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Autore: uchihagirl    23/04/2009    4 recensioni
Si trovavano sempre nello stesso posto, alla stessa ora – senza averlo mai esplicitato, sapevano che era lì che dovevano andare, se la giornata andava storta.
Se quell’occhiata particolare li raggiungeva, se arrivava quel cenno, quel tocco senza uguali sull’avambraccio o sulla schiena, era stabilito.
Si sarebbero visti, quella sera.

Warning: KoJuKaru - threesome molto introspettiva, tendente al malinconico/combattuto. A vostro rischio e pericolo^^
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Just because we need










Erano caratterizzati perennemente dagli stessi gesti, i loro incontri.
Si trovavano sempre nello stesso posto, alla stessa ora – senza averlo mai esplicitato, sapevano che era lì che dovevano andare, se la giornata andava storta.
Se quell’occhiata particolare li raggiungeva, se arrivava quel cenno, quel tocco senza uguali sull’avambraccio o sulla schiena, era stabilito.
Si sarebbero visti, quella sera.
Non erano previste variazioni al programma, non esistevano faccende più urgenti che impedissero loro di presentarsi.
Era importante solo il loro appuntamento.
Non che fossero particolarmente estrosi o creativi, insieme.
Non c’erano strane fantasie erotiche da soddisfare o giochetti da provare. Non era divertente, fare l’amore in tre.
Era bello, intenso e necessario, ma di certo non divertente, né rilassante, né dolce, né tantomeno facile.
Per quello c’era il rapporto in coppia.

Se Hikaru voleva un sorriso, andava da Jun.
Stava bene, con Misugi.
Era un toccasana, fare l’amore con lui, non era né complesso né tormentato.
Il centrocampista lo baciava spesso all’angolo della bocca, malizioso, e ridacchiavano insieme, labbra contro labbra.
Erano amici, prima che amanti, e questo rapporto rasserenava entrambi.

Se Jun voleva una sberla, andava da Kojiro.
C’erano dei momenti in cui “il principe dal cuore di cristallo” non voleva più sentirsi di vetro.
Per questo cercava la Tigre, perché non aveva riguardi per lui.
Non era delicato – a volte gli dava delle pacche sulle natiche, con un ghigno.
Era schietto, Hyuga.

Se Kojiro voleva una carezza, andava da Hikaru.
Non lo avrebbe mai ammesso – e neppure ne era consapevole - ma era proprio quello che desiderava da lui.
Tenerezza.
Matsuyama era un ragazzo buono, con occhi sinceri.
In un gesto del tutto spontaneo, capitava che gli sfiorasse la guancia, con la sua mano grande.
Hyuga smetteva incondizionatamente di respirare, per un momento.

Se Jun voleva un bacio, andava da Hikaru.
I baci del capitano della Furano non erano come quelli di Hyuga, che consumavano centimetri di pelle e lo ferivano come tanti piccoli aghi.
Il suo era un tocco più gentile, sebbene ugualmente deciso, che partiva dal mento.
Scendeva lungo il collo.
Sulla clavicola.
Raggiungeva il petto, dove, pesante, stava la più grande preoccupazione di Jun.
Con un lievissimo bacio, Matsuyama era capace di risanargli il cuore.

Se Hikaru voleva un morso, andava da Kojiro.
Gemeva, quando Hyuga lo mordeva sulle spalle e sul collo.
Gli lasciava dei marchi rossi che spiccavano per giorni e giorni, rimanendo sulla sua pelle chiara.
Facevano male, i denti della Tigre sul fianco.
Bruciavano, ma gli restituivano vitalità.

Se Kojiro voleva un pizzicotto, andava da Jun.
Era strano, con lui.
Non c’era chi riusciva a prevaricare l’altro.
Anche se era Misugi quello che faticava a camminare dopo ogni volta, il loro era un rapporto del tutto alla pari.
Lo fronteggiava. Rispondeva ai suoi schiaffi pizzicandogli piano la pancia, sorridendo.
E lo guardava negli occhi, sereno.
“Con me non funziona, Hyuga.”
Jun lo riportava sempre con i piedi per terra.



Tutti e tre davano e ricevevano in eguale quantità sentimenti diversi.
Capitavano momenti in cui qualcuno di loro aveva voglia di stare con uno soltanto degli altri due. 
E allora, semplicemente, si presentava a casa sua.
Nessuno temeva di essere indesiderato.
Un rapporto elitario ed esclusivo condiviso unicamente da tre persone. Niente incursioni esterne, nessun bisogno di ricercare amanti al di fuori di quel loro triangolo.
Tutto un altro paio di maniche erano quei giorni, quelli che andavano storti.
Giornate che lasciavano l’amaro in bocca, che li svuotavano del tutto, che li rendevano incredibilmente soli.
Allora scattava il segnale e, solo con un’occhiata, sapevano che l’appuntamento avrebbe avuto luogo.

Si trovavano a casa di Kojiro.
Jun era sempre puntualissimo, ma non suonava finché non arrivava anche Hikaru – con il consueto ritardo.
Varcare quella soglia senza di lui avrebbe assunto un significato del tutto diverso.
Quello era il loro incontro comune, non si trattava di un momento di intimità riservato soltanto a Hyuga e Misugi.
A Kojiro non piacevano le perdite di tempo, non era solito fare gli onori di casa.
Spalancava la porta, grugnendo con il consueto aplomb, e indicava la camera da letto con un cenno.
A volte li salutava con un sonoro rutto e mostrava una lattina di birra, a mo’ di spiegazione.
Al che Jun alzava un sopracciglio e commentava, sorpassandolo: “Fine benvenuto, Hyuga, complimenti.”
Non sorrideva, però, mentre lo diceva – e Kojiro non ghignava di rimando. Non era divertente, quella situazione.

Matsuyama era sempre leggermente a disagio, per cui lasciava che gli altri due lo precedessero e li seguiva dopo un po’, a passi misurati, grattandosi la testa.
Trovava Kojiro e Jun già sul letto, seminudi.
Con un sospiro impercettibile si chiudeva la porta alle spalle – ciò che succedeva in quella camera rimaneva lì, segregato in un compartimento stagno.
Non doveva uscire.
Si spogliava e sedeva accanto a loro.
Subito sentiva le labbra prepotenti di Kojiro sulla mandibola e l’inconfondibile tocco di Jun sul petto.
Era delicato e discreto, Jun, non lo forzava mai.
Eppure il suo sguardo insicuro riusciva ad abbattergli ogni remora – ci si rispecchiava così dannatamente bene, in quegli occhi titubanti.
E non c’era volta in cui Matsuyama non lo trascinasse sotto di sé.

Misugi teneva gli occhi chiusi, durante l’amplesso.
Non aveva bisogno di guardare per riconoscere l’espressione concentrata di Kojiro, che teneva le mani ancorate ai fianchi di Hikaru, mentre affondava in lui.
Non aveva bisogno di guardare per capire che Matsuyama si stava mordendo il labbro e aggrottava le sopracciglia, sudato.
Non gli era necessario guardare, per vedere.
Sentiva le loro spinte, i loro gemiti, misti ai suoi, il loro odore.
E ciò bastava a spazzare via tutte le incertezze.
Erano dentro di lui, entrambi, e allo stesso tempo insieme a lui.
Non importava quanto potesse sembrare sbagliato, ad una prima occhiata, quel rapporto: non era più solo.

Hyuga faticava ad addormentarsi, dopo aver fatto l’amore.
Nonostante fosse stanco e tutto il suo corpo reclamasse a gran voce un bel sonno ristoratore, non riusciva a rilassarsi quel tanto che gli sarebbe bastato per cadere nelle braccia di Morfeo.
Perciò restava sdraiato, supino, e osservava i compagni.
Jun alla sua destra, a pancia in giù, con una mano sotto il cuscino e l’altra sul suo torace, il viso rivolto verso di lui.
Hikaru alla sua sinistra, rannicchiato in posizione fetale, con la testa appoggiata sulla sua spalla, le sue dita a sfiorare quelle di Misugi.
Entrambi si addormentavano quasi subito, senza una parola.
A lui non rimaneva altro da fare che stare a guardarli, con le loro espressioni inconsapevolmente corrucciate.
Il dubbio era sempre lo stesso, il groppo alla gola perenne.
Molte volte si chiedeva cosa diavolo ci facessero, in tre in un letto.
Poi però sentiva Matsuyama stringersi di più al suo corpo e le dita di Jun bruciare a contatto con la sua pelle.
E capiva che, in realtà, gli andava bene così.




















*-*



Urgh. Dopo giornate infinite di travaglio, pomeriggi passati a scalpellare i sacri bronzi a quella santa di Kitsu  (che è pure masochista, perché ne era contenta!) e alle mie due Kojukaruiste di fiducia, questa shot ha visto finalmente la luce. Mi sembrava impossibile, ma ce l’ho fatta! (in stile Amaro Montenegro o quello che è xD)
Naturalmente, devo ringraziare una serie di grandiose ragazze se questa fic è nata/ cresciuta/ approdata sui vostri schermi.
In primis, Kitsu: non solo con grande pazienza mi ha supportata durante le numerose cagarelle da OOC che mi hanno colto durante la stesura, ma ha anche betato con cura il frutto delle mie fatiche. In più, in collaborazione con Nene (davanti alla quale mi inchino: grazie anche a te!), ha trovato un titolo. Ed è anche un bel titolo!^^
Insomma, la verità è che doveva pubblicarla lei, questa storia! xD
Poi ci sono Irish e Eide, coloro che fecero nascere in me l’amore per questo triangolo, e che mi hanno incoraggiato in modo discreto (leggasi: rotto le palle fino allo sfinimento^^) perché io concludessi la fic. Donne, è tutta per voi!


That’s all, folks!
Un bacio

Uchi


Come al solito, commenti graditi^^

   
 
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