cos’è, gli si è resettata la memoria del vocabolario? Di sicuro quella che mi riguarda perché con le altre persone, seppur poco, parla normalmente!
Al diavolo tutti i buoni propositi!
Mi fiondo su di lui e lo afferro per il colletto del cappotto, sbattendolo con la schiena contro il tronco di un albero.
«Si può sapere che cazzo ti prende?» gli urlo, ormai fuori di me. «Mi ignori, e quelle rare volte che non lo fai sai darmi solo dell’idiota! Dov’è la stupida Volpe che conoscevo? Dannazione, la rivoglio!».
Quello sfogo ha avuto l’effetto di farmi sbollire un po’ di rabbia, ma l’agitazione permane. Sento le spalle contratte, le braccia rigide e il mio respiro pesante. Con frequenza regolare si forma una nuvola bianca davanti alle mie labbra che si mischia con quella emessa da Rukawa, tanto i nostri volti sono vicini.
Ero pronto alla sua reazione violenta, per cui quando lo vedo arrossire rimango decisamente spiazzato.
Rukawa approfitta del mio attimo di distrazione per spingermi lontano di un passo. Io però reagisco con prontezza e lo afferro per un braccio, mentre con l’altra mano blocco il pugno che mi sta per arrivare in faccia. Con una mossa, gli torco la spalla e lo faccia girare, sbattendolo ancora contro il tronco, stavolta di petto.
«Ora basta! Mi sono davvero stancato!» gli grido nell’orecchio. «Cazzo, vuoi parlarmi?!».
Lo sento divincolarsi e poi irrigidirsi quando, spostando maggiormente il mio peso su di lui, cancello ogni speranza di fuga. Rimaniamo in questa posizione per un tempo indefinito, ovviamente in silenzio.
Sbuffo, spazientito. «Senti, lo so che tra noi due non c’è poi questo gran rapporto» inizio a parlare, non sapendo bene nemmeno che dirgli. «Però, dannazione, non possiamo continuare così! Siamo o no compagni di squadra?».
A quel punto mollo la presa e faccio due passi indietro. Osservo la sua schiena mentre muove la spalla e si massaggia il braccio nel punto in cui lo tenevo stretto, forse troppo. E, come prima, rimango in attesa anche solo di una parola.
Perché mi sento così triste? E’ la mia nemesi, cazzo!
Eppure capisco solo ora quanto conti per me questo rapporto.
Non importa che siano solo schermaglie verbali o anche fisiche, con calci e pugni. Non importa che non siamo in grado di fare un discorso senza insultarci almeno una decina di volte. Non importa nemmeno che ogni volta che professo il mio Genio, lui mi contraddica con quel modo di fare glaciale e indisponente.
E’ il nostro rapporto.
E se non si evolve, allora preferisco che rimanga così, piuttosto che regredire a questo. Non mi piace. Per nulla.
Mi passo entrambe le mani nei capelli, esasperato, per poi lasciare che ricadano lungo il corpo.
«Basta! Me ne vado!» esclamo, incamminandomi verso l’uscita.
Faccio in tempo a fare qualche passo quando due braccia mi cingolo la vita e una testa si appoggia tra le scapole.
«No, aspetta» sussurra Rukawa, fermandomi.
Sono sbigottito da questo abbraccio, perché si, la stramaledetta Volpe mi sta abbracciando.
Il primo istinto è quello di allontanarlo il più possibile da me, con sdegno, ma quando una sensazioni sconosciuta si impadronisce del mio stomaco nello stesso istante in cui le gambe mi cedono leggermente, spalanco gli occhi.
E’ questo il fatidico sfarfallio? E’ strano, ma inebriante. Il mio cuore perde un battito, poi sembra galoppare.
Ci sono tante domande che mi frullano in testa, ma non le voglio sentire, non ora.
Chiudo gli occhi e assaporo l’intensità di questo momento.
Senza accorgermene, le mie mani cercano le sue e le stringono. Appoggiato a me, Rukawa sussulta.
Sono i botti dei fuochi artificiali a spezzare l’incanto. Senza che ce ne accorgessimo, è giunta mezzanotte.
Sollevo le palpebre e osservo i lunghi filamenti che colorano di tante sfumature il cielo nero.
«Beh, buon anno Volpe».
Sento il suo viso staccarsi dalla mia schiena.
«Buon anno Hanamichi».
Come mi ha chiamato?
Mi volto verso di lui, tanto basta per perdermi in quei pozzi blu che sono i suoi occhi.
Ma è il lieve sorriso, appena accennato sulle sue labbra, a far crollare ogni barriera.
Non so cosa sia successo esattamente, se sia stato solo Rukawa a sporsi o anche io mi sia avvicinato. L’unica cosa certa è che la distanza tra di noi si è annullata e ora ci stiamo baciando, senza alcuna remora.
«Hanamichi, ma cosa…».
Una frase si interrompe fra i singhiozzi. Una voce che conosco molto bene.
Mi volto e la vedo: Haruko.
Ayako è al suo fianco, ed entrambe ci fissano ad occhi sgranati, ma nello sguardo di quella che è la mia ragazza c’è molto altro: delusione, tristezza, forse anche odio per ciò che ha visto. Non faccio in tempo ad elaborare un solo pensiero che lei gira i tacchi e corre via. Dovrei seguirla, ma rimango lì, imbambolato, con Rukawa che tiene ancora un braccio intorno alla mia vita.
Ayako si avvicina e mi rifila uno schiaffo, così forte da voltarmi la faccia dall’altra parte.
«Ma che diavolo stai facendo?!» esclama.
Quel gesto e quelle parole mi riportano con i piedi per terra: mi libero da Rukawa e corro dietro alla mia ragazza.
Subito fuori dal parco incontro Ryota e Mitsui che, sorpresi, mi chiedono come mai Haruko stesse scappando piangendo. Io li ignoro e proseguo per la mia strada, ma l’ho persa di vista e non la trovo da nessuna parte. Decido quindi di andare a casa sua, ma quando arrivo mi manca il coraggio di suonare il campanello. Rimango lì, in strada, per non so neanche quanto tempo, pieno di dubbi e pensieri, prima di incamminarmi mesto verso casa.

Continua

 

  
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