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Autore: Queen_Of_Love    27/07/2016    0 recensioni
E' la mia prima storia! Quindi pietà, vi supplico! Questo racconto narra principalmente di una ragazza, divenuta appena maggiorenne, Valery, che, tra un passato turbolento e un presente che non riesce a definire, dovrà attraversare un sentiero, che determinerà la donna che sarà da lì in poi. Il sentiero della vita, che la porterà a scegliere chi essere e cosa volere. La sua storia è intrecciata con quella di altri personaggi, ognuno con la sua storia, ognuno coi suoi problemi. Una storia che segna il passaggio dall'adolescenza all'età adulta.
< Voglio essere felice! Con te! > urlò Valery.
< Puoi avere solo una delle due cose > affermò fermamente Jackson serrando la mascella.
Cosa sceglierà Valery? E come si svilupperà la sua vita?
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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18. How wonderful life is now you're in the world

 

I preparativi per il funerale li aveva lasciati alla madre, che non aveva intenzione di vedere. Andò a casa del nonno. Il suo profumo ancora nella stanza e i suoi vestiti ancora nell'armadio. Sembrava che non se ne fosse andato, come se sarebbe tornato da un momento all'altro. Sprofondò sul divano poggiò i piedi sul tavolino in legno, sentì quasi il brontolio del nonno che gli rimproverava di togliere quei piedi dal tavolo. Li tolse subito dopo e poi sbuffò.

< Ora ce li lascio quanto voglio > li riposò, rivolgendosi al nonno. Sentendosi in colpa per quanto volte lo aveva brontolato, li tolse e sbuffò ancora. Sentirsi in colpa per il rimprovero di una persona morta gli sembrava così stupido. Sentì il cellulare vibrare.

< Jake.. vuoi andare insieme in chiesa? > chiese Alex dolcemente.

< Viene Veronica. Quindi.. ci vediamo là > disse mentre si preparava per il funerale. Non l'aveva invitata, ma ci teneva a venire e lui non obiettò.

< Ok.. allora ci vediamo tra poco > chiuse la chiamata e tornò davanti allo specchio. Quel vestito nero e cupo suo nonno l'avrebbe odiato. “Mica devi andare ad un funerale” avrebbe detto. Anche se effettivamente lo era. Quel pensiero lo fece ridere e Veronica suonò alla porta per accompagnarlo. In quei giorni l'apatia lo aveva avvolto totalmente, non sapeva più chi era senza quell'uomo.

Alex intanto sapeva di cosa aveva bisogno realmente Jackson per sentirsi di nuovo vivo. Suonò il campanello sperando che fosse in casa.

< Alex > lo stupore di Valery gli fece sperare che fosse la cosa giusta da fare < che ci fai qui? > lo fece entrare e Alex la guardò intensamente cercando di captare qualche segno che lo aiutasse a capire se fosse ancora interessata a Jackson < Tutto bene? > gli chiese percependo tutta la sua agitazione.

< Valery.. devo dirti una cosa importante e so che forse non dovrei essere io a dirtelo e non so nemmeno se sei venuta a saperlo e probabilmente ti sembrerà strano che sia venuto io a dirtelo.. > iniziò a camminare per la stanza gesticolando e Valery era sempre più confusa < però credo di fare la cosa giusta >

< Alex! > lo fermò < Cosa sei venuto a dirmi? > chiese spazientita da tutto quel balbettio.

< Il nonno di Jackson è morto e oggi c'è il funerale > la notizia colse Valery di sorpresa. Subito il suo primo pensiero andò a Jackson.

< Come sta? > chiese sottointendendo il soggetto.

< Sai com'è.. non fa mai vedere quello che prova, ma non c'è bisogno di un genio per capire che sta da cani > Alex sospirò vedendo Valery assorta nei suoi pensieri < senti, so che non vi parlate da mesi e che tra voi è finita male e che lui ti ha ferita ma.. ha bisogno di te, Val. Lui forse non lo sa, ma io sì. So che per te è difficile.. > mentre continuava a parlare Valery aveva già deciso. Certa che ci sarebbe andata e chissene frega di tutto il contorno. Era Jackson.

< A che ore? > lo interruppe e sorrise speranzoso.

< Alle tre.. se vuoi ci andiamo insieme > guardò l'orologio appeso alla parete. Non c'era tempo per cambiarsi. Si guardò i vestiti. Jeans e camicia. Erano adatti. Afferrò la giacca e aprì la porta.

< Andiamo >.

Entrati in chiesa, ormai in ritardo, cercò di scorgere Jackson. Lo vide davanti, accanto ai suoi genitori che non aveva mai visto. Alex le toccò il braccio e la condusse a sedersi su due posti che aveva trovato per loro. Non troppo lontani, ma neanche troppo vicini. Durante la cerimonia non poteva fare a meno di tenere lo sguardo fisso su di lui, avrebbe voluto corrergli incontro e stringerlo fra le sue braccia. Sperava che guardandolo, lui avrebbe sentito il suo appoggio. Finita la cerimonia si alzarono ancora una volta e la stessa ragazza con cui lo vide l'ultima volta lo teneva per mano. Una fitta di gelosia le fece male al petto ma lasciò correre quel sentimento. La sua mascella contratta dalla ribellione di non farsi vedere piangere davanti agli altri le fecero capire quanto stesse male. La ragazza gli accarezzò il braccio ma lui si staccò da lei e raggiunse i suoi parenti per stringergli la mano e prendere le condoglianze. Stava lì, impalata, guardandosi intorno senza sapere cosa fare, cosa dire. Valery si arrabbiò con lei, non perché era lì con Jackson, ma perché non faceva niente, non era in grado di confortarlo, di sostenerlo, di amarlo in un momento talmente difficile. Valery uscì, aspettando di poterlo salutare dopo tutto quell'afflusso di gente intorno a lui. Non sapeva cosa avrebbe detto o fatto. Sapeva solo che voleva esserci. Mentre aspettava davanti al portone della chiesa, lui uscì mano per la mano con Veronica. Inghiottì la gelosia e trovò la forza di pronunciare il suo nome. Jackson si voltò verso quella flebile voce, quasi tremante, per aver sentito la sua voce, i suoi occhi si fermarono nei suoi, senza riuscire a dir niente. Non sapeva nemmeno come salutarlo davanti a lei, ma in quel momento tutto il dolore, la tristezza, quei mesi senza neanche una telefonata, erano dissolti nel nulla. La guardò, con la luce del sole riflessa nei suoi occhi e capì quanto desiderasse che lei fosse lì. L'unica persona con cui avrebbe voluto condividere quel momento, l'unica con cui sfogarsi, piangere, urlare o stare semplicemente in silenzio. Lui sorrise debolmente e lei fece un passo verso di lui, prima che potesse lasciare la mano della sua ragazza e correrle incontro per abbracciarla. Tutto quello che era successo, era riposto in una scatola serrata da un lucchetto. Non c'erano parole adatte, l'unica cosa adatta era il silenzio. Portarono la bara al cimitero, poco distante dalla città e poco dopo stava già per essere seppellito. Jackson fissava lo scivolamento della terra gettata dalle pale e il suo ricorrente rumore che gli entrò nelle orecchie. Veronica fissò Valery, tre file dietro di loro, cercando di capire se fosse o meno una minaccia. Si attaccò al braccio di Jackson, sperando di farla ingelosire. Jackson sentì avvolgersi il braccio e spostò il suo sguardo su di lei, intenta a guardare indietro. Valery la vide e la guardò torva. Era gelosa sì, ma sperava almeno che quel posto che aveva deciso di prendere, accanto a Jackson, lo usasse bene, che pensasse più a Jackson che ad attuare mille marchingegni per farla ingelosire. Jackson capì esattamente che era in disperata cerca di attenzioni e non potè tollerarlo. Fece scivolare le sue mani dal braccio e si avvicinò ancora di più alla tomba del nonno. Valery vide il suo spostamento e quanta voglia avesse di sfogarsi. Si girò dalla parte di Veronica, che la guardava indispettita e alzò gli occhi al cielo. Non poteva credere che fosse così immatura. Aveva il suo ragazzo che soffriva come un cane e tutto quello a cui pensava era.. averlo tutto per sé? Jackson si allontanò, girovagando per il cimitero. Valery guardò Alex, che con un movimento della testa le disse di andare da lui. Gli si avvicinò mentre dava piccoli calci ai sassolini del giardinetto. Senza dire niente, gli avvolse la vita da dietro e lui si arrestò. Riconosceva quella stretta e quel profumo. Posò le mani sulle sue e si girò verso di lei.

< Come l'hai saputo? > i suoi occhi duri non lasciavano spazio alle lacrime ma sapeva leggerci dentro tanta tristezza da spezzarle il cuore. Valery girò la testa verso Alex e sorrise.

< Alex > sorrise ma i suoi occhi non luccicarono di gioia < è venuto a casa e mi ha portato in chiesa. È stato molto dolce > gli accarezzò dolcemente la guancia e passò le mani tra i capelli < anche perché altrimenti non l'avrei saputo > sorrise e gli scompose scherzosa i capelli.

< Se te l'avessi detto mi sarei aspettato di vederti > ammise e alzò lo sguardo ai becchini che ancora spalavano terra sulla fossa quasi riempita. Fece scivolare la mano sulla sua e gliela strinse.

< Non ti lascerei mai solo > il suo sguardo si addolcì. Le prese le mani e la condusse davanti per vedere finito il lavoro dei becchini. Gli strinse la mano per fargli sentire che c'era e lui le sorrise. Lo sapeva benissimo che ci sarebbe stata per lui, glielo aveva sempre dimostrato. Dopo gli ennesimi saluti, Veronica si avvicinò, li vide ancora mano per la mano e si stizzì.

< Jake.. se vuoi rimango con te > propose dolcemente sperando che si staccasse da Valery. L'atteggiamento inappropriato di Veronica la faceva imbestialire, ma non osava dire niente, non era né il luogo né tanto meno il momento adatto. Jake guardò Valery e lei si sciolse dalla stretta pensando che avesse deciso di andare con lei, la quale sorrise per la vittoria ottenuta.

< Grazie per essere venuta Veronica, veramente, lo apprezzo molto ma.. voglio stare un po' da solo > la liquidò con un bacio sulla guancia e aspettò che se ne andasse dispiaciuta dopo aver lanciato sguardi di sfida continui a Valery che ancora gli era accanto < Sono molto contento che tu sia venuta, anche se avresti avuto tutte le ragioni del mondo per non farlo e.. > lo zittì dolcemente e gli sorrise.

< Non so di cosa stai parlando > tutto era sparito. Non c'è ragione che tenga davanti a un amico in difficoltà. Non c'entrava l'amore, il risentimento, il rancore e la rabbia. A Jackson gli era capitata una cosa brutta e lei c'era, qualunque cosa fosse successa prima, non era importante. Jackson capì quanta dolcezza e amore aveva nel suo sguardo e non poté fare a meno di ricambiare. Le sorrise ammirandola e osservò la gente andar via verso l'uscita.

< Adesso puoi andare se vuoi > disse inclinando la testa verso tutta quella marmaglia.

< Resto con te > i suoi occhi scattarono nei suoi e la luce del sole incontrò i colori delle sue pupille verdi che mostravano tutte le più belle sfumature e ne creavano di nuove. Ci si perse dentro e distolse lo sguardo < ovviamente se vuoi > chiarì imbarazzata. Sapeva che avrebbe voluto stare con lei, ma sapeva anche che non poteva chiederglielo. Guardò indietro e sospirò.

< Voglio stare un po' da solo.. ma grazie, davvero > le poggiò le labbra sulla fronte, chiudendo gli occhi per qualche secondo. Una fitta allo stomaco le fece capire quanto ancora, la sua vicinanza, la mandasse in estasi. Sentì il respiro di Jackson sul suo viso e pochi istanti dopo aver scoccato un bacio, era andato via. Corse verso la sua moto, si mise in sella e partì, più veloce di quanto non fosse mai stato, mentre lei era ancora inerme, con lo sguardo rivolto verso il pavimento, nel vuoto.

< Se n'è andato? > chiese Alex vedendola assopita. Annuì e guardò dietro di lui, sperando che stesse ancora lì. Nella stessa direzione, a una ventina di metri da loro c'era Jessica che guardava la lapide di suo figlio < È la prima volta che viene a vederla > le spiegò seguendo il suo sguardo < è stata dura per lei in questi ultimi mesi > Meredith le aveva raccontato quello che era successo. Le si strinse il cuore, vedendola accanto a quella tomba, con gli occhi pieni di dolore e lo sguardo perso nei ricordi. Alzò la testa verso l'uscita < ho visto che gli ha fatto piacere che sei venuta > disse riferendosi a Jackson.

< Sì ma voleva stare solo quindi è andato a casa.. credo > lo informò e sospirò.

< Una bella botta. Non me l'aspettavo proprio. Quell'uomo era così.. giovanile > sorrise rimembrando aneddoti passati < sarebbe stato felice di rivederti, sai? Chiedeva sempre di te.. ma Jackson preferiva non parlarne > rimase sorpresa da quella confessione. Non pensava di avergli fatto una così buona impressione. Jessica li raggiunse e salutò Valery con un debole sorriso. Aveva iniziato da ieri la terapia con lo psicologo e anche se aveva ancora gli incubi, riusciva a guardarsi intorno e parlare con le persone in modo naturale, come non riusciva a fare da tanto tempo. Alex le adagiò la mano sul suo braccio delicatamente < noi dobbiamo andare. È stato bello rivederti >

< Anche per me > prima che se ne andassero del tutto Alex si girò verso di lei.

< Vale.. lui non te lo dirà mai ma.. quando dice che vuole stare solo.. non dargli retta > le sorrise e se ne andò a braccetto con Jessica. Cosa significava? Doveva andare da lui? E cosa gli avrebbe detto? Mentre la testa pensava, le gambe erano in azione verso la macchina. Poteva pensare a cosa avrebbe fatto anche mentre guidava. Gli aveva promesso di esserci e non voleva venir meno alla promessa, anche se significava ricevere una porta sbattuta in faccia. Prima che potesse essere preda di ripensamenti, era già arrivata a casa sua. Suonò più volte il campanello ma non aprì nessuno.

< Jake? > suonò ancora < Jake, sono Val. Mi apri? > attaccò l'orecchio alla porta ma non sentì alcun rumore. Prese lo smartphone e lo chiamò. Segreteria telefonica. Sbuffò e scese le scale. Se non era a casa, dov'era? Ritornò in macchina e partì senza una meta precisa, in attesa che le venisse un lampo di genio. Girò l'isolato cercando la sua moto, niente. Non c'era traccia in nessun bar, in nessun parco, davanti a nessuna casa. Passò davanti al negozio d'ottica, ancora niente. Forse c'era una ragione per cui non lo trovava: voleva stare solo. Il problema era far affievolire dentro di sé, quella vocina che la convinceva del contrario. Tornò a casa e prima di aprire la porta le venne in mente nonno Franco e a l'unica volta che ci parlò, a casa sua. Jackson era lì che andava quando se la passava male e non voleva vedere nessuno, dall'unica persona che lo avrebbe capito più di chiunque altro. Il padre di Valery aprì la porta e la trovò completamente assorta nei suoi pensieri, con gli occhi fissi in un angolo.

< Vale? Tutto.. bene? > Valery alzò la testa e capì< Da dove vieni? > era da suo nonno.

< Devo andare > Matteo fece capolino alle spalle del padre.

< Dove vai? > Valery si voltò, accorgendosi di essersi dimenticata il loro appuntamento < Dovevamo andare a casa mia stasera > la scrutò in viso < te ne sei dimenticata, vero? > assunse un'espressione di dispiacere, ma dalla bocca non uscì alcuna parola confortante.

< Scusa. Ho avuto un imprevisto > cercò di scusarsi omettendo la storia.

< Dovevamo uscire un'ora fa. Potevi avvisare almeno > il padre di Valery si defilò lasciandoli soli a discutere e Matteo uscì di casa, avvicinandosi a lei < è dalle tre che cerco di chiamarti ma non rispondi. Vengo a casa tua e tuo padre mi dice che non ci sei. Ti ho aspettata per un'ora e chiamata ripetutamente ma non hai mai risposto. Si può sapere cosa avevi di così importante da fare da non rispondere nemmeno al cellulare? > il tono di Matteo era sempre calmo, con un pizzico di rabbia in più, comprensibile, ma non aveva tempo per discutere con Matteo, doveva andare da Jackson, anche se questa parte era meglio ometterla.

< È morto il nonno di un mio amico e appena l'ho saputo sono corsa al suo funerale. È per questo che non ti ho risposto. Ero con lui e.. altri amici > non voleva dirgli che si trattava di Jackson. Era una cosa che voleva tenersi per sé < mi dispiace ma con quello che è successo, mi sono proprio dimenticata del nostro appuntamento > spiegò con dispiacere. Mentre parlava con lui, fremeva per voler scappare da Jackson. Si diceva che lui aveva bisogno di lei, giustificando così il desiderio che aveva di vederlo e stargli vicino. Matteo le si avvicinò ancora e la osservò.

< Perché non me l'hai detto? > domandò corrugando la fronte < sarei venuto con te > questo era uno dei motivi per cui non glielo aveva detto < Val.. a volte ho l'impressione che non mi voglia accanto a te > Valery spalancò gli occhi in espressione scettica, forse più perché si rese conto che Matteo aveva un modo di leggerla dentro che la spaventava, che per la sorpresa di quell'affermazione.

< Cosa? Diavolo no > gli prese il volto tra le mani e lo baciò castamente < è successo talmente in fretta che non ho potuto neanche dirtelo > sorrise e sospirò < So cosa significa perdere una persona che si ama e.. il nonno di questo mio amico era.. importante per lui.. non era solo un nonno ma.. una sorte di genitore, capisci? > Matteo annuì e sorrise teneramente < Dovevo stargli vicino e non mi sono accorta che erano passate due ore e mezza > tra il funerale, il dopo funerale e la corsa per la ricerca di Jackson, non si ricordava nemmeno cos'era un orologio. Matteo la cinse in vita e le sorrise.

< Siamo in tempo per andare a casa mia se vuoi > disse carinamente. Voleva desiderare stare con lui ma, in quel momento, c'era solo una persona con cui voleva condividere il suo tempo, e non era Matteo.

< Matti.. non posso venire > non capì il motivo < gli voglio stare accanto.. scusa > sperava che Matteo non facesse domande e la lasciasse andare. Non voleva mentirgli. Gli dette un bacio sulla guancia e imboccò il vialetto che l'avrebbe condotta alla macchina, prima che potesse replicare.

Parcheggiò davanti casa e spense la macchina. Prese un bel respiro e scese. Alex le aveva detto che non era vero quando diceva che voleva stare solo, ma Valery aveva paura che avesse torto. Quando perdi una persona cara, l'unica cosa che vuoi è scappare, Valery lo sapeva bene. Scappare e isolarsi dal mondo. Non sapeva cosa aspettarsi ma sapeva che voleva far di tutto per farlo sentire meglio. Suonò il campanello ma non aprì nessuno. Sentì la tv accesa, Jackson era dentro < Jake! > urlò < So che ci sei > bussò una prima volta sperando che le aprisse. Lui si voltò verso la porta e si alzò. Non si aspettava una sua visita. Come aveva fatto a capire che era lì? Guardò dallo spioncino e la guardò. Sorrise nel vederla ma non le aprì < Jake.. so che hai detto che vuoi stare solo e lo capisco ma.. permettimi di starti vicino, solo per oggi, ti prometto che se domani vorrai stare solo, completamente isolato dal mondo te lo lascerò fare ma oggi lascia che ti stia vicino > Jackson posò la mano sul pomello, ancora indeciso se aprire o meno. Non voleva farsi vedere in quello stato da nessuno, tanto meno da Valery < staremo soli insieme e poi.. > Jackson la vide abbassare lo sguardo e sollevare all'altezza del viso una busta di patatine che aveva comprato poco prima di andare da lui < ho portato le patatine > sorrise e guardò fisso nello spioncino, sperando che la stesse guardando < non puoi resistere alle patatine > aspettò una manciata di secondi ma la porta non si aprì < Ok.. vuoi stare solo.. ho recepito il messaggio > sospirò e posò il pacco di patatine sulla finestra alla sua destra < te le lascio qui > Jackson la guardò andar via. Si arrestò e guardò verso la porta, sperando che aprisse, ma evidentemente, pensò, non le andava di vederla. Continuò a camminare, quando sentì la porta aprirsi. Si girò di scatto, avendo paura che ci ripensasse e lo vide finalmente. Stava lì, che la guardava, con la solita mascella contratta. Lo raggiunse correndo ma lui abbassò la testa, mentre le apriva la porta per farla entrare. Lo osservò attentamente e senza distogliere il suo sguardo da lui entrò < Hai pianto > le chiazze rosse sul viso, il volto inumidito e gli occhi arrossati erano tre prove schiaccianti. Non lo aveva mai visto piangere e capì che forse aveva sbagliato ad andare là. Voleva stare solo. Voleva piangere e urlare e lei non era invitata. Si sentì una stupida.

< Ho solo un'allergia > cercò di giustificarsi, senza la minima possibilità di essere creduto. Gli si avvicinò e chiuse la porta continuando a guardarlo.

< Ti capisco > non avrebbe mai ammesso che stava piangendo, decise di stare al suo gioco e fargli capire che lei c'era, qualsiasi allergia avesse < queste allergie sono una rottura! Sai cosa faccio quando ho un'allergia? > rovistò in borsa e prese un pacchetto di fazzoletti < cibo spazzatura e film strappalacrime così mi creo l'illusione che il mio continuo soffiarmi il naso non deriva dall'allergia ma dalle emozioni scaturite da un film meraviglioso > lo fece ridere e posò i suoi occhi sui suoi. Questo la rendeva speciale. Il modo che aveva di capirlo e confortarlo in un semplice sguardo. I piccoli capillari rossi causati dal pianto rendevano ancora più intenso il verde dell'iride e senza pensarci su, lo abbracciò con tutta la forza possibile < vuoi che me ne vada? > alla domanda la strinse ancora più forte e annusò i suoi capelli. Ancora lavanda. Non era cambiato niente. Lei era sempre lei. La sua Valery < lo prendo per un no > lo guardò e gli accarezzò i capelli, in quell'istante si accorse che l'amore che provava per lui non era diminuito nemmeno un po'. Si staccò da quell'abbraccio rivelatore e aprì le finestra per prendere le patatine. Non poteva fare a meno di guardarla in tutti i suoi movimenti. Le era mancata in tutto. Dai film guardati sul divano ai piccoli dettagli che la rendevano unica. Si adagiò sul divano e spense la tv < cosa stavi guardando? > chiese sedendosi vicino a lui < degno della loro attenzione? > domandò scuotendo il pacco di patatine in mano.

< No, per niente > disse in un sorriso spento. Gli posò la mano sul ginocchio.

< So che questa domanda è banale e scontata ma ancora non ti ho chiesto.. come stai? > tamburellò le sue dita sul suo ginocchio e Jackson glielo lasciò fare.

< Come se mi fosse crollato il mondo addosso. Come se non avessi più una casa. Mi sento.. come un barbone senza casa > Valery capì perfettamente la sensazione e si alzò dal divano < dove vai? > chiese incuriosito.

< Tuo nonno aveva degli album di foto.. vero? > Jackson indicò un cassetto sotto la tv e lei lo aprì. C'erano vari album. Ne prese un paio e li aprì < sai.. quando mi mancano mia madre e mio fratello.. guardò sempre le loro foto. Mi piace ricordarmeli che sorridono, che piangono, che saltano.. > li diede a Jackson e lui ne aprì uno. Era il giorno del suo secondo compleanno e c'erano sia suo nonno che sua nonna < questa è tua nonna? > indicò entusiasta di vedere il suo volto.

< Sì è proprio lei > nel vedere il suo entusiasmo, sorrise di piacere. Era bello averla accanto. Lo faceva stare bene.

< E questo piccoletto sei tu? O mio Dio! Eri bellissimo! > risero insieme nel vedere le sue guanciotte tonde e un cappellino da marinaio sulla testa. Poggiò il gomito alla testata del divano mentre guardavano le foto. Una foto ritraeva lui in braccio a suo nonno e il suo viso fu invaso da un gran sorriso. Valery si tenne la testa sulla mano chiusa in un pugno e mentre sfogliava radioso quelle foto, s'incantò a guardarlo < è passato così tanto tempo > accarezzò delicatamente la foto, come per imprimerla nel cuore. Sentì gli occhi di Val addosso e la guardò < che c'è? > chiese sorridendo.

< Il tuo sorriso. Mi è mancato per tutto il giorno > ammise ormai persa nell'atmosfera.

< Non trovo difficile sorridere quando sei con me > Jackson posò il suo sguardo sulle sue labbra e Valery lo seguì. Le scostò i capelli dalla guancia e l'accarezzò, mentre posava la testa sul divano. Le toccò il mento e sorrise < mi sei mancata > ammise infine, lasciando scivolare le dita sulla sua gamba. Gli toccò il naso con l'indice e lui lo storse.

< Mi sei mancato anche tu > le parole sono così inutili in certi momenti. Sono vuote e insensate. Si adagiò sul suo petto e lui le cinse le spalle. Stettero così finché non si addormentarono.

Jackson si svegliò dopo venti minuti e si accorse di essersi addormentato abbracciato a Valery. Sorrise vedendo la sua dolce espressione beata. L'adagiò sul divano e si alzò. Valery sentì lo spostamento, se pur delicato e il rumore dei fornelli. Fece capolino dalla testata del divano e vide Jackson aggeggiare con un pentolino. Si alzò e lo raggiunse < ci siamo addormentati > Jackson si voltò e sorrise < cosa stai facendo? > chiese avvicinandosi ai fornelli.

< Non lo so nemmeno io > Jackson fissava il pentolino con sguardo assente. C'era un pentolino d'acqua e due bustine di thé alla pesca.

< Stai facendo il thè > disse constatando una cosa ovvia.

< Sì.. ma a me non piace il thè. Non so perché l'abbia fatto > si girò verso Valery e incrociò le braccia < Erano le cinque > disse indicando l'orologio < l'ora del thè. Credo l'abbia fatto per abitudine > spiegò fissando quel pentolino pieno d'acqua. Gli toccò la schiena e spense il fuoco.

< L'hai fatto per tuo nonno > Jackson corrugò la fronte e Valery continuò a spiegarsi meglio < prima che i miei morissero, ogni venerdì sera era la giornata del film. A turno sceglievamo un film e il venerdì dopo l'incidente, li aspettai alle 21 in punto sul divano, ma non venne nessuno. Sapevo che erano morti e che mio padre era da qualunque parte tranne che a casa ma, dentro di me, risiedeva una piccola speranza che era stato tutto un malinteso e che quella sera sarebbero tornati da me, ma quando andai in camera di Luke per chiamarlo, lui non c'era, andai nello studio di mio padre ma niente, poi sentii il profumo dei biscotti al cioccolato che cucinava sempre mamma, puntuale, ogni venerdì, ma quando scesi le scale trovai Raisa, mia zia. In quel giorno mi resi davvero conto che non sarebbero più tornati e non importa che io avessi otto anni mentre tu ne hai venticinque. La reazione è sempre la stessa. Continuerai a sperare che lui torni e farai cose che eravate soliti fare insieme solo per sentirlo ancora vicino a te. Un giorno ti renderai conto che non c'è più e ti farà male. Davvero male. Poi il dolore si affievolirà e ogni volta che ci penserai farà sempre meno male finché un giorno quel dolore verrà sostituito dalla felicità che ti hanno lasciato i suoi ricordi, la sua vita, la sua stessa gioia > Jackson sospirò e chiuse gli occhi. Le sue non erano parole vuote, erano piene di significato. Aveva sofferto e si era rialzata. Ha combattuto ed era lì a confortarlo. Era lì. Con lui che le aveva spezzato il cuore.

< Mi sento stupido. Una parte di me è consapevole che è morto ma l'altra è come se preferisse pensare che è soltanto partito ed è convinta che tornerà come se fosse ancora con me > Valery sorrise teneramente e gli prese le mani.

< Non sei stupido. Ci sarà sempre una parte di te che sentirà di averlo accanto, perché è così. Lui non c'è più ma ti ha lasciato sé stesso, qui > gli toccò il petto, verso sinistra, per indicare il cuore e Jackson le strinse la mano. Erano bastati pochi attimi e avevano capito che non potevano stare lontani l'uno dall'altra.

< Oggi è venerdì > Jackson sorrise < serata film > Valery sorrise e corse a prendere le patatine tanto adorate < che film guardiamo? > disse sfogliando il porta dvd di suo nonno.

< Se tuo nonno fosse qui, quale film guardereste? > era una domanda facile. Jackson sorrise e la guardò. Sfilò un dvd dalla custodia e si diresse verso il lettore dvd.

< Facile. Mouline Rouge > lo inserì e si spaparanzò sul divano con Valery sgranocchiando patatine. La fissò mentre era concentrata sulle battute degli attori e sorrise impercettibile. Era incredibile. Riusciva a tirare fuori il meglio di lui con un solo gesto. Ripensò ai suoi genitori e a quanto male avesse passato. Quella forza di cui era capace lo rendeva orgoglioso di lei e anche un po' geloso. Era consapevole che aveva una forza d'animo che lui non avrebbe mai avuto.

< Cosa facesti venerdì quando ti accorsi che non sarebbero venuti? > chiese d'improvviso distogliendola dal film. Si girò verso di lui e cercò di ricordare le sue azioni.

< Mi arrabbiai.. poi scelsi un film e lo guardai da sola con mia zia. Mentre lo guardavano ricordo che sentii silenzio. Non stavo litigando con luke per la coperta, la voce grossa di mio padre che ci diceva di smettere i litigare e quella dolce di ia madre che ci calmava nn c'erano. Nessuno commentava. Nessuno rideva. C'ero solo io che piangevo. Avevo il viso bagnato e nn me n'ero accorta. Ricordo che mia zia mi dava i biscotti e piangevamo soltanto. Poi ci guardammo e scoppiammo a ridere > quel ricordo la fece sorridere. Era un triste ricordo ma ogni volta che ripensava a quei momenti, aveva la consapevolezza di averli superati. Jackson non potè fare a meno di fissarla. Si era perso nel suo racconto. In quelle parole piene di forza e tenacia. E tutto quello a cui riusciva a pensare era: come fai ad essere così magnifica? < che c'è? > chiese destandolo dai suoi più profondi pensieri.

< Niente > scosse la testa e sorrise < hai sofferto tanto eppure eccoti qua > sorrise di rimando e si adagiò su di lui, cingendogli il braccio.

< Eccomi qua > la lasciò fare e le cinse le spalle per tenerla più vicino.

< Questa era la sua scena preferita > esordì indicando la tv.

< E' anche una delle mie > confessò < how wonderful life is now you're in the world > in un gesto senza raziocinio, intrecciò la mano con la sua e lui capì che non avrebbe trovato mai nessun'altra che potesse essere comparabile a quella donna.

La vibrazione del cellulare la riportò alla realtà fatta di un vero fidanzato a cui dare spiegazioni per quelle ore fuori casa con un “amico”. Matteo non era stupido. Aveva capito perfettamente chi era, le si leggeva negli occhi quel luccichio che cercava di nascondere quando qualcuno pronunciava il suo nome. Una scossa le passò per lo stomaco quando apparve il nome di Matteo sul display, ebbe la sensazione di essere stata colta in flagrante, senza un apparente motivo. Rifletté per un attimo, quanto bastò per perdere la chiamata.

< Tutto ok? > chiese Jackson avendo visto che aveva appositamente non risposto a Matteo.

< Non sa che sono qui > Jackson non capì < con te > sospirò e Jackson sorrise involontariamente prima che lei potesse guardarlo.

< È un tipo geloso? > chiese per tastare il terreno.

< No, lui non lo è, solo che.. > come faceva a spiegargli tutto? Avrebbe dovuto dirgli che il motivo per cui non funzionò con Matteo era proprio lui e sempre per lo stesso motivo, aveva deciso di stare con Matteo, questo avrebbe portato a galla conversazioni passate non concluse, sentimenti repressi < è complicato > forse era meglio non spiegare.

< Mi è morto il nonno ma.. credo di riuscire ancora a capirti > ironizzò con uno dei suoi sorrisi tanto ipnotici, e lei si accorse che avrebbe potuto chiedergli qualsiasi cosa, sarebbe stato difficile dire di no.

< La carta del nonno morto.. furbo! > rispose alla sua ironia e lui si mise a giocherellare con i suoi lunghi capelli che aveva appoggiato sulla testata del divano < Ok.. ehm.. risale tutto a quando ci uscii la prima volta, qualche tempo fa > non si aspettava ricordasse, ma lui la sorprese.

< Sì, mi ricordo, prima di capodanno > lo guardò sorpresa, come se le sembrasse strano che lui ricordasse quello che le era successo mesi prima < siete usciti una volta sola e poi non l'hai più chiamato . Mi sono sempre chiesto perché> s'incantò per un attimo a guardarlo. Lo vedeva realmente curioso, come se davvero se lo fosse sempre chiesto.

< Non aveva niente che non andasse, era solo perché.. > si rese conto che non era affatto facile ribadire ciò che aveva già detto < mi piacevi tu > evitò di guardarlo e rise cercando di nascondergli la coniugazione sbagliata del verbo passato, che per lei non era affatto passato, a quanto pare. Aveva paura di guardare la sua espressione, lui era stato chiaro su quell'argomento, precedentemente, aveva solo timore che se lo avesse guardato, non avrebbe visto nei suoi occhi quello che avrebbe voluto vedere e quello che se avesse avuto il coraggio di guardare, c'era e si poteva vedere chiaramente < non lo richiamai più. Non volevo prenderlo in giro. Poi ci siamo rivisti due mesi fa e ovviamente mi sembrava corretto raccontargli quello che era accaduto e.. siamo usciti insieme > aspettò qualche secondo e poi lo guardò, aveva i suoi occhi addosso che la fissavano dolcemente. Un sorrisetto tenero sulle labbra e la sua mano che ancora gli accarezzava i capelli.

< Quindi è geloso > concluse infine sorridendo. Valery rise e alzò gli occhi al cielo.

< Ti diverte questa cosa, vero? > chiese scrutandolo. Si riposizionò sul divano con le gambe incrociate davanti a lui.

< Giusto un po' > ammise arricciando il naso. Valery aprì la bocca in segno di sorpresa e gli schiaffeggiò il braccio.

< Sei il peggiore di tutti! Ti diverti eh? > gliene diede un altro per gioco e Jackson cominciò a farle il solletico. Sapeva quanto ne soffrisse < Smettila! Ti prego > lo supplicò tra una risata e l'altra. Lei, a sua volta, sapeva che non avrebbe smesso. Come sempre, avrebbe vinto lui, le prese le mani e gliele mise dietro la schiena, per dimenarsi si sdraiò sul divano e scalciò, Jackson la schivò e si mise su di lei, bloccandola definitivamente.

< Non puoi battermi. Ormai dovresti saperlo > disse sottovoce col fiatone. Il sorriso di Valery cominciò a diventare serio quando percepì il suo respiro affannoso sul viso, che portò a considerare la notevole vicinanza del suo volto, che a sua volta portò a notare la posizione ambigua in cui si trovavano in quel momento. Jackson lesse tutta la correlazione dei suoi pensieri e le guardò istintivamente le labbra < dovrei lasciarti andare immagino > Valery deglutì e non riuscì a calmare il respiro incostante. Doveva dire sì, ma non riusciva a dirlo, come se quel sì le si fosse incastrato in gola. Jackson sentì il petto di Valery scontrarsi col suo, come se anche i loro respiri fossero sincronizzati, non riuscì a staccarsi da lei. Le lasciò le mani libere ma lei non reagì. Continuava a guardarlo negli occhi cercando di capire se quel ragazzo che aveva davanti era ancora il suo Jackson. Portò le mani avanti, gli scostò i riccioli ribelli che aveva sulla fronte e sorrisero. Era troppo importante quello che c'era tra di loro per insabbiarlo con altre complicazioni. Jackson avvicinò la fronte alla sua e chiusero gli occhi, pensando a quanto sarebbe potuto essere bello quel bacio, ne assaporarono ogni fantasia, ogni odore, ogni sapore, ogni lento movimento. Jackson li riaprì e si direzionò all'angolo della bocca. Premette le labbra e Valery lo strinse a sé. Le cinse la schiena e l'alzò, portandola su di sé, staccò le labbra delicatamente. Valery combatté con forza per non girarsi verso le sue labbra ma proprio quando lui si era deciso a lasciarla andare, lo baciò fuggiasca, distogliendolo dai suoi buoni propositi. Lo guardò shockata, sapendo di aver fatto un errore. Aveva innescato la bomba. Cercò di dire qualcosa ma Jackson la baciò, come aveva desiderato fare da quando l'aveva persa. Ancora tante frasi erano rimaste intrappolate in gola, come “dovremmo..” “non dovremmo..” ma la verità era che nessuno dei due aveva intenzione di lasciare andare l'altro. Stavano bene. Domani era un altro giorno.

   
 
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