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Autore: General_Winter    22/07/2016    1 recensioni
[Post AoU - Prima fanfiction nel fandom]
Wanda ha i propri momenti di debolezza, ma, nonostante voglia nasconderli a tutti, c'è qualcuno che la osserva senza alcuna malizia e che sembra pronto a darle tutto l'affetto che cerca.
Dal testo:
Era stato un sogno. Solo un terribile frutto della sua immaginazione, che aveva però inesorabilmente ricalcato la dura e amara realtà dei fatti.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Visione, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOTE dell'AUTRICE:
Allora allora allora, eccomi approdata in questo fandom con questa prima fanfic che non è nulla di speciale, solo un'idea venuta all'improvviso. Lascio un AVVISO: io mi sono avvicinata al fandom solo di recente, conosco i film, ma non i fumetti, perciò è probabile, non conoscendo bene i personaggi, che possa essere andata OOC senza volerlo. Se così fosse, fatemelo presente! E, se la storia vi è piaciuta oppure volete dirmi che è meglio che mi dia all'uncinetto, una recensione è sempre ben gradita ~ 
General_Winter


Impossibile da capire


Si era svegliata di soprassalto, con il cuore che batteva a mille e sentendosi in parte in colpa per non essere riuscita a trattenere il grido di paura e sofferenza che le era appena uscito dalle labbra: sperava di non aver infastidito nessuno, nel cuore della notte.
Sentì la gola secca, il respiro affaticato inciampava nei denti mentre tentava di calmarsi e inspirare senza fretta.
Era stato un sogno. Solo un terribile frutto della sua immaginazione, che aveva però inesorabilmente ricalcato la dura e amara realtà dei fatti.
L’aria parve mozzarsi nella sua gola, fermarsi in un groppo di lacrime che Wanda non voleva liberare, intenzionata a dimostrare il proprio orgoglio e la propria forza ai muri inerti di quella stanza.
Non voleva piangere, non voleva dimostrarsi debole, non da quando aveva trovato un posto nella squadra dei Vendicatori.
Si morse il labbro inferiore, reprimendo tra le ciglia le goccioline salate che minacciavano da un momento all’altro di rotolare lungo i suoi zigomi e affondare nelle lenzuola.
Forse, nella solitudine della propria camera, poteva lasciarsi andare, solo per qualche minuto, liberare il dolore che aveva confinato dentro di sé per mesi per poi rinchiuderlo dove lo aveva tenuto fino a quel momento.
Senza abbandonare il letto, si sporse sul comodino, aprendo il cassetto e rovistando tra i propri effetti personali. Non dovette cercare molto e dopo qualche secondo riuscì a trovare ciò che le serviva, quel ponte per un passato che aveva perso molto tempo prima: una fotografia. Spiegazzata, logorata e quasi priva di colore in alcuni punti, dove grosse lacrime erano cadute e si era affrettata ad asciugarle per non corrodere quell’ultimo ricordo che la teneva legata alla vita anche nei momenti più bui.
L’immagine era ancora ben riconoscibile e carica di così tanta dolcezza nostalgica da far male. Un singhiozzo le scappò dalle labbra mentre osservava la se stessa di sette anni che metteva in testa al fratello sorridente una coroncina di trifogli che aveva fatto lei. Talmente innocente da essere dolorosa, scattata da un padre orgoglioso in un giorno di sole, quando l’incubo di esperimenti indicibili non offuscava la mente e quando la minaccia Tony Stark non era che una voce che gracchiava alla radio, lontana dalla loro vita tranquilla.
Le lacrime cominciarono a scendere sulle guance della ragazza mentre con il dito tracciava la figura del gemello.
Era dal fatidico giorno del disastro di Sokovia che si sentiva vuota. Il legame che l’aveva tenuta in vita anche negli istanti peggiori, tanto resistente quanto sottile, si era spezzato quando una pioggia di piombo aveva investito il corpo di Pietro.
Lei aveva distintamente sentito quel filo che li aveva legati per anni spezzarsi. Un terribile rumore che aveva avvertito solo lei e che per un istante le aveva fatto superare il limite tra lucidità e pazzia.
Lo rivoleva indietro, quel legame. Quello e la persona con cui l’aveva conservato per anni.
Non si sorprese più di tanto quando si rese conto che non riusciva più a trattenere le lacrime, a ricacciarle oltre le palpebre per ricercare ancora una volta la calma.

Un solo nome usciva spezzato dai suoi gemiti di tristezza.
-Pietro…-
-Wanda?-
La ragazza scattò per la paura, stringendosi al petto sia la fotografia che le lenzuola, comprendoni pudica davanti all’ospite inaspettato e fluttuante davanti a lei.
Wanda sospirò piano, rimettendosi più tranquilla e abbassando le mani, scusando silenziosamente il sintezoide che ancora non aveva capito che era buona norma bussare alla porta prima di entrare in una stanza e non passarci attraverso. Questo pensiero la fece sorridere appena, rilassandola sotto lo sguardo ancora perplesso di Vision.
-Wanda- la chiamò ancora -ti ho sentita urlare … stai bene?- domandò pacato la visione di Ultron, senza riuscire a nascondere quella che poteva essere una scintilla di preoccupazione nell’iride dorata.
La ragazza annuì, ma nemmeno Vision, nella propria ingenuità, poteva ignorare le guance umide di lei.
Lei mentì, anche se sapeva che era in realtà inutile:-Sto bene, Vision, non preoccuparti…- era stata tentata di continuare dicendogli  “Torna pure a dormire”, ma si era resa conto che era inutile e fuori luogo per un essere che non aveva bisogno di addormentarsi.
Il sintezoide si avvicinò, scorgendo la fotografia e alzando poi lo sguardo su di lei con la solita flemma:-Di che si tratta?-.
Wanda scrollò le spalle, cercando di apparire più convincente in modo da allontanare l’altro ed essere lasciata sola, magari con la possibilità di ritrovare il sonno.
Tentò di mettere via la foto, sbuffando fintamente in un tentativo di non apparire nostalgica:-Nulla. Solo una vecchia, sporca e inutile foto…-.
Provò a infilarla nel cassetto, ma la quieta voce di Vision le domandò gentilmente e candidamente di rivederla.
La ragazza si morse il labbro inferiore: si sentiva una pessima persona a negargli qualcosa se chiesta in modo così pacifico e privo di alcun reale tipo di aspettativa.
Tentennò per qualche istante, prima di porgergliela e di abbassare lo sguardo sulle proprie mani in grembo con un misto di colpevolezza e umiliazione.
Vision osservò con pacatezza ogni singolo particolare della foto, studiandola con gli occhi in ogni suo particolare, alzando poi lo sguardo sulla ragazza che ancora tentava di trattenere le lacrime, riconoscendo in lei la minuta e felice figura della foto.
-È tuo fratello?-

Wanda annuì, trattenendo un gemito e inspirando dal naso. Si morse piano il labbro, non riuscendo a impedire al pianto di procedere lungo il doloroso tragitto già tratteggiato in precedenza sui suoi zigomi. Le era impossibile non scoppiare in lacrime al pensiero di chi aveva perso, del giovane uomo che le era stato al fianco da prima ancora che per la prima volta aprisse gli occhi su un mondo che era intenzionato a portarle solo disgrazie intervallate da sprazzi di felicità così rari che potevano essere sogni.
Abbassò lo sguardo mentre questo si appannava ancora, trattenendo stretti tra in denti gemiti e lamenti di un dolore che non ha mai veramente mostrato.
-Ti manca molto…-
La ragazza annuì ancora, coprendosi il volto con le mani come se volesse nascondersi e sparire da quel pianeta, ormai così inospitale senza la presenza di Pietro.
Si voltò sorpresa quando sentì il proprio comodo materasso abbassarsi sotto il peso di Vision che si era seduto lì accanto e la guardava senza una vera e particolare sfumatura di espressione in volto.
Restarono alcuni secondi immobili in quel modo, a scambiarsi in silenzio uno sguardo vuoto di qualsiasi emozione, se non di una vaga sorpresa nelle iridi della Maximoff.
Dopo alcuni infiniti secondi, il sintezoide alzò lentamente la mano, raccogliendo con l’indice carminio una piccola lacrima, l’ennesima sfuggita agli occhi gonfi della ragazza.
La osservò interessato, inclinando la testa di lato, puntando gli occhi in quella minuscola gocciolina, con la curiosità di chi sperava di scoprire all’interno di quell’acqua salata un segreto di cui non era a conoscenza, ma bramava sapere. Il tempo in quella stanza parve rallentare, come immerso in un vaso di ambrato miele, dove ogni azione era amplificata in un’eco infinito; dove non servivano parole, perché esse erano dimenticate in fondo alla gola, chi per curiosità, chi per incertezza. Sgusciarono fuori all’improvviso, quasi stanche, dalla bocca di Vision:-Credo che per me sia impossibile da capire una cosa simile…-.
L’universo intero parve tornare a scorrere nel proprio consueto modo quando la goccia cadde sul letto sotto lo sguardo stupito del sintezoide e della ragazza, che si spostò un poco all’indietro, quasi volesse lasciare alla propria lacrima lo spazio per scomparire.

-Spero davvero che tu non lo capisca mai…- fu l’unica, amara risposta di Wanda, che strinse tra le sottili dita il morbido cotone delle lenzuola fino a vedere le nocche diventare di un tono di bianco tenue quasi quanto la stoffa.
Alzò lo sguardo su di lui e fu stupita di notare nei suoi occhi una certa tristezza, quasi un’espressione di colpevolezza per non riuscire a comprendere quello che lei provava.
Lo abbracciò di slancio, senza nemmeno pensare, ansiosa unicamente di trovare la stretta amica di qualcuno come non accadeva da mesi. Nonostante i poteri, nonostante il passato che l’aveva consumata e fatta maturare fin troppo in fretta, era ancora una ragazzina alla disperata ricerca di un affetto che nessuno sembrava ormai disposto a darle.
Vision rimase per alcuni secondi immobile, sorpreso da un tale gesto così avventato e, almeno per lui, in parte inspiegabile.
Con delicatezza, la sua mano scese ad accarezzarle dolcemente la schiena, nel primo gesto tenero che la ragazza non riceveva da tempo. Attese che il sonno avesse di nuovo il soppravvento su di lei, prima di riporla composta tra le lenzuola ed osservarla dormire, senza perdere quella innocente aria di curiosità tanto simile a quella di certi bambini che sono all’inizio delle loro prese di coscienza con il mondo che li circonda.

Rimise la foto sul suo comodino, prima di lasciarla dormire in pace, senza alcuna presenza estranea.
Certe cose degli umani gli erano ancora impossibili da capire, ma, forse, valeva la pena tentare di scoprirle e comprenderle appieno, come quella curiosa capacità umana di passare dalla tristezza a un tiepido e involontario sorriso nel sonno semplicemente con un gesto d’affetto.
  
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