Storie originali > Epico
Segui la storia  |       
Autore: destiel87    18/07/2016    0 recensioni
Sette sono le Dee che cambieranno il destino dell' eroe Sigfried, giunto dalle terre nordiche fino alle sponde della grecia.
Afrodite, dea dell' amore, Ixchel, dea della passione, Hel, lunare e gelida come i monti dove dimora.
Ecate, dea degli incantesimi, Atena, dea della saggezza e della guerra, Artemide, la vergine cacciatrice.
Ed infine, Perfesone, malinconica regina dell' oltretomba...
Ad accompagnarlo nelle sue avventure, il fidato destriero alato Pegaso, e la veggente guerriera Cassandra.
A sfidare la sua ira e la sua spada, il valoroso e crudele Ares, ed Ade, dio dei morti e delle ombre.
(Nota: I personaggi della storia sono ispirati alla mitologia greca, romana e normanna)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 7: I SOGNI DI CASSANDRA




Fu una corsa contro il tempo, quella che intrapresero Sigfried e Pegaso, sfidando le intemperie ed il gelo.
Tuttavia, Sigfried sapeva che la vita della fanciulla che stringeva tra le braccia, dipendeva dalla loro rapidità.
Melpòmene tremava, sia dalla paura che dalla gioia, chiedendo silenziosamente agli Dei di esaudire la sua preghiera.
Vedendo nel giovane cavaliere la fatica e la disperazione che gli segnavano il volto, decise di allietare la sua anima in pena, ringraziandolo anche per il sacrifico che stava per compiere, cantando per lui una canzone.
Così, nel cielo della grecia, accompagnata dalla melodia del vento, Melpòmene cantò, riempiendo il cuore dell' eroe di una struggente e soave grazia.
Il loro arrivo nella città di Isie, fu annunciato dal suo canto, che mano a mano si avvicinavano al castello, diveniva sempre più incalzante.
Una volta scorto il grande giardino del palazzo, Pegaso scese attraverso la cotre di nubi,
posandosi tra i verdi prati e gli alberi in fiore.
Dinnanzi a loro, si estendeva il lungo corteo di invitati, accorsi da tutti i regni per assistere al matrimonio della figlia del governatore Priamo, Cassandra.
Sigfried scese da cavallo, reggendo tra le braccia Melpòmene, che una volta scorto il suo amore, gli corse incontro disperata.
Il giovane Omero, vedendo la sua musa ed amica correre verso di lui con le lacrime che rigavano il bel volto, le andò incontro con la tristezza nel cuore.
Sapeva bene che l' amore che la giovane nutriva per lui era puro e sincero, ma la volontà del padre era stata più forte dell' affetto che da sempre aveva coltivato per la fanciulla.
Prima che potesse parlare tuttavia, Melpòmene aveva già intonato il suo canto, ed il giovane, come accadeva ogni volta, ne era rimasto incantato.
Quando lei gli aveva preso la mano, rinchiudendo in essa la magica pozione, lui non aveva opposto resistenza, rapito com' era dalla sua voce e dalla sua bellezza.
Non l' aveva mai amata, non di quell' amore incondizionato e folle che lei nutriva per lui, tuttavia aveva per la fanciulla un affetto profondo e colmo di dolcezza.
Quando lei cantando, gli chiese di bere le magiche acque rosse nell' ampolla, lui senza pensarci portò il vetro argentato alle labbra, bevendone tutto il sacro potere.
In quel momento, ogni affetto, ogni volontà, ogni paura, ogni dubbio, che potevano separlo da lei, svanì per sempre.
Il giovane Omero sentì il dolce canto della fanciulla incatenare il suo cuore per sempre. Nei suoi occhi ormai, non esistevano che quelli di lei.
Il suo animo, accecato ormai da quell' amore violento e irrazionale, lo guidò verso le sue labbra incantate.
Mentre la folla li osservava incredula, lui la prese tra le braccia, incamminandosi verso la sua nuova vita.
A nulla servirono le minacce del padre ed i pianti della madre, nulla, nemmeno le spade avrebbero potuto separarlo dalla fonte dell' suo amore.
"Canta per me, mio dolce giglio, mia sposa, mio amore, mia musa... Canta per me, affinchè io narri storie immortali tra le dolci braccia." Le diceva, baciando le sue guance rosee e fredde.
Passando davanti al giovane Sigfried, Melpòmene sorrise, finalmente felice insieme al suo amante.
"Ti ringrazio, mio eroe. Ti devo la vita. - Gli disse cantando - Ogni mia preghiera sarà a te rivolta, affinchè tu possa avere ogni cosa che desideri... Onore e gloria, ricchezze e terre, donne ed amore... Tutto tu meriti e tutto ti darò, mio eroe dal cuore gentile."
Sigfried sorrise a sua volta, ringraziandola con un leggero inchino del capo.
La osservò con lo sguardo, beandosi della sua gioia, finchè ella scomparve tra gli archi di pietra del grande palazzo.
Conscio di avere aiutato un cuore puro e disperato, mise pace al suo, rinunciando per sempre alla gelida e lunare Hel.
Non vi era più modo ormai di farsi amare da lei, se non portarle i due cuori che aveva chiesto.
Sigfried avrebbe preferito mille volte le torture dell' Ade, piuttosto che lordare le sue mani con il sangue delle Dee, così, affranto e rassegnato alla solitudine, si incamminò verso il suo destriero.
Solo allora udì le pene di una madre, che implorava agli Dei vendetta ed aiuto.
Ella era Ecuba, madre della sventurata Cassandra, derubata dello sposo il giorno delle sue nozze.
"Oh mia dolce creatura! - Disse piangendo Ecuba - Mia anima innocente, figlia della malasorte, il tuo sposo ti ha abbandonata ancor prima di averti! Che ne sarà di te? Come potrò dare al tuo giovane cuore quest' orribile notizia? Oh, quale pena, quale dolore, affligge una madre la cui figlia è maledetta dagli Dei!" La donna si strappò le vesti, cadendo al suolo.
Priamo cercò di sorreggerla, urlando la sua rabbia ed il suo odio verso il giovane Omero, colpevole di aver distrutto la vita della figlia, condannandola alla solitudine perenne.
Solo allora, Sigfried realizzò che per donare amore ad una fanciulla, l' aveva rubato ad un' altra.
La felicità di una, aveva condannato l' altra.
"Oh Dei, quale peccato ho commesso?" Si chiese Sigfried disperato.
"Per salvare una vita, ne ho forse distrutto un' altra? Cosa posso fare per porre rimedio ai miei torti?"
Sigfried inziò a camminare per i giardini, tormentando la sua anima e maldicendo la sua sorte.
Pegaso lo seguì, condividendo il suo dolore.
"Oh mio caro amico, non mi sei rimasto che tu al quale affidare i miei dolori..." Gli disse, accarezzandolo con dolcezza e sconforto.
Pegaso strofinò il muso contro il viso del giovane, strappandogli un malinconico sorriso.
Mentre continuava a camminare, fu attratto dal rumore di un ruscello, che calmo e costante, calmava il suo spirito.
Contiuò a camminare, seguendo il ruscello che attraversa i grandi giardini del palazzo, osservando i fiori e gli alberi che lo circondavano, chiedendo al cielo azzurro, se un giorno anche lui avrebbe trovato un po' di pace da questo avverso destino.
Poi, in lontananza, intravide la figura di una giovane fanciulla, intenta ad accarezzare l' acqua del fiume.
Aveva un espressione malinconica in viso, ma i suoi occhi brillavano di una forza sconfinata e paziente, come l' acqua in cui si specchiava.
Lunghi capelli neri le ricadevano sulle vesti e sul viso, reso ancor più bello dal sole che la illuminava.
Gli occhi, verdi e dorati, guardavano ora verso il cielo, mentre le labbra sottili si schiudevano in un respiro.
Una lunga treccia si adagiava morbida sul vestito verde e dorato, mentre seduta sull' erba chiudeva gli occhi e silenziosa si rifugiava nel suo mondo.
ll giovane eroe si avvicinò a lei, attratto dalla sua anima, che emanava la stessa tristezza che rabbuiava la sua, eppure anche una grande forza.
Lei lo sentì arrivare, ma non si scostò, ne disse nulla, lo osservò solamente, con calma e sicurezza, come se in qualche modo, sapesse già del suo arrivo.
"Vi disturbo, mia signora?" Chiese Sigfried, inchinandosi a lei.
Lei sorrise e scosse la testa, facendo cenno con le mani di sedersi al suo fianco.
Sigfried accettò l' invito, sedendosi accanto alla misteriosa ragazza.
"Il mio nome è Sigfried, mia signora, e questo è Pegaso, il mio destriero... Non abbiate paura, non voglio farvi alcun male..."
"So chi siete cavaliere..." Disse lei guardandolo intensamente negli occhi.
"Molte volte ho veduto questo viso..." Aggiunse, accarezzando timidamente la sua guancia.
Sigfried era confuso, non ricordava di aver mai visto la fanciulla, eppure, qualcosa nel suo sguardo lo rassicurò.
"Ci siamo già incontrati, mia signora?"
"Solo nei miei sogni cavaliere..." Rispose lei con un timido sorriso.
"E cosa avete sognato, se posso osare chiedervelo?"
"Ogni cosa cavaliere... Vi ho visto approdare sulle coste, fino ad arrivare al cuore della giungla e alle montagne innevate. Vi ho visto combattere sul monte Ygdrasill, ed infine giungere fino a me attraverso la neve ed il cielo..."
Sigfried non riusciva a credere a ciò che aveva appena sentito, come poteva sapere così tanto su di lui, se non l' aveva mai incontrata? Chi era dunque la misteriosa fanciulla?
"Come fate a sapere tutte queste cose? Siete forse una Dea, mia signora?"
"No cavaliere... Solo una fanciulla, i cui sogni rivelano la verità delle cose, anche quelle che non sono ancora accadute... Sapevo che sareste giunto da me, molto prima che lo sapeste voi..."
"Gli Dei vi hanno fatto un grande dono mia signora... Potessi io sapere gli avvenimenti del futuro, avrei potuto vincere con facilità molte battaglie, salvare innumerevoli vite... Perfino risparmiare al mio cuore tanto dolore... Siete molto fortunata..."
"A volte gli Dei ti benedicono con un dono e ti maledicono con un' altro cavaliere... Pur sapendo cose che ancora non sono accudute, nessuno ascolta la mia voce, perciò non posso evitare che accadano... Ho visto morire molte persone, senza mai poter salvarne una... Cosa può esserci di fortunato in questo? E' solo una tortura per me..."
"Mia povera, dolce creatura... Non immaginavo che questo dono vi recasse tanto dolore... Il mio cuore piange con il vostro... Forse certe anime sono destinate all' eterna sofferenza... La vostra e la mia, sembrano essere legate da un destino di sangue e lacrime."
"Le nostre vite sono destinate ad intrecciarsi cavaliere, anche se ancora non mi è stato concesso di sapere come..."
"Se davvero il destino ci ha uniti, dev' esserci un motivo importante... Anche se ancora non sappiamo quale. Posso dunque dunque di sapere il vostro nome, mia signora?"
Dopo qualche minuto di silenzio, la fanciulla parlò. "Cassandra... E' questo il mio nome cavaliere."
Nel sentire quel nome, Sigfried sbiancò in volto e si coprì il viso con le mani per la vergogna.
"Oh mia signora... Perdonatemi... Vi prego di perdonarmi, se il vostro cuore ne è capace. Credo di avervi recato un danno enorme, sebbene io lo abbia fatto per aiutare un' anima in pena..."
"Non dovete addolorarvi per me... Avevo già sognato questo giorno. Il cuore di Omero non mi apparteneva, così come il mio non apparteneva a lui... Non soffro per la sua perdita, anzi gioisco per la mia rinnovata libertà!"
"Ma mia signora... Ne siete certa? Quanta forza il vostro animo dimostra in questo strano giorno voluto dal destino... Credevo che vi avrei trovata il lacrime, ero pronto ad offrirvi ogni mio avere pur di farmi perdonare!"
"C'è solo una cosa, che io desiderei veramente..."
"Ditemela allora, e io farò qualunque cosa in mio potere per offrirvela! E' un giuramento che vi faccio dal profondo del mio cuore, valorosa fanciulla!"
Così dicendo Sigfried si battè la mano sul petto, incitando la ragazza ad esprimere il suo volere.
"La libertà... E' l' unica cosa che ho mai veramente voluto. Essere libera di decidere il mio destino, senza essere schiava del volere di mio padre o di un marito, o di un regno."
"Il vostro è senza dubbio un nobile desiderio mia signora. Il mio cuore si scalda di fronte ai vostri sentimenti... Ma come posso aiutarvi io? Cosa posso fare per rendervi libera?"
Cassandra sfiorò di nuovo la sua guancia, portandogli un ciuffo di capelli biondi dietro l' orecchio.
Rimasero così per alcuni istanti, persi l' uno negli occhi dell' altra, senza parole.
"Portatemi con voi... Portatemi con voi nelle vostre avventure, fatemi conoscere il mondo. Lasciatemi libera di essere ciò che sono, e io ve ne sarò grata per tutta la vita!"
"Vorreste davvero venire con me? Ma mia signora è pericoloso! La vita di un cavaliere è dura e piena di sacrifici e battaglie..."
"Non temo nè il dolore nè la morte cavaliere. Vi prego, portatemi con voi. Lasciatemi libera di scegliere il mio destino!"
Sigfried accarezzò le sue mani, stringendole forte tra le sue.
"Mia signora, mai in tanti anni ho conosciuto una fanciulla come voi. Cosi forte e libera, senza paura... Niente mi recherebbe più gioia di condividere con voi le miei avventure, rendervi mia compagna nelle battaglie, farvi scoprire il mondo... Se è questo ciò che desiderate, vi accontenterò!"
Cassandra, in uno slancio di gioia, si gettò tra le braccia del cavaliere, abbracciandolo con forza.
Sigfried, che non era abituato a tali gesta d' affetto, si sentì un po' a disagio all' inizio, ma poi, preso coraggio nel trovarsi accanto ad un anima così simile alla sua, ricambiò la sua stretta con decisione.
"E ditemi, Cassandra, dove desiderate andare? Dove volete che vi porti?"
Lei, facendosi improvvisamente seria, gli prese il volto tra le mani e disse: "Tebe."
"Portatemi a Tebe cavaliere... Ho visto la sua fine molte notti or sono, ma nessuno ha creduto alle mie parole. Molti innocenti moriranno, la città cadrà... Solo noi abbiamo il potere di fermare questa tragedia."
"Tebe? quale pericolo incombe sulla città? Vi prego, ditemi ogni cosa!"
"Mi credete se ve lo dirò?" Chiese lei ansiosa.
"Avete la mia parola."
"Allora andiamo, vi racconterò il mio sogno sulla strada per la città. Non abbiamo più molto tempo!"
Sigfried annuì e si alzò, preparando Pegaso per la nuova battaglia che gli attendeva.
"Andiamo dunque, mia signora Cassandra. Il destino di Tebe, ed il nostro, ci attendono!"


Nota: Cassandra nella mitologia greca era la figlia di Ecuba e di Priamo re di Troia, fu sacerdotessa nel tempio di Apollo da cui ebbe la facoltà della preveggenza, prevedeva terribili sventure ed era pertanto invisa a molti.
Secondo la leggenda, Apollo, per guadagnare il suo amore, le donò la dote profetica ma, una volta ricevuto il dono, Cassandra rifiutò di concedersi a lui: Adirato, il Dio le sputò sulle labbra e con questo gesto la condannò a restare sempre inascoltata.
Nota: Isie, era una città della Beozia, ai piedi del versante settentrionale del monte Citerone sulla strada da Tebe ad Atene.
Nota: Tebe, svolse un ruolo importante nella mitologia greca, luogo delle storie di Cadmo, Edipo, Dioniso e altri personaggi mitici. Sotto il comando di Epaminonda, divenne la città egemone greca, riuscendo a sconfiggere Sparta e la Lega Peloponnesiaca.



Nota dell' autore:

Ciao a tutti ^-^
Volevo scusarmi con voi per l' enorme ritardo nella pubblicazione di questo capitolo, purtroppo ho avuto dei problemi personali che mi hanno impedito di scrivere, ho potuto riprendere la scrittura solo in questi giorni.
Spero che continuerete a seguire questa storia e che vi piacciano le nuove avventure del nostro eroe Sigfried.
Alla prossima, dee e cavalieri :-)




 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Epico / Vai alla pagina dell'autore: destiel87