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Autore: Tony Stark    26/07/2016    3 recensioni
L’oscurità si avvicina dall’esterno.
Non sento dentro di me nessuna luce abbastanza forte per resistere.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cavaliere Artorias, Sif, Il Grande Lupo Grigio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The tales of Fallen Hero'
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Note di pre-storia:  Le parti scritte sulla destra sono i pensieri del personaggio, quelle centrali sono discorso diretto, mentre quelle fra doppie virgolette cioé queste "" sono flashback(o citazioni a parti precedenti della storia)


The song of corrupted Oolacile
 
L’oscurità si avvicina dall’esterno.
Non sento dentro di me nessuna luce abbastanza forte per resistere.
(Christopher Pik)
Oolacile… Sembrava che l’abisso fosse quasi “attratto” da questo luogo.
Non c’era una singola volta che ricordassi in cui l’abisso non aveva cominciato a mostrare la sua corruzione in altri luoghi che non fossero questo.


Ma questa volta, sentii l’oscurità dell’Abisso ancor prima di raggiungere il santuario di Oolacile.


Sembrava quasi di sentire come un freddo gelido, penetrante che proveniva ad ondate dalla città, oltre il santuario. Questo non era un buon segno…
Riuscivo a percepire l’oscurità dell’Abisso, già a questa distanza. Era come una presenza ancora flebile, ma che già risultava istintivamente pericolosa.


Sif uggiolò per un breve istante, spaventata e intimidita da quanto si stesse facendo opprimente quella sensazione. Oolacile era deserta.
Mi fermai e mi voltai verso di lei, la mia compagna di viaggio… il mio fedele lupo. Abbassai appena lo scudo(ma non la guardia), mentre mi chinavo per posarle una carezza, a mo’ di rassicurazione. Sebbene la mia, in quel momento fosse una carezza di gelido metallo che scivolava sul suo pelo.


Ma lei capì comunque il mio intento. La paura, naturale di fronte alle sensazioni che l’Abisso dava, scomparve dai suoi occhi sostituita dalla sicurezza e dalla determinazione.
Sarebbe rimasta al mio fianco, qualunque cosa ci si fosse parata davanti.




Oolacile era ancora più deserta di quello che credevo. Avevamo raggiunto la città, vera e propria, e ancora niente. Solo un freddo gelido e un oscurità strisciante che scivolava negli angoli bui… come tentacoli di un mostro che si aggrappava a questo mondo per tirarsi fuori da quell’inferno gelato che era il suo luogo d’appartenenza.


Portando con sé, la sua corruzione, il suo veleno oscuro.


Una folata di vento soffiò contro la fredda pietra lastricata. E poi un suono… un verso che non sapevo come definire. Sembrava uno stridio, ma anche una risata folle.

 
Si sta avvicinando.
Pensai, con un veloce movimento sfoderai il mio spadone. La lama era sempre più scura… e continuava a scurirsi di secondo in secondo come se l’oscurità stessa scivolasse dentro il metallo.
Come sta facendo con te, Artorias
Quella voce! Come..? Com’era possibile che la stessi sentendo?
Il mio sguardo si spostò per un istante su Sif, che era all’erta, le orecchie rizzate sul capo per sentire anche il suono più flebile. Ma lei non sembrava aver sentito quella voce profonda… Divertita.


Vidi un ombra muoversi veloce. Non riconobbi la sua sagoma, non avevo mai visto niente di simile.
L’ombra si avvicinò, scattando. Divenendo visibile, non era un ombra… era qualcosa di diverso.
Sollevai lo scudo appena in tempo per parare il suo attacco. Le sue mani artigliate raschiarono contro il metallo, stridendo appena.


Sif ringhiò, il suono soffocato dall’impugnatura della spada che teneva stretta fra le fauci.


La creatura emise un verso che esprimeva tutto il suo disappunto nel non essere riuscito a ferire me, che ero la sua preda.
Tentò un altro colpo contro lo scudo e poi un altro… e un altro.


Parare i suoi colpi non era così difficile. Solo che non potevo permettermi di rimanere ancora bloccato qui. L’Abisso si diffondeva di secondo in secondo… e non potevo permettere che raggiungesse i territori oltre Oolacile… O non avrei più potuto arrestare la sua avanzata.


La creatura deforme sollevò entrambe le braccia, stava per scagliare un altro colpo.
Ora!
Spostai rapidamente lo scudo, sbilanciando la creatura e accompagnando lo slancio del movimento, eseguii un affondo trapassandole il torace da parte a parte.
La creatura emise un lungo stridio sofferente e dopo questo più nulla. Il suo corpo si accasciò contro la lama, ancora bloccata nel suo torace.
Sfilai la lama dal corpo, tirandola indietro con un gesto secco.




E ora, che avevo eliminato la minaccia che rappresentava, mi permisi di osservarla.


La creatura aveva una forma umanoide. Le braccia erano sovradimensionate rispetto al resto del corpo, così come la testa deforme e fra le pieghe di quella pelle rigonfia, riuscivo a contare almeno otto piccoli occhi, totalmente rossi, e perfettamente sferici.




Se Oolacile era deserta, escludendo la (sicura) presenza di queste creature, questo significava che questi esseri deformi dovevano essere gli abitanti della città.

E questo significava, inoltre, che l’influenza dell’Abisso era più forte di quanto mi aspettassi.
L’Abisso va fermato adesso.
Prima che si diffonda per Lordran.
 
Non puoi fermarmi, Artorias. Noi siamo già dentro di te.
E’ questione di tempo, ormai






Era di nuovo quella voce… Profonda e distorta. Possibile che Sif non riuscisse a sentirla? Era così forte… che risultava impossibile non sentire il suo riverbero ovunque.
Un altra domanda seguì rapidamente la prima che mi ero posto ed era: Cosa voleva dire con “siamo già dentro di te”?


E sapevo qual’era la risposta… lo sapevo, ma non volevo accettare che potesse davvero essere quella. E anche se davvero lo fosse stata… non avrei di certo smesso di combattere, aspettando che l’Abisso terminasse il suo lavoro.


Avrei combattuto… fino alla fine.
L’Abisso andava fermato.
Non ci riuscirai




Ci eravamo lasciati la città alle spalle mentre ci addentravamo nell’Abisso.
Quello che ci circondava era solo oscurità, il buio totale.
Una fredda oscurità strisciante che pareva emanare un aura mortale, soffocante.
Un oscurità che cercava di stringerti fra le sue spire, di soffocarti e avvolgere la tua mente in una foschia di pazzia eterna.


Il mio istinto mi urlava di voltarmi e allontanarmi il più possibile dalla fonte di tutto quest’orrore. Ma, ma io dovevo completare la mia missione. Dovevo fermare l’Abisso.


A qualunque costo…




Un ombra circondata da un alone biancastro(un’umanità gigante) scivolò fuori da una lastra d’ombra, tirandosi fuori da quell’oscurità come un tentacolo.
I suoi occhi vacui ci fissavano.


Bastò un solo fendente del mio spadone affinché l’ombra si dissolvesse. In una pioggia scintillante di anime intrappolate.


Il nostro viaggio nelle profondità di quell’inferno gelato proseguiva. L’oscurità si faceva sempre più fitta, passo dopo passo.
La sentivo scivolarmi addosso. Non sapevo cosa cercasse… o se, invece, fosse solo una mia sensazione. Sif non sembrava sentire quei tentacoli d’oscurità che cercavano di avvolgerci… avvolgermi.
Anche se era spaventata dall’aura sempre più corrotta che permeava l’aria.


Rendendola quasi irrespirabile, col suo sentore di morte e follia.

 
Non riesci a sentirlo, Artorias?
La voce tuonò, rimbombando nel buio come se provenisse da quelle stesse pareti d’ombra. Sentì Sif agitarsi al mio fianco…
L’ha sentita…
Sentirlo? Cosa? Non c’era nulla qui, oltre tutta questa oscurità… questa corruzione.


E poi Sif uggiolò, terrorizzata, un clangore metallico risuonò nel buio. Aveva lasciato la sua arma…
Mi voltai verso di lei, vedendola avvolta. Stretta da quei tentacoli d’ombra che sembravano provenire proprio dal terreno(sempre che nell’Abisso valesse questa definizione) sotto le sue zampe.


Attento a non ferirla, tranciai una di quelle propaggini. Il tentacolo perse la sua presa e si rimescolò all’ombra che ci circondava.


La voce rise.


Un centinaio, o forse più, di quelle ombre traslucide spuntò dall’oscurità. Circondandoci.
Quei tentacoli si sollevavano dal buio e cercavano di afferrare Sif. Di stringerla nella loro morsa fino ad ucciderla.


Fendetti quei tentacoli prima che la raggiungessero, cercando di allontanare quelle ombre.
< Artorias >
Quella voce… Ciaran? Lei non poteva essere qui… Lei non era qui, era ad Anor Londo come da ordine di Lord Gwyn.
Era l’Abisso, cercava di distrarmi.




Le ombre diventavano sempre di più. Così come quelle propaggini d’oscurità.


Roteai la lama, colpendo almeno una quindicina di quelle ombre che ci avevano circondato. Ma non appena quelle scomparvero, altre quindici presero il loro posto. Stringendo ancora di più quell’anello di morte.

 
Arrenditi, Artorias.
 
< Mai! Non mi arrenderò mai all’oscurità! Mi hai sentito?! Io fermerò l’Abisso! Io ti fermerò! >


Ma la voce non sembrò prendere per nulla le mie parole sul serio. Ridendo della mia affermazione.
Ne sei così sicuro… Ma lo sarai ancora quando sarai solo, Artorias?
Sif!
Non so quante ombre si lanciarono contro di lei, dopo che la voce ebbe pronunciato quelle parole.
Non sarebbe riuscita a difendersi…
Lasciai cadere lo spadone mentre impugnavo lo scudo con la sinistra…
Avevo bisogno di tutta la mia forza per difenderla.


Mi lanciai di fronte a lei, sollevando lo scudo.
Non passò nemmeno un’istante prima che sentissi tutto il peso di quelle ombre contro lo scudo.
Spingevano e spingevano.
Sibilavano con ferocia.


Ogni colpo contro lo scudo, vibrava contro il mio braccio. Ma non mi sarei arreso comunque. L’Abisso non si sarebbe preso anche lei.


Le parole della voce, del padre dell’Abisso, si fecero improvvisamente chiare.
Come sta facendo con te, Artorias”
Il mio spadone, l’oscurità che lo aveva corrotto pian piano era solo stato lo specchio di quello che mi stava succedendo.
Non riesci a sentirlo?
Sì. Come ad Anor Londo, quando quell’oscurità dilagante, dentro di me, mi aveva quasi portato a compiere la follia di uccidere i miei compagni… i miei amici.




Voltai leggermente il viso verso Sif, sperando che potesse vedere almeno il mio sguardo.

 
< Andrà tutto bene, Sif. >
Le dissi col tono più calmo e dolce di cui ero capace.
Per un momento vidi tutta la paura sparire dagli occhi di Sif… prima che lei si rendesse conto di ciò che stavo per fare.


Andai contro le ombre, spingendomi contro i loro colpi, rimanendo dietro lo scudo.
La voce rideva del mio tentativo. La sua risata sembrava un coro infernale, deforme.


Non m’importava del parere del padre dell’Abisso. Avrei protetto Sif, non meritava di essere inghiottita da quest’oscurità.


La pressione contro quel muro di ombre stava diventando insostenibile.
Ma l’avrei difesa, l’avrei difesa!

 
Credi che questo possa fermarmi?
Rise il padre dell’Abisso.


Non avrebbe potuto ferirla, avrei fatto in modo che fosse così.
Colpì quella lastra d’ombra vicino a Sif con il mio scudo. Una, due… tre volte.
Con sempre più forza, colpo dopo colpo.
Quattro, cinque… sei.
Un bagliore circondò Sif, ma la runa di protezione non era ancora completa.
 
Sette!
Scagliai un altro colpo, il più forte. E mentre la runa di protezione avvolgeva Sif, una stilettata di dolore mi fece urlare. Un tentacolo d’ombra si ritirò oscurità che ci circondava.


La mia presa sullo scudo si allentò, un calore liquido colava lungo il mio braccio. Sentì l’odore metallico del sangue, oltre quel dolore atroce.
Non riuscivo più a muovere il braccio.


Le ombre mi circondarono.


Riuscii con uno scatto ad allontanarmi oltre la loro portata.
Afferrai lo spadone con la destra, il suo peso familiare mi sembrava estraneo, ora.
Non riuscivo a bilanciare correttamente la lama, ma non importava , avrei combattuto comunque.

 
Hai perso il tuo braccio dominante, Artorias. E un cavaliere non è nulla senza il braccio con cui usa la spada.
< Vedrai, Manus! >
Menai un fendente in direzione delle ombre. Riuscii a ferire un paio di ombre, prima che perdessi la stabilità. Lo spadone si incagliò nell’ombra, non riuscivo a disincagliarlo, non avevo abbastanza forza nel braccio per farlo.


Manus, il padre dell’Abisso, rise.


La sua voce risuonava terribile, le ombre mi circondarono. L’oscurità strisciava, mi si avvinghiava addosso.
No! No! No!
Scivolava su di me. Non riuscivo nemmeno a scrollarmela di dosso.


La protezione del mio Patto, non sembrava impedire la loro avanzata.


Era diventato tutto freddo, ancora più di quanto già non fosse.
L’oscurità si era chiusa su di me.
Manus rideva, rideva.
Quel suono demoniaco risuonava ovunque.


Sentii Sif ululare disperata.
Non voglio morire…
L’oscurità strisciava, graffiava come se cercasse di entrarmi dentro .
Non voglio morire…
Io…
Io...
L’oscurità mi aveva stretto in una morsa non riuscivo a muovermi, non riuscivo a respirare… Ero paralizzato...
Io…
Uno di quei tentacoli d’ombra si fece strada dentro il mio elmo. Mentre gli altri tiravano e graffiavano, scivolando sotto il metallo protettivo della mia armatura.


L’unica cosa che riuscii a fare fu guardare quel tentacolo agitarsi davanti ai miei occhi. Per poi tendersi indietro.
Devo fermare l’Abisso
I tentacoli cominciarono a graffiare con sempre più forza.
E poi…
Il tentacolo davanti al mio viso, scattò.


Urlai, il dolore era tremendo.
E Manus rideva.
Urlai, mentre l’oscurità mi scavava dentro scivolando sotto pelle, scorrendomi dentro insieme al sangue.
E Manus rideva, rideva.
Urlai… Urlai…
Ciaran, Ornstein, Gough…
Perdonatemi, perdonatemi…
Ho fallito
Urlai… l’oscurità mi corrodeva i pensieri, i ricordi….


Sentii Sif ululare, piangeva per il mio dolore.
Manus rideva.


Urlai…
Urlai…
Urlai… fino a non avere più voce, fino a che il mio non sembrava più l’urlo disperato di un uomo, ma il ruggito di una bestia.


Urlai… e poi l’oscurità mi inghiottì.


L’ultima cosa che riuscii a percepire fu un freddo oblio e dopo sentii la mia coscienza scivolare, scivolare in un baratro senza fine.










 
   
 
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