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Autore: De_drums    14/07/2016    0 recensioni
Avete presente quando si dice “non potrebbe andare peggio di così”?
Ecco, Kurt Hummel era uscito di casa da appena mezzora e si era già ricreduto.
Si era svegliato in ritardo, senza nemmeno riuscire a fare colazione, e nel momento esatto in cui aveva messo piede in strada aveva iniziato a piovere a dirotto – e lui, neanche a dirlo, non aveva l’ombrello.
Così aveva preso il primo autobus disponibile, senza guardare la destinazione, e si era ritrovato in una zona della città a lui sconosciuta.
Imprecando, era entrato in quello che sembrava essere il solo bar nel raggio di 10 km e se ne era subito pentito; lui, che mal sopportava i gatti, si era imbattuto nell’unico Cat Café esistente a Lima.
Stava per fare dietro front e andarsene quando una cameriera gli aveva indicato un tavolo libero, e così era stato quasi costretto a rimanere; sospirando, si era tolto la giacca e passato una mano tra i capelli fradici, cercando di evitare il più possibile i felini. Ma, per sua sfortuna, uno di loro sembrava averlo preso in simpatia e continuava a strusciarsi contro le sue gambe.
Se il buongiorno si vede dal mattino, sono fregato.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ogni promessa è debito, e anche se in ritardo, le mantengo.
Dedicata a Lu, che mi asseconda sempre nei miei prompt assurdi.
Non scrivo da una vita ed ho optato per qualcosa di leggero, spero vi piaccia comunque.
Ah, già: i Cat Café esistono davvero, ed io ho preso spunto – nello specifico- da quello di Milano, e diciamo che tra ogni pezzo c'è un salto temporale di almeno un mese. Non è definito, in realtà, libera intepretazione.

                             
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Avete presente quando si dice “non potrebbe andare peggio di così”?
Ecco, Kurt Hummel era uscito di casa da appena mezzora e si era già ricreduto.
Si era svegliato in ritardo, senza nemmeno riuscire a fare colazione, e nel momento esatto in cui aveva messo piede in strada aveva iniziato a piovere a dirotto – e lui, neanche a dirlo, non aveva l’ombrello.
Così aveva preso il primo autobus disponibile, senza guardare la destinazione, e si era ritrovato in una zona della città a lui sconosciuta.
Imprecando, era entrato in quello che sembrava essere il solo bar nel raggio di 10 km e se ne era subito pentito; lui, che mal sopportava i gatti, si era imbattuto nell’unico Cat Café esistente a Lima.
Stava per fare dietro front e andarsene quando una cameriera gli aveva indicato un tavolo libero, e così era stato quasi costretto a rimanere; sospirando, si era tolto la giacca e passato una mano tra i capelli fradici, cercando di evitare il più possibile i felini. Ma, per sua sfortuna, uno di loro sembrava averlo preso in simpatia e continuava a strusciarsi contro le sue gambe.
Se il buongiorno si vede dal mattino, sono fregato.



“Ciao, io sono Blaine! Hai già deciso cosa prendere o ti lascio qualche minuto?” un ragazzo interruppe i suoi pensieri, sorridendogli allegramente.
“Penso che prenderò-“ si bloccò, guardando in basso. Quel gatto sembrava non volere dargli tregua, e Kurt inorridì al pensiero di quanti peli avrebbe lasciato sui suoi adorati pantaloni.
“Ah, vedo che avete già fatto amicizia!”
“Sì, contro la mia volontà”
Il gatto miagolò e si accoccolò tra le braccia del ragazzo, quando venne preso in braccio. “Non è un amore?”
“Certo, come no” Kurt fece una smorfia, che lasciava intendere tutto il contrario di quel che aveva appena detto.
“Non ti piacciono i gatti? Seriamente?” chiese Blaine strabuzzando gli occhi. Come poteva esistere qualcuno al mondo che non adorasse quelle piccole palle di pelo?
“A quanto pare”                                  
“Non ci credo. Come mai?”
“Non sono affari tuoi, okay?” Kurt alzò gli occhi al cielo – quel ragazzo, per quanto carino, gli stava già dando sui nervi.
“Va bene, non volevo essere invadente” mormorò Blaine imbarazzato. “Cosa posso portarti, comunque?”
“Una cioccolata calda andrebbe bene, grazie”
“Perfetto, torno subito!”
Kurt lo guardò camminare verso il bancone con il gatto in braccio, e subito si diede mentalmente dell’idiota.
Perché doveva sempre allontanare tutti in quel modo, anche quando avevano le intenzioni migliori del mondo? Odiava questa sua paura di fare nuove conoscenze, ma non poteva fare a meno di respingere chiunque si prendesse troppa confidenza.
“Ecco qui!” Blaine era tornato, posando sul tavolo davanti a lui una tazza fumante.
“Grazie – e, senti, scusami per prima” si scusò Kurt, arrossendo un poco. “Non volevo essere aggressivo, ma sto avendo una brutta giornata e-”
“Posso capire, capita a tutti! Non preoccuparti, vorrà dire che non ti disturberò ulteriormente”
Kurt annuì, abbassando lo sguardo. Si era comportato da maleducato e Blaine avrebbe potuto sbatterlo fuori all’istante, invece non aveva battuto ciglio e stava facendo del suo meglio per farlo sentire il benvenuto. “Senti, posso restare qui per un po’? Ho rinunciato ad andare all’Università, ormai, e con questa pioggia non saprei nemmeno orientarmi per tornare a casa. S-se non disturbo, ovviamente”
“Puoi restare tutto il tempo che vuoi!” disse Blaine, calorosamente. “Se hai bisogno di qualcosa, basta fare un cenno a me o agli altri ragazzi.”
Gli sorrise, e si diresse verso un altro tavolo – nel frattempo la sua mente lavorava freneticamente, chiedendosi che motivo ci fosse dietro all’ostilità di quel ragazzo nei confronti dei gatti.
E comunque, doveva essere destino che proprio lui si fosse ritrovato in un posto del genere, non c’era altra spiegazione.
Kurt, nel frattempo, aveva deciso di immergersi nello studio; il temporale non accennava a placarsi, e rimanere lì a guardarsi intorno sarebbe stato tempo perso. Dopo aver dato un’ultima occhiata al locale –doveva ammettere che era molto carino-, si tuffò a capofitto nei libri e perse totalmente la cognizione del tempo.
Fu solo quando sentì qualcuno tossire piano che distolse gli occhi dai suoi appunti e si rese conto che fuori era ormai buio; si stiracchiò, e poi portò l’attenzione su chi aveva di fronte. Blaine gli rivolse un sorriso colpevole, spostando lo sguardo da lui ai suoi appunti.
“Fosse per me ti farei restare tutto il tempo che vuoi, ma il locale sta chiudendo e dobbiamo risistemare”
“Oh mio dio, scusa! Stavo studiando e non mi ero reso conto che fosse così tardi”
“Non c’è problema, ho solo pensato fosse carino avvisarti – non credo tu voglia restare a dormire qua”
Kurt sorrise, cercando poi il portafoglio. “Quanto ti devo?”
“Hai avuto una brutta giornata e sono stato invadente, offro io”
“Non posso accettare!”
“Davvero, non preoccuparti – consideralo un benvenuto, sperando ci siano altre occasioni”
“Io – va bene, grazie. E scusa ancora per prima” non riusciva a togliersi dalla testa la figuraccia che aveva fatto.
“Smetti di scusarti, non ce n’è bisogno” lo rassicurò. “A proposito, non mi hai detto il tuo nome”
“Sono Kurt. E scusami – oddio scusa, l’ho fatto di nuovo!- ma ora devo proprio scappare”
Si precipitò fuori dalla porta, era davvero tardi e se non si sbrigava ci avrebbe messo ore a tornare a casa.
Kurt”  mormorò Blaine tra sé e sé. “Mi piace”
~
 
“Pronto?”
“Ehi, ciao!”
“Blaine! Come stai?”
“Stanco, abbiamo avuto il pienone in questi giorni”
“Avrei voluto esserci, ma purtroppo l’Università mi ha tenuto impegnato tutta la settimana”
“Non preoccuparti, sarà per la prossima volta”
Nei giorni precedenti, il Cat Café aveva organizzato una maratona di film e cartoni animati a tema, riscuotendo un grande successo. L’affluenza all’evento era stata consistente, e Blaine aveva passato le ore a correre di qua e di là per essere sicuro di soddisfare ogni richiesta dei clienti.
Kurt non si era fatto vedere, e lui non l’aveva chiamato per paura di disturbarlo – ma la verità era che gli mancava e moriva dalla voglia di rivederlo; era diventato un assiduo frequentatore del locale, negli ultimi tempi, ed averlo lì era ormai una costante. Ed era certo, anche se l’altro non l’avrebbe mai ammesso, che Kurt tutto sommato si stesse abituando alla presenza dei gatti – forse si stava addirittura affezionando a loro. Ma, Blaine poteva capirlo dal suo linguaggio corporeo, quella paura innata non gli era ancora passata del tutto, ed era sempre più determinato a fare qualcosa a riguardo.
Un’idea gli balenò in testa, e sorrise tra sé: forse aveva trovato una soluzione.
“Senti, Kurt, che ne diresti di venire al Café più tardi?”
“Oggi? Non è giorno di chiusura?”
“Sì, ma passo ogni domenica qui. Sistemo, controllo i cuccioli, vedo se c’è qualche modifica da fare… insomma, cose di routine. Che ne diresti di aiutarmi?”
“Non so, ho una marea di cose da studiare e-“
“Dai, Kurt! Lascia da parte i libri, solo per oggi pomeriggio. Se poi l’esame andrà male potrai prendertela con me”
Kurt scoppiò a ridere. “Oh, lo farò sicuramente, non dubitarne.”
“Quindi è un sì?”
“Sì. L’unica cosa è che impiegherò un’eternità per arrivare lì, sai come sono i mezzi di domenica”
“Passo a prenderti io!”
“S-sei sicuro? Non voglio essere di peso”
“Non disturbi affatto. Per le quattro può andare bene?”
“Va benissimo. Ma solo se per te non è un problema, Blaine, non voglio farti fare strada inutile e-“
“Se ci fossero stati problemi non mi sarei offerto, no? Ci vediamo più tardi, dolcezza”
“A-a dopo”

Kurt riattaccò, frastornato. Blaine l’aveva chiamato dolcezza? Non era sicuro di aver capito bene.
E come mai questa cosa l’aveva lasciato così confuso? Blaine non gli piaceva. O forse sì?
Erano giorni che ci pensava e ancora non aveva trovato una risposta alle sue domande; dopo l’iniziale diffidenza nei suoi confronti, aveva iniziato a conoscerlo e a volergli bene. Andava al Café quasi ogni giorno, ormai, era diventata una piacevole abitudine e quel ragazzo sapeva sempre come rallegrargli la giornata.
Bastava un sorriso, e tutto tornava al suo posto.
Scosse la testa, cercando qualcosa da mettersi – scartò un’infinità di outfit, finché non ne trovò uno che lo soddisfacesse. Si sedette sul divano e guardò l’orologio: mancava ancora un’ora e lui era un fascio di nervi.
Sospirò, quell’ansia non era affatto normale – stava solo andando al Café, non era un appuntamento e Blaine non provava niente per lui. Non c’era alcun motivo di essere tesi.

Dall’altra parte della città, Blaine si stava dando mentalmente dell’idiota per la propria impulsività.
Non riusciva a fare chiarezza su ciò che provava per Kurt, se fosse solo un sincero affetto oppure qualcosa di più. Non sapeva nemmeno perché l’avesse chiamato in quel modo, diamine! Forse perché un po’ gli piaceva, forse perché Kurt –una volta che riusciva a liberarsi delle proprie insicurezze- era davvero di una dolcezza unica… o forse quello non era affatto il momento giusto per dire una cosa simile e avrebbe dovuto tenere la lingua a freno.
Dopo aver attaccato un post-it al frigo con scritto “Pensa prima di parlare, Anderson!” – giusto un piccolo promemoria per il futuro- si mise in macchina, aveva un po’ di strada da fare ed il traffico sarebbe stato impietoso.
 
E invece, tutto filò liscio ed arrivò sotto casa di Kurt ben mezzora prima del previsto.
Indeciso, diede un’occhiata al cellulare e decise di aspettare ancora un po’, prima di far sapere che era lì; dopo pochi minuti, però, scese dalla macchina e si diresse al citofono, troppo impaziente per rimanere lì a far nulla.
Diavolo, amico, sembri una ragazzina al primo appuntamento! Che ti succede?
La vocina nella sua testa non accettava a smettere di porgli domande, e avrebbe solo voluto un telecomando per silenziarla definitivamente.
Prese un respiro profondo, e suonò.
Kurt arrivò in un attimo, e gli rivolse un sorriso timido ed un po’ impacciato. Erano entrambi nervosi, per qualche motivo, e stettero a guardarsi immobili come se aspettassero che fosse l’altro a fare il primo passo.
Poi Blaine si fece coraggio e lo strinse in un abbraccio, maledicendosi per non averlo mai fatto prima; il corpo di Kurt combaciava alla perfezione con il suo, e dopo qualche secondo lo sentì ricambiare la stretta, rilassandosi.
“Grazie per aver accettato l’invito. È noioso sistemare il locale da solo” disse, per rompere quel velo d’imbarazzo che si era creato.
“Grazie a te per avermi sottratto a questa tortura, gli esami mi stanno uccidendo!” Kurt sbuffò il proprio malcontento. “Adoro l’indirizzo che ho scelto, ma a volte vorrei solo dormire per giorni interi e non preoccuparmi della scuola”
“È lo stesso per me al Café, ci sono periodi in cui mollerei tutto” concordò Blaine, invitandolo a salire in macchina e accomodandosi al posto di guida. “Quanti esami devi dare, ancora?”
“Tre, e mi sembrano un’infinità”
“Sono sicuro che ce la farai, basta impegnarsi!”
“Come fai ad essere sempre così positivo riguardo a… tutto?”
“Anni di duro allenamento, Kurt” gli rispose, sorridendo.
Il viaggio procedette tranquillamente, tra chiacchiere e risate e canzoni cantate a squarciagola.
Stavano trovando una dimensione tutta loro ed era bello- fino ad allora erano stati un po’ limitati dalla relazione cliente-cameriere, vedendosi solo al locale, ed i messaggi non rendevano giustizia alla naturalezza con cui si rapportavano uno all’altro.
Eppure, rifletté Kurt, si sentiva bene. Era semplice stare con Blaine, come se fossero amici da tutta una vita – e invece, si conoscevano solo da qualche mese e non avevano mai passato del tempo così a stretto contatto, senza nessuna distrazione intorno, solo loro due.
Sorrise, guardando fuori dal finestrino, e pensò che forse avrebbe potuto abituarsi a ciò.
“Siamo arrivati!” esclamò Blaine, distogliendolo dai suoi pensieri.
Entrarono nel locale e wow, faceva un certo effetto vederlo completamente vuoto. Entrambi erano abituati alla frenesia di quel posto, ma in quel momento regnava un silenzio quasi innaturale.
Poi, qualcosa attirò l’attenzione di Kurt. “Uhm, sbaglio o mi sembra tutto perfettamente in ordine?”
“Devo confessarti una cosa” lo sguardo di Blaine aveva un che di colpevole. “Ti ho portato qui perché forse ho trovato un modo per farti passare la paura”
“Sempre con questa storia? Non mi piacciono i gatti, Blaine, dovresti averlo capito” Kurt incrociò le braccia, alzando gli occhi al cielo. Perché quel ragazzo era così testardo?
“Fammi fare solo un tentativo, ti prego. Se non funziona ti lascerò in pace, te lo prometto”
Appena ebbe un cenno affermativo in risposta, gli fece cenno di seguirlo nella stanza sul retro. Aprì la porta e Kurt trasalì, perché ogni singolo gatto del locale era lì.
“Cosa significa?”
“Voglio farti capire che non c’è nulla di cui aver paura”
“E come pensi di riuscirci?”
“So che non ti piacerà, ma dovresti sederti in mezzo a loro e lasciare che si avvicinino, senza fare nulla per mandarli via”
“È uno scherzo!?” la voce di Kurt si alzò di un’ottava, non poteva sopportarlo.
“No – ehi, ti assicuro che sono innocui. Ti fidi di me?”
“In questo momento no”
“Non ti faranno del male, hai la mia parola” lo prese per mano e lo portò al centro della stanza, lasciando che si prendesse il suo tempo. “Quando te la senti siediti, okay?”
“Non lasciarmi la mano”
“Non lo farò”
Kurt imprecò silenziosamente: perché si era lasciato trascinare in una cosa simile? Eppure qualcosa gli diceva che poteva fidarsi.
“Okay, ci sono”
Si sedettero lentamente, uno di fronte all’altro. I muscoli di Kurt erano tesi per lo sforzo, le sue mani ancora stringevano quelle di Blaine.
Era riuscito ad abituarsi alla presenza dei felini quando andava lì a fare colazione, perché c’era sempre così tanta gente che non badavano a lui. Ma ora era solo in mezzo a loro, e poteva sentire il panico aumentare.
“Chiudi gli occhi”
“Tu sei pazzo!”
“Ti aiuterà, credimi”
“Ti odio”
Appena l’altro ebbe chiuso gli occhi, Blaine si lasciò sfuggire un sorriso. Stava riuscendo a conquistare la sua fiducia, nonostante tutto.
I mici si avvicinarono curiosi a Kurt, strusciando il muso contro le sue braccia e le sue gambe, alcuni addirittura gli salirono in grembo.
Lui dapprima cacciò uno strillo, poi cercò di rilassarsi il più possibile; sapeva che fare movimenti inconsulti non avrebbe aiutato affatto.
“Mi spieghi cosa ti è successo di così traumatico da farteli disprezzare?” la voce di Blaine arrivò leggera e colma di sincera curiosità.
“Ti interessa proprio tanto?”
“Sono curioso per natura, che vuoi farci”
“Quando ero piccolo, mia madre mi portava spesso in un parco e- oddio” qualcosa di umido gli aveva appena sfiorato il braccio. “Cos’è!?”
“Sta solamente saggiando il tuo sapore, per capire se sei una potenziale preda o no”
“Smettila!”
“Scherzavo, Kurt, ti sta solo leccando. È Stella, la più piccola, non riuscirebbe a morderti nemmeno se volesse”
“Molto rassicurante, Anderson. Comunque, un giorno eravamo in questo parco e un gatto randagio mi si è letteralmente lanciato addosso, senza che io potessi fare nulla. Traumi infantili, hai presente?”
“Oh sì, fin troppo. Mi è successa la stessa cosa con un cane”
“Giura!”
“Sono più che sincero. Ho passato anni con il terrore nei loro confronti”
“E come l’hai superata?”
“Secondo te?”
Kurt aprì gli occhi, guardandosi intorno: era circondato dai gatti e non stava dando in escandescenze. “Oh”
“Ho pensato che se ha funzionato con me, forse avrebbe potuto aiutarti”. I gattini giravano liberamente tra di loro, talvolta ricercando coccole e affetto, altre limitandosi a guardarli annoiati. “Va meglio, no?”
“C-credo di sì”
“Manca l’ultimo passaggio. Vieni qui, piccola” prese in braccio Stella e la appoggiò con delicatezza tra le gambe di Kurt. “Accarezzala”
“Sei sicuro?”
“Provaci”
Kurt allungò una mano, timoroso; era chiaro che quel batuffolo con gli occhi azzurri non avrebbe mai potuto fargli niente, piccolo com’era.
Respirando a fondo, poggiò piano le dita sulla testolina della gatta, che per tutta risposta ricercò un maggiore contatto strusciandosi contro la sua mano. Era morbida, soffice, e un sorriso increspò le labbra di Kurt – era rilassante, e in più Stella sembrava apprezzare perché iniziò a fare le fusa, soddisfatta.
“Devo ammettere che avevi ragione”
“Ero sicuro ti avrebbe aiutato”
“Grazie, Blaine-risolvo-traumi-infantili. Come posso ringraziarti?” disse, ironico.
“Esci con me”. Lo disse di getto, senza averlo minimamente programmato; voleva solo passare più tempo possibile con lui.
“C-cosa?”
“Ti va di uscire con me?” ripeté, ansioso di conoscere la risposta.
“È un appuntamento?”
“Solo se lo vuoi”
Kurt si sentì avvampare, poi gli rivolse uno dei sorrisi più dolci di sempre. “Andata”
 
 
~
 
Seduto nel vagone del metrò, Kurt sorrise.
Le cose tra lui e Blaine andavano bene: dopo quella prima volta erano usciti di nuovo, e lui non aveva abbandonato la sua solita abitudine di andare al Café. Non stavano insieme, non erano una coppia –non si erano nemmeno mai baciati, non ancora- ma avevano trovato un loro equilibrio e il sentimento che provavano si stava rafforzando ogni giorno di più; stavano imparando a conoscersi, e tutto sembra funzionare per il meglio.
Anche con i gatti la situazione era decisamente piacevole; superata la paura, Kurt non si faceva problemi a coccolarli, e loro si erano affezionati ed abituati alla sua presenza.
La voce metallica del treno annunciò la sua fermata – per fortuna, era praticamente davanti a casa sua- e Kurt scese, pregustando già una serata a base di relax e magari un bel film alla tv. Attraversò la strada e, mentre frugava nella borsa alla ricerca delle chiavi, sentì qualcosa.
Era confuso e soffocato, come un… miagolio; aguzzò la vista, spostandosi leggermente verso i bidoni della spazzatura, perché da lì sembrava provenire il suono.
Il respirò gli si mozzò in gola quando finalmente riuscì a scorgere la fonte di quel piagnucolio: era un gattino di appena due mesi, sicuramente randagio, che miagolava flebilmente. Sembrava ferito, muoveva a malapena le zampe anteriori.
Kurt lo guardò in panico. Cosa poteva fare?
Poi, l’illuminazione. Prese il telefono, digitò il numero e attese con impazienza.
“Ehi!”
“Blaine, devi aiutarmi!”
“Che succede? Stai bene?”
“Ho trovato un randagio sotto casa mia, sta male, non sapevo chi chiamare e-”
“Kurt, per prima cosa calmati. Ora ascoltami, va bene?”                                            
“S-sì, dimmi cosa devo fare”
“Vai a casa e prendi un asciugamano, poi torna giù e cerca di avvolgerlo intorno al cucciolo -fai più piano che puoi, potrebbe avere qualcosa di rotto. Se non riesci, prova a stenderglielo sopra, deve stare al caldo.”
Seguirono momenti di trepidazione, in cui Blaine non poté fare altro che rassicurare Kurt e guidarlo nelle operazioni.
“H-ho fatto. E ora?”
“Resta lì e non muoverti, io sto arrivando, va bene?”
“Fai presto”
Blaine chiuse la chiamata, spiegò velocemente la situazione ai colleghi e si precipitò alla macchina; fece più in fretta che poté, e quando arrivò trovo Kurt inginocchiato vicino al gatto.
“Ehi, eccomi” si chinò vicino a lui e raccolse il fagotto, facendo attenzione a non fare movimenti bruschi. “Mentre venivo qui ho chiamato il veterinario, ci sta aspettando in clinica”
Guidarono velocemente fino all’ambulatorio, Kurt che continuava a gettare sguardi ansiosi al micio, con il terrore che potesse peggiorare da un momento all’altro.
Una volta arrivati, lasciarono tutto nelle mani del dottore e si abbandonarono sulle sedie nella sala d’attesa.
“Ho paura”
“Starà bene, Kurt, il dottor Hernandez è uno specialista. Ha curato tutti i nostri gatti ed è davvero bravo, andrà tutto bene”
Kurt si lasciò andare ad un sospiro, stringendosi a lui. “Sai, solo qualche mese fa non avrei mai detto che mi sarei preoccupato tanto per un gatto”
“È tutto merito mio”
“Non vantarti troppo, Anderson”
Blaine rise piano, lasciandogli un bacio sulla fronte. “Starà bene, vedrai”
Dopo quelle che parvero ore, il veterinario uscì dalla stanza – con gran sollievo di Kurt, sorrideva.
“Potete rilassarvi, sta bene. Avrà solo bisogno di un po’ di riposo per far guarire la zampa, ma potete portarla a casa già ora”
“È una femmina?”
“Sì. Avrà bisogno di cibo e di tanto amore, ma non c’è nulla di cui preoccuparsi”. Tese loro la gabbietta, diede loro le ultime raccomandazioni e li salutò.
Kurt sbirciò attraverso la grata – la gatta era addormentata e sembrava stare bene. “Dio, che sollievo”
 
Dopo un po’ erano di nuovo a casa di Kurt, la gatta sistemata a dovere in una cuccetta e loro due stesi sul letto.
“Serata interessante, eh?” Blaine sospirò. Tra il lavoro e quella corsa frenetica all’ambulatorio, si sentiva esausto.
“Puoi dirlo forte” sbadigliò Kurt. Era accoccolato sul suo petto da quando erano tornati, e non aveva alcuna intenzione di muoversi. “Sono contento che l’abbiamo trovata in tempo”
“Anche io. Ora però dovremmo darle un nome”
“Che ne dici di, mh, Cookie?”
“È carino. Sì, mi piace”
“Sicuro?”
“Sì, dolcezza”
Un momento di silenzio, poi Kurt si decise. “Posso chiederti una cosa?”
“Tutto quello che vuoi”
“Quando mi ha chiamato dolcezza per la prima volta, ti piacevo già?”
Blaine arrossì, e quando parlò la sua voce tremava leggermente. “Io non – non lo so. Mi piacevi, ma non sapevo quanto. Non riuscivo a far luce su ciò che provavo per te, e dopo quella telefonata ho pensato di essere stato uno stupido”
“Perché?”
“Perché non sapevo se ricambiavi, se fosse il momento adatto, se avrei dovuto dirtelo oppure no”
“Divertente, ero esattamente nella tua stessa situazione”
“Quindi abbiamo sprecato mesi perché siamo due stupidi?”
“Direi di sì” rise Kurt, e poi tornò serio. “E ora t-ti piaccio?”
Blaine si mise a sedere, costringendolo a fare lo stesso. “Mi piaci un sacco, Kurt. Non so a cosa porterà tutto questo, ma se c’è una cosa di cui sono sicuro è che mi piaci e vorrei perlomeno provarci. S-se sei d’accordo, ovviamente”
“I-io voglio provarci” arrossì, ma gli occhi gli brillavano di una felicità nuova. “Vuoi stare con me?”
“Ufficialmente?”
“Ufficialmente”
“Sì. Sì, voglio stare con te e vedere come va. Ti prometto che farò tutto il possibile per essere un fidanzato perfetto e-“
Le sue parole vennero interrotte dalle soffici labbra di Kurt, che si posarono sulle sue in quel primo bacio che entrambi avevano agognato per lungo tempo. Durò un’eternità o forse pochi secondi, e a quelli ne seguirono altri, tra risate e schiocchi , “sei bellissimo” e “tu di più”, la spensieratezza della gioventù e la consapevolezza di appartenersi. Cento, mille baci che sembravano non bastare mai, perché avevano appena scoperto un modo tutto nuovo di amarsi e conoscersi, e già sapevano che non ne avrebbero mai avuto abbastanza.
Kurt gli lasciò un ultimo, leggerissimo bacio sulle labbra e poi si tirò su, puntellandosi sui gomiti per riuscire a guardarlo. Rise quando vide il rossore sulle sue guance, poi pensò che doveva essere nella stessa situazione e rise ancora, mentre Blaine lo guardava confuso ma felice.
“Non voglio un fidanzato perfetto, mi basti tu”
  
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