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Autore: Fantasiiana    13/07/2016    2 recensioni
|Accenni SanSan|
"Se gli avessero detto che avrebbe finito per prendersi una cotta per una stupida ragazzina, Sandor Clegane avrebbe probabilmente finito per sputare vino e ridere fino alla mattina seguente.
Se poi gli avessero detto che la stupida ragazzina in questione sarebbe stata una stupida ragazzina nobile del Nord, una lupa Stark, per di più, be', probabilmente non avrebbe più smesso di ridere per tutta la vita. "
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Autrice: Fantasiiana.
Titolo: Raspberries on the Lips - perdono per la banalità.
Coppia: Accenni SanSan.
Rating: Verde (scusate le brutte parole).
Conteggio parole: 968.
Avvertimenti: /
Note:

  • Scritta per il Drabble Event del gruppo facebook "we are out of prompt" (non ne è uscita proprio una drabble, ma vabbe').
  • Ringrazio D*** C*** per il prompt "labbra color lampone".
  • L'ultimo dialogo è ripreso direttamente dal libro "il Trono di Spade".


 


Raspberries on the Lips



Se gli avessero detto che avrebbe finito per prendersi una cotta per una stupida ragazzina, Sandor Clegane avrebbe probabilmente finito per sputare vino e ridere fino alla mattina seguente.
Se poi gli avessero detto che la stupida ragazzina in questione sarebbe stata una stupida ragazzina nobile del Nord, una lupa Stark, per di più, be', probabilmente non avrebbe più smesso di ridere per tutta la vita.
Ecco, sì, a Sandor Clegane sarebbe davvero piaciuto farsi una bella e grossa risata, dando sfogo alla sensazione di assuefazione che le vagonate di vino, che aveva mandato giù durante il banchetto del Torneo del Primo Cavaliere, gli avevano dato, eppure, nella situazione in cui si trovava ora, non c'era assolutamente niente da ridere.
Per prima cosa, aveva finito per accompagnarla fino a casa, e diventare davvero il "Mastino" che tutti credevano fosse, ma di una persona ben poco meno importante, cercava di convinersi, del figlio del Re – figlio del Re, perché Joffrey non era mai stato degno dell'appellativo di principe, e di tante cose.
In secondo luogo, aveva finito per raccontarle la storia della sua cicatrice, e la cosa peggiore, per i sette fottuti dei!, era che non era stato il vino la causa di tutto! Lui aveva "voluto" farlo, e tutto perché quella ragazzina dai capelli rossi era... Era... No. Nulla. Non riusciva neppure a trovare una scusa. Era stata colpa sua, lei non c'entrava assolutamente niente. Merda.
E ora gli toccava rimanere lì, in quella carrozza fin troppo stretta per i suoi gusti, che se ne stava lì a sobbalzare nelle strade di Approdo del Re, a cigolare e a barcollare come se l'ubriaca fosse lei e non lui, tanto da spingerlo quasi a uscire, tirare giù quel cazzo di cocchiere, prendere in mano le redini e condurre la carrozza come i sette dei comandavano.
Le mani gli prudevano, ma qualcosa lo bloccava. E quel "qualcosa" era l'uccelletto che gli stava davanti.
Persino attraverso l'armatura che gli ricopriva le ginocchia riusciva a sentire – e lo sapeva, lo sapeva che c'era! – la morbidezza della sua gonna di seta preziosa o stronzate del genere. I tessuti preziosi non proteggono neppure un capello, e si macchiano di sangue più facilmente. Avrebbero dovuto dare come minimo un'armatura a quello scricciolo. O chiuderla in gabbia. Un uccelletto in gabbia è meglio che un uccelletto morto.
Si congratulò con sé stesso per questo acuto ragionamento.
Le luci della Fortezza Rossa riuscivano a illuminarle il viso fin lì, sparendo a intervalli irregolari – e assolutamente devastanti per i suoi occhi brucianti – oltre gli edifici della città.
Quando la luce riusciva a farsi strada fino a lei, e a distendere lei dita rapide sul suo viso, allora, Sandor Clegane, si sentiva più morto che vivo.
Gli occhi chiari sembravano catturare quella luce come l'oscurità si appropia della luce, abbeverandosene assetati, senza freni.
Le ciocche strette nell'acconciatura, tipica delle donne del posto, prendevano vita, diventando fuoco liquido che le ricadeva sullle spalle fino al seno acerbo – e, per i sette inferi!, per un attimo, o più di uno, il Mastino fu certo che le mani avessero preso a prudergli per il desiderio di sciogliere quella cosa ridicola e passarle le dita fra i capelli fino a farsi venire nuovi calli.
Ringraziò tutti i sette dei che nessun uomo al mondo fosse mai riuscito a rovinarsi le mani per una cosa del genere: la sua "agonia" sarebbe potuta durare di più.
La cosa "peggiore" in assoluto, però, erano le labbra.
Labbra rosse come il sangue che... No. No, cazzo, no, non come il sangue! Il sangue non c'entrava niente, niente!, con lei, non doveva! Per una volta nella vita, Sandor Clegane, non voleva il sangue a scorrergli davanti agli occhi e a rempirgli le narici. E, in quel momento, il profumo che sentiva era così delicato, così mezzo soffacato dal puzzo di vino che gli usciva dalla bocca, così sconosciuto che si sarebbe volentieri avvicinato maggiormente, in quello spazio già meravigliosamente ristretto, per sentire meglio l'aroma del profumo che la fottuta balia le aveva spruzzato sul collo ore prime, nel tentativo di farla sembrare più accattivante agli occhi, e alle narici, del nobile "principe" Joffrey, quella stessa balia che si era così ubriacata alla festa da lasciarla sola. Lasciarla sola, e così essere accompagnata da lui.
In quel momento, per ringraziarla, avrebbe persino accettato di fotterla, quella septa che probabilmente un cazzo non lo vedeva da intere estati.
La carrozza si fermò improvvisamente, interrompendo tutti i suoi pensieri.
No. No, cazzo, no! Non aveva ancora trovato il colore! Non voleva il rosso del sangue, per lei, no! No, lei era diversa!
Scese dalla fottuta scatola di legno fin troppo veloce, lanciando un'occhiata di puro odio al conducente, e seguì l'aroma di lei costringendosi a guardare l'orlo della sua gonna per tutto il tempo, cacciando tutte le voci che gli urlavano di strappargliela.
Arrivarono, di nuovo, prima del previsto.
-Ti ringrazio, mio lord- bisbigliò l'uccelletto.
Lui l'afferrò per un braccio, fermandola dall'allontanarsi, accorgendosi troppo tardi di dover inventare una scusa decente per quel gesto.
-Le cose che ti ho detto questa notte... se le dirai a Joffrey...
Al pensiero del ragazzo d'oro seduto accanto a lei per tutta la sera, a sussurrarle all'orecchio paroline inutili e vuote, la voce gli si fece più raschiante del solito.
-...oppure a tua sorella, a tuo padre, a chiunque...
-Non lo dirò a nessuno- sussurrò lei. -Te lo prometto.
E mentre le labbra le si muovevano, e mentre lui le guardava muoversi, il colore gli balzò in mente chiaro e perfetto, che quasi gli venne da sorridere.
Lampone. Aveva labbra di lampone.
-Se lo farai,- concluse, -io ti ucciderò.

Da allora, non fece che chiedersi se del lampone, oltre al colore, le sue labbra, non avessero anche il gusto.

  
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