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Autore: xjnicodiangelo    13/07/2016    7 recensioni
[Solangelo - AU]
[...] Portò lo sguardo sul tabellone delle fermate, prima di voltare lo sguardo verso il più basso: «Potresti indicarmi la fermata?» Mentre rispondeva con un sopracciglio alzato: «Per dove?» il minore sentiva di starsi per pentire della gentilezza usata: «Il tuo cuore» Appunto.
Chiuse gli occhi posandosi una mano sulla fronte disperato: diamine, cosa aveva fatto di male per meritarsi una tale tortura?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Nico/Will, Will Solace
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Taking desperate to a whole new level '
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It’s all in the Pickup Lines
 

Nico si sedette stancamente al tavolino di quella caffetteria nella periferia di New York sorseggiando, assorto nella lettura del suo libro, una tazza di cioccolata calda fumante. Non credeva certo che qualcuno sarebbe arrivato a disturbare la sua quiete, –insomma, era il re degli spettri: chi mai avrebbe avuto il coraggio di avvicinarsi?– eppure dovette ricredersi sentendo il fastidioso rumore di una sedia che veniva spostata accompagnata da parole ben più fastidiose: «Ehi raggio di sole! Come va?»
Il minore si era limitato ad ignorare quella seccante presenza –pardon, compagnia– continuando a leggere indisturbato senza degnare il ragazzo biondo di un singolo sguardo. Cercò di ignorare bellamente anche le dita dell’altro ragazzo che picchiettavano nervosamente sul bracciolo della sedia su cui era seduto,  ma si ritrovò a sbuffare quando l’altro esordì con un: «Posso farti una domanda?»
Chiuse con uno scatto repentino il suo libro –preoccupandosi di far trasparire con quel solo gesto tutta la stizza che provava in quel momento– alzando successivamente lo sguardo scocciato verso quello limpido del ragazzo biondo che aveva di fronte e aggiustandosi la montatura nera sugl’occhi diede il consenso –muto– all’altro di parlare: «Ti sei fatto male cadendo dal cielo?»
Fu un attimo, in cui il più basso guardò l’altro basito prima di alzarsi di scatto borbottando: «No, non ci credo!» Recuperate le sue cose si allontanò a grandi falcate lasciando un biondo boccheggiante solo al tavolo.
 
Nico sbuffò pulendosi per l’ennesima volta le lenti degli occhiali sulla manica della felpa che indossava per ripararsi dal freddo di dicembre. Si trovava alla fermata dell’autobus sperando che ne passasse uno al più presto e aveva voglia di leggere, ma il vento glielo impediva categoricamente.
S’infilò le cuffiette, ma prima di riuscire a far partire una qualsiasi canzone, una delle due cuffie gli fu strappata dall’orecchio, disturbandolo. Alzò lo sguardo pronto a maledire chiunque avesse osato fare una cosa del genere, ma appena inquadrò il disturbatore sentì un nodo allo stomaco –probabilmente la voglia di scappare.
«Will … che ci fai qui?» chiese sospettoso al biondo sul cui volto campeggiava un sorriso mozzafiato. L’altro aprì bocca per rispondere, ma in quell’esatto momento arrivò l’autobus che coprì qualsiasi cosa avesse voluto dire. Nico sperò che almeno nel mezzo affollato il biondo lo lasciasse in piace, invece una volta trovato l’equilibrio e un appiglio efficace se lo ritrovò davanti.
«Dimmi Solace, per caso mi perseguiti?» chiese fulminandolo con lo sguardo e sperando che questo bastasse a scrollarselo di dosso –ma ovviamente non bastava, affatto. Il maggiore sorrise malizioso –e il moro cominciò a pensare al peggio–: «Mh, forse.»
Portò lo sguardo sul tabellone delle fermate, prima di voltare lo sguardo verso il più basso: «Potresti indicarmi la fermata?» Mentre rispondeva con un sopracciglio alzato: «Per dove?» il minore sentiva di starsi per pentire della gentilezza usata: «Il tuo cuore» Appunto.
Chiuse gli occhi posandosi una mano sulla fronte disperato: diamine, cosa aveva fatto di male per meritarsi una tale tortura?
 
Nico se ne stava ad occhi chiusi poggiato con la schiena al suo armadietto beandosi  della quiete del corridoio scolastico a quell’ora del mattino quando si sentì –con suo grande dispiacere– richiamare da una voce melodiosamente fastidiosa –che ahimè, conosceva–: «Ehi Neeks!»
Una volta aperti gl’occhi davanti a lui un esemplare di Will Solace in tutta la sua altezza, abbronzatura e –suo malgrado il moro dovette aggiungere– bellezza; o anche identificato come l’essere che da una settimana a quella parte non faceva altro che perseguitarlo proponendogli pessime frasi da rimorchio che ogni volta gli facevano contorcere le viscere per l’alto tasso di squallore. 
Sospirò scocciato incrociando le braccia al petto: «Non chiamarmi così, Solace.»
Il più alto non sembrò toccato dalle parole che l’altro gli aveva rivolto, anzi sorridendo ampiamente commentò: «Mi chiedevo se tuo padre fosse un ladro, perché qualcuno ha rubato le stelle dal cielo e le ha messe nei tuoi occhi!»
Nico aprì la bocca con l’intenzione di dire qualcosa, però le parole non vennero fuori quindi la richiuse. Si aggiustò gli occhiali e lo fissò piegando la testa di lato, cercando di capire se fosse serio o meno; appurato che lo era, scosse la testa staccandosi dall’armadietto e incamminandosi velocemente verso l’aula dove avrebbe avuto la sua prossima lezione.
Prima di voltare l’angolo, però, si voltò scoprendo il biondo impalato lì dove l’aveva lasciato poco prima: «Giusto per chiarire, mio padre è un impresario di pompe funebri.» E non potette non gioire notando il pallore che aveva assunto la faccia dell’altro.
 
Nico entrò nella sua caffetteria di fiducia con la volontà di prendere un buon caffè prima di tornarsene a casa a fare qualcosa di produttivo –tipo farsi una sana dormita. Attraversò il locale stringendosi nel maglione che indossava fino ad arrivare al balcone dove richiamò l’attenzione di uno dei ragazzi che ci stavano dietro: «Una caffè amaro, grazie.»
Quando il barista si voltò, il moro pregò gli dei che la terra si aprisse e lo inghiottisse seduta stante perché diamine, Will Solace era l’ultima persona che voleva vedere –in realtà era il contrario, ma era troppo orgoglioso per ammetterlo– eppure non faceva altro che ritrovarselo tra i piedi. Il biondo gli rivolse un sorriso smagliante: «Ehi, death boy!» Il minore cercò di non apparire troppo irritato: «Da quando in qua lavori qui?»
L’altro alzò le spalle voltandosi per preparare il caffè all’altro: «Da oggi –poi si voltò brevemente verso di lui, prima di continuare–: Ho bisogno di soldi.» Il più basso preferì non replicare, e aspettò pazientemente che l’altro gli porgesse la bevanda calda che tanto agognava.
Mentre sorseggiava dalla tazza, Will si poggiò al bancone sporgendosi in avanti e leccandosi le labbra sensualmente –Nico si maledì non riuscendo a far altro che seguire quel movimento come incantato–: «Sai, la mia vita senza di te sarebbe c0me una biblioteca senza libri.» Il moro alzò un sopracciglio preparandosi mentalmente al peggio: «Vuota.» concluse raggiante il biondo.
Il più basso si leccò i residui di caffè dalle labbra, poggiando la tazza ormai vuota sul bancone: «Tu invece sei come un’aula senza studenti.»
L’altro alzò un sopracciglio confuso: «Senza classe.» concluse Nico dedicando un occhiolino all’altro prima di allontanarsi dal bancone e poi uscire dal locale, lasciando il ragazzo biondo a sorridere stupidamente.
 
Nico accennò un piccolo sorriso mentre sua sorella lo stringeva in un abbraccio spacca ossa davanti al caminetto acceso, che riscaldava la stanza e anche il suo cuore.
Era la vigilia di Natale e la famiglia era riunita nel salotto; nonna Demetra stava raccontando un  aneddoto per far capire ai suoi nipoti quanto fosse importante il lavoro dei campi, quando il campanello suonò. Nico scattò come una molla avvisando gli altri che sarebbe andato lui, guadagnandosi una smorfia da parte di Hazel a cui rispose con una scrollata di spalle.
Aperta la porta fu tentato di chiuderla in faccia al disturbatore biondo che si stagliava sorridente e con il naso rosso, come se presentarsi alle dieci e mezza alla vigilia di  Natale a casa di qualcuno fosse la cosa più normale del mondo. 
«Will! Che ci fai qui!» L’altro alzò le spalle: «Volevo semplicemente avvertirti di non spaventarti se un uomo grasso e barbuto ti rapisce e mette in un sacco: ho chiesto a Babbo Natale di averti.»
Il minore sbuffò e lo guardò mordendosi il labbro inferiore prima di replicare: «Se mettessi da parte queste pessime battute, forse non avresti bisogno di chiedermi a lui.»
L’altro boccheggiò alla ricerca di aria e parole da dire ma fu colto di sorpresa dal moro che arrossendo leggermente gli baciò una guancia. Una volta staccatosi gli rivolse un piccolo sorriso dolce –che svanì subito dopo, ma diamine gli aveva sorriso!–: «Torna a casa, Buon Natale Will.»
Will se ne andò più felice che mai e  non gli importava nemmeno che Nico gli aveva chiuso la porta in faccia.
 
Nico seguì con un piccolo sorriso Cerbero, il suo rottweiler nero e abnorme, che affondava le zampe nella neve strattonando il suo padrone per essere liberato. Arrivati ad una panchina, il moro ci si sedette stancamente liberando il cane dal collare e lasciandolo scorrazzare felicemente.
Sbuffò estraendo il suo cellulare con le cuffiette già inserite dalla tasca con l’intento di ascoltare della buona musica mentre aspettava che Cerbero si sbrigasse, ma prima di riuscire ad infilarsi la cuffietta sinistra, la sua vista si oscurò mentre una voce risuonò nelle sue orecchie: «Indovina chi sono!»
Il moro sbuffò perché quella voce era inconfondibile –e perché gli aveva mandato lo stomaco in subbuglio–: «Will, so che sei tu.» aveva risposto atono.
L’altro non si era lasciato scoraggiare, infatti gli aveva scoccato un bacio sulla guancia facendogli arrossare le gote, prima di sedersi accanto a lui con un sorriso da mozzare il fiato a chiunque –Nico per primo– e aprire bocca: «Ti ho comprato una cosa!»
Il moro si insospettì di vedere il biondo così gongolante ed estasiato, ma non poté formulare nessuna risposta che lo vide frugare nelle tasche dei pantaloni alla ricerca di qualcosa. Quando trovò ciò che cercava e lo mostrò al minore, quello lo guardò scettico: «Un anello?»
Il più alto scrollò le spalle incurante, spiegando: «Sai, Beyoncé dice che se qualcosa ti piace devi mettergli un anello.» L’altro lo guardò perplesso borbottando: «Tu sei pazzo.»
«Di te!» ribatté Will felice che il moro gli avesse posto un’altra battuta sul piatto d’argento.
Nico lo guardò con un espressione indecifrabile in volto per qualche secondo prima di dargli una spinta amichevole –circa– e replicando: «Mettimi questo stupido anello e falla finita!»
 
Nico se ne stava da ormai tre ore in libreria, troppo indeciso su quale libro comprare, quando si sentì avvolgere i fianchi e dare un bacio sulla guancia. Non aveva bisogno di controllare, sapeva che prima o poi Will si sarebbe scocciato di aspettarlo fuori e sarebbe venuto a ronzargli intorno.
Si voltò tra le braccia dell’altro, cingendogli il collo con le braccia e sorridendogli raggiante. Da quando stavano insieme e il biondo aveva smesso –o quasi– di dedicargli quelle stupide frasi da rimorchio le cose tra loro andavano più che bene e nessuno dei due poteva lamentarsi.
Il più alto lo guardò dolcemente aggiustandogli gli occhiali: «Non hai ancora scelto?»
Il minore assunse un’espressione afflitta: «Sono troppi, non posso sceglierne uno solo!» piagnucolò drammatico, facendo ridacchiare l’altro che si ammutolì non appena gli fu assestato un pugno tutt’altro che amichevole sulla spalla.
Will guardò il suo ragazzo intensamente e lo strinse di più a sé, avvicinandoselo ulteriormente,  prima di mormorargli ad un palmo dalle labbra: «Ti amo dalla luna e ritorno.» Il più basso si allontanò guardandolo con un’espressione incredula e irritata tutt’assieme:  «Davvero? Di nuovo?» L’altro alzò le spalle noncurante, mentre Nico si metteva sulle punte con un ghigno sulle labbra: «Puoi fare di meglio, comunque.» mormorò prima di congiungere le loro labbra in un dolce bacio.
Una volta che si furono staccati il maggiore lo guardò interdetto: «Sono arrugginito, vero?»
Il più basso non potette far altro che alzare gli occhi al cielo e tornare a contemplare le copertine dei libri e a soppesare le loro trame.
 
Nico si gettò pesantemente sul divano: voleva godersi un po’ di pace dopo la giornata passata a badare a stupidi marmocchi solo per guadagnare qualche soldo. Il suo fidanzato biondo lo raggiunse e lo guardò vagamente divertito: «Qui qualcuno è stanco, o mi sbaglio?»
Il minore si rimise seduto guardandolo davvero molto male: «Prova a badare tu ad un manipolo di bambini iperattivi!» L’altro alzò le mani al cielo: «Il mio lavoretto in ospedale mi basta, raggio di sole.» Il minore in risposta alzò gli occhi al cielo e gli lanciò un cuscino stendendosi nuovamente e poggiando le gambe su quelle del biondo che prese ad accarezzargliele dolcemente.
Il più alto si schiarì la gola: «Ascolta: prima pensavo a te e sai cosa?»
Nico si sentiva in paradiso stando steso, con la quiete a circondarlo e le mani del suo fidanzato a fargli passare via tutta la stanchezza: «Mh, cosa?»
«C’è una cosa che vorrei cambiare di te, in effetti.» rispose il biondo infondendogli calma con la sua voce; però non abbastanza da non fargli prestare attenzione, infatti si tirò su poggiando il peso sui gomiti e lo guardò con un cipiglio: «Ah sì? Cos’è che ti darebbe così fastidio?» Il maggiore lo guardò mordendosi il labbro inferiore prima di replicare: «Il tuo cognome: voglio cambiarlo in Solace.»
Nico lo guardò scocciato prima di crollare di nuovo steso borbottando: «La farai finita prima o poi?» Il più alto fece per replicare, ma il moro si alzò di scatto colto in pieno dalla realizzazione: «Non era mica una proposta, quella?»
L’altro non rispose limitandosi ad alzarsi e inginocchiarsi di fronte al ragazzo che era seduto e ancora sotto shock, arrossì tirando fuori dalla tasca una scatolina di velluto blu ed aprendola: al suo interno un anello nero, lucido e dall’aspetto costoso. Will si schiarì la voce: «Nico Di Angelo, vuoi sposarmi?» Il moro gli si gettò letteralmente addosso baciandogli le guancie, gli occhi, la fronte e infine le labbra ripetendo il processo mentre urlava: «Per tutti gli dei, sì!»
 
Nico distolse l’attenzione da Percy che parlava quando si sentì chiamare dal suo fidanzato –quasi marito–: «Nico!» Quando il biondo apparì nella sua visuale lo incitò con lo sguardo a continuare: «Non è che avresti un cerotto?»
Il moro lo guardò perplesso, borbottando: «Perché, che ti sei fatto?»
L’altro lo guardò esitante, mordendosi il labbro inferiore: «Mi sono fatto male al ginocchio cadendo ai tuoi piedi.»
Il minore lo scacciò malamente fuori urlando: «Almeno il giorno del nostro matrimonio, potresti risparmiartele!»
Il biondo infilò il piede tra lo stipite e la porta impedendo all’altro di chiuderla: «Ti amo.» Il più basso sbuffò alzando gli occhi al cielo: «Sì, ti amo anch’io, ma alla prossima battuta dormi sul divano.»
 


Ehilà!
Sono finalmente tornata, con una os abbastanza simile all'ultima che ho pubblicato! 
Quest'idea mi è venuta in mente ascoltando la canzone di Meghan Trainor "No" e leggendo queste pick-up lines pessime -che ho preso da internet e qualche storia in giro che le utilizzava. Non doveva essere così lunga, ma mentre scrivevo mi venivano idee su idee e quindi eccoci qui! 
Mi scuso se ci sono alcuni periodi abnormi un po' pesantucci da leggere, ma non sono riuscita a fare di meglio. Inoltre ho messo l'avvertimento OOC perché trovo che Will in alcuni punti -soprattutto all'inizio- sembri davvero troppo stupido e Nico a tratti è forse troppo nerd; poi ci tenevo a chiarire che in queste mie os mi sto sbizzarrendo con i miei headcanon di Nico: dal correttore, al lip-ring fino ad arrivare agli occhiali e spero che qualcuno li condivida con me.
Detto questo, non ho nient'altro da dire -tanto si sa che non mi piacciono mai le conclusioni delle mie storie-, se non che vi ringrazio tanto per aver sprecato minuti della vostra vita a leggere questa storia e vi sarei molto grata se mi faceste sapere cosa ne pensate con una recensione, accetto tutto: complimenti (che davvero mi fanno piangere, siete troppo carini), consigli (che non fanno mai male) e critiche (andandoci piano, perché sono ipersensibile!).
Non so se tornerò presto, perché di idee ne ho a bizzeffe -alcune le ho anche già iniziate a scrivere- però il caldo mi rende peggio di un bradipo e stare al computer mentre potrei stare in piscina mi fa davvero soffrire; però per fortuna -o sfortuna- questo non è un addio ma solo un arrivederci!
Alla prossima adorabili cupcakes!
  
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