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Autore: NeverThink    22/04/2009    6 recensioni
Dopo quella notte tutto sarebbe tornato come prima.
Perché lei mi odiava.
Perché lei non mi sopportava.
Perché io la irritavo.
Perché io la… la odiavo, dopotutto… ?
One shot legata alla fiction "trovami un modo semplice per uscirne"... può essere letta anche non conoscendo la storia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Confusion

 


Non capirsi è terribile-
non capirsi e abbracciarsi,
ma benché sembri strano,
è altrettanto terribile
capirsi totalmente.
In un modo o nell’altro ci feriamo.
Ed io, precocemente illuminato,
la tenere tua anima non voglio
mortificare con l’incomprensione,
né con la comprensione uccidere.
Evgenij A. Evtusenko, poeta russo, 1933.

 

 

Aspettavo che Mark, uno dei miei più cari amici, finisse di vestirsi. Mi avvicinai così alla grande finestra, scostando leggermente la tenda chiara e lì, rimasi a guardare, non so per quale motivo un gruppo di ragazza che da subito non riconobbi. Ridevano, parlavano, sorridevano. Guardai i loro visi più attentamente e riconobbi una piccola figura, dai capelli castani e grandi occhi neri. Stephanie, ricordai subito il suo nome.
Come dimenticarlo, in fondo? Al mio nostro primo incontro, a quel piccolo dialogo avvenuto casualmente era associato un altro ricordo. Una ragazza, dai lunghi capelli color del rame, dal viso rosso per l’ira, mi si avventò, per qualche motivo a me quasi oscuro, contro di me. Come ogni giorno del resto. E facevo fatica a capire cosa ci fosse sotto, quali sentimenti la portassero ad adirarsi in tal modo contro di me. In fondo, cosa le avevo fatto?
E spesso era stata oggetto dei miei pensieri lei, da qualche settimana a quella parte occupava la mia mente, i suoi occhi verdi come il prato primaverile si erano insinuati nella mia mente, senza abbandonarla.
Ma perché? Era realmente totalmente colpa sua?
No, non lo era, ed io lo sapevo bene. Ma i miei nervi con lei erano messi a dura prova. Il suo viso, cos’ dolce e delicato, assumeva quell’aria impertinente alla quale non potevi fare a meno di rispondere, anche se avresti voluto lasciar correre, non ci riuscivi. Ma quel viso sapeva anche catturare la tua attenzione, facendoti perdere il filo del discorso.
Continuai a fissare quelle ragazze, senza prestarli tante attenzione, perso nei miei pensieri. Poi, fu lì che due occhi attirarono la mia attenzione. Sorpresi fissarono i miei e non sentii la rabbia montare, rimasi a guardarli contemplando la loro bellezza, quegli occhi maledetti che tanto avevo imparato ad odiare.
Ma cosa celava realmente il mio cuore?
Non seppi subito darmi una risposta, col senno di poi riuscì a capire, ma questo è un’altra storia.
-Rob, tutto okay?- mi voltai verso Mark, sciogliendo il mio sguardo dal suo.
-Pronto?- chiesi afferrando la mia giacca.
-Cosa guardavi con tanta attenzione?- chiese avvicinandosi alla finestra e scostando leggermente la tenda per osservare cosa ci fosse oltre il vetro.
-Audry. – sussurrò con leggera euforia nella voce. Le fece segno di aspettare con una mano e si allontanò dalla finestra, guardandomi.
-Perché non mi hai detto che c’era?- chiese lui. Mark, tremendamente cotto di Audry. Audry, la mia compagna di stanza lì al college. Audry, la mia peggior nemica.
-Ti devo ricordare che rapporti ci sono fra me e lei?- scosse il capo e sorrise. Uscimmo dalla stanza diretti ad una dannata festa, alla quale con molto piacere non sarei andato… ma ancora non sapevo cosa mi avrebbe lasciato in serbo il destino.


Arrivai al locale in tremendo ritardo, due forse. Mark si era sentito male durante il tragitto, prego dalla nausea, e così fui costretto a portarlo in infermerei e poi a riaccompagnarlo in camera.
Bevvi una birra, seduto al bancone. Qualcuno però mi urtò col braccio e della birra mi cadde sulla mano. Imprecai dirigendomi verso il bagno, sbuffando. Odiavo avere la mani appiccicose. Così mi lavai in fretta deciso a ritornare al campus. Audry, sicuramente non l’avrei trovata, avevo intuito che sarebbe uscita. Meglio così, avrei sicuramente evitato risse e quant’altro.
Afferrai la maniglia ed aprii la porta. Sentii un tonfo e delle imprecazioni, poi la vidi. Stesa sul pavimento, la sesta abbandonata sul pavimento, un mano sul ventre piatto e l’altra lungo il fianco. Corrugai al fronte e mi chinai si di lei vedendo sentendola gemere.
-Audry?- chiamai il suo nome alcune volte, ma lei si limitò solo a scuotere il capo. Aprì gli occhi cerando di mettere a fuoco il mio viso e vedendo i suoi occhi lucidi capii che era sotto l’effetto di alcolici. Sospirando la sollevai da terra e la sentii sussurrare il mio nome.
-Si. Sono io. – risposi dirigendomi all’esterno del locale, diretto alla mia auto. Poggiò la testa al mio petto, come un bambino addormentato, chiudendo gli occhi. Lamentandomi e mugugnando qualcosa abbandonò la testa indietro. Ringrazia che fosse leggere o non ce l’avrei mai fatta a portarla fino alla mia auto.
-Fammi scendere. – farfugliò e feci fatica a comprendere le sue parole.
-Cosa?-
-Lo stomaco. – corrugai la fronte e la feci scendere quando cominciò a dimenarsi. Cominciò a camminare barcollando. Poggia così le meni sulla sua vita, aiutandola a restare in piedi. Si chinò presa da un conato di vomito. Tenendole la fronte, le accarezzai i capelli e la schiena, serrandole che sarebbe stata meglio, dopo. Così fu. L’aiutai a pulirsi e riprendendola imbraccio la condussi all’auto. La sentii gemere di dolore durante il cammino, probabilmente per la nausea. Una volta arrivati al campus la ripresi fra le braccia, e ancora si rannicchiò contro di me, poggiando la guancia sul mio petto. La poggia sul letto.
-Non ti muovere. – le sussurrai accarezzandole una guancia. Annuì debolmente col capo guardandomi con occhi stanchi. Quasi correndo mi diressi alle macchinette all’entrata prendendo del caffè e tornando subito in camera.
La osservai per alcuni attimi, come facevo da qualche notte, nell’ultimo paio di mesi. Guardai i capelli coprirle scomposti una parte del viso, le lunghe ciglia, le labbra sottili contrite, la pelle chiara, che alla luce lunare sembrava quasi perlata. La vidi agitarsi sul letto e, sospirando, mi diressi verso di lei.
-Se stai ferma passa prima, Audry. – dissi avvicinandomi a lei. Le sollevai il capo, scostandole i capelli rame dal viso, lasciando scoperto quel viso d’angelo.
-Tieni, bevi questo. – sussurrai avvicinandole alle labbra il bicchiere. Quasi si avventò sul bicchiere, ritraendosi leggermente al contatto con il caffè caldo.
-Piano. – le dissi accarezzandole i capelli, morbidi come seta. Allontanai la tazza dopo che ne ebbe bevuto un bel po’ e la poggia sul comodino. Ritornai a guardarla  i suoi occhi incrociarono i miei. Rimasi ad osservarla attimi che sembrarono infiniti e con i polpastrelli le accarezzai le palle del viso e del collo, ammaliato da una pelle tanta perfetta da non sembrare vera. Morbida, liscia e vellutata al tatto, come seta, come velluto. Calda e quasi frebbriciante. I suoi occhi chiari fu come penetrassero i miei e sembrò quasi che il mio cuore avesse perso un battito.
Famelica avvicinò le sue labbra alle mie, ma poggia le dita su di esse, bloccandole.
-Hai bisogno di dormire. – sussurrai spostandole poi sulla sua guancia e accarezzandola delicatamente, come fosse fatta di porcellana.
-Ho bisogno di… -
-Non sai quello che dici. – dissi in un risolino. –Se non fossi sotto l’effetto dell’alcool non lo diresti. - . Già, in fondo, lei mi odiava, più di chiunque altro. Per lei ero il nemico, una pulce, una sanguisuga.
Ma cos’era lei per me?
Il mio cuore ancora non lo sapeva. Lui che provava odio e amore allo stesso momento. Lui che provava felicità e tristezza nello stesso momento. Lui che provava mille sensazioni nello stesso momento.
Cosa celava in realtà?
-No. Si. Non lo so. – mugugnò abbandonando la testa sul cuscino. Sorriso intenerito e divertito.
-Dormi, Audry. – sussurrai baciandole la fronte e accarezzandole il collo, sotto l’orecchio.
-Resta. – sussurrò voltandosi verso di me, poggiando il viso sul cuscino.
-Dove vuoi che vada, Audry. – mormorai fissando il suo viso, la perfezione di quei lineamenti delicati e quasi angelici. Le accarezzai con una mano il viso e con altra, incrocia le sua dita elle mie.
Dopo quella notte tutto sarebbe tornato come prima.
Perché lei mi odiava.
Perché lei non mi sopportava.
Perché io al irritavo.
Perché io la… la odiavo, dopotutto… ?

 

 

 

 

One legata alla fiction Trovami un modo semplice per uscirne, ma che può essere letta anche senza conoscere la fiction.
Grazie a tutti coloro che leggeranno.

A voi, Panda.

 

   
 
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