<< E’ inconcepibile! Come fai a prendere
sempre questi brutti voti? >>
Seduto sul divano, raggomitolato su se stesso, Akira Sendo, la stella del
Ryonan, non sembrava proprio il gigante di 190 e passa centimetri. In quel
momento, di fronte all’ennesima sfuriata della madre, sembrava essere
ritornato il bambino dei primi anni dell’asilo.
<< Akira! Se pensassi di meno a quella palla da basket e ti concentrassi
di più sullo studio, forse i tuoi voti migliorerebbero! E, poi, devo forse
ricordarti che se non ottieni tutte sufficienze niente campionato
interscolastico? >>
<< Ma mamma! Non è colpa mia! >> provò a ribattere lui senza troppa
efficacia.
<< Questa l’ho già sentita, Akira, e mi sono stancata di ascoltarla! Ho
deciso: prenderai ripetizioni! >>
<< Chiederò a Hiroaki se… >>
<< Niente Hiroaki! Vi conoscete da quando siete nati e insieme non
riuscite a studiare. Non voglio che, per colpa tua, si abbassino i voti di
Hiro-kun. >>
<< Ma… >>
<< Niente ma! Ti ho parlato della mia nuova amica, no? Bene: lei ha un
figlio che va al primo anno di università ed è molto bravo! Pensa che è
uscito dal liceo con il massimo dei voti! Gli chiederò di darti qualche
ripetizione. È un bravo ragazzo e sono sicura che accetterà. >>
Akira non ebbe il tempo di fermare sua madre. La vide alzarsi per
telefonare e mettersi d’accordo con la sua nuova amica. La sentì un po’
parlottare al telefono mentre saliva le scale ed entrava in camera.
Si gettò sul letto pensando a che tipo potesse essere questo fantomatico
genio. Sicuramente aveva gli occhiali, lo sanno tutti che i secchioni
portano gli occhiali, giusto? E poi? Uhm…. Ci pensò un po’ su e iniziò a
fantasticare con la figura creata nella sua mente. Basso, grasso, con le
lentiggini su tutto il viso… alla fine, aggiungendo di qua e togliendo dal
lato opposto, ne venne fuori un moderno Quasimodo, sprovvisto di gobba.
L’immagine disgustò un po’ Akira che storse il naso, affondando ancor di
più la testa nel cuscino.
Sentì sua madre bussare due volte alla sua porta ed entrare, con un
sorriso così disarmante da poter concorrere con uno dei suoi.
<< Accordi presi: domani, dopo scuola, poiché gli allenamenti sono
sospesi, ti recherai a casa della mia amica. Ho già una cartina, così
eviti la scusa del “mi sono perso”. >> fece per uscire dalla porta, ma si
fermò sulla soglia: << Akira? Vedi di non saltare la lezione e di
comportarti bene e ricorda che, se vuoi partecipare ai campionati e
soprattutto se vuoi “quella cosa lì” per il tuo diploma, ti conviene
studiare per bene! >>
Irreprensibile come sempre. Sua madre era riuscita ad incastrarlo!
Sbuffò e allungò il braccio per prendere il cellulare sul comodino.
Compose un numero e attese che qualcuno rispondesse.
<< Era ora che rispondessi! Mi hai fatto aspettare un quarto d’ora! >>
<< Sono appena uscito dalla doccia. E poi potevi pure chiudere e chiamare
dopo! >>
<< Sei sempre troppo acido, signor Koshino! >>
<< Prego mi dia del lei! Allora mostro che vuoi? >>
<< E’ successa una tragedia! >> gli disse in tono lacrimevole.
<< Ti si è finito il tubetto di gel per capelli e tutti i negozi di
Kanagawa sono chiusi? >> gli rispose lui tra l’acido e il divertito.
<< Ah ah ah! Divertente! Sto morendo dal ridere! >>
<< Tu forse no, ma io sì! >> ridacchiò: << Allora? Cos’è accaduto di così
terribile al ragazzo dall’eterno sorriso? >>
<< Ricordi il compito di giappo? >> lo sentì rispondere con il solito hn:
<< Mia madre l’ha scoperto e mi vuole mandare a ripetizioni! >>
<< Beh è il minimo, visto che si tratta della quinta insufficienza in un
mese! >>
<< Molto incoraggiante, grazie! >> gli rispose Akira piccato mettendosi a
sedere: << Ma tu da che parte stai? >>
<< Da quella di tua madre, mi sembra logico! >>
Nulla di cui stupirsi naturalmente visto che parliamo di Mr Freezer, pensò
Akira.
<< A che ora vieni domani a casa mia? >>
<< La mamma mi ha trovato un altro insegnante. È il figlio di una sua
nuova amica, un secchione che va al primo anno di università. Dice che con
te non studio e che non vuole che la tua media si abbassi. >>
<< In effetti…. Beh buona fortuna! >>
O_________________________________________O
<< Quoque tu Koshi! >> disse con fare melodrammatico portandosi una mano
sul cuore, come se l’altro potesse vederlo.
<< Akira? >> lo chiamò stupito: << Io… io non potevo immaginare… non sai
parlare neppure il giapponese e conosci qualcosa di latino? Capito! Hai
visto il film sull’antica Roma che davano sul canale satellitare? >>
“Azz! Mi ha beccato subito >.< !” pensò Akira.
<< Non è questo il punto! Io ho sempre studiato con te… >>
<< Akira… tu non studiavi, copiavi! Cambiare insegnante ti farà bene! >>
<< Ma… ma… sei cattivo! >> piagnucolò senza ritegno.
<< Ora devo andare. Mia madre mi sta chiamando per la cena. Akira? Ci
vediamo domani a scuola. Su con il morale! >>
E chiuse. Akira si ritrovò ad osservare scocciato il telefono. Anche il
suo ultimo appiglio era stato divelto! Non gli restava che arrendersi al
fato, ma lui era il grande Akira Sendo! Lui era il capitano del Ryonan!
Che figura ci avrebbe fatto davanti ai suoi compagni di squadra se si
fosse arreso così, alla prima marea!
Si alzò di scatto! Giammai! Avrebbe combattuto fieramente fino alla fine,
come l’ultimo grande eroe. Non si sarebbe mai abbassato ad obbedire agli
ordini del suo aguzzino e il primo passo della ribellione sarebbe stato…
sì! Sarebbe stato lo sciopero della fame! Anche lo scorbutico di Koshino
sarebbe stato orgoglioso del suo carattere di ferro!
Si sedette sul letto con un sorriso di soddisfatta volontà dipinto sul
viso! Sua madre non l’avrebbe avuta vinta sicuramente!
Aprì la porta e scese le scale con l’andamento di un vero eroe. Il petto
gonfio di orgoglio, la testa alta, le spalle innaturalmente dritte, lo
sguardo deciso… sua madre avrebbe capitolato.
Entrò in cucina e…
<< Oh Akira! Dammi una mano! Sto preparando il riso al curry e le
okonomijaki. Andresti ad apparecchiare la tavola? >>
Tutto sommato poteva iniziare lo sciopero della fame il giorno dopo, no?
Eh sì! Sua madre era proprio una volpe!
Casa Koshino, poco dopo la telefonata di Akira
<< Ma ne sei sicura? >> chiese Koshino alla
madre: << Akira mi ha detto che la zia gli ha già trovato un altro
insegnante per recuperare i brutti voti. >>
<< E infatti non mi riferivo ad Aki-kun. >>
La famiglia Koshino era seduta attorno al tavolo. La madre di Hiroaki era
rientrata presto quel giorno dal negozio.
Mentre il figlio, di ritorno dagli allenamenti, si faceva un’altra doccia,
la madre era rimasta in cucina a preparare quella che poi, Hiroaki, avrebbe
denominato “la trappola della gola”.
Quando Hiro era sceso in cucina e aveva visto quelle belle e buone pietanze
cuocere nelle varie pentole e tegami, aveva già intuito che qualcosa non
andasse bene. Sua madre doveva chiedergli un favore e molto grosso, doveva
solo aspettare l’ora di cena e lo avrebbe scoperto.
Solitamente erano il figlio o il marito a cucinare. Lei era una grande
stilista, nonché la proprietaria di un’importante boutique d’alta moda e
portare avanti l’attività le impegnava quasi tutta la giornata. Il signor
Koshino, invece, era un famoso scrittore e quindi, quando non era in giro
per il mondo a firmare copie dei suoi libri, solitamente restava a casa, a
pensare al figlio, in attesa della grande ispirazione.
<< Mamma? Dove vuoi arrivare? >>
<< Ti ricordi quella mia amica? Minako… te ne avevo parlato se non sbaglio…
>>
<< Pss… Hiro! >> si sentì chiamare il piccolo play del Ryonan: << Fossi in
te me la darei a gambe. Quando tua madre inizia un discorso con quel tono…
significa che sei rovinato! >>
<< Tesoro! Non mettere in testa certi discorsi a MIO figlio! Come ti stavo
dicendo… questa mia amica ha un figlio. Un bravo ragazzo, sai? Purtroppo ha
avuto un periodo di smarrimento, ma adesso è tornato sulla retta via. Beh
arrivando al punto centrale, siccome lo scorso anno è stato bocciato, ma non
è stata colpa sua, sai le amicizie sbagliate del passato… >>
<< Mamma arriva al dunque! >> quel discorso aveva qualcosa di familiare.
<< Sì…. Beh il succo è questo: siccome sua madre teme che quest’anno (sai è
pure l’ultimo…) possa ripetere la stessa brutta esperienza, tu gli farai da
insegnante privato! >>
Allora… se c’era una cosa che Hiroaki Koshino detestasse era la compagnia di
qualcuno che non conosceva, se poi ci si metteva che sua madre avesse deciso
per lui allora non poteva che infuriarsi e così fece, o almeno ci provò,
fino a quando…
<< Tesoro se non sbaglio il nostro bambino fra poco compie gli anni…
dovrebbe iniziare a prendere lezioni di guida, prima di comprargli la
macchina… >>
Koshino valutò attentamente tutte le varie soluzioni:
a) Mandare
al diavolo lo sconosciuto, ma in tal caso avrebbe perduto la promessa della
macchina.
b) Fare
contenta la madre e fare da insegnante ad uno sconosciuto, sicuramente pure
un tipo pericoloso e mezzo teppista, ma così avere la macchina.
c) Non
fare da insegnante al tipo e mantenere un briciolo d’orgoglio e magari
lavorare nel tempo libero per comprarsi la macchina (beh il grosso l’avrebbe
chiesto al padre).
Hiroaki ci pensò un po’ su e decise. Fece un sospiro profondo. Quella per
lui era una decisione importante. Già fare da “insegnante” ad Akira era
faticoso, per uno come lui specialmente con poca pazienza e poca voglia di
parlare, ma per lui faceva un’eccezione, perché… beh perché così aveva
deciso. Ma il “futuro allievo” poneva la questione su altri binari. Non solo
avrebbe dovuto parlare, ma pure spiegarli e il che avrebbe comportato un
faticoso dispendio di parole.
Guardò fisso la madre. Sorrideva come sempre quando sapeva di avere la
vittoria in pugno. Ma questa volta sarebbe stato diverso, questa volta….
<< Ok! Ma ad una… >> Koshino sollevò lo sguardo per incrociare quello di sua
madre, ma non lo trovò: << Mamma! >>
Sua madre aveva sentito solo l’ok, prima di uscire dalla cucina e dirigersi
verso il telefono.
Hiro sospirò rassegnato e si dedicò all’ultimo pasto da persona libera. Non
dubitava di poter essere d’aiuto ad un ragazzo di terza, visto che erano in
molti, nella sua scuola, a chiedergli una mano d’aiuto. Hiroaki, per sua
immensa sfortuna, era dotato di un’intelligenza fuori dal comune. Non che
fosse uno di quei geni che si laureavano da bambini, ma adorava studiare e,
nel tempo libero, si dilettava a superare, con ottimi risultati, le
simulazioni d’esame che trovava nei vari siti universitari. Quindi, benché
detestasse parlare, spesso si trovava costretto a relazionarsi con gli
“altri”, in particolare per dare un aiuto a qualche compagno di classe o di
squadra. Naturalmente il primo della lista era, suo malgrado, Akira. Non che
fosse particolarmente stupido, ma era svogliato e preferiva pescare o
giocare a basket piuttosto che chiudersi in una camera a studiare. E così,
all’ultimo minuto, si ritrovavano a studiare come forsennati, o meglio Akira
si ritrovava a “subire le angherie” di Hiro che, apparentemente scocciato,
era costretto ad aiutarlo a superare gli esami. Non gli dispiaceva, è vero.
Akira era l’unico con cui riuscisse ad essere se stesso, a parlare con
tranquillità e di ogni argomento. Le volte in cui si fermava a dormire a
casa sua, quasi sempre durante i week-end, rimanevano anche una notte intera
a parlare, sottovoce e privi di sonno.
Entrò in camera sua sbuffando. Sicuramente
sarebbero state le giornate più lunghe della sua vita da liceale…. Chissà
com’era questo teppista redento. Ma perché gli sembrava di dover ricordare
qualcosa?
Il cellulare trillò. Hiroaki si allungò svogliatamente verso il telefono.
Lesse il messaggio e sorrise. Eh sì! Sarebbero state giornate molto lunghe,
pensò il play del Ryonan mentre si addormentava, a poco a poco, immerso
nelle coperte. Peccato che non vi fosse Akira…
Scuola superiore Ryonan, pausa pranzo.
Come da tacito accordo Akira e Hiroaki si
trovarono soli nel terrazzo. Beh si trovarono… più che altro fecero la
strada insieme, visto che stavano persino nella stessa classe.
Akira uscì nel terrazzo assolato sbuffando per l’ennesima volta. Hiro,
dietro di lui, fece finta di non accorgersene e questo mandò su tutti i
nervi il ragazzo più alto.
<< Uffa Hiro! Possibile che nulla riesca a smuoverti? >>
Hiro inarcò un sopracciglio, assumendo quell’espressione che Akira
detestava, ma che, oltremodo, lo rendeva estremamente kawaii.
<< Insomma Akira! Conoscenze nuove non potranno che farci del bene,
arricchendo il nostro bagaglio culturale di sempre più esperienze. >> disse
convinto.
Akira lo guardò di sbieco e sorrise.
<< Come ti ha convinto tua madre? >>
<< Credo come abbia fatto tua madre: mi ha promesso la macchina. >>
<< E tu hai tradito la nostra amicizia per una scatoletta con le ruote? >>
disse Akira con fare melodrammatico: << Io non mi sarei mai venduto per così
poco. >>
<< Poche storie Akira! Tua madre ha chiamato la mia stamani e ho sentito
tutto. Hai ceduto per un piatto di okonomijaki! >>
<< Beh… >> provò a difendersi imbarazzato: << e comunque era la macchina e
gli okonomijaki di mia madre! E c’era pure il riso al curry! E poi l’ho
fatto pure per te! >>
Koshino sollevò scettico il volto dal bento.
<< E io che c’entro? Guarda che la macchina è tua, non mia! Non vedo come
possa entrarci io! E poi la macchina fa comodo! Lo sai che voglio fare lo
scrittore e per questo ho bisogno di visitare luoghi e conoscere persone.
Per questo ho bisogno della macchina, così potrò spostarmi in tranquillità
ed essere indipendente! >>
<< Ma ti avrei portato io! Ti facevo io d’autista! >>
Hiro nascose il rossore d’imbarazzo voltandosi e prendendo una bottiglietta
d’acqua nella cartella dietro di lui.
<< Non è questo il punto Akira. >>
<< E qual è? >>
<< Il punto è che… che la macchina mi fa comodo e basta! >>
Akira mise su il broncio. A volte Hiro sembra insensibile! Avevano sempre
studiato insieme e l’idea di andare da qualcun altro lo infastidiva, anche
se… anche se l’idea che “qualcun altro” andasse a studiare a casa di Hiro lo
infastidiva molto di più. Però doveva ammettere che, neppure per Hiro,
dovesse essere facile. Lui non parlava con quasi nessuno a scuola e l’unico
di cui si fidava e al quale confidava tutto era proprio lui, per questo, si
era ripromesso tanto tempo addietro, non avrebbe mai tradito la loro
amicizia per niente e nessuno.
<< Chissà che tipi saranno…. >> chiese Akira per spezzare la tensione.
<< Non so. Mamma non è stata molto esplicita. Non so neppure che scuola
frequentino. >>
<< Ehi Hiro… >> lo chiamò con un tono serio: << Se quel tipo ti fa qualcosa,
vengo da te e lo prendo a pugni, capito? Da quel che mi hai raccontato
potrebbe pure essere pericoloso… >>
Hiro spalancò gli occhi. Akira era sempre stato molto protettivo nei suoi
confronti e se spesso gli aveva dato fastidio quest’atteggiamento (non era
mica una ragazzina indifesa >.< !) adesso gli faceva piacere e non capiva
neppure il motivo. Quindi si avvicinò ad Akira e… gli diede un pizzicotto
così forte che per poco non gli staccò la guancia.
<< Ahia! Ma sei matto? >> si massaggiò la parte lesa.
<< Così impari a trattarmi come una ragazzina indifesa, lo sai che non lo
sopporto! >.< >>
<< Uffa Hiro! Con te non si può essere gentili. >> gli rispose alzandosi in
piedi e con uno strano sorriso sulle labbra: << Certo che non sei una
ragazza, anche se… con abiti femminili stai benissimo! >>
Koshino spezzò le bacchette che aveva in mano, mentre Akira indietreggiava
strategicamente. Maledizione! Sua madre riusciva a convincerlo a fare le
cose più assurde, come vestirsi da ragazza, con tanto di parrucca lunga,
trucchi, profumo alle rose, tacchi vertiginosi e quant’altro! Tutto perché
quella stupida della modella si era ammalata prima delle prove fotografiche
e lui era stato costretto, nel vero senso della parola, a prendere il suo
posto…. Ma perché doveva avere una madre stilista >.< ? E, cosa ancora più
umiliante, quel pomeriggio era arrivato pure Akira, nel bel mezzo delle
prove fotografiche! Chissà come era capitato lì improvvisamente!
<< Ah Hiro! Stavi così bene! >>
<< Akiraaaaaaaaaaaaaaa! >>
Fortunatamente il servizio fotografico era stato veloce (O____O NdH. Non so
come mi sia uscito, perdono! NdA. O_______O NdH. ^^’’’’’ Meglio filarsela
mentre è ancora in stato comatoso NdA.). La modella si era ripresa presto,
così, per le foto ufficiali, aveva ripreso il suo posto e Hiro aveva
requisito le foto e negativi che teneva gelosamente conservati. Il problema
era che Akira aveva la spiacevole abitudine di ricordargli spesso quello
stupido episodio, come quando, fermi alla fermata del bus, aveva visto la
foto di una modella giganteggiare sul muro di fronte e non era riuscito ad
esimersi dal dirgli che lui sarebbe stato più carino. E di questi episodi
Hiro ne conosceva tanti, come quando Akira gli aveva seriamente detto che,
se non fosse riuscito a sfondare come scrittore, avrebbe potuto sempre fare
il modello, vestito da donna naturalmente! Ed ogni volta lo scenario che si
affacciava agli ignari spettatori era sempre uno: Akira che correva a
perdifiato e con un sorriso soddisfatto, rincorso da un furente Koshino
bordeaux in viso.
La campanella aveva salvato Akira da morte sicura e per il resto delle ore
pomeridiane Hiro si era limitato a scoccargli occhiate malefiche.
Fine lezioni pomeridiane.
<< Allora ci vediamo domani Hiro-kun! >>
<< Hn. >>
<< Non sarai ancora arrabbiato per prima… >>
<< Hn! >>
<< Eddai Hiro! E’ troppo divertente stuzzicarti e prenderti in giro! >>
<< Hn! >>
<< Eddaaaaaaaaaaaaiiiiiiiiiiiiiiiii! >>
Sfortunatamente Hiro non riusciva proprio a tenere il broncio ad Akira,
forse perché lo conosceva praticamente da quando erano nati o forse perché
gli ricordava la madre, e la sua maledettissima dote di rivoltarlo come
voleva.
Sospirò rassegnato, diede una gomitata ad Akira e se n’andò, facendogli un
cenno con la mano.
Akira sorrise e s’incamminò, cartina in mano. Quello era il modo di Kosh di
dirgli che era tutto a posto.
Casa X
Akira suonò titubante il campanello. Certo era
stato più volte sul punto di buttare la cartina nel primo cestino della
spazzatura che aveva incontrato, inventandosi una storia per la madre che
avrebbe, altrimenti, richiesto la sua testa. Quella donna sembrava più la
madre di Hiroaki che la sua. Suonò un’altra volta, prima che la porta si
aprisse e due adorabili musetti venissero ad aprirgli.
<< Chi sei? >> chiesero allegre le due gemelline (vi ricorda qualcosa?).
<< Ami! Rei! Ve l’ho detto mille volte che non dovete andare ad aprire la
porta. >>
<< Scì mamma! >>
La prima cosa che pensò Akira, vedendo quella donna, era che possedeva il
sorriso più dolce che avesse mai visto.
<< Tu devi essere Akira. Accomodati. Tua madre mi ha molto parlato di te. >>
gli fece segno di seguirlo e lo fece accomodare in salotto: << Mio figlio
sarà qui a momenti. Ti andrebbe una tazza di the? >>
Akira assentì con il capo. La signora gli sorrise e andò in cucina. Quando
svoltò l’angolo due testoline spuntarono da dietro il divano.
<< Tu sei l’amico di Mimi-kun? >> chiesero in coro.
<< Mimi-kun? >> domandò Akira.
Dalla cucina arrivò una voce allegra: << Ami e Rei, non traumatizzate Akira,
mi raccomando. >> ma questo monito non fermò le due bambine che, in meno di
cinque minuti, avevano riempito il ragazzo di domande, gli si erano
comodamente sedute sopra e giocavano con i suoi capelli a punta.
Ma le bambine di tre anni sono così? Questa era la domanda che la mente di
Akira si poneva, nel vano tentativo di arginare le continue richieste e
domande della bambine. Proprio quando la speranza stava per abbandonarlo, si
sentì una chiave girare nella serratura. Le bambine corsero verso la porta
al grido allegro di “Mimi-kun”.
Akira sentì una voce allegra chiedere alle due pesti cosa avessero fatto di
bello durante il giorno e una di loro, o forse entrambe alternandosi, aveva
iniziato a raccontare la giornata all’asilo. Akira aguzzò l’orecchio
cercando di capire di chi fosse la voce, magari in un angolo della sua
memoria era racchiuso quel suono, ma non vi riuscì.
<< Tesoro sei arrivato. Aki, il figlio della mia amica, è già qui. >>
<< Ho fatto tardi, mi dispiace. >>
La signora entrò in salotto e appoggiò le tazze con il the fumante sul
tavolino.
<< Voi due! Se continuate a restare aggrappate al collo di Min-kun dubito
che riuscirà a togliersi la giacca! >> poi si voltò verso Akira: << Hanno
una predilezione per il fratello. Una volta hanno detto che gli vogliono più
bene che a me e al loro padre! Ah! I figli! >>
<< Ti prego di scusarmi per il ritardo, ma… >>
Un ragazzo, piuttosto alto rispetto alla media giapponese, entrò in salotto
sorreggendo con le braccia le due bambine, ancora incollate al suo collo.
<< Ma tu sei Akira Sendo! >> esclamò.
Effettivamente anche lui aveva l’impressione di conoscerlo. Di certo era un
ragazzo alto, probabilmente praticava il basket….
<< Lo conosci? >> chiese la madre.
<< Ma sì! Lui è il campione della squadra del Ryonan… >>
<< Ryonan? Ah! È quella squadra che avete battuto con difficoltà durante le
eliminatorie dello scorso anno… se non sbaglio grazie anche ad un tuo
canestro… >>
Bingo! Shohoku!
<< Ma certo! Tu sei Kogure, il vice capitano dello Shohoku! >>
<< Beh ex-vice. Adesso sono all’università… >> rispose intristito Kimi,
sedendosi sul divano, o almeno provandoci, visto che le pesti non
accennavano minimamente a voler allentare la presa: << E quindi sarà con te
che studierò! Sai? Studiare in compagnia mi piace, perciò sono contento che
tu sia qui in questo momento. >>
Akira sorrise, regalando il suo sorriso più sincero, quello che conosceva
solo una persona. Bevvero il loro the e salirono in camera di Kiminobu per
studiare.
Casa Koshino.
<< E’ in ritardo! >> sbottò Hiro guardando sua
madre seduta accanto a lui sul primo scalino della scala.
<< Suvvia Hiro! Cosa vuoi che siano dieci minuti in confronto all’universo
infinito? >>
<< Te la sei studiata stanotte? >>
<< No. Però era una vita che volevo dirla! >>
Hiro stava per ribattere spazientito, quando, finalmente suonò il
campanello. Si alzò ed andò aprire. Che diavolo ci fa lui qui? Questa
domanda, che apparentemente potrebbe sembrare uscire dai pensieri di Hiro,
in realtà era stata espressa da entrambi i ragazzi che si trovavano uno di
fronte l’altro, con un’espressione sbigottita sul volto.
<< Koshino? >>
<< Mitsui? >>
<< Che diavolo ci fai qui? >> domandarono in coro.
<< Se permetti ci abito! >> rispose Hiro per primo.
<< Io cercavo… non puoi essere tu! Beh scusa il disturbo! >> fece per
andarsene quando fu preso per un braccio e trascinato in casa.
<< Tu sei il figlio di Minako? Però che bel ragazzo! Si vede che hai preso
tutto da tua madre! >> disse candidamente la madre di Koshino, mentre i due
ragazzi si voltavano a guardarsi.
<< Assolutamente no! >> risposero nuovamente insieme.
<< Oh bene! Rispondete persino in coro, sono sicura che andrete d’accordo!
Dai a me la tua giacca, tu Hiro accompagnalo in camera tua, salirò fra
un’oretta per la merenda! Buono studio! >>
E in men che non si dica, senza per altro capire il come, Hisashi si era
ritrovato nella camera di Koshino, senza giacca, con la stampa di un bacio
sulla guancia e con i libri già in mano.
Guardò Hiroaki in attesa di spiegazioni, ma lui si limitò a sbuffare e
mormorare un “fa sempre così”, prima di invitarlo a sedersi ed iniziare a
studiare, che tanto “non l’avremmo mai vinta con lei”. Certo che la signora
Koshino era una forza della natura! Ma… ma… erano davvero parenti?
<< Allora? Prima di iniziare mettiamo in chiaro una cosa: nessuno dovrà
sapere che studiamo insieme. >> disse Koshino.
<< Ci puoi scommettere! Se la scimmia rossa sapesse, mi prenderebbe in giro
per l’eternità! >>
<< Perfetto! >> prese un libro e lo aprì: << Pensi di studiare in piedi o
preferisci sederti? >>
Eh sì! Sarebbero state lunghe settimane!
Lunghe settimane che, comunque, nonostante il
terrore iniziale, stavano trascorrendo veloci e senza troppi intoppi.
Akira e Hiroaki avevano evitato di dilungarsi troppo sulla descrizione dei
rispettivi “insegnante e alunno”, mascherandosi dietro un “non lo conosci”
che doveva essere monito all’eventuale altra domanda.
Tutto procedeva con tranquillità.
Hisashi aveva imparato il significato della parola puntualità. Hiro odiava il ritardo e ogni volta che sgarrava sull’orario lui lo puniva dandogli un brano da tradurre dall’inglese o 30 esercizi di matematica in più. Sashi, nonostante l’imbarazzo iniziale (Koshino era pur sempre più piccolo di lui) aveva ingranato bene e, doveva ammetterlo, si trovava bene con lui. Avevano caratteri molto simili. Erano poco inclini alla gentilezza, sorridevano con altrettanta costanza e non amavano molto la compagnia. Spesso si fermavano a chiacchierare dopo la sessione di studio e la madre di Hiro, denominata da Hisashi il tifone umanoide (^^), lo invitava a cena e lui restava volentieri. Koshino era un insegnate severo, ma davvero formidabile. Capiva sempre quando si trovava in difficoltà e gli spiegava, non senza aver sbuffato qualche volta (ma lui ormai ci si era abituato ed aveva capito che si trattava di un suo modo per nascondersi), con semplicità ogni concetto. Gli aveva insegnato il “metodo di studio” e, a poco a poco, i suoi voti erano migliorati.
Akira si trovava da re in casa Kogure. La signora Aiko era deliziosa e le piccole gemelline erano delle adorabili pesti. Ogni giorno la signora Kogure preparava delle merende favolose, con torte fatte in casa o biscotti al cioccolato che lui adorava e spesso riusciva a farsi convincere a restare a cena. A lui non sembrava vero, ma temeva sempre di disturbare. Anche il signor Kogure era una persona in gamba. Si vedeva che adorava la famiglia e, nonostante l’aspetto severo, era un buon interlocutore. Kiminobu era un ottimo insegnate. Non si arrabbiava mai, al contrario di qualcuno che sbuffava sempre spazientito, e studiare con lui era piacevole. E non solo studiare! Kiminobu era un ragazzo con il quale veniva facile parlare. Con lui si poteva parlare di tutto. In effetti avevano caratteri simili.
Quella sera i signori Koshino erano stati
invitati ad una cena di lavoro. Erano usciti presto e all’ora di cena,
Hisashi aveva avuto l’idea di andare a mangiare qualcosa fuori.
<< Eddai Koshino! Conosco un locale bellissimo e dove si mangia bene! Ci
vado spesso e ti assicuro che i cuochi sono eccezionali! >>
<< Senti ma perché non mangiamo qui? Mio padre ha lasciato tutto pronto in
forno, dobbiamo solo riscaldare. E poi… a parte il locale di Uozumi, non mi
piace andare a mangiare fuori. >>
<< Ha paura signor Koshino? >>
Ormai Hisashi aveva imparato che, se voleva davvero ottenere qualcosa dal
suo “insegnante” doveva o incastrarlo (ma in questo doveva ammettere di non
essere bravo come sua madre) o provocarlo, categoria nella quale era un
maestro! Lo sapeva bene la scimmia rossa!
<< Paura io? >> rispose l’altro socchiudendo gli occhi.
“E’ fatta!” pensò Mitsui prima di dire: << Beh sai… il rispettabile Koshino
con il teppista Mitsui… cosa direbbe il porcospino? >>
<< Si dà il caso che io non debba rendere conto a nessuno! >> rispose
indispettito Koshino alzandosi ed avvicinandosi all’armadio: << Dieci minuti
e sono pronto! Aspettami giù! >>
<<… così, visto che sia i miei che i tuoi non
ci sono, che ne diresti di andare a cena fuori? Conosco un locale bellissimo
e dove si mangia egregiamente! >>
Kiminobu ci pensò un attimo su. I genitori di Akira erano andati a cena
fuori, i suoi erano partiti per andare a trovare la nonna, portandosi dietro
Ami e Rei. Certo avrebbero potuto cenare lì, ma… è reato uccidere gli ospiti
con piatti poco commestibili? Non è che non sapesse cucinare, diciamo che…
diciamo che l’ultima volta aveva dato a fuoco a due presine, bruciato una
padella e riempito la casa di fumo, solo per cucinare delle uova. Non era
proprio portato per la cucina. E non avrebbe neppure potuto chiedere ad
Akira di cucinare, come glielo avrebbe spiegato? ^^
<< Ok! Dammi dieci minuti e andiamo! >>
<< Ti odio! >> borbottò Hiro stretto nella
giacca.
Hisashi ridacchiò soddisfatto: << Ma che vuoi che sia una cena fuori? >>
<< Io odio essere imbrogliato! Ci pensano già mia madre ed Akira! >>
<< Ah già! Dimenticavo! Prendere in giro Hiroaki Koshino, nonché
imbrogliarlo, è assoluta competenza del porcospino umano, giusto? >>
<< Molto divertente! >>
A quell’ora della sera, le strade di Kanagawa si svuotavano progressivamente
di uomini e si riempivano di macchine con la stessa cadenza.
Le auto viaggiavano veloci sulla via principale.
Qualche moto, ogni tanto, sfrecciava lasciando dietro di sé una scia bianca
di fumo e rumore.
<< Io adoro le moto. Finito il liceo voglio comprarmene una. Sto già
studiando per il patentino. >> l’aveva buttata lì Hisashi mentre si perdeva
in contemplazione del blu intenso della notte.
<< Le macchine sono più comode. >>
<< Ma la moto mi dà… un senso di libertà. A cavallo di una moto è come se
tutto fosse possibile. Dovresti provarci, lo sai? >>
<< Hn. Non m’interessa. Preferisco la comodità della macchina. E dimmi…
Kogure è d’accordo con te? A lui piacciono le moto? >>
<< Ne abbiamo parlato spesso e a lui affa… aspetta un attimo! Che diavolo
c’entra Kimi-kun? >>
<< Kimi-kun, eh? Non proprio il nomignolo appropriato per un amico… >>
sorrise sornione Hiro: << E lui lo sa? Quando hai intenzione di dirglielo?
>>
<< Non lo sa ancora… però…. Accidenti! Mi hai fregato un’altra volta! >>
sbottò Hisashi allungando il passo.
Koshino lo seguì ridacchiando e sistemandosi al suo fianco. Vivere 18 anni
con una madre come la sua doveva servire pur a qualcosa, no? Sua madre era
abilissima nell’estorcergli confessioni improbabili, ma anche lui non era da
meno!
<< E Akira? >>
<< Akira cosa? >>
<< Non fare il finto tonto con me, Koshino! Tua madre mi ha detto che sei
stracotto di Akira! >>
Hiroaki divenne rosso e Hisashi non seppe capire se per rabbia o imbarazzo.
<< Sai non mi aspettavo che tua madre fosse così aperta… >>
<< Mia madre non si fa mai gli affari suoi e comunque sia lei che la madre
di Akira hanno sempre fantasticato su di noi, ma fra noi non c’è nulla! >>
Quello che a tutti sarebbe apparso come un monito intimidatorio ad Hisashi
parve, invece, un invito a continuare.
<< Ma tu sei innamorato di Sendo, no? >>
<< Shhhh! Idiota! Siamo in mezzo alla strada e se qualcuno ti sentisse? >>
<< Che male c’è? Tu sai che mi piace Kimi… non dovresti preoccuparti troppo
della gente. >>
<< Io non mi preoccupo, solo…. >> ma Hisashi lo fermò e gli fece cenno di
entrare.
<< Siamo arrivati! Stasera mangerai la cena più buona della tua vita! >>
Hiro sbuffò annoiato e varcò la soglia, ma appena dentro si accorse che
c’era qualcosa che non doveva esserci o meglio qualcuno….
<< Che diavolo… ? >>
<< Siamo arrivati! >>
L’ex vice capitano dello Shohoku osservò con attenzione l’insegna luminosa:
il “Black Shadow”. Beh era un nome alquanto insolito per un ristorante.
Kiminobu seguì Akira all’interno del locale.
Non era molto grande e più che un ristorante dava l’idea di una graziosa
sala da the, con le luci un po’ basse e i camerieri che si affaccendavano
fra i tavolini.
<< Ah Kimi! Mangerai benissimo! Parola di Akira Sendo! >>
E detto questo il porcospino si sedette al suo tavolo preferito, facendo
segno a Kogure di sedersi davanti a lui e porgendogli il menù.
<< Ordina quello che vuoi! Stasera pago io! >>
<< Ma sei sicuro? >>
<< Stasera mi sento insolitamente allegro. E non ti preoccupare: questo
locale è di un mio zio! Mi farà un prezzo speciale! >> disse ammiccando.
Kimi si sedette di fronte ad Akira e sorrise. Loro due si assomigliavano
molto. Erano sempre gentili, sorridenti e allegri. Come avevano fatto ad
innamorarsi di due “musoni acidi”? Forse aveva ragione Hanamichi quando
diceva che gli opposti si attraggono. Certo lui e Kaede erano tutto fuorché
simili ed ora che ci pensava poteva dire la stessa cosa di Maki e Kiyota,
Fujima e Hanagata e persino di Fukuda e Jin. Erano coppie senza dubbio ben
equilibrate e invidiabili.
Respirò profondamente dando un’occhiata all’amico seduto di fronte. Certo
sarebbe stato più semplice innamorarsi di Akira, quanto meno era sicuro che
gli piacessero i ragazzi.
Scosse la testa. Questo era un discorso assurdo. Sarebbe stato solo un
surrogato. E comunque neppure Akira era messo meglio.
<< Sei proprio sicuro di non volerlo dire a Koshino? >>
Akira sollevò lo sguardo dal menù: << Sei matto? Come minimo mi prenderebbe
a pugni! Non che io creda che lui sia in qualche modo razzista, ma sono
sicuro che reagirebbe così. A lui non piacciono i ragazzi e comunque non è
innamorato di me. Rischierei solamente di perdere la sua amicizia e per me è
la cosa che più conta. >>
<< Piuttosto che perderlo preferisci tenerlo vicino a te come amico, giusto?
>>
Akira annuì con il capo. Perché non si era innamorato di Kogure? Come se si
potesse decidere di chi innamorarsi! E non solo si era preso una cotta per
un ragazzo, ma per Koshino che, oltre ad essere il ragazzo più scorbutico di
Kanagawa (beh divideva la prima posizione con Kaede Rukawa) era anche il suo
migliore amico.
In quel momento il campanellino appeso alla porta del locale tintinnò. Akira
sollevò lo sguardo e i suoi occhi si spalancarono incrociando quelli del
nuovo avventore. Kogure si voltò verso la porta e si rivoltò velocemente
verso il tavolo. Che ci faceva lui lì?
<< Ragazzi! Che bella sorpresa! >> disse Akira
facendo loro cenno di avvicinarsi.
<< Che diavolo ci fai qui Akira? >> domandò Hiro appoggiando una mano sul
tavolo: << E da quando vi conoscete? >>
<< Sai Hiro? Potrei farti le stesse domande? >>
Kogure si sistemò accanto ad Akira e invitò gli amici a sedersi con loro. In
fondo erano tutti venuti a cenare, che male c’era? Nessuno. Ma allora perché
si sentiva a disagio e in colpa?
<< Hisashi… così conosci Koshino…. >> aveva affermato Kogure imbarazzato.
<< Mi aiuta con i compiti di scuola… >> aveva risposto gelido l’altro.
Hisashi aveva puntato i gomiti sul tavolo e il viso sulle mani, così da
fissare negli occhi il “piccolo” megane. Kiminobu aveva distolto lo sguardo
cercando fra i vari piatti qualcosa di gustoso da scegliere. Cosa quasi
impossibile visto che guardava ormai da dieci minuti inoltrati la lista dei
vini.
<< Allora è lui il figlio dell’amico della zia! Il teppista redento! Ecco
perché mi sembrava familiare la storia! >> esclamò Akira distogliendo
l’attenzione di Hisashi.
<< E suppongo che Kogure sia l’universitario che ti dà ripetizioni, giusto?
>> aveva chiesto Koshino non curante, richiudendo il menù e chiamando un
cameriere.
<< Eh sì! Piccolo il mondo non trovate? >>
La cena era stata silenziosa e molto lunga,
quasi infinita per Akira e Kiminobu che continuavano a fissare le lancette
dell’orologio. O il tempo aveva preso a scorrere con una lentezza
esasperante o l’orologio del negozio, ma guardando meglio pure il suo e di
Kogure, si era fermato.
Per la prima mezz’ora sia lui che il compagno al suo fianco avevano cercato
di intessere un minimo di conversazione, ma né Hiro né Hisashi sembravano
intenzionati ad aiutarli. Avevano provato persino a parlare di basket, ma i
due interlocutori avevano risposto a monosillabi. Così all’ennesimo
tentativo di instaurare un minimo di discorso, Akira aveva gettato la spugna
e si era dedicato al suo dolce al cioccolato. Meno male che la cena era
giunta ormai al termine! Guardò sconsolato Kiminobu. Avrebbe voluto fargli
assaggiare la cena più buona della sua vita, ma neppure lui aveva gustato
fino in fondo tutte le pietanze.
Quello sguardo sfuggevole non era di certo
sfuggito né ad Hiroaki, che per poco non si era strozzato con l’acqua, né ad
Hisashi, che aveva quasi distrutto il cucchiaino.
Possibile che quei due stessero insieme, pensavano i due ragazzi.
Certo lui e Kogure non si frequentavano più assiduamente, ma abitando vicino
aveva la possibilità di incontrarlo spesso e, anzi, alcune volte avevano
persino fatto la strada assieme. Perché non gliene aveva parlato? Pensava
l’ex teppista.
Ma il più furioso era Hiroaki. Così era Kogure l’insegnante fantastico che
lo aveva aiutato a superare gli ultimi compiti in classe! Perché Akira non
gliene aveva mai parlato? Cosa nascondeva? Certo quei due si assomigliavano
molto, ma, a dire il vero, aveva sempre pensato, già da prima di conoscere
Hisashi, che lui e Kogure stessero insieme. Ora che conosceva Mitsui poteva
affermare che così non fosse, ma… davvero quelle scintille che aveva notato
fra loro derivavano solo dall’amicizia? E se Akira e Kogure…. No! Non doveva
assolutamente pensarci!
Al momento dei saluti, Akira si offrì di
accompagnare Kiminobu a casa.
<< Non c’è alcun bisogno. Io e Kogure abitiamo vicini, faremo la strada
insieme. >> aveva troncato così l’argomento Hisashi.
Kimi salutò Akira e Koshino e, insieme ad Hisashi, si diresse verso casa.
<< Uhm…. Non credi che fosse strano Mitsui? >> chiese Akira voltandosi verso
Hiro, ma non lo trovò. Si era voltato appena Kogure e Hisashi li avevano
salutati e se ne era andato.
<< Hiro-kun aspetta! >>
Nonostante i suoi non intenzionali sviamenti (Seeeeee! Nda.), Akira riuscì a
raggiungere il suo gelido compagno di squadra. Non era da Hiro non
rivolgergli la parola per una serata intera. Sicuramente aveva combinato
qualche guaio senza neppure rendersene conto.
Camminando al suo fianco, Akira cominciò a valutare gli eventuali “errori”
che poteva aver commesso con Hiro, ma non ne trovò neppure uno. Forse… forse
si era arrabbiato per aver scoperto così chi era il suo insegnante? Ma
neppure lui era stato sincero! Perché non gli aveva detto che studiava con
Mitsui?
Attraversarono il parco in silenzio. Vi erano ancora alcuni bambini,
aggrappati alla mano delle madri di ritorno a casa e Akira pesò subito alle
due pesti.
<< Sai che Kimi ha due sorelline di tre anni? Sono delle pesti gemellari!
^__^ >>
Kimi? Da quando lo chiamava Kimi?
<< Hn! >> si limitò a rispondere Hiro scocciato.
<< Hiro! Si può sapere perché ce l’hai con me? >>
<< E me lo chiedi pure? >> alzò la voce Hiro.
Akira si voltò attorno preoccupato, ma fortunatamente non vi era nessuno in
giro. Prese Hiroaki per un braccio e lo trascinò in una zona più riparata,
dove sarebbero stati più tranquilli.
<< Certo che te lo chiedo visto che è una serata che mi tieni il muso! >>
<< Oh mi scusi signor Sendo. Le ho rovinato la serata romantica con Kimi! >>
disse sarcastico Koshino.
Akira sollevò un sopracciglio. Poteva… noooooo! Non era certamente gelosia.
Era impossibile!
<< Hiro ma non sarai mica geloso? >> non riuscì ad impedirsi di chiedergli.
<< IO? >> quasi urlò Hiro, arrossendo: << Co-come ti saltano in mente queste
scemenze? Io geloso di te? Non stiamo mica assieme noi due! Solo… potevi
pure dirmi di Kimi! >>
<< Sai che potrei dirti la stessa cosa? Neanche io sapevo nulla di Hisa! >>
disse calcando volutamente e con tono ironico l’ultima parola.
Koshino sbuffò infastidito. Più che per l’essere stato colto in fallo, era
arrabbiato con se stesso per essersi scoperto troppo. Figuriamoci se Akira
Sendo poteva guardarlo come un ragazzo. Lui era e sarebbe rimasto solo un
amico. E a lui andava bene pure così.
<< Hiro! Ma dove vai! >>
Akira seguì Hiro rimanendo qualche passo indietro. Possibile che fosse
davvero geloso? Beh c’era comunque un solo modo per scoprirlo. Doveva
tentare, anche se… anche se così avrebbe rischiato di distruggere pure la
loro amicizia. Il fatto era che ormai non gli bastava più. Lui voleva altro
e voleva Hiro-kun. Non voleva essere considerato SOLO un amico, ma voleva
stare sempre al suo fianco e non scherzava quando diceva di voler prendere
la patente per lui.
Quando la madre lo aveva incitato a scriversi ad una scuola di guida, Akira
aveva subito accettato e il suo pensiero era corso ad Hiroaki. Così avrebbe
potuto accompagnarlo ovunque volesse. Questo era stato il suo primo
pensiero.
Cosa doveva fare? Se davvero quella di Hiro era gelosia, sarebbe morto di
vecchiaia nell’attesa della sua prima mossa, ma se si fosse sbagliato….
Akira fece un respiro profondo, allungò il passo e si avvicinò a Hiroaki. Lo
prese per un braccio e lo fece voltare. Hiroaki strabuzzò gli occhi,
incapace di muoversi. Era stata un’azione troppo repentina e adesso non
sapeva che fare.
Akira lo strinse a sé. Con un braccio gli circondò i fianchi e con l’altro
gli accarezzò il viso. I loro volti erano così vicini che poteva sentire il
calore del respiro di Hiro sulla sua guancia.
<< Forse tu non eri geloso, ma io di te sì. >> e detto questo lo baciò.
Fu un tocco leggero e lungo. Non certo i baci ai quali era abituato, ma
pensandoci bene gli altri baci non avevano mai emanato quel calore….
Hiro, come in trance, gli circondò il collo.
Quando si staccarono, il piccolo play si voltò e fece qualche passo in
avanti.
Akira sapeva che, in quel momento, Hiro stava combattendo una guerra contro
se stesso. Una guerra che avrebbe deciso il loro futuro e, proprio per
questo, non lo avrebbe lasciato solo.
Si avvicinò e lo abbracciò da dietro.
<< Ai shiteru. >> gli sussurrò nell’orecchio.
Hiro si voltò nel suo abbraccio e gli sorrise.
<< Anche io. >> gli rispose prima di baciarlo nuovamente.
<< Pensi che loro ce la faranno? >> chiese Akira incerto.
<< Lo sapremo domani, no? >> gli sorrise Hiro, poi lo prese per una mano e
si incamminarono verso casa.
<< Beh sono arrivato. >>
Incredibilmente quel tragitto immenso era avvenuto nel più assoluto
silenzio.
Kiminobu si era voltato spesso verso Hisashi e aveva visto sul suo volto
l’alternarsi di diverse emozioni, tutte più o meno non piacevoli.
Hisashi, che si era reso conto del suo atteggiamento infantile, non aveva
avuto il coraggio di chiedere scusa a Kogure. In fondo che diritto aveva lui
di interferire nella vita di Kiminobu? Nessuno, però… però Sendo non era il
ragazzo adatto a lui! Era troppo svagato, esuberante… per lui ci voleva un
tipo come Koshino. Scosse la testa. Il fatto era che con Kiminobu,
nonostante tutti i suoi pensieri, vedeva bene solo se stesso.
<< Ti va di entrare? >> aveva chiesto Kimi un po’ titubante: << I miei sono
partiti… >>
Hisashi annuì con il capo. Kimi entrò e gli fece cenno di seguirlo. Lo
accompagnò in salotto e lui sparì in cucina, a preparare del the.
Hisashi rimase un po’ da solo, a pensare, poi si alzò e seguì Kimi in
cucina.
<< Tu e Sendo… >> iniziò, facendo sobbalzare il ragazzo: << … state assieme?
>> chiese continuando a guardarlo negli occhi.
Kimi arrossì. La teiera sbuffò e lui fu costretto a distaccare lo sguardo
puntandolo sul the.
<< No. >> tanto valeva andare a fondo: << Lui è innamorato di Koshino. Io…>>
Come gli diceva sempre sua madre? Se devi levarti un dente, fallo subito!
<< Tu… >>
Kimi sobbalzò. Quando si era avvicinato Hisashi? Com’è che non lo aveva
sentito e soprattutto… perché era così vicino?
Kimi si sentì avvolgere da una fiamma di calore (Tes! Non è il guanto da
cucina che prende fuoco >.< ! Nda.).
<< Tu… Kimi… >>
<< Io sono innamorato di un’altra persona. >> disse quasi sillabando la
frase.
Hisashi non indietreggiò. Rimase fermo, davanti a lui, così vicino che i
loro corpi potevano quasi toccarsi.
<< E io sono innamorato di te. >> disse infine prima di avvicinarsi ancora
di più e abbracciarlo.
Kimi lasciò cadere il guanto ancora in mano. Appoggiò la testa sulla spalla
di Hisashi, lo abbracciò, e si lasciò cullare da lui e da quel momento che
aveva sempre sognato.
<< Kimi… >> fece per dire Hisashi quando il ragazzo si staccò da lui.
<< Shhh…. >> gli sfiorò con un dito le labbra: << La persona di cui sono
innamorato sei tu. >>
Hisashi sorrise. Il primo sorriso dopo quella sera infinita e piena di
dubbi.
Sorrise e lo baciò, per la prima volta, gustando quel sapore che aveva
sempre agognato.
<< Credi che sia andato tutto bene fra loro?
>> chiese Kimi staccando la testa dal petto di Hisa.
Erano seduti sul divano, assaporando quel the gustoso, l’uno fra le braccia
dell’altro.
Hisashi guardò il suo ragazzo, beh adesso poteva chiamarlo suo, no?
<< Non so. Tutto dipende da Akira e dalla sua intraprendenza, perché se
aspetta che Hiro faccia il primo passo…. >>
<< Comunque vada lo sapremo domani… >> disse Kimi un po’ rattristato.
<< Domani? Perché aspettare tanto? >>
Hisashi prese dalla tasca della sua giacca il cellulare e compose il numero
di casa Koshino.
<< Chi chiami? >>
<< Sto chiamando Hiro al numero di casa. >>
Il telefono squillò molte volte. Alla fine una voce scocciata rispose. Non
era proprio quella di Hiroaki. No. Quella sembrava più la voce di un certo
porcospino umano.
Hisashi chiuse e rise soddisfatto.
<< Allora? >> domandò curioso Kimi.
<< Allora… beh credo che da domani in poi faremo i compiti tutti e quattro
insieme. >>
<< Chi era? >> chiese Koshino dal divano.
<< E che ne so! Qualcuno senza dubbio con un sacco di tempo da perdere! >>
borbottò Akira infastidito sedendosi sul divano, dietro a Hiroaki e
abbracciandolo.
<< Dove eravamo rimasti? >> chiese baciandogli l’incavo del collo.
Hiro scoppiò a ridere. Akira sollevò lo sguardo e lo fissò su di lui.
<< Perché stai ridendo? >>
<< Perché… >> disse Koshino cercando di calmare i singulti provocati dalla
risata: << Perché quello era sicuramente Hisashi e, se tutto è andato come
credo, da domani saremo in quattro a studiare insieme. >> e detto questo lo
baciò.
Akira si staccò malvolentieri dal suo ragazzo, dovevano pur riprendere
fiato…. Aveva il volto in fiamme e gli occhi che gli brillavano. Non aveva
mai visto Hiro così… così raggiante ed era felice di sapere che era lui la
causa di quella luminosità.
Sorrise e lo abbracciò. Senza rendersene neppure conto stava mantenendo la
promessa che gli aveva fatto da bambino: non lo avrebbe mai fatto soffrire.