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Autore: Tide    27/07/2016    0 recensioni
Prima volte che scrivo qualcosa che preveda più sezioni. E ammetto che è un esperimento bizzarro ...
La poesia di Keats come percorso psicotico applicato al personaggio di Hannibal Lecter.
Prendo in considerazione le vicende dei libri, ma mi interesso soprattutto di come potrebbe finire.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarice Starling, Hannibal Lecter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~STARVED LIPS


 'I saw their starved lips in the gloam
With horrid warning gaped wide,
And I awoke and found me here,
On the cold hill's side.


Hareton era semi steso sulla branda con la schiena e la nuca contro il muro. La sua cella, piena di pile di libri e di fogli scritti e disegnati sulla scrivania o accartocciati per terra, giaceva in una penombra pesante, come  avvolta da una coltre. Il profilo affilato del ragazzo si stagliava immobile contro la parete chiara, il suo corpo innaturalmente smagrito giaceva con un abbandono quasi mortifero. Ogni azione doveva costargli uno sforzo. Persino il suo respiro era lento. Si diede il tempo di raccogliere le forze e inspirò profondamente prima di parlare.
“Non ti aspettavo, sai?”
Hannibal  ignorò l’informazione  “Non parli quasi mai per primo.” Osservò dopo un istante.
“meno resti, meno mi stanco, credo. Oggi sono in modalità di risparmio, papà.”
“Me l’hanno detto . Pensano di farti ricoverare.”
Hareton accennò a un gesto noncurante “Non è più grave di molte volte. E tu sei venuto a vedere?”
“Sono venuto tutte le volte.”
“Sì, lo so. Dunque cosa farai?”
 “E tu, Hareton, cosa intendi fare?”
“Ho chiesto a te!” ringhiò di colpo il ragazzo, per poi riprendere più quieto “Tu non cambi approccio, papà. Perché dovrei io?”
Il padre non rispose: non sarebbe stato vantaggioso a nessuno dei due trascinare l’argomento.
Hareton sospirò: capiva suo padre abbastanza da sapere cosa stesse pensando.
“Comunque  io sto facendo qualcosa: sto deperendo.” Aggiunse il ragazzo con maligna ironia.
“Perché?”
“perché chiedi cose che non vuoi sapere?” ribatté stanco e irritato Hareton.
“Sei tu che non hai mai parlato.”
“Non servirebbero parole se tu volessi vedere. Io sto facendo qualcosa. Mi hai scritto da poco, ricordo la lettera. Non mi è piaciuta. Perché mi scrivi a quel modo?”
“So cosa ne pensi.”
“Allora perché continui a scrivermi ?”
“Non ho mai inteso condizionarti.”
“Non chiedevi il mio parere prima di servirmi la carne.”
“Non avevi l’età per capire.”
“Ora l’ho.” Per una frazione di secondo il volto di Hareton s’incupì “Capisco più di quel che credi.”
“Se tu davvero capissi, Hareton, non sarebbe questa la situazione.”
Il ragazzo rimase immobile, granitico. Per un attimo anche il suo respiro parve fermarsi.
“Tu mi dici questo, papà?” disse. Parlava con un risentimento quieto: non aveva voglia di sprecare energie. Continuò quasi in un sibilo via via più tagliente“Ma tu continui a scrivermi, a parlarmi allo stesso modo. Io sto facendo qualcosa e tu non lo vedi. Eppure mi guardi, ci guardi deperire. Dici di capire …”
Hareton volse lentamente lo sguardo stanco su suo padre
Padre mio, ché non mi aiuti?” 
 

*Traduzione: Le loro labbra fameliche vidi nel crepuscolo,/in orribile avvertimento spalancate/ Allora mi svegliai, e mi trovai qui,/ sul fianco del freddo colle.

P.s.: La frase in corsivo è da un verso del trentatreesimo canto dell’ Inferno di Dante: sono le parole che Gaddo morente rivolge al conte Ugolino nella torre della fame. (Ché sta per perché).

   
 
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