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Autore: sweetdreamstn    17/07/2016    0 recensioni
Miles lo sapeva, mentre ascoltava l'altro ragazzo cantare: ad Alex erano sempre piaciuti i temporali, nonostante non capisse come fosse possibile.
Genere: Fluff, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Miles Kane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non c'era nulla di nuovo in quel tardo pomeriggio di fine ottobre: le solite coperte stropicciate sul solito divano di pelle, che ospitava Miles, raggomitolato su sé stesso; la solita persiana abbassata, ma non del tutto, che permetteva all'umidità ed all'aria fresca ed ai riflessi della luce dei fulmini ed ai boati dei tuoni di entrare in casa; la solita finestra aperta, perché nessuno aveva mai tempo o voglia di riparare la maniglia; il solito Alex che, senza fretta, girovagava per casa, ripetendo il tragitto che separava il divano dalla cucina più e più volte, sorridendo nel vedere Miles in quella posizione tanto infantile ed attendendo che il loro té caldo fosse pronto. Nulla di nuovo, dunque. E nuovo non era nemmeno lo scenario che si intravedeva dalla persiana: un temporale. Alex amava la pioggia ed i lampi ed il rimbombare dei tuoni ed i fischi del vento; amava il profumo dell'umidità autunnale ed amava il cielo che da azzurro diventava grigio e poi viola e poi blu notte e poi nero; amava esser consapevole di dover fare da genitore rassicurante, più che da fidanzato, ad un Miles che, sentendo un tuono o vedendo un fulmine cadere chissà dove, si trasformava in un bambino spaventato, o in un cane abbandonato – ma ad Alex piaceva pensarlo come un bambino, più che come un cane od un qualsiasi altro animale indifeso, perché la sua voglia di cullare Miles con le braccia e con la voce poteva essere soddisfatta in quelle occasioni di tempesta che tramutavano lo Scouse in un piccolo di 4 o 5 anni. Alex era, adesso, in cucina, due tazze in mano: una verde ed una bianca a righe blu, ma lo sguardo rimaneva fisso sul sofà posizionato nell'angolo del salone. E lo sguardo fisso su Miles, più che sull'effettivo divano, era accompagnato da un sorriso spontaneo e da un ritmo a bassissimo volume generato dalle dita di Alex che battevano sulla ceramica delle tazze bollenti. Finalmente i due si riunivano sotto alla solita coperta stropicciata, comprata qualche anno prima in un qualche mercatino di una qualche città sud americana da loro visitata. Il calore del té fece sì che gli occhiali indossati da Alex si appannassero, provocando un risolino – lieve, ma di gusto – da parte di Miles. E questa sua piccola, dolce risata, come in una reazione a catena, generò la risata di Alex, che ogni qual volta sentiva Miles ridere non poteva far altro che seguirlo a ruota. La mano sinistra del ragazzo di Sheffield accarezzava gentilmente la guancia di Miles, che si tirò un po' su e s'allungò quasi inaspettatamente verso Alex per schioccargli un semplice, ma dolcissimo e sincero bacio sulla guancia. Il tutto avveniva nel silenzio della loro casa, silenzio interrotto soltanto da sporadici tuoni e dal quasi impercettibile e felpato rumore che la mano di Alex provocava a contatto con la guancia ispida dell'amato; silenzio che sviluppò una grande eco allo schiocco di quel bacio dato da Miles. Quest'ultimo, impossessatosi del telecomando mentre tornava nella sua originaria posizione – che lo faceva sembrare un gatto addormentato, per quanto era raggomitolato su sé stesso, sentendosi minacciato dal temporale e dall'aria ormai fredda che gli batteva sulla schiena mentre entrava da quella dannata finestra rotta e sì, minacciato anche dalla quasi nulla possibilità che Alex potesse alzarsi per fare chissà cosa e lasciarlo relativamente solo – dopo aver baciato il suo ragazzo tentava, senza alcun successo, di accendere la tv. Gli effetti del maltempo sulla corrente, sul decoder e sulla linea internet erano già visibili, come visibile era l'irritazione sul viso di Miles. Intanto il ritmo a cui Alex aveva dato vita battendo le sue dita sulle tazze continuava, in modo spontaneo e casuale, senza che il suo creatore o l'altro ragazzo a lui attorcigliato ci facessero caso. Ma proprio in quell'istante quella che doveva essere una remota possibilità – e cioè quella per cui Alex si sarebbe slegato dall'abbraccio scomposto di Miles per alzarsi e fare chissà che – divenne realtà. Il ragazzo dai capelli neri e scompigliati era già dall'altra parte del salone, con una chitarra in mano sulla quale riproponeva il ritmo che le sue dita e le tazze avevano fatto nascere. Strimpellava, interrompendosi spesso per guardare Miles e sorridergli, senza però dare spiegazioni relative alla sua improvvisa voglia di suonare. Miles, che tanto avrebbe voluto ammirare il suo compagno all'opera, si abbandonò invece al sonno – non per stanchezza, ma per cercare di evadere da quel temporale autunnale che gli provocava tanta paura. Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma una volta sveglio Alex era tornato sul divano, senza aver abbandonato la chitarra, ed aveva davanti a sé dei fogli, trovati per caso sul tavolo o sulla credenza o in qualche cassetto. Su uno di quei pezzi di carta giganteggiavano le parole "(S)he's thunderstorms", decorate e visibilmente calcate, come se Alex avesse dedicato più tempo del necessario a quel probabile titolo di una probabile canzone mentre attendeva il risveglio di Miles. E non c'era bisogno di richieste formali, perché Alex sapeva che Miles voleva ascoltarlo suonare e cantare così come Miles era a conoscenza della voglia non dichiarata di Alex di esibirsi per lui. E proprio mentre il più giovane iniziava ad ascoltare le note di quella nuova composizione, Alex pensava a quanto Miles fosse un temporale – anzi: Miles era un insieme di temporali. Quel temporale, di quel banale pomeriggio autunnale, come ogni tempesta che sia degna d'esser definita tale, era potente ed imprevedibile e poeticamente pericoloso ed artisticamente mozzafiato; e Miles lo sapeva, mentre ascoltava l'altro ragazzo cantare: ad Alex erano sempre piaciuti i temporali, nonostante non capisse come fosse possibile. Forse, però, ciò di cui non aveva ancora piena coscienza era il fatto che, più di ogni altra tempesta, ad Alex era sempre piaciuto il suo temporale, il suo insieme di temporali, il suo Miles, perché lo Scouse il maltempo non l'aveva mai amato e non aveva mai amato più di tanto neanche sé stesso; e gli sembrava impossibile che uno come Turner potesse amare un temporale come lui. ——————————— Ciao gente! Pochi giorni fa mi è ricapitata sotto gli occhi una vecchia intervista di Alex in cui parla di come è nata "She's thunderstorms" (degli Arctic Monkeys, ovviamente) e di come per lui i temporali siano estremamente interessanti ed artistici. E niente, ho fatto un mix di cose partendo da quell'intervista ed ora vi tocca sorbirvelo, 'sto mix!
   
 
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