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Autore: lolasmiley    19/07/2016    2 recensioni
Aria, una bambina di sette anni, confessa il suo più grande desiderio alla carta scrivendolo sulla letterina destinata a Babbo Natale perché, infondo, lui esaudisce sempre i desideri dei bambini.
Ashton per qualche settimana all'anno si cala nei buffi panni di uno degli elfi di Babbo Natale, è un ragazzo solitario, che cerca di soffocare e dimenticare un passato triste e complicato regalando un sorriso a chi non ce l'ha.
E' proprio lui a trovarsi tra le mani la lettera di Aria che lo commuove con le sue parole sincere e profonde. Ashton si sente responsabile, perché alla fine è a lui che la piccola ha chiesto aiuto, ma sa di non poter fare nulla. Si sente colpevole, perché non è riuscito a cambiare il “mondo dei grandi” e a renderlo un po’ meno brutto.
Sa che non è giusto quello che sta succedendo ad Aria e, che se non troverà il modo per realizzare il suo desiderio, la mattina del venticinque dicembre lei smetterà di credere nella magia, nel Natale, e si ritroverà faccia a faccia con la realtà cupa, triste e amara degli adulti.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(13)

Stay together for the kids

23 dicembre 2010

 

 

Their anger hurts my ears, been running strong for seven years

Rather than fix the problems, they never solve them, it makes no sense at all

I see them everyday, we get along so why can't they?

If this is what he wants, and it's what she wants, then why is there so much pain?

 

So here's your holiday,

hope you enjoy it this time, you gave it all away.

it was mine, so when you're dead and gone

will you remember this night, twenty years now lost,

it's not right.

 

 

I fiocchi bianchi cadevano fitti, turbinando nel vento freddo della sera. Chris aveva il naso incollato alla finestra, intenta ad osservare quello spettacolo natalizio, alle sue spalle la piccola Aria si era appisolata in grembo a James, seduto sulla poltrona, mentre lui le leggeva una fiaba.

«Chris, tesoro, togli il naso dal vetro: lo sporchi» le fece notare Eve, sottovoce, entrando in salotto. Chris obbedì, sospirò e andò a sedersi accanto a suo padre.

«È tardi, dovresti andare a letto» questa volta era stato James a parlare. In tutta risposta Chris sbuffò e alzò gli occhi al cielo: anziché trattarla come una ragazza della sua età, si comportavano come se fosse ancora una bambina. 

«Papà! Non c’è scuola domani, dammi ancora cinque minuti» si lamentò, mettendo il muso. James rise e annuì.

«D’accordo, solo altri cinque minuti» 

Non era stanca. Si stava bene lì, al caldo, ad osservare la tempesta di neve che avvolgeva la notte, con solo la fioca luce calda della lampada, appoggiata sul tavolino accanto alla poltrona, e quella colorata delle decorazioni dell’albero di Natale, il profumo dei biscotti alla cannella. 

No, Chris non sarebbe comunque andata a dormire, non avrebbe sprecato una notte magica. Una volta in camera, avrebbe accesso l’mp3 e ascoltato musica finché non si fosse addormentata, probabilmente avrebbe scritto a Michael.

Eve scosse la testa sorridendo, prese delicatamente Aria dalle ginocchia del marito e la strinse tra le braccia badando a non svegliarla «la porto a letto, voi due vedete di non fare troppo tardi, okay?» li ammonì, prima di chinarsi per posare un bacio sulla fronte della figlia maggiore e uno veloce sulle labbra del marito.

Salì le scale piano, per evitare che cigolassero, e sentiva Chris e James ridere nel salotto. Si chiese che cosa si stessero mai raccontando mentre rimboccava le coperte alla bambina e la lasciava dormire nel suo lettino.

Si diresse poi verso la sua camera, si sciolse i capelli biondi, li spazzolò con cura, e si infilò la camicia da notte. Stava già per coricarsi quando notò che uno dei cassetti del comò non era chiuso a causa di un pezzo di stoffa che era rimasto incastrato e sbucava fuori di poco. Per un secondo pensò di lasciarlo lì, ma poi decise che forse non si trattava un calzino, ma della sua canottiera di seta, e non aveva intenzione di lasciarla rovinarsi. Così si avvicinò al cassetto e lo aprì.

Falso allarme, era un calzino. Ripensandoci, forse la sua canottiera era a lavare. Scrollò le spalle e sistemò come poté il contenuto disordinato del cassetto e le venne da ridere. Ripensandoci ancora, quello era in cassetto di James, non il suo. Era decisamente troppo stanca. Quando ormai aveva quasi ultimato di ordinare il cassetto, però, le sue dita sfiorarono qualcosa di duro, ruvido, di cui non riusciva a immaginare la forma, le sembrava squadrato in un punto e rotondo in un altro. Eve aggrottò le sopracciglia e afferrò l’oggetto misterioso per tirarlo fuori dal cassetto. Era una scatolina blu, ricurva sul coperchio, simile ad un piccolo forziere foderato di tessuto, avvolta in un nastrino bianco.

Non avrebbe dovuto aprirla, ma la tentazione era troppo forte.

Un’estremità del nastro era fermata da un adesivo argentato su cui si leggeva il nome di una gioielleria del centro. Eve sciolse il fiocco con cura, in modo da poterlo poi ricomporre in seguito, sollevò il coperchio e restò senza parole. La scatolina conteneva una catenina d’argento da cui pendeva un ciondolo meraviglioso, un piccolo, delicato fiocco di neve. Si chiese se quello al centro fosse un diamante. 

Per un attimo si sentì inadeguata: questo era il suo regalo di Natale, e lei non aveva nulla di così mozzafiato per James. Avrebbe dovuto cercare qualcos’altro per lui, non poteva presentarsi con una sciocchezza di quelle comprate  perché tanto ormai ci si è già regalati tutto.

Si affrettò a rimettere a posto la scatolina e a richiudere il cassetto appena sentì un rumore provenire dal piano di sotto, si infilò sotto il piumino e spense la luce. Accoccolata tra le coperte, si addormentò felice: non avrebbe pensato che James potesse perdere del tempo per farle un regalo così bello. Credeva di non essere più così importante per lui, ma doveva essersi sbagliata: era chiaro che quella collana fosse il suo calumet per lei.

 

25 dicembre 2010

Né James, né Eve erano riusciti a contenere l’entusiasmo che aveva svegliato Aria e Chris quella mattina. Erano saltate fuori dai letti alle prime luci dell’alba -Chris avrebbe preferito dormire ancora un po’, ma aveva deciso di assecondare la sorellina che credeva in Babbo Natale- e si erano precipitate, dopo aver costretto anche i genitori ad alzarsi, in salotto, dove alcuni pacchetti le aspettavano ai piedi dell’albero di Natale.

Il bicchiere che avevano riempito di latte era vuoto, al posto dei biscotti alla cannella c’erano solo briciole e della mela lasciata per una delle renne era rimasto solo il torsolo spolpato fino all’osso.

Aria raccolse i pacchetti e, mentre gli altri si sedevano attorno all’albero, li distribuì uno ad uno ai legittimi proprietari, facendosi aiutare da James, a volte scuotendoli per cercare di capire cosa contenessero.

«Vestiti» commentò delusa, allungando alla sorella un pacco troppo morbido per i suoi gusti. Chris rise. Sapeva cosa conteneva: era di certo quel maglione grigio di lana che aveva visto in negozio insieme ad Eve. Fu sorpresa però nel trovarci anche una camicia nera a quadretti che ci stava molto bene insieme e una sciarpa.

Aria scartò con gusto dei pacchi a forma di scatola. Sapeva che dovevano contenere dei giocattoli e ne era ben felice, mentre sarebbe rimasta delusa nel trovare dei pacchi molli come quello di Chris. Aria era ancora piccola, ma questa associazione le era chiara: se i regali sono molli sono vestiti, e i vestiti sono noiosi. Meglio le scatole, e più grandi sono, meglio è. Stava già per impossessarsi di un’altra scatola, molto più piccola, quando Chris la fermò.

«Ehi, vacci piano, qui non c’è scritto ‘Aria’» ridacchiò, scompigliandole i capelli «questo è per papà»

La bimba si arrese -pensando che tanto era una scatola troppo piccola per essere interessante- e consegnò il pacchetto al padre, che lo scartò e vi trovò un bellissimo orologio. Eve fu profondamente soddisfatta dall’espressione sorpresa di James, pensando di essere riuscita a colmare le aspettative.

Tuttavia, il sorriso di Evelyn si afflosciò quando Aria le porse un pacco molle. Lo guardò, confusa, e abbozzò una smorfia -che doveva sembrare grata e felice- mentre lo scartava. Un maglione, simile a quello di Chris. 

Fece del suo meglio per non mostrarsi delusa e per non cercare con gli occhi tra i pacchetti rimasti se ci fosse la scatolina che aveva trovato nel cassetto, mentre Aria continuava a consegnare gli altri regali. Un album da disegno e dei colori nuovi per Chris, un gioco per Aria, una cravatta per James... tutte cose che aveva già visto quando le aveva comprate. Dei cioccolatini per lei. Cioccolatini. Il regalo più inutile che si fa quando si è a corto di idee, o di soldi. Della collana, nessuna traccia.

Eve aspettò tutto il giorno, diede del tempo a suo marito per darle quel regalo in ritardo, si disse che non avrebbe dovuto cedere a delle conclusioni affrettate.

Aspettò. Ma quando, ormai tra le coperte, James spense la luce e le diede la buonanotte in tutta tranquillità, quando restò sveglia nel buio fino a che le lancette dell’orologio sul comodino segnarono la mezzanotte, in quel momento la consapevolezza la pugnalò dritta al cuore. E lei pianse.

Quella collana non era per lei.

 

29 dicembre 2015

«Mamma, hai visto la mia sciarpa?» Chris gridò per farsi sentire. Stava cercando quella vecchia sciarpa da dieci minuti buoni, e sembrava essere sparita, ma era determinata a trovarla: non aveva intenzione di rubare ancora quella di Ashton e di condannarlo ad un mal di gola. 

In camera sua non ce n’era traccia, sebbene la ragazza avesse rovesciato più di un cassetto durante le sue ricerche.

«Quale?» la madre rispose con voce altrettanto forte, dalla cucina.

Chris sbuffò, innervosita dai risultati ottenuti, e abbandonò il mucchio di vestiti che stava ispezionando per affacciarsi sul pianerottolo fuori dalla camera.

«Quella a quadri beige» 

«Non è in camera tua?» 

La ragazza alzò gli occhi al cielo. Certo, in camera sua! Come aveva fatto a non pensarci?

«Non ti pare che abbia già guardato lì?»

«Chris, non lo so. È vecchia, potremmo anche averla buttata via... prova a cercare nel mio armadio, magari è in qualche scatolone che non abbiamo aperto facendo il cambio di stagione»

«Okay...ehi, è profumo di polpette quello che sento?» Chris annusò l’aria, stupita.

«Già, le sto preparando per questa sera»

Chris annuì perplessa, anche se Eve non poteva vederla, e si diresse verso quella che era stata la camera dei suoi genitori. Restò per un attimo sulla soglia, a disagio. Non le andava di frugare tra le loro cose, non più. Prese un respiro profondo e si disse che ormai tutti gli scheletri le erano già caduti addosso l’ultima volta che aveva aperto l’armadio, quindi tanto valeva rimboccarsi le maniche e trovare la sua sciarpa.

Spostò la sedia davanti all’armadio per riuscire a raggiungere le ante superiori dov’erano gli scatoloni di cui aveva parlato sua madre e dapprima diede un’occhiata, senza toccare nulla. Poi notò un contenitore che le pareva familiare, più piccolo, in cui di solito riponevano gli indumenti più delicati che avrebbero potuto rovinarsi, e si sporse per afferrarlo. Sembrava incastrato, così dovette strattonarlo un paio di volte per tirarlo fuori. Si sedette sul letto e lo aprì, ispezionando il contenuto, ma senza grandi risultati: la sua sciarpa non era nemmeno lì, ma prima di riporre il coperchio un lembo di carta catturò la sua attenzione e in meno di un secondo si ritrovò a sfilare un foglio accartocciato dal fondo della scatola.

Se lo rigirò tra le mani e si morse le labbra. Sapeva da dove veniva: riconosceva la rigatura della carta e il suo colore bianco sporco. Era del diario di sua madre. Si ricordò di un dettaglio che aveva dimenticato, presa dalla foga delle sue scoperte, quando l’aveva letto. Mancavano delle pagine. Una doveva essere quella, e se sua madre l’aveva strappata, doveva esserci un motivo.

Deglutì a fatica, la gola improvvisamente secca, e aprì il foglietto con cura, sciogliendo ogni piega. La grafia solitamente ordinata della madre era più aggrovigliata del solito e in alcuni punti l’inchiostro blu era sbavato, come se... Come se si fosse bagnato. Chris pensò che forse Evelyn aveva pianto mentre stava scrivendo.

La data impressa in alto a destra era quella del 26 dicembre 2010. Gli occhi di Chris scivolarono subito sulla prima riga e le parole che lesse la ferirono tanto da lasciarla senza fiato.

James mi tradisce.

Batté le palpebre e rilesse di nuovo, ancora e ancora, sperando di essersi sbagliata e che i suoi occhi le stessero giocando solo un brutto scherzo, che le lettere si fossero annodate, rincorse e scambiate tra loro per formare una frase sbagliata. Ma più continuava a leggerle e più quelle parole le si imprimevano a fuoco nella mente, le rimbombavano in testa e le rivoltavano lo stomaco.

Mandò giù il boccone amaro e accartocciò di nuovo il foglietto, ficcandoselo nella tasca dei jeans, richiuse la scatola e la rimise in fretta al suo posto, sistemò la sedia e poi corse fuori dalla camera, giù per le scale. Non riusciva a pensare a nient’altro. L’impulso di scappare era troppo forte.

Quand’era sulla porta si bloccò per un attimo, notando Aria che giocava tranquilla in salotto, e quell’istante di esitazione le costò la possibilità di sgattaiolare via senza essere vista.

«Chris, l’hai trovata la sciarpa?» Eve si affacciò dalla porta della cucina.

«No» gracchiò, senza guardarla «esco a prendere un po’ d’aria, torno tra poco» sussurrò poi. Afferrò la sua giacca e la infilò mentre scappava fuori in fretta, ma riuscì a sentire la voce di Eve che le chiedeva di non fare tardi a cena.

Si avviò lungo il vialetto a passo spedito e, appena fu sulla strada, tirò fuori il foglio dalla tasca e riprese a leggere. Venne a sapere della misteriosa collana che sua madre aveva trovato poco prima di Natale, cinque anni prima, e di come avesse creduto fosse per lei, della delusione nello scoprire di essersi sbagliata. Lesse della speranza che aveva rincuorato Eve quando si era imbattuta in quel pacchettino e aveva interpretato il ciondolo come un tentativo di pace, un pegno d’amore, la promessa di ricominciare da capo, da parte di James; e poi dell’amara consapevolezza di aver frainteso tutto, della realtà che le veniva sbattuta in faccia: se quella collana non era per lei, James doveva avere un’altra donna a cui regalarla. Un’amante. 

Ma in fondo Evelyn sapeva di non aver sbagliato poi così tanto perché quella collana era davvero un pegno, ma non di amore per lei: era il simbolo della fine ufficiale del loro matrimonio. Avevano sempre litigato, certo, a volte anche pesantemente, ma Eve non si era mai arresa e aveva sempre continuato a rimettere insieme i pezzi. Ed era convinta che anche James l’avesse fatto, ma si era sbagliata. Lui aveva ceduto, aveva deciso da solo che non valesse più la pena di lottare per quello che avevano. Si era trovato un’altra.

Chris alzò gli occhi dal foglio che teneva stretto tra le mani, tanto stretto da rischiare di strapparlo, e rallentò il passo accorgendosi di essere davanti a casa di Ashton. Si accorse di esserci arrivata senza neanche rendersene conto, e le sue labbra si incurvarono in un sorriso spento. Tirò su col naso, poi asciugò con rabbia le lacrime che stavano per rigarle le guance. 

Per la prima volta capì che anche sua madre aveva sofferto molto e che non era poi stata lei a volere il divorzio, almeno non all’inizio, e si sentì in colpa per aver sempre creduto che se Eve fosse stata più forte e paziente, meno egoista, il matrimonio con James avrebbe funzionato. Invece lei ci aveva provato, per molto tempo, e alla fine non ce l’aveva più fatta. E suo padre che Chris, come tutti i bambini, aveva sempre considerato il suo eroe... Non lo era affatto.

Certo, sapeva già che loro due si erano traditi, in passato, ma credeva che quegli episodi non risalissero a così tanti anni prima: James aveva buttato via la storia con Eve ancora prima che la loro famiglia colassero a picco e, anzi, forse era stata questa una delle ragioni che li aveva trascinati verso il fondo.

Chris stava per avvicinarsi alla porta e suonare il campanello per vedere se Ashton fosse in casa, ma si bloccò e decise di proseguire. Non le andava di scaricare altri problemi sulle sue spalle e pensò che stare da sola fosse l’opzione migliore, così si diresse verso il parco. Sentiva il bisogno di riflettere e, anche se non sapeva bene su che cosa, era certa che avrebbe fatto male. 

Mentre camminava affondando gli stivali nella neve, decise che quando sarebbe arrivata a casa avrebbe abbracciato sua madre.

 

 

 

 

SO JUST GIVE IT ONE MORE TRY, WITH A LULLABY 

Quanto bella è questa canzone, ho i brividi. La dedico a Mavis (...spoiler)

Anyway.

Soooo avevate pensato che tra james e eve, fosse meglio james, che lei fosse una stronza e lui un poveretto  👀  E INVECE AH VE L’HO FATTA AHAHAH

Comunque io di solito non leggo mai i titoli dei capitoli (o le consegne negli esercizi a scuola, infatti poi mi capita sempre che nelle domande a crocette in cui c’è scritto “barra la risposta SBAGLIATA” io scelgo quella giusta e poi sbaglio) e se voi siete come me (spero di no AHAH) forse vi siete perse che l’inizio del capitolo era ambientato nel 2010 but i think che andando avanti a leggere si sia comunque capito 

e bohhh come vi avevo anticipato, nel prossimo capitolo verrà fuori da dove viene ashton e tutta la storia della sua vita.
adios!

ps. il calumet è quella pipa da cerimonia che usavano gli Indiani d’America principalmente per siglare i trattati di pace

  
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