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Autore: Emily27    22/07/2016    3 recensioni
L'espressione di Rick era indecifrabile. Disapprovazione, sfida o rassegnazione, forse tutte insieme, a Daryl non interessavano i suoi sentimenti, l'unica cosa che aveva importanza per lui in quel momento era trovare Carol.
Quando Daryl viene a sapere che Rick ha allontanato Carol per aver ucciso David e Karen, decide di partire alla sua ricerca.
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon, Rick Grimes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sopravvivere





 
Carol restò a osservare per alcuni secondi l'entrata dello studio legale davanti cui si era fermata, poi scese dall'auto per andare a controllare all'interno, sperando fosse un luogo sicuro dove fermarsi per la notte. Il portoncino d'ingresso era spalancato e lei, con una mano sull'impugnatura del coltello che portava in vita, oltrepassò la soglia, trovandosi in una saletta d'aspetto. La porta che conduceva nella stanza adiacente era aperta e li vide subito: là, cinque zombie erano chini su un corpo intenti a dilaniarlo.
Carol s'immobilizzò, trattenendo il respiro. Dagli abiti intuì che si trattava di un uomo, il quale, come lei, doveva aver cercato rifugio in quel luogo, andando incontro a una cattiva sorte. Prestando attenzione a non produrre il minimo rumore, indietreggiò, mentre gli zombie continuavano il loro pasto senza accorgersi di lei. Uscendo dallo studio legale, vide altri due vaganti avvicinarsi dalla parte opposta della strada. Doveva andarsene da lì, quello non era esattamente un posto sicuro. La sua lotta per la sopravvivenza stava già incominciando.
Risalì in macchina, ma quando girò la chiave, il motore non diede segni di vita. Ritentò, invano.
«No, non adesso...»
Provò ancora, più volte, tenendo lo sguardo sui due zombie che si facevano sempre più vicini. Alla fine dovette arrendersi: l'auto l'aveva abbandonata.
I vaganti l'avevano ormai raggiunta, ma Carol non ne ebbe timore. Spalancò la portiera e scese dal mezzo, con due coltellate ben assestate trapassò loro la testa, atterrandoli.
Non era finita, altri zombie si stavano riversando in strada, spuntando da dietro gli edifici. Carol stava iniziando a preoccuparsi, ma restò lucida. Si sporse dentro all'abitacolo dell'auto e aprì il vano portaoggetti: tra salviettine, gomme da masticare e cd, trovò quello che sperava. Afferrò la bomboletta spegnifuoco e andò di corsa ad aprire il baule, da cui prese il suo zaino e il fucile e che poi richiuse per tenere al sicuro le provviste.
Si accorse soltanto all'ultimo momento dello zombie dietro di lei. Prontamente, lo colpì in mezzo agli occhi con il calcio del fucile rompendogli il cranio, ma, mentre arretrava, mise male il piede sul bordo del marciapiede e la caviglia si piegò malamente, facendola rovinare a terra. Non ebbe tempo di pensare al dolore, doveva rialzarsi subito perché i vaganti si stavano avvicinando, così fece leva sull'altra gamba e si rialzò, ma non era certo in grado di correre. Zoppicando, si spostò più veloce che poteva con lo zaino e il fucile in spalla fino a un cassonetto, dietro cui si nascose sedendosi a terra. Sentì la caviglia gonfiarsi dentro allo stivale e il male che aumentava, ma per fortuna la caduta non le aveva provocato nient'altro. Guardò lo spegnifuoco che teneva in mano, rassegnandosi a dover cambiare il piano che aveva in mente. Non importava, ce l'avrebbe fatta comunque.
Tolse il tappo alla bomboletta, l'agitò energicamente e, sollevandosi, la lanciò il più lontano possibile da lei. Cadde dall'altra parte della strada e l'impatto provocò la fuoriuscita di una schiuma bianca accompagnata da un sibilo. Gli zombie ne furono attratti e si spostarono verso di essa, lasciando campo libero a Carol. Con la possibilità di muoversi velocemente avrebbe tentato di prendere una delle auto in strada, ma potevano essere fuori uso e nelle sue condizioni non poteva permettersi di perdere tempo provandoci, presto la bomboletta avrebbe smesso di essere un diversivo per i vaganti e lei non sarebbe riuscita ad affrontarli.
Dopo essersi assicurata che non ci fossero zombie nelle vicinanze, uscì dal suo nascondiglio e, per quanto le era consentito dalla caviglia dolorante, camminò in modo spedito nella direzione opposta dalla quale era arrivata.
Stava per uscire dal centro abitato, quando le si parò davanti un vagante, spuntato da dietro un angolo di un edificio. Carol ebbe la prontezza di riflessi di afferrarlo per la testa e sbatterla contro il muro, due volte bastarono ad annientarlo. Si voltò indietro per controllare di non essere seguita dagli zombie e continuò la sua fuga.
Seguendo la strada, si ritrovò attorniata soltanto da prati e qualche gruppo di alberi. Era a piedi, rallentata dalla caviglia distorta e nelle immediate vicinanze non esisteva l'ombra di un possibile riparo, ma se non altro non c'erano vaganti in vista, almeno per il momento. Presto però avrebbe fatto notte e trascorrerla in quelle zone non era l'ideale. Avanzò, con il peso del fucile e dello zaino sulle spalle e la determinazione nel suo cuore ferito.
Credette a un miraggio quando notò una una costruzione di piccole dimensioni sul lato sinistro della strada. Si avvicinò per osservarla. A giudicare dai due recinti sul davanti, uno circolare e l'altro a forma di rettangolo, che di solito vengono utilizzati per far correre i cavalli, ipotizzò si trattasse di una stalla. Si diresse verso di essa camminando sull'erba alta. La struttura, che era in muratura, aveva un portone di legno sormontato da una grande finestra basculante aperta ed era provvisto di una serratura con una chiave inserita, particolare che Carol giudicò una fortuna. Vide un tavolo di legno con una panca sul lato destro della costruzione e su quello sinistro una cisterna contenente dell'acqua, che almeno non le sarebbe mancata. Con una mano estrasse il coltello dalla cintola, pronta a farne uso, e appoggiò l'altra sulla maniglia del portone, spingendolo. Entrò cautamente nella stalla, che era deserta e odorava di umidità e fieno, con un vago sentore di escrementi. La luce del tramonto che filtrava attraverso la finestra bastava a rendere visibile ogni cosa: il pavimento era in terra battuta, sulla sinistra c'erano tre box che erano stati ripuliti, su una parte del muro di destra erano collocati supporti per selle e finimenti e, più in là, addossato alla parete, un grande mucchio di fieno era trattenuto da alcune assi.
Carol decise che quelle quattro mura sarebbero state un ottimo rifugio. Entro breve sarebbe sceso il buio, così chiuse a chiave la porta e, per maggior sicurezza, infilò sotto la maniglia il manico di un forcone che aveva trovato all'interno di uno dei box. Finalmente, posò a terra lo zaino e il fucile e si sedette sul fieno, esausta e con la caviglia pulsante di dolore. Si tolse la pistola dalla cintola e la posò accanto a lei, poi levò lo stivale e la calza e constatò che il gonfiore era notevole, così prese una sciarpina di cotone dallo zaino e iniziò a fasciare la caviglia in maniera esperta. Su internet aveva imparato anche a fare le fasciature, sempre per non dover inventare scuse con l'infermiera del pronto soccorso.
Il suo pensiero corse alla gente della prigione, a Sasha, Glenn, Hershel e Lizzie, che stavano lottando con la malattia, e si domandò se gli altri fossero già tornati con le medicine.
Daryl...
Sarebbe dovuta essere là, per aiutare e dare conforto, invece era lontana da loro e da tutto ciò che le era appartenuto fino a quel momento, quello per cui aveva lottato ogni giorno e per cui si era donata senza riserve.
Ora la caviglia era fasciata stretta e, stando a riposo per un giorno o due, contava che sarebbe migliorata tanto da permetterle di tornare indietro fino al centro abitato dove, essendo poi in grado di difendersi dagli zombie, avrebbe cercato di prendere un'auto e le provviste che aveva lasciato sulla Taurus.
Prese dallo zaino una confezione di gallette di mais e ne mangiò qualcuna, dopo tirò fuori una borraccia e bevve dell'acqua, l'indomani l'avrebbe riempita alla cisterna.
Si era ormai fatto buio, spezzato soltanto dal chiarore che, irradiato dalla luna, filtrava attraverso la finestra consentendole di distinguere i contorni delle cose. Si sdraiò sul fieno, con la pistola a portata di mano, e cercò di rilassarsi.
Era notte e lei era sola, quante altre ne avrebbe trascorse così? E quante altre ne avrebbe trascorse? Doveva dormire, non pensare. Chiuse gli occhi.
Daryl...
Li riaprì.
Si domandò se Rick avesse spiegato agli altri il motivo delle sua assenza e, se sì, come l'avessero presa. Avevano compreso il suo gesto o l'avevano condannata? L'addolorava il pensiero di perdere la loro fiducia. Solo di una persona aveva l'assoluta certezza che fosse dalla sua parte, ed era Daryl. Approvando o meno quello che aveva fatto, avrebbe in ogni caso avuto rispetto della sua decisione. La conosceva meglio di chiunque altro, nel mondo attuale e in quello di prima, e lei conosceva Daryl.
All'idea di non rivederlo più, le si stringeva il cuore. Mai come in quel momento aveva provato così fortemente il desiderio di averlo vicino, quando ciò che la opprimeva più della solitudine era il pensiero di stare senza di lui.
Chiuse di nuovo gli occhi e, con Daryl nella mente, si lasciò vincere dalla stanchezza cadendo in un sonno leggero.

Il mattino seguente si destò al sorgere del sole, realizzando in un attimo dove si trovasse e perché. Sarebbe stato troppo sperare di essersi svegliata alla prigione e che gli avvenimenti del giorno prima fossero stati soltanto un brutto sogno.
Poggiò a terra il piede infortunato, constatando che il dolore era un po' diminuito ma la caviglia era ancora gonfia. Rifece la fasciatura e indossò calza e stivale, voleva uscire da lì.
S'infilò la pistola in vita e aprì il portone mettendo fuori la testa: era tutto tranquillo, il sole si stava alzando nel cielo sereno e l'aria era fresca.
Volle ispezionare i dintorni, dove notò un melo selvatico poco distante dal tavolo con la panca. Staccò un frutto dal colore rosso e lo mangiò, scoprendo che non era del tutto maturo ma ugualmente buono, almeno avrebbe avuto qualcosa di cui cibarsi. La pianta era carica di piccole mele, poteva raccoglierne quante ne voleva.
Si sedette sulla panca, doveva tenere la caviglia a riposo per rimettersi il più presto possibile e andarsene, anche se, a dirla tutta, quel posto circondato da prati e alberi non le dispiaceva affatto. Si augurò di non vedere comparire qualche zombie da un momento all'altro.
Pensò nuovamente alla sua famiglia.
Pensò nuovamente a Daryl. Ricordò quando non era tornato alla prigione per restare con suo fratello. Nel momento in cui Rick glielo aveva comunicato, aveva provato una vertigine, si era sentita persa. Per una frazione di secondo, era stata sfiorata dall'avventata idea di andare a cercarlo. Per dirgli cosa poi, convincerlo a tornare? Era stata una sua scelta quella di abbandonare il gruppo, doveva rispettarla.
Nel suo caso, al contrario, la scelta era stata di qualcun altro. Se lui fosse stato colto dallo stesso suo impulso, sarebbe stato libero di venire a cercarla. Se gli sguardi che si scambiavano, intrisi di parole non dette e sentimenti non espressi, significavano qualcosa, allora forse Daryl era partito alla sua ricerca, sempre che fosse già tornato dalla spedizione. Lei lo avrebbe fatto.
Relegò quella speranza in un angolo del cuore, per non crearsi aspettative che le avrebbero fatto del male.
Trascorse la giornata oziosamente, quello che ci voleva per la sua caviglia. Quando iniziò a farsi buio, fece il pieno d'acqua alla cisterna e si ritirò di nuovo nella stalla, coricandosi sul fieno con il piede ormai meno dolorante libero dallo stivale. Magari l'indomani avrebbe provato a tornare al centro abitato.
Non aveva sonno, ma chiuse gli occhi e tentò comunque di dormire. Aveva raggiunto uno stato di dormiveglia, senza saper dire da quanto tempo, quando fu svegliata da un rumore proveniente dall'esterno. Si tirò su di soprassalto e la sua mano corse a impugnare la pistola, tese l'orecchio e restò in ascolto: era un motore in avvicinamento. Rapidamente, s'infilò lo stivale e andò vicino al portone, mentre il rumore si faceva sempre più forte e distinto. E sembrava il rombo di una moto. Restò immobile con la mano stretta sul calcio della pistola, senza trovare il coraggio di credere.
A un tratto il rumore cessò, come se il mezzo si fosse fermato proprio davanti alla stalla. Seguirono lunghi istanti di silenzio, durante i quali Carol trattenne il fiato.
Poi, una voce chiamò il suo nome.
«Carol!»
Le si strinse lo stomaco e il suo cuore perse un battito.
Era lui.
Era Daryl.





Non ho eseguito un test su una bomboletta spegnifuoco, anche se un po' fantasioso, prendete per buono quello che ho scritto ;)
Daryl ha trovato Carol, adesso siete contente, la prossima settimana posso anche non pubblicare il terzo e ultimo capitolo...
Grazie a chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite.
A presto!











 
  
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