Serie TV > Mr. Robot
Ricorda la storia  |      
Autore: Fannie Fiffi    27/07/2016    3 recensioni
[Elliot Alderson; post 2x03]
In un mondo fatto di silenzio, di neutro assenso e di vacua adesione a qualsiasi cosa riesca a sedare il sentimento di inettitudine, tu devi essere la voce che dice no.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Di nuovo io!
Non ho molto da dire, se non ringraziare anticipatamente chi leggerà.
All'interno di questa storia sono presenti riferimenti vari al mondo del cinema e della poesia. Fatemi sapere se ne riconoscete qualcuno.
Buona lettura.


 


 
You know where I'm coming from
Though I am running to you
All I feel is deny, deny, denial


I wanted to be a better brother, better son
Wanted to be a better adversary to the evil I have done

Domingo en fuego
I think I lost my halo

I don't know where you are
You'll have to come and find me


Twenty One Pilots, Polarize

 
 
 








Ti spaventa, non è vero, sapere che i ruoli nella tua testa si scambino più velocemente di quanto ritenessi possibile, o di quanto tu sia in grado di sopportare prima di chiedere a Leon venti milligrammi di Adderall?

Andiamo, sono io. Mi conosci. Sai che non sono come loro, che non lo sono mai stato. Ho bisogno di sentire di nuovo la tua voce, e so che anche tu hai bisogno di sentire la mia.

So che non siamo soli.

Lui è lì, non è vero? Lui è sempre lì, la routine sta fallendo, il tuo regime inizia a mostrare più crepe di quanto la voce fredda e familiare di tua madre riesca a riempire e sovrastare, e lui è lì, sempre, che scrive sul tuo diario, che lo sporca di pensieri che ti fanno venire la pelle d’oca, pronto a disfare il letto nel momento esatto in cui tu finisci di sistemare le lenzuola. È buffo, in realtà, come questa sia la metafora perfetta per la tua incessante e inefficace fuga da tutto ciò che sei destinato a essere.

Tu ci provi, ti impegni, ti sforzi con ogni tua energia di sistemare le pieghe, ripiegare gli angoli nel modo giusto, stirare con le mani i luoghi in cui la superficie si fa più irregolare, e poi arriva lui a smantellare ogni tua fatica, perché non è l’ordine ciò di cui abbiamo bisogno.

L’ordine ci opprime, ci spegne, ci prende per la testa come piccoli soldatini di plastica e ci mette in fila, uno dietro l’altro, grigi, immobili, le teste alte e le spalle dritte ma nessun pensiero coerente, nessun colore pronto a esplodere in piccoli coriandoli di libertà, nessuna follia capace di spingersi un po’ più in là, oltre quel sottile confine che ognuno di noi si impone quando decide di tacere, di non esprimersi, di non osare.

No, siamo stanchi dell’ordine. Siamo stanchi di essere uguali, delle regole che ci imponiamo e ci vengono imposte per non correre rischi, per non uscire fuori dalle righe designate da qualcuno privo di inventiva.

Vogliamo… Caos. E sai perché lo vogliamo?

Perché è equo.

Che c’è? Pensi che stia parlando come tuo padre, non è vero? Ma tuo padre è morto, Elliot.

Mr. Robot, invece, è vivo. È più vivo di quanto tu sia mai riuscito ad essere e più reale degli schermi della tua città, accesi ogni giorno tutti i giorni, pronti a ipnotizzare con colori e incoraggiamenti e sorrisi ciarlatani chiunque sia abbastanza spaventato da non voler tornare a casa e trovarla buia e silenziosa come sempre.

La peggior cosa che ti sia capitata si nasconde dietro il volto della persona che hai amato di più al mondo, la creazione della tua mente sola e infranta alla disperata ricerca di qualcosa da ricordare, qualcosa a cui aggrapparsi e da cui lasciarsi cullare verso un luogo in cui va bene urlare. Va bene piangere. Va bene debellare qualsiasi menzogna sia mai esistita, qualsiasi bugia la gente normale continui a ripetersi per giustificare il proprio essere totalmente e irrimediabilmente banale.

Amiamo distruggere, amiamo lottare e demolire ed essere pionieri di un nuovo modo di sentirsi, anche se tutto ciò che facciamo, creiamo o sentiamo è stato già fatto, creato e sentito, lasciandoci la possibilità di essere solamente la copia di una copia di una copia di qualcosa che un tempo qualcuno ha avuto per la prima volta.

Non è il nostro compito essere i primi, ma è il tuo. Io lo so.

Il suo sorriso appena abbozzato, consapevole, come a dirti “non puoi scappare” è davanti ai tuoi occhi senza che tu possa fare assolutamente niente per liberartene; i suoi occhi, nascosti dietro i vetri degli occhiali da vista, guardano dentro i tuoi, sono i tuoi, e vedono più di quanto tu sia disposto a lasciar trasparire; le sue sopracciglia sono sempre sollevate, distorcono il suo volto in una maschera di follia e lucidità, e non c’è centimetro sul suo viso che tu non conosca in ogni piccola sfumatura.

Perché vuoi liberartene? Perché non riesci ad accettarlo? Lui non è altro che te. Per quanto tu possa correre veloce, non puoi farlo abbastanza da seminarlo. Non puoi lasciarti alle spalle l’unica cosa di te che abbia avuto il coraggio di gridare.

In un mondo fatto di silenzio, di neutro assenso e di vacua adesione a qualsiasi cosa riesca a sedare il sentimento di inettitudine, tu devi essere la voce che dice no. E lui può aiutarti ad esserlo. Non puoi perderlo.

Ascoltami. Non voltare la testa dall’altro lato, non coprirti le orecchie. La verità ti farà sanguinare, ma solo così saprai di essere vivo.

E il tuo sangue scorre insieme al suo, è il suo, e sai che loro cercheranno di portartelo via, ma non devi permetterglielo. Combatti. Rispondi. Azzarda.

Ricordi in ogni inflessione le sue parole, prima che Angela e Darlene ti trovassero e l’ultima delle tue bugie venisse smascherata: Non ti lascerò mai. Sarò sempre qui. Non ci separeranno di nuovo. Non ti lascerò mai più da solo. Ti amo, figlio mio.

Quelle parole sono la tua maledizione. Il tuo veleno. Si incupiscono di più ogni volta che le replichi nella tua testa, si incastrano a misteri che lui vuole tenerti nascosti e che probabilmente non scoprirai mai.

Quand’è che sei diventato uno schiavo? È questa la rivoluzione?

Il controllo è un’illusione, Elliot. Prima lo capirai, prima saprai che non c’è modo di sbarazzarti di un’ombra. Almeno non finché c’è il sole.

Quando la luce si spegne, però…

 Tyrell Wellick è il tuo interruttore.

Bonsoir, Elliot.

Finisce sempre così. Mi dispiace, ragazzo, ma c’è un altro tipo di dipendenza con cui devi fare i conti.

L’Adderall ti concentra, la morfina ti seda, il Suboxone impedisce a questi nostri due amichetti di farti a pezzi, ma Tyrell Wellick è l’unico che non ti abbia mai mentito e di questa droga non ne farai mai a meno.

Dammi quello che voglio.

L’hai capito da un po’ di tempo, e lo so che non sai cosa fare al riguardo – è un cliché a cui non puoi sfuggire, ma non ti sei mai sentito in questo modo – ma è lì.

È un bisogno che si prende gioco di te, si nutre della tua paura, ma devi sapere dove sia. Semplicemente devi, perché in questo tuo universo di finzione e bugie e apparenze Tyrell è l’unico che ti abbia sempre detto la verità, non importa quanto orripilante o riprovevole potesse essere.

Lui si è rivelato ai tuoi occhi in ogni suo distorto dettaglio, senza vergognarsi o nascondere gli osceni peccati di cui si è sporcato, ed è più di quanto qualsiasi altra persona tu abbia conosciuto sia stata in grado di fare per te.

Nonostante questo, lo hai voluto come prima. Più di prima. Hai trattenuto il respiro, scavando fra le crepe di colore nei suoi occhi di ghiaccio, e hai aspettato e smaniato per lui, per un tocco, per una lasciva e scandalosa carezza che non è mai arrivata.

Dimmi dov’è Tyrell.

Lo so, lo so che non te lo saresti mai aspettato, che non era qualcosa di previsto, che è un bug davanti al quale sei per la prima volta inesperto e disorientato, ma c’è un perverso tipo di gravità che si impossessa del tuo corpo e lo spinge verso questa necessità.

L’urgenza pulsante di sapere cosa gli sia successo, e perché non siete insieme, quando ormai è un fatto naturalmente appurato che è solo così che riuscite a funzionare.

Voglio che tu stia dov’è il tuo posto: qui, con me.

Questa nuova dipendenza ti terrorizza fino a paralizzarti e ti affascina come lo sguardo di un serpente, come può essere affascinante affacciarsi dal tetto più alto di un edificio e sentire un’idea che ti accarezza maliziosamente i pensieri: come sarebbe sporgersi un po’ di più? Non per eccessiva crudeltà o per qualche istinto avversario a quello di preservazione, ma solo per sentir scorrere nelle vene l’adrenalina del pericolo. Una parvenza di spinta vitale.

O come può esserlo rigirarsi fra le dita un accendino davanti a un fiume di benzina e immaginare come sarebbe se una piccola scintilla partisse per sbaglio e infuocasse tutto ciò che trova nel suo cammino.

È un’idea malsana e totalizzante che assedia ogni firewall della tua mente fino a renderlo innocuo e docile, ma non puoi liberartene: devi sapere dov’è Tyrell.

A volte pensi di non poter più aspettare, perché se dovessi essere costretto a farlo anche solo per un altro minuto, allora perderesti l’ultimo briciolo di consapevolezza e resistenza che ti è rimasto, che è, in fin dei conti, anche tutto quello che saresti disposto a dare via pur di vederlo di nuovo.

Solo per sentirti vivo in quel modo inebriante e pericoloso in cui ti senti ogni volta che lui cammina al tuo fianco, o piega il volto per guardarti con quello sguardo incuriosito, vorace e divoratore da cui non riesci a liberarti, da cui non vuoi liberarti.

Non ora che hai sentito di nuovo la sua voce, che ti è stato più vicino di quanto sia successo nelle ultime settimane, anche solo attraverso una cornetta.

Penso molto a te.

Non riesci a toglierti dalla testa come sarebbe se il suo corpo stretto in un completo elegante fosse davanti ai tuoi occhi proprio adesso, con le sue spalle costrette in una camicia appena un po’ troppo piccola e le sue lunghe dita che slacciano un bottone alla volta per farsela scivolare di dosso e finalmente spogliarsi al tuo cospetto…

Non c’è niente di cui vergognarsi con me. Abbraccialo, Elliot, non scansarlo.

Il pensiero è quasi doloroso, ma al giorno d’oggi il dolore è un modo come un altro di tenere a mente un ricordo a cui non è possibile rinunciare. È una parola buffa, non credi? Ricordo.

Vorresti dire di esserne padrone, di poter assicurare a te stesso e a me con totale certezza di conoscere tutto ciò che è successo, ma sai di non esserne in grado.

Penso a quella notte, quando siamo diventati divinità.

Ti fa impazzire, non è vero? Ti tormenta non poter ricordare, non avere la possibilità di rivivere e riprodurre nella mente qualsiasi cosa tu e Tyrell abbiate fatto per superare la vostra estrema, imbarazzante e odiosa mortalità.

Sei lì che ti torturi e ci pensi incessantemente, provi con ogni tuo sforzo a lottare contro l’ostacolo che Mr. Robot ha ideato per tenervi lontani e per questo lo odi fino a sentire la bile risalirti in gola.

Vorresti urlare fino a farti scoppiare i polmoni nel petto, vorresti strapparti la faccia o spararti di nuovo in testa solo per poter ricordare il momento in cui lo hai toccato, e lui ha toccato te – in qualsiasi modo sia successo, al di là della pelle e del corpo – fino a trasformarvi in bellissimi dèi, in qualcosa di più forte, più potente, più imponente di qualsiasi vostra mortale aspettativa.

Ma non ti è concesso. Trasformati in ira, Elliot, e prenditi quello che è tuo. So che puoi farcela.

Il desiderio è sempre con te, lo senti fermentare dentro, crepitare, strisciare e strofinare fino a creare una pressione che ti mozza il respiro talmente forte da sembrare che siano le sue stesse dita a stringersi attorno alla tua gola, pronte a mandarti in estasi e a lasciarti lividi.

La brama è talmente potente ché, se ti sdrai e chiudi gli occhi, riesci ancora a percepire le sue tempie strette attorno alle tue cosce tremanti, le sue unghie corte che percorrono lentamente la tua spina dorsale, e la sua voce vellutata che ti sussurra nelle orecchie: « Ti voglio mio ». 

Sei ancora capace di credere che la sua lingua stia sguazzando e leccando le ferite che lui stesso ti ha impresso sulla pelle;  ti vedo rabbrividire e strizzare gli occhi, perché sei consapevole che forse questo non sia solo frutto della tua immaginazione.

Forse stai solo cercando di immettere una password numerica in un server che supporta solo lettere e, per quanto tu cerchi di incastrarli fra loro, non troverai mai la combinazione corretta.

Forse non ti stai facendo le domande giuste. Quali sono le domande giuste, mi chiedi? Oh, se solo lo sapessi.

Amiamo nasconderci – e ripetiamo di non aver paura anche quando in realtà ne siamo paralizzati – amiamo creare labirinti di pensieri in cui non esistono fili d’Arianna, ma solo un’enorme e sterminata perdizione, per evitare di inceppare in errori di sistema irreparabili, per evitare che qualcun altro si avvicini troppo ed essere costretti a divorarlo nelle nostre bocche.

Ma in questo dedalo pieno di infinite strade tu e Tyrell a un certo punto vi siete incontrati, vi siete visti, e avete capito, il che è più di quanto possa affermare di aver fatto la maggior parte delle persone e più di quanto uno come te e uno come lui si sarebbero mai potuti aspettare dalla vita che avete vissuto fino a questo momento.

Ed è per questo che hai bisogno di sapere dove sia, cosa sia successo fra di voi, perché non potete uscire per un attimo da questo vortice indistinto di paure e incertezze e parlarne, semplicemente parlare, cercare di capire come affrontare tutto ciò.

Tentare di farvi un’idea su come sia stato possibile aver bisogno l’uno dell’altro, e sentirsene consumati e disgustati e attratti alla stessa identica misura, ma non poter fare assolutamente nulla per reprimerlo e per scacciarlo e per tornare a prima, quando Tyrell Wellick era solo il simbolo di qualsiasi sopruso, ingiustizia e brutalità che la gente come noi, come me e te, fosse stata costretta a sopportare, in silenzio e in ginocchio, e non il centro di ogni tuo pensiero, domanda o desiderio più segreto e inconfessabile.

So come ti senti adesso.

Patetico, banale, forse un po’ scontato? È il peso del sentire, Elliot. Il peso del dover sentire e non poterne fare a meno.

Ora che assomigli a tutti gli altri, a tutta la folla da cui ti sei voluto tanto distinguere, come quei due fidanzatini che hai fissato per l’intero viaggio in metropolitana con un’espressione schifata ma, nel profondo, un po’ invidiosa, cos’hai intenzione di fare?

Lo so. Dobbiamo trovarlo ad ogni costo. Non preoccuparti.

Io sono qui con te.




 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Mr. Robot / Vai alla pagina dell'autore: Fannie Fiffi