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Autore: Acalante    27/07/2016    2 recensioni
Arthur ha una bella casa, un lavoro rispettabile e una bambina di cui occuparsi, ma lo stress inizia a farsi sentire e, quando la babysitter decide di mollarlo su due piedi, si vede costretto a cercare subito qualcuno che lo aiuti nella gestione della casa. Un annuncio a volte può cambiarti la vita.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Morgana, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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La casa era sottosopra e Arthur era distrutto. Seduto al tavolo della cucina, sorseggiava una tazza di caffè bollente mentre pensava al da farsi.
Il turno dalle undici alle sette era stato massacrante, e ora desiderava solamente infilarsi a letto e dormire ininterrottamente per almeno dieci ore.
Verso l'una di notte aveva dovuto inseguire un adolescente che aveva tentato di compiere la sua prima rapina in un negozio di liquori. Il fatto che non avesse un'arma e che, al momento dell'arresto, tremasse come una foglia, erano chiari segnali che il ragazzo potesse essere recuperato. Dopo aver parlato con i suoi genitori, Arthur era tornato in centrale, da cui era dovuto uscire dopo pochi minuti per una lite domestica. Erano poi seguiti una rissa in un bar e un tentativo di stupro.
La giornata si prospettava assai lunga, e Arthur doveva essere in piena forma per occuparsi della sua principessa.
Quasi avesse capito che suo padre la stava pensando, Morgana, venti mesi e un sorriso da furbetta, entrò trotterellando nella cucina e gli si avvicinò.
« Morgana ha fatto la popò » annunciò, prima di tapparsi il nasino con le dita, nell'evidente tentativo di proteggersi dallo sgradevole odore proveniente dal pannolino.
Arthur le rivolse un sorriso smagliante. Quanto era bella, con quegli occhioni verdi e i boccoli scuri che le incorniciavano il visetto d'angelo! Ogni volta che la guardava si sentiva serrare il cuore in una morsa di disperazione.
Come al solito il senso di colpa minacciò di travolgerlo, e le immagini della sparatoria avvenuta poco più di un anno prima gli affollarono la mente. Era in quell'occasione che la bambina aveva perso entrambi i genitori, e Arthur non si sarebbe mai perdonato per non essere riuscito ad intervenire in tempo.
Aveva conosciuto Gwen durante il primo anno delle elementari e tra loro era subito nata una profonda amicizia, che negli anni si era consolidata fino a diventare amore, o almeno così credeva. Quando il giorno del diploma aveva visto la sua migliore amica baciare quello che negli anni del college era diventato il suo più caro amico, Arthur aveva rinchiuso i suoi sentimenti in un cassetto e si era congratulato con la neo-coppia.
Era stato presente al loro matrimonio, e anche alla nascita di Morgana, alla quale entrambi gli avevano chiesto di fare da padrino. Poi, quel giorno di appena un anno prima, il cellulare aveva iniziato a squillare a ripetizione, svegliandolo dal suo meritato riposo dopo una notte passata a pattugliare le strade del quartiere. Rapina a mano armata con ostaggi.
Arthur era corso sul luogo con ancora i segni del cuscino sul volto, pronto ad intervenire con i suoi colleghi, ma quando era arrivato l'unica cosa che aveva visto erano gli occhi spaventati di Lance dall'altra parte della vetrata, poco prima che dalla pistola del rapinatore partisse il colpo. Pochi minuti dopo, senza neanche sapere cosa fosse successo, si ritrovava accanto al corpo del suo amico mentre continuava a sussurrargli che sarebbe andato tutto bene, che la ferita non era grave, e nel frattempo non riusciva a fermare le lacrime.
Lance aveva semplicemente preso la sua mano e in un ultimo mormorio non ben comprensibile gli aveva chiesto « Prenditi cura di lei ».
Arthur pensava che si riferisse a Gwen, ma si sbagliava di grosso. Quel giorno pianse due volte mentre le persone più importanti della sua vita gli erano state portate via in un battito di ciglia.

I mesi successivi erano stati un tormento, Arthur era stato esonerato dal lavoro a tempo indeterminato e la bambina era stata portata dai nonni nell'Hampshire. Aveva dovuto battersi strenuamente con il tribunale per la tutela dei minori per avere in affidamento la piccola Morgana, che era tutto ciò che gli era rimasto. Emise un profondo sospiro e allontanò quei pensieri angosciosi. Morgana aveva bisogno di lui, ora.
« Bene, signorina, prima di tutto occupiamoci del pannolino ». Prese in braccio la figlioletta e le scompiglio i capelli. Lei si aggrappo alla sua uniforme blu, ormai sgualcita dopo una notte di duro lavoro.
« Papi, sì ». 
Arthur le schiocco un sonoro bacio sulla fronte, quindi si alzò e si diresse verso la sua cameretta. Si guardò in giro e si chiese da quanto tempo la casa non venisse pulita; era letteralmente invasa da giocattoli e animali di peluche.
Una settimana di ferie non mi basterebbe per rimettere in ordine questo caos, sospirò tra sé, mentre con il piede urtava un paperotto di legno colorato. Il dolore che provò fu lancinante. Non seppe mai come riuscì a ricacciare indietro la parolaccia che stava per pronunciare. Era dalla nascita di Morgana che si sforzava di usare un linguaggio pulito e corretto, ma non era per niente facile
« Papi fatto bua al papero? » chiese la bambina, con voce preoccupata, fissando il giocattolo.
«Il papero sta bene, principessa » la rassicurò lui, che non poteva dire altrettanto del suo piede scalzo.
Nel frattempo erano arrivati nella cameretta della piccola, una stanza molto luminosa, tinteggiata in rosa e in giallo. Era stata Gwen a scegliere i mobili, non appena l'ecografia aveva rivelato che la creatura che portava in grembo era una femmina. Arthur mise la bambina sul fasciatoio e allungò una mano per prendere un pannolino pulito.
Si trattava di un'operazione che avrebbe potuto fare a occhi chiusi, tanto era divenuto abile. Ma per quanto adorasse sua figlia, e non gli pesasse occuparsi di lei, non poté fare a meno di pensare che lui, in quel preciso istante, avrebbe dovuto essere nel suo letto, mentre la signora Haskell si sarebbe dovuta occupare della bambina.

Accidenti a lei!

Ripensò allo scontro che aveva avuto con quella donna meno di un'ora prima, non appena era rientrato a casa. Ancora non riusciva a capire il motivo della sua indignazione. In fondo, l'aveva solo pregata di rimanere con Morgana tre ore in più, in modo da poter dormire un po'. La sua reazione lo aveva colto alla sprovvista.
« Non può chiedermi una cosa simile. Non fa parte del nostro accordi. Le ho già fatto presente la scorsa settimana che non è compito mio badare alla casa. Non cucino, non mi occupo del bucato e, soprattutto, non faccio ore extra! »
Arthur non aveva fatto in tempo a ribattere che lei si stava già infilando la giacca. « Me ne vado, signor Pendragon. Non avrei mai dovuto accettare questo incarico » gli aveva stretto la mano e se n'era andata.
Arthur scosse il capo. Non gli aveva mai chiesto di cucinare! Era lui stesso a preparare le pappe di Morgana, prima di andare al lavoro. E non le aveva neanche imposto di pulire la casa o di fare il bucato, anche se il cesto della biancheria sporca era ormai colmo.
Inutile pensare alla Haskell, ora. Doveva cambiare la bambina, trovare un'altra babysitter e... dormire!
In preda allo sconforto, si chiese come avesse potuto permettere che la casa si riducesse in quello stato. Era un pessimo casalingo, glielo diceva sempre anche Gwen.
Mentre con una salvietta umidificata puliva il sederino della sua principessa, penso con terrore a ciò che sarebbe successo nelle settimane seguenti. Il dipartimento aveva informato i suoi agenti che ci sarebbero stati dei cambiamenti nei turni, anche se solo per pochi mesi. Una settimana avrebbe lavorato di giorno, quella dopo di notte, e così via. Massacrante!
Per questo aveva ringraziato il cielo che la madre di Lance gli avesse mandato Margaret Haskell. Ma ora...
Non riuscirò mai a trovare un'altra babysitter prima di questa sera! riflettè, preoccupato, sistemando il pannolino pulito. Anche se aveva già inserito un annuncio sul giornale di quella mattina, le probabilità di trovare qualcuno in così poco tempo rasentavano lo zero. Morgana si mise a sgambettare, e mentre lui si allontanava di qualche passo per prendere il talco, lei si drizzò a sedere.
« Attenta, principessa! » urlò, correndo verso il fasciatoio. La bambina lo studiò per qualche istante, poi allungo le braccia.
«Morgana giù. » Ripeté quella frase più volte, e ogni tentativo di Arthur di vestirla risultò vano. La piccola testarda non avrebbe smesso finché avesse posato i piedi sul pavimento per muoversi in piena libertà.
«Va bene, va bene » si arrese lui, sorridendo suo malgrado, mentre osservava la figlia correre via, senza pannolino.
Non riuscirò mai a fare tutto da solo! Inseguì Morgana e intanto pensava a come risolvere quella situazione. Il prossimo turno sarebbe iniziato alle undici, e lui aveva solo tredici ore per trovare una soluzione. Avrebbe potuto chiedere aiuto a Gwaine o a Percival, lo aveva fatto spesso in passato, ma non se la sentiva.
I suoi amici erano sempre molto disponibili, ma anche loro avevano dei figli di cui occuparsi e, inoltre, dovevano alzarsi presto.
Ellen e Tom, forse... accantonò l'idea di rivolgersi ai genitori di Gwen non appena l'ebbe formulata. Adoravano la nipotina, ma Arthur si era imposto di approfittare di loro il meno possibile. Avevano sessantadue e sessantacinque anni, lavoravano entrambi e avevano bisogno di riposare.
Di una cosa era certo. Non avrebbe chiesto altri permessi al sergente Palmer, che pure era stato molto disponibile fin dal giorno in cui Gwen e Lance erano venuti a mancare.
Devo dimostrare a tutti che sono in grado di farcela! Non voleva, e non poteva, diventare un peso per nessuno.
C'era una sola soluzione: trovare qualcuno che si occupasse di Morgana, entro le undici di quella sera. Possibilmente una persona che piacesse anche a Tom e ad Ellen. E questo complicava le cose.
Le grida della bambina lo fecero sobbalzare. Si mise a correre per vedere che cosa le fosse successo, ma quando entrò nella piccola ma accogliente cucina in legno di noce, non riuscì a trattenere una smorfia divertita. Lo aveva fatto di nuovo!
«Tesoro! » Pentole e tegami giacevano alla rinfusa sul pavimento, e Morgana aveva preso il loro posto nell'armadietto sotto il lavello. Purtroppo le ante si erano chiuse prima che lei fosse riuscita a entrarci completamente, e ora il suo sederino nudo faceva bella mostra di sé a chiunque entrasse nella stanza. Non sembrava essersi fatta male, e questo lo tranquillizzò.
Emise un sospiro di sollievo, mentre andava in soccorso della figlia.
«Arrivo, piccolina, arrivo! » disse, per cercare di calmarla. Poi aprì lo sportello e la prese in braccio.
Non appena lo vide, lei si mise a ridere.
« Papi, giochiamo a nascondino? » gli domandò con aria innocente, mettendogli le braccia intorno al collo. Lui la strinse forte e scosse il capo. «Tesoro, non possiamo, ora. Dobbiamo vestirci e fare colazione! » E pulire la casa, aggiunse tra sé.

Dio, dammi la forza!, pregò, soffocando uno sbadiglio.  

Si sedette per terra con la piccola stretta fra le braccia. Ovunque posasse lo sguardo, c'era qualcosa fuori posto. Nel lavello i piatti sporchi si accumulavano di giorno in giorno, il pavimento aveva bisogno di essere pulito, e il tavolo era ricoperto di briciole e di giocattoli.
Si prese la testa fra le mani e alzò lo sguardo al cielo. Aveva bisogno di aiuto, subito. Chiuse gli occhi, mentre un senso di sconfitta lo assaliva.

 



 

NdA.

Premetto che la storia l'ho appena iniziata, ho già pronto il secondo capitolo ma non prometto nulla per il terzo. Sono parecchio occupata in questo periodo e non so dove troverò il tempo di scrivere, ma spero di portare a conclusione quest'opera entro qualche mese (è una long).

Questa è in assoluto la prima Merthur (anche se ne avevo iniziata un'altra, non ancora pubblicata, sulla quale sono bloccata da un po'), quindi siate clementi.

Spero che troviate la lettura gradevole; un piccolo commento sarebbe gradito. Valuterò se aggiornare settimanalmente od ogni 10 giorni, quindi... a presto.

  
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