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Autore: soffio di nebbia    12/07/2016    2 recensioni
Non sapeva quanto tempo fosse trascorso da quando aveva perso i sensi, ma la sua impressione era quella di aver dormito per ore intere, se non addirittura per giorni.
Gli ultimi ricordi che aveva erano quelli legati all'ultima battaglia combattuta al fianco dei compagni. Era stato colpito al petto da un attacco talmente potente da non aver nemmeno sentito dolore. Ricordava di aver sentito confusamente i suoi amici gridare il suo nome, poi il nulla.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Shun, Pegasus Seiya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'ultima battaglia


Un arcobaleno di eternità
Attraversa la Sacra terra.

Le stelle luccicano, brillanti.
Dolore, affanni, sofferenza...
Tutti ne saranno liberati
Nel Giardino del Regno degli Dèi

(Kami no en del Regno)


Grida. Sangue.
Il cielo tinto di fiamme è il solo testimone dell'ennesima battaglia che si combatte lontano dagli occhi dell'umanità.

Ma questa volta i nemici della Giustizia sono troppo potenti anche per i Cavalieri di Athena.
Lacrime di impotenza bagnano le guance della Dea mentre un cosmo carico di disperazione si scontra contro il suo, invocando una speranza che nemmeno lei riesce più a trovare.
I suoi protetti continuano a lottare anche se sono allo stremo delle forze, anche se le armature sono distrutte e loro stessi faticano a reggersi in piedi.
I minuti scorrono con una lentezza esasperante mentre gli attacchi si susseguono uno dopo l'altro.
Ad un certo punto, un'esplosione di energia devastante si abbatte su uno di loro, scagliandolo con violenza contro una parete rocciosa. Qualcuno grida il suo nome, ma il giovane Cavaliere è già troppo lontano per sentirlo.

*****

Quando Seiya riaprì gli occhi, una cortina di nebbia gli offuscava ancora la vista.
Un raggio di sole si insinuò dispettosamente oltre le sue ciglia, costringendolo ad un risveglio tanto gentile quanto violento. Il giovane sollevò una mano mugugnando qualcosa di incomprensibile nel tentativo di proteggersi gli occhi.
Non sapeva quanto tempo fosse trascorso da quando aveva perso i sensi, ma la sua impressione era quella di aver dormito per ore intere, se non addirittura per giorni.
Gli ultimi ricordi che aveva erano quelli legati all'ultima battaglia combattuta al fianco dei compagni. Era stato colpito al petto da un attacco talmente potente da non aver nemmeno sentito dolore. Ricordava di aver sentito confusamente i suoi amici gridare il suo nome, poi il nulla.
Il giovane si alzò lentamente a sedere sull'erba. La luce dorata del giorno che volge al termine trionfava sopra un'immensa distesa fiorita.
«Ciao, Seiya»
Una voce gentile lo fece sobbalzare e lo costrinse a posare gli occhi su una figura che lo osservava attentamente, quasi con sbarazzina curiosità. Allora Seiya dovette soffocare un grido di stupore.
«Shun!»
Cominciò a farfugliare qualcosa, ma non riuscì a trovare le parole per esprimere la propria incredulità. Rimase, quindi, a bocca aperta a fissare il compagno che a sua volta lo osservava divertito.
«Sembra che tu abbia visto un fantasma!» disse.
«È così!» replicò Seiya, ritrovando improvvisamente la capacità di parlare.
«Cioè... insomma, tu non dovresti essere qui! Per carità, sono felice di vederti, però... tu dovresti essere...»
Si interruppe di colpo. Il suo sguardo si offuscò nel realizzare improvvisamente ciò che era accaduto: la battaglia, l'armatura distrutta. Aveva sentito il proprio cosmo sempre più debole e poi quel colpo in pieno petto... come aveva potuto essere tanto stupido?
Un alone di tristezza si posò intanto sul viso di Shun, velandone appena il sorriso gentile.
I suoi occhi si posarono fuggenti sulla fresca erba che lo circondava.
«Io sono nel posto giusto, Seiya» disse con voce tranquilla «Certo, anch'io avrei preferito non incontrarti così presto»
Le mani di Seiya si strinsero a pugno sulle ginocchia.
«Allora questo significa che ho fallito?»
«Non eravamo pronti per questa guerra. Nessuno di noi lo era» mormorò Shun «Non passerà molto prima che anche gli altri ci raggiungano»
Gli occhi di Seiya si risollevarono di colpo, inchiodandosi sulla figura di Shun seduta sull'erba.
«Ma cosa stai dicendo?!» esclamò «Non è ancora finita! Se gli altri riusciranno a ritirarsi e rimettersi in forze, potranno tornare a combattere al massimo della loro potenza! Non siamo più dei semplici Cavalieri di Bronzo, Shun. Ti ricordo che insieme siamo riusciti a sconfiggere Hades!»
Nella foga Seiya aveva cominciato a tremare da capo a piedi. La tensione del suo corpo, però, svanì di colpo non appena il suo sguardo incrociò quello di Shun. Era come se qualcuno gli avesse improvvisamente pungolato lo stomaco. Le sue iridi nocciola tremolarono e dopo qualche istante i suoi pugni si allentarono. Una strana aura, infatti, circondava Shun. Seiya se ne rese conto solo in quel momento, guardandolo con più attenzione. Shun era completamente avvolto da una bellezza singolare e indefinita.
Era sempre Shun, eppure c'era qualcosa di diverso in lui, qualcosa di ultraterreno.
In ogni singola parte, egli sembrava emanare una luce pura e biancastra. Alla vista, la sua pelle appariva distesa e leggera come l'acqua. I suoi capelli suggerivano la stessa morbidezza delle foglie d'autunno bagnate di pioggia e suoi occhi smeraldo erano come oceani baciati dal sole subito dopo una tempesta. Nulla in lui suggeriva tensione. Perfino i suoi movimenti erano permeatati di una singolare grazia e sicurezza. Era come se i dolori e gli affanni di un'intera vita lo avessero abbandonato, ed egli, pur mantenendo le fattezze di un adolescente, fosse tornato a quello stadio della vita prenatale in cui il corpo e lo spirito non hanno ancora conosciuto la corruzione del tempo e della crudeltà del mondo.
Ricambiando lo sguardo di Seiya, Shun scosse mestamente la testa.
«Abbiamo vinto tante battaglie, è vero, ma non eravamo pronti a questa guerra» ribadì Shun con calma «I nemici della Terra verranno sconfitti ancora una volta, se è questa la tua preoccupazione, ma non da noi. Non questa volta»
Seiya rimase ancora per qualche istante a fissare l'amico, poi si portò le ginocchia al petto e volse lo sguardo in lontananza dove, circondato da alberi e fiori, vi era un lago cristallino. Sulla sua superficie levigata vi si specchiava il cielo limpido di un'eterna primavera, con le sue candide nuvole che viaggiavano velocemente sospinte da un solo alito di vento in mezzo ad un mare di diamanti luccicanti. Seiya sbattè le palpebre un paio di volte notando quell'ultimo dettaglio, e in modo quasi esitante alzò gli occhi al cielo per sincerarsi di quanto aveva visto. A quel punto un brivido corse lungo la sua schiena. La sua bocca si aprì in un moto di stupore e, prima ancora che Seiya potesse rendersene conto, due lacrime solitarie scesero lungo le sue guance, impossibili da arginare di fronte allo spettacolo di milioni di stelle che disseminavano il cielo nella piena luce del giorno.
La risata delicata di Shun giunse alle sue orecchie in maniera ovattata tanto era rapito da quella meraviglia.
«Ho avuto la stessa reazione la prima volta che l'ho visto» disse Shun «Il momento migliore, però, è all'alba»
Seiya non rispose nulla. Ogni parola che avrebbe voluto dire gli rimase bloccata in gola mentre rimaneva immerso in quel cielo di una bellezza tale da far male. Mentre lo guardava, Seiya aveva l'impressione di essere soffocato da tutta quella bellezza, soffocato fino a morirne per poi rinascere, per poi morire ancora e rinascere un'altra volta. E contro ogni previsione, quasi dimenticando tutto quanto aveva vissuto fino a quel momento, Seiya si sentì grato di essere in quel luogo.
Dopo qualche attimo di estasi, però, si riscosse agitando il capo, quasi spaventato dalle sensazioni che aveva cominciato a provare. Strinse forte gli occhi imperlati di lacrime.
«Maledizione! Non pensavo che sarebbe finita così!» esclamò.
Shun lo guardò con la stessa tenerezza di una madre che guarda il figlio che sta appena imparando a camminare.
«E come pensavi che sarebbe finita?» rispose.
A quel punto Seiya reagì fulminandolo con lo sguardo. Subito dopo lo aggredì a parole:
«Ma insomma, Shun, come fai startene così calmo?! Hai idea del vuoto che ci hai lasciato? Ikki ti ha vendicato, ma non riesce a perdonarsi per non essere stato in grado di proteggerti, Hyoga si comporta come una macchina che pensa solo a combattere e nemmeno Shiryu è più lo stesso! Come fai a startene qui tranquillo sapendo tutto questo?»
Seiya distolse lo sguardo. La sua voce si fece rotta.
«Come potuto lasciare che ti portassero via da noi? Perchè devi sempre trattare con pietà chi è pronto a calpestarti?»
Probabilmente, in un altro luogo e in un altro tempo, Shun si sarebbe fatto piccolo piccolo di fronte a quell'accusa, spaccato in due dalla necessità di difendersi e da un ingiusto senso di colpa che lo sommergeva. Questa volta, però, gli occhi di Shun luccicarono appena mantenendosi fissi in quelli di Seiya. Un velo di tristezza adombrò appena il suo viso senza, però, realmente scalfirlo. Era come se, per Shun, quella tristezza fosse soltanto pioggia osservata attraverso un vetro. Poteva percepirla, ma non veramente toccarla.
«Mi dipiace» disse semplicemente.
Seiya sospirò. Si strofinò gli occhi con la mano.
«No, scusami tu. È ingiusto accusarti in questo modo»
«Ho provato a tornare da voi, ma ormai era troppo tardi»
«Anche per me è troppo tardi, vero?»
Il silenzio di Shun fu sufficiente come risposta. Seiya non disse altro.
Alzò nuovamente gli occhi verso il cielo. Si lasciò sommergere dalla sovrannaturale meraviglia che trionfava sopra la sua testa. Le stelle pulsavano su una distesa azzurra e dorata che lentamente cedeva il passo a tonalità di un blu più profondo. All'orizzonte, il sole si apprestava a calare e Seiya si ritrovò ad osservarlo senza che gli occhi ne venissero più feriti, godendo soltanto della sua lucentezza. Una brezza di vento accarezzò l'erba, scuotendo delicatamente i fiori che parevano riflettere la luce pallida delle stelle. Ancora una volta, Seiya si sentì pervadere da una sensazione di quiete sovraumana, una quiete tanto intensa da farlo sentire come un naufrago che si è appena lasciato alle spalle le insidie del mare aperto, ritrovandosi catapultato su una spiaggia sicura. Questa volta, però, Seiya decise di abbandonarsi totalmente a quelle sensazioni, lasciando che ogni pensiero scivolasse via da lui come fango lavato via dalla pioggia.
«Se gli dèi ci hanno concesso di giungere qui, qualcosa di buono dobbiamo pur averlo fatto, giusto?» disse soltanto.
Shun sorrise silenziosamente.
Nessuno parlò più per alcuni minuti. In lontananza si odeva il canto sommesso del vento attraverso le fronde degli alberi.
All'improvviso, una scarica d'energia rovente scosse il corpo di Seiya. Lo bruciò per una sola frazione di secondo prima di scomparire con la stessa velocità con cui era giunta. Il ragazzo spalancò gli occhi. Volse lo sguardo verso Shun.
«L'hai sentito anche tu?»
Shun si limitò ad annuire con un movimento appena percettibile della testa.
Seiya sospirò. Chinò il capo sulle proprie ginocchia raccolte al petto. Il cosmo di Hyoga si era appena spento.
Con un movimento discreto e tranquillo, Shun sfiorò la spalla di Seiya. Era un tocco caldo e rassicurante come un raggio di sole sulla pelle.
«Andrà tutto bene» disse «Non devi avere paura».
Seiya annuì e, quasi con sorpresa, scoprì di crederci davvero a quelle parole.
Non avrebbe saputo dire se la sua fosse rassegnazione o piuttosto una più matura accettazione, ma ci credeva.
Tutto sarebbe andato per il meglio. Il compito suo e dei suoi compagni si era concluso, anche se non come aveva sperato. Tutti loro avrebbero finalmente trovato la pace che non avevano potuto godere in vita. Per nessuno di loro sarebbero più esistiti dolori e affanni. Nessun sangue avrebbe più macchiato le loro mani, nessuna sofferenza e nessun sentimento di rabbia avrebbe più corroso il loro cuore. Mai più. Nuove generazioni di Cavalieri si sarebbero susseguite e la pace avrebbe continuato a regnare sulla Terra anche senza di loro.
Stupendo perfino se stesso, Seiya si ritrovò a sorridere. Un sorriso sereno, appena velato di malinconia.
«Hyoga comincerà a piangere come un bambino non appena ti rivedrà» disse.
Shun sorrise di rimando.
«Pensi che dovremmo andare a cercarlo?» chiese Seiya.
«Non ce n'è bisogno, sarà lui a trovarci»
«E se non dovesse riuscirci?»
In quel momento, però, lo sguardo di Shun venne attirato da un movimento in lontananza. Il volto del ragazzo si illuminò di un'espressione gioiosa come il sole d'estate.
Seiya, allora, guardò nella stessa direzione e non faticò a riconoscere il biondo Cavaliere del Cigno che camminava verso la loro direzione a piccoli passi. Le ferite che aveva riportato durante battaglia erano completamente scomparse e il suo sguardo suggeriva un misto di emozioni contrastanti: smarrimento, stupore, meraviglia, paura.
Hyoga si immobilizzò sul posto non appena riconobbe i due compagni. La sua bocca si aprì in un moto si sorpresa.
Shun gli fece un cenno di saluto con la mano, senza smettere di sorridere. La serenità e la grazia che il giovane trasmetteva era tale che Seiya se ne sentì sommergere.
Hyoga rimase ancora qualche istante ad osservarli senza riuscire a fare nulla. Subito dopo, però, una voce chiamò il suo nome. Alle sue spalle giunse una nuova figura, una figura femminile che né Seiya né Shun fecero fatica a identificare. Aveva lunghi capelli biondi e occhi azzurri come il mare.
La donna posò dolcemente una mano sulla spalla di Hyoga e mormorò qualcosa in una lingua incomprensibile. Gli accarezzò il viso con un sorriso che avrebbe messo in ginocchio anche il più duro tra gli uomini. Hyoga tremò visibilmente nel riconoscere il volto della donna. Era ancora più bella di come la dipingevano i suoi ricordi sbiaditi, ancora più giovane di quando l'aveva guardata in viso per l'ultima volta.
Dopo un ultimo istante di smarrimento, Hyoga la abbracciò con impeto.
Seiya si voltò verso Shun. Ne studiò il profilo per qualche momento. I suoi occhi brillavano di lacrime di gioia mentre osservava la scena che si stava svolgendo a pochi metri da loro, le sue labbra erano piegate in un sorriso sereno. I capelli, smossi dal vento, incorniciavano un volto dalle linee aggraziate e distese e Seiya, per la prima volta da quando si era risvegliato in quel luogo, riuscì a rendersi conto di quanto fosse felice di rivedere Shun. Recuperò la mano dell'amico adagiata sull'erba e la strinse nella propria. Shun aveva ragione: non c'era ragione di avere paura. Tutto sarebbe andato per il meglio.
Poco distante, Hyoga si volse finalmente nella loro direzione. La donna gli diede una leggera spinta dicendo una frase che lo fece sorridere. Allora Hyoga si scostò da lei, stringendole le mani un'ultima volta, e corse verso i suoi amici.


Febbraio 2015

  
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