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Autore: xjnicodiangelo    29/07/2016    5 recensioni
[Solangelo - AU]
[...] Pur essendo una persona esuberante ed attiva, il biondo aveva sempre amato e cercato la tranquillità, ragione per cui aveva deciso di trasferirsi in quel condominio e in quel quartiere che a detta di tutti coloro che lo abitavano, era tranquillo e pacifico.
E Will si era ritrovato sin da subito a concordare con loro.
Questo ancora per poco.
–☼–
[...] «Cori di incitamento e urli entusiasti, dici? –fece una pausa ragionando sulle sue parole, prima che il suo sguardo si illuminasse– È italiano, vero?»
Il biondo annuì, aspettando il verdetto dell’italiana, che gli posò una mano sulla spalla come a confortarlo: «Mi dispiace informarti che ne avrai ancora per un po’: ci sono gli Europei.»
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Nico/Will, Will Solace
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Di vicini rumorosi e campionati europei
 
 
      Will viveva in quel condominio nella periferia di Sydney da ormai tre mesi e due settimane e in quel breve lasso di tempo non aveva mai avuto problemi con gli altri condomini. Era sempre stato un tipo amabile, cortese e sempre disponibile ad aiutare il prossimo, caratteristiche che gli avevano permesso di guadagnarsi già da subito la simpatia e il rispetto degli altri.
Pur essendo una persona esuberante ed attiva, il biondo aveva sempre amato e cercato la tranquillità, ragione per cui aveva deciso di trasferirsi in quel condominio e in quel quartiere che a detta di tutti coloro che lo abitavano, era tranquillo e pacifico.
E Will si era ritrovato sin da subito a concordare con loro.
Questo ancora per poco.
 
      Erano circa le cinque  e mezzo del mattino quando Will fu risvegliato bruscamente da un urlo quasi disumano. Si mise a sedere all’istante spaventato, guardandosi intorno alla ricerca della fonte del rumore che l’aveva svegliato.
Nell’appartamento aleggiava un silenzio tombale, interrotto soltanto da suoni ovattati che provenivano … beh, dall’appartamento vicino al suo. Inclinò la testa di lato cercando di ricordare chi abitasse lì e sollevò un sopracciglio confuso quando sentì l’eco del tonfo di qualcosa che cadeva pesantemente sul pavimento.
Si morse il labbro inferiore mentre un’illuminazione lo coglieva in pieno: Nico Di Angelo. Ma subito dopo aggrottò le sopracciglia: perché il tenebroso italiano che usciva raramente di casa, che sembrava avere contatti umani pari a zero, che aveva sentito parlare solo per monosillabi e per cui si era preso una cotta avrebbe dovuto urlare e fare baccano a quell’ora?
Sbuffò passandosi una mano sugli occhi e poi fra i ricci biondi, scompigliandoli ulteriormente prima di alzarsi dal letto e acquattarsi alla parete comunicante concentrandosi per captare qualsiasi rumore che avesse potuto suggerirgli cosa stesse succedendo.
Sentì vagamente dei cori e qualche imprecazione da parte del moro che non riuscì a comprendere probabilmente perché era in un’altra lingua. Senti anche l’eco di un battito di mani, e non riuscì a spiegarsi per quale motivo a quell’ora qualcuno avrebbe dovuto battere le mani.
Sospirò pesantemente ritornando stancamente a letto dopo aver deciso che quei borbottii ovattati potevano essere bellamente ignorati –soprattutto con tutto il sonno arretrato che gli gravava sulle spalle– e si rimise sotto le coperte ritornando nel mondo dei sogni.
 
Sarebbe carino poter dire che dopo quell’episodio il biondo fosse tornato a dormire svegliandosi solo il mattino seguente, ma sarebbe una bugia. Il ragazzo si risvegliò nuovamente grazie ad un altro urlo che gli fece rizzare i capelli in testa e venire la pelle d’oca. Will calmò il respiro, riportando lo sguardo sulla parete in comune e si trovò spiazzato quando –senza bisogno di avvicinarsi ad origliare– sentì degli urli compiaciuti e decisamente entusiasti: «Abbiamo vinto! Abbiamo vinto!»
Will si chiese cosa, ma non per molto, perché la disperazione lo colse facendolo ricadere pesantemente sul materasso borbottando: «Sarà una lunga nottata.»
 
      Dopo quella notte, l’episodio non si era ripetuto –fortunatamente–.
Quando Will incontrava il suo vicino moro, l’altro sembrava fare finta non essersi messo ad urlare frasi sconnesse alle cinque del mattino tenendo sveglio il povero biondo, oppure semplicemente non se ne era accorto –fosse sonnambulo? Si era chiesto Will, ma pensava fosse troppo inverosimile–.
Come quella mattina che l’aveva incontrato in ascensore e il più basso aveva borbottato un saluto senza degnarlo più di attenzione, mentre Will lo contemplava imbarazzato –e con le gote rosse a provarlo– cercando di darsi un certo contegno: ma insomma, con una bellezza così di fronte come poteva riuscirci?
Will sbuffò scacciando quei ricordi e decidendo che fosse più produttivo concentrarsi piuttosto sui preparativi della cena che avrebbe avuto quella sera a casa sua con i suoi compagni di facoltà.
 
Avevano finito di cenare da un pezzo, ma si trovavano ancora tutti seduti intorno al tavolo nella cucina di Will a raccontarsi aneddoti di vita divertenti e/o a chiacchierare amabilmente di cose futili.
Will sorrise sentendo Lou Ellen, seduta al suo fianco, lanciarsi nel racconto delle sue disavventure con parrucchieri incapaci, tinte fai da te e acconciature improponibili. Osservò come mentre la ragazza parlava con trasporto, Cecil Markowitz –il suo ragazzo–  aveva un braccio a cingere le sue spalle e un sorriso scemo stampato in volto mentre l’ascoltava parlare. Accanto a Cecil, al capotavola opposto a quello dove era seduto Will, Clovis schiacciava un pisolino con la guancia nel piatto, stanco per la nottata passata a studiare per un esame che aveva dovuto dare quella mattina. Damien White lo guardava con un ghigno divertito e di tanto in tanto gli tirava qualche mollica di pane, di cui il bell’addormentato non si accorgeva nemmeno. Accanto a lui, Chiara Benvenuti –la sua fidanzata– ascoltava interessata quello che l’unica altra ragazza presente stava raccontando; ogni tanto si accorgeva del gesto infantile di Damien e gli assestava uno schiaffo sul braccio intimandogli di starsene buono.
Il biondo scosse la testa tornando a prestare attenzione a Lou che ancora parlava a macchinetta: «Quindi non solo mi sono ritrovata con un taglio indecente, ma anche con la tinta a chiazze!» concluse con tono disperato.
Chiara aveva fatto per rispondere all’amica, quando l’atmosfera serena nella stanza venne interrotta da un “sì” urlato con fin troppo entusiasmo e che di sicuro non proveniva da quella stanza e/o da quella casa. I presenti si guardarono l’un l’altro perplessi per qualche minuto, fin quando Will non implorò, a nessuno in particolare, in un sussurro: «Non di nuovo, ti prego.» Poi si alzò stancamente: «Torno subito, vado a chiedere al vicino di calmare il suo entusiasmo, qualsiasi cosa stia facendo.»
Raggiunse la porta e una volta varcata con pochi passi si ritrovò alla porta del suo tenebroso vicino. Esitò  per qualche secondo, non sapendo cosa doversi aspettare, prima di  farsi coraggio e suonare al campanello. Aspettò qualche minuto osservando il legno scuro con un cipiglio per via dei rumori ambigui che provenivano dall’appartamento, prima che la porta si aprisse rivelando un bellissimo e irritato Nico Di Angelo: «Chi –si bloccò squadrando lo scocciatore– Solace, cosa ti serve?»
Will fece per rispondere quando si sentì un coro di incitamento –proveniente dal televisore che si riusciva a scorgere dietro le spalle del più basso– a cui il moro reagì mormorando qualche parola nella lingua sconosciuta in cui l’aveva già sentito borbottare –e che sospettava fosse italiano–: «Senti me lo dici un’altra volta: sono impegnato al momento!»
Con questo il riccio si vide sbattere la porta in faccia e rimase impalato lì, perplesso a metabolizzare ciò che era appena accaduto.
 
Una volta raccontata la scena ai suoi amici, Chiara l’aveva soppesato con lo sguardo: «Cori di incitamento e urli entusiasti, dici? –fece una pausa ragionando sulle sue parole, prima che il suo sguardo si illuminasse– È italiano, vero?»
Il biondo annuì, aspettando il verdetto dell’italiana, che gli posò una mano sulla spalla come a confortarlo: «Mi dispiace informarti che ne avrai ancora per un po’: ci sono gli Europei.»
 
      Come la volta precedente il moro sembrava non curarsi di aver disturbato qualcuno con le sue urla, ed ogni volta che lo incrociava in giro non aveva mai il coraggio di parlargli dell’accaduto.
Ad esempio, due giorni prima si erano scontrati sull’uscio del portone del condominio. Il moro non l’aveva salutato né l’aveva degnato di uno sguardo, ma aveva mormorato uno “scusa” sottovoce ed era letteralmente scappato via.
Nonostante il sonno che gli stava portando via nell’ultimo periodo, ogni volta che lo vedeva il biondo sentiva il battito cardiaco aumentare e le guance arrossarsi –e diamine se si sentiva ridicolo–; si trovava spesso a fantasticare su di lui: su come dovesse essere bello passare le dita tra i suoi capelli scompigliati o semplicemente ascoltarlo parlare e sclerare internamente, perché sì, adorava il suo accento.
Quella mattina il biondo si era alzato presto per iniziare a ripassare per un esame che avrebbe dovuto dare all’università tra cinque giorni, quindi saggiamente decise di accantonare i suoi pensieri smielati sul bel vicino di casa e mettersi a studiare finché c’era pace.
 
In effetti la pace non durò molto. Will era concentrato nella lettura quando un urlo –ormai a lui familiare– interruppe il silenzio in cui la stanza era avvolta. Il biondo sospirò, lasciandosi crollare disperato con la testa sul ripiano della cucina e ascoltando altri urli –o gorgheggi? Non avrebbe saputo dirlo– e notando che non erano entusiasti come gli altri che aveva sentito, ma rabbiosi –o qualcosa del genere che non riuscì a comprendere a pieno–.
Sentì un brivido percorrergli la spina dorsale –sospettò che gli fosse venuta anche la pelle d’oca– mentre si alzava stancamente dalla sedia dirigendosi a piccoli passi alla porta. Una volta aperta si stupì do ritrovarsi una Annabeth Chase con in braccio la sua bambina piangente fuori dalla porta di casa –lei e Percy abitavano nell’appartamento di fronte al suo–. Fece per chiederle qualcosa ma la bionda lo precedette: «Percy e Jason sono andati a vedere per quale assurdo motivo Nico fa così tanto rumore a quest’ora.» Il suo tono di voce era seccato e al biondo non passò inosservato l’aspetto trasandato della neomamma: occhiaie, tuta, capelli sfatti. Dovette ammettere, però, che anche in  quello stato la sua bellezza restava invariata.
Will la guardò ancora per qualche secondo prima di realizzare: «Quindi non sono l’unico che  Nico disturba.»
La bionda guardò per qualche secondo la bambina che finalmente si era calmata: «Penso che disturbi un po’ tutto il condominio.» Il riccio fece per aggiungere qualcosa quando riecheggiò nel corridoio l’eco di una porta sbattuta malamente. Seguendo la direzione da cui il tonfo proveniva  comparirono nel campo visivo dei due biondi  Percy e Jason che camminavano verso di loro con sguardi confusi e perplessi: «Cosa ha detto?» chiese subito Will quando gli furono arrivati accanto.
Percy lo guardò mordendosi il labbro inferiore: «Ha blaterato qualche insulto contro gli irlandesi e borbottato qualcosa riguardante un allenatore che avrebbe dovuto far entrare in campo un certo Insigne?» L’ultima parte si era tramutata in una domanda rivolta a Jason, che scosse la testa alzando le mani.
La bionda aggrottò le sopracciglia chiedendo: «Chi è?»
Percy la guardò per un secondo prima di borbottare: «Non lo so, ma torniamo a casa: è pericoloso in questo momento!» Non si curò di smettere prima di parlare mentre trascinava la sua famiglia dentro casa sbattendo la porta dopo aver urlato un saluto ai due biondi.
Questi ultimi si guardarono perplessi, ma prima che Will potesse chiedere qualcosa l’altro lo ammonì: «Non fare domande, amico.» E se ne andò lasciando uno studente universitario biondo a chiedersi quanto sonno avrebbe perso ancora.
 
      Will barcollò verso la porta del suo appartamento, e –non senza poche difficoltà– riuscì dopo una manciata di muniti ad aprirla. Appena entrato, gettò la giacca da qualche parte liberandosi anche di scarpe e calzini mentre si dirigeva verso la camera da letto per mettersi finalmente a dormire. Imprecò quando andò a sbattere contro un mobiletto prima di trovare a tentoni quello che doveva essere il suo letto e ci si buttò senza grazia. Affondò la testa nel materasso maledicendosi per aver bevuto così tanto.
Quella sera tutti i suoi amici avevano insistito a farlo uscire, perché in vista dell’esame che aveva consegnato il giorno prima aveva ridotto la sua vita sociale e le uscite a zero.  L’avevano portato a fare un giro per i bar più famosi della città ottenendo come risultato un biondo ubriaco con un mal di testa devastante e che  a stento si teneva in piedi.
Si disse che era frutto di un miracolo il fatto che riuscisse a ragionare lucidamente –circa–.
Il sonno e la stanchezza cominciavano a  pesargli sulle spalle e a spingerlo tra le braccia di Morfeo, ed era ormai in stato di dormiveglia quando un urlo squarciò lo stato di trans in cui si trovava. Si lamentò contrariato e scocciato borbottò qualche insulto –attutito dal materasso–, lasciando comunque la stanchezza prevalere sul suo vicino ch’era diventato rumoroso tutto d’un tratto.
 
Un altro urlo, più selvaggio di quello che aveva sentito prima di addormentarsi, lo fece destare. Si mise seduto, decidendo che aveva sopportato abbastanza quella tortura. Si diede il tempo necessario a calmare il battito cardiaco prima di infilarsi delle pantofole ed uscire dalla sua porta diretto verso l’appartamento del moro accanto al suo.
Questa volta non esitò a bussare al campanello e non servì a togliergli l’espressione agguerrita dal volto nemmeno sentire strani tonfi misti ad imprecazioni. Passò qualche minuto in cui si preparò il discorso e la sfuriata da fare all’altro condomino, ma quando la porta si aprì non ebbe il tempo di spiccicare una parola.
Fu investito da delle braccia che gli si avvolsero intorno al collo e da delle labbra che si attaccarono alle sue. Certo che era arrabbiato, ma erano mesi che aspettava quel momento, quindi pur non sapendo bene cosa stesse facendo ricambiò il bacio e lo tenne per sotto le cosce quando l’altro gli saltò letteralmente addosso.    
 Il bacio sapeva di alcol, ma a nessuno dei due sembrò importare. Una volta che si furono staccati l’altro lo abbracciò prima di prendergli le guance e chiedere: «Hai bevuto? –poi aveva scosso la testa– No, non importa, perché abbiamo vinto. Senti, mi dispiace per tutto il baccano che sto facendo ultimamente.» Il  più alto lo osservò mordendosi il labbro –diamine, quanto era bello–: «Delle scuse non mi faranno recuperare le ore di sonno che ho perso.» Il biondo si complimentò con se stesso per essere riuscito a sembrare così risoluto.
L’italiano lo guardò colpevole proponendogli: «Facciamo così: sei carino, quindi se vinciamo la prossima partita ti porto a cena fuori per farmi perdonare!»
Will non ci pensò due volte prima di rispondere: «Certo!» Notando, però, lo sguardo divertito dell’altro si corresse cercando di avere un tono neutrale: «Cioè, voglio dire che va bene.»
L’altro gli rivolse un sorriso prima di alzare gli occhi al cielo: «Allora ci si vede in giro!» gli rivolse anche un occhiolino prima di intimargli di metterlo giù. Gli urlò un “Ciao biondino!” prima di sbattergli la porta in faccia, ma a Will non importava: aveva baciato e rimediato un appuntamento –sperava– con la sua cotta, quindi tutto andava bene così.
 
      Diversamente dal solito, questa volta l’italiano non aveva fatto finta di nulla; anzi, la prima volta che si erano incontrati dopo quella sera sembrava nervoso: si mordeva spesso il labbro inferiore e poteva giurare di averlo visto arrossire.  
Si erano incontrati in ascensore e nessuno dei due sapeva bene come comportarsi, quando il minore aveva proferito parola: «Ehi, ehm … senti, ieri ho esagerato e mi dispiace; insomma ci conosciamo appena ed è stato inappropriato e probabilmente non ti piaccio nemmeno quindi se-» Il biondo, ad essere sincero, avrebbe potuto ascoltarlo sproloquiare agitato e imbarazzato finché l’altro avesse continuato, perché con le guance rosse e lo sguardo puntato ovunque tranne che su di lui, il più  basso era adorabile, invece: «Ehm … no, è tutto apposto non preoccuparti!» lo aveva rassicurato –anche lui imbarazzato– con tanto di occhiolino: «E poi eravamo d’accordo per la cena, o no?»
Will amò come il moro sembrò riacquistare sicurezza, e sentì un nodo allo stomaco quando l’altro con un ghigno aveva replicato: «Questo è ancora da vedere!» E con quelle parole aveva messo in atto la sua ennesima uscita teatrale dato che l’ascensore si era appena aperto al loro piano.
Il biondo si chiese se fosse tempismo o tattica, poi scrollò le spalle e si diresse allegramente al suo appartamento.
 
Era arrivato in poco tempo il giorno in cui si sarebbe svolta la partita che avrebbe decretato o no l’avverarsi dell’appuntamento con il suo scorbutico vicino. Il biondo non avrebbe mai pensato che una sua relazione sarebbe mai potuta dipendere dall’esito di una partita di calcio, –diamine, lui non lo seguiva nemmeno il calcio!– eppure in quel momento era seduto –ad un orario improponibile della notte– sul divano nel suo salotto in preda all’ansia e aspettando che il moro venisse a chiamarlo.
Quando sentì il campanello suonare, non seppe se esserne felice o meno. Una volta aperta la porta si ritrovò un italiano ghignante sulla soglia: «Allora, pronto ad affidarti alla Nazionale Italiana?» gli aveva chiesto mordendosi il labbro inferiore. Il biondo lo sondò con lo sguardo, storcendo il naso al suo abbigliamento completamente nero: «Per uno che non segue il calcio e che ne sa poco e nulla a riguardo, direi di sì.»
L’altro gli aveva sorriso smagliante: «Allora andiamo.»
 
«No! Ma cosa?» Will aveva urlato scioccato dalle azioni del calciatore e si voltò verso il moro chiedendo: «Perché diamine quel calciatore dopo essere arrivato alla porta non ha tirato?»
Vide Nico aprire la bocca per dire qualcosa e subito dopo richiuderla cercando di trattenere un sorriso: «Will, quella era la porta della sua squadra.»
 
«No! Cazzo, ma era fuori!» L’italiano si era alzato di scatto urlando in preda all’indignazione: «La palla era palesemente fuori gioco!» aveva proseguito, mentre Will lo guardava allibito essendosi perso quel passaggio della partita troppo intento ad ammirare il profilo del moro.
«E quindi?» aveva chiesto innocentemente.
L’altro l’aveva guardato come se avesse voluto cancellarlo dalla faccia della terra: «E quindi mi sa che abbiamo perso, Solace.»
 
«Goal!» Nico aveva urlato entusiasta scattando in piedi e rischiando di rompere i timpani del biondo. Will aveva accennato un sorriso, perché col pareggio c’era speranza nonostante mancasse poco alla fine della partita –o almeno lo sperava–: «Ma se la partita finisce in pareggio?»
«Non può finire in pareggio: ci sono i supplementari e poi i rigori.»
«Allora c’è speranza, no?» Il più basso l’aveva guardato con la testa inclinata di lato, prima di voltarsi verso la tv e borbottare: «Non ci giurerei, biondino.»
Appunto.
 
Alla fine la partita era arrivata ai rigori e a detta di Nico l’Italia aveva poche speranze di vincere in quanto mancavano rigoristi in squadra. Will fece finta di aver capito cosa il ragazzo avesse detto e incollò gl’occhi allo schermo, perché da quella partita dipendeva il suo futuro con Nico.
Seguirono entrambi attentamente i vari calciatori tirare i rigori, urlando quando l’Italia mandava in porta e quando la Germania non lo faceva ed imprecando quando era il contrario. Will sentiva il cuore martellare e l’ansia crescere sempre di più, ma nonostante questo si stupì quando il moro gli afferrò la mano intrecciando le loro dita. Davvero prendeva il calcio così seriamente?
Gli sembrò che tutto rallentasse mentre il calciatore italiano sbagliava il rigore e quello tedesco invece centrava la porta.  Nico lo riportò alla realtà mormorando: «Abbiamo perso.», prima di lasciarsi cadere sul divano preso dallo sconforto.
«Oh beh, ehm … quindi per la storia dell’appuntamento?» aveva chiesto il biondo notando che il moro aveva ancora la mano intrecciata con la sua. L’altro lo aveva guardato fingendosi offeso e lanciandogli un cuscino con la mano libera: «Sei insensibile! Il mio orgoglio da italiano è a pezzi e tu pensi all’appuntamento?» Will afferrò il cuscino facilmente: «Non seguo il calcio né sono italiano, quindi sì.»
Il moro lo guardò con un sorriso furbo che bastò a far mettere lo studente di medicina sull’attenti: «Ah beh, allora dell’appuntamento se ne parla ai prossimi europei.»
Will lo guardò con sospetto: «Che sarebbero …?»
Nico gli rivolse un ultimo sorrisetto prima di voltarsi ed affondare il volto in un cuscino: «Tra quattro anni, tesoro.»
«Stronzo.»
 
Will ritornò nel salotto dopo essere andato a prendersi un bicchiere d’acqua fresca e ritrovò l’italiano steso supino sul divano a contemplare il soffitto e si morse il labbro inferiore: «Che dici, lo vuoi un bacio di consolazione?»
Nico si era voltato perplesso verso di lui, prima di scrollare le spalle: «Diamine, come posso rifiutare?»

 
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Ehilà!
Voglio iniziare questo spazio autrice informandovi che la stesura di questa storia è stata un parto -letteralmente- per via di tanti motivi; principalmente perché all'inizio avevo in programma di cambiare i risultati delle ultime tre partite facendo vincere l'Italia, ma poi mi sono detta che sarebbe diventata troppo fantasy quindi ho optato per la verità.

Voglio chiarire che non seguo molto il calcio quindi probabilmente parlando di rigori, goal, fuori campo etc. non sono stata troppo tecnica e spero che la cosa non disturbi troppo. Poi volevo chiarire gli avvertimenti: OOC perché ho paura che i miei personaggi lo siano sempre in quanto  dubito che Nico calcoli minimamente il calcio o gli europei e perché non mi sembra di aver reso i personaggi troppo coerenti a come sono nei libri; spoiler! perché ho inserito Chiara e Damien che fanno la loro adorabile comparsa solo ne "L'oracolo Nascosto" e non sono sicura che tutti l'abbiano letto.
Inoltre voglio che si sappia che rispetto alle mie altre storie, di questa non mi fa schifo solo la fine ma tutta la storia; anzi, forse la fine è quella che preferisco, ma vabs.
Infine, ringrazio tutte le persone che sono arrivate sane e salve fino a qui che hanno speso minuti della loro vita a leggere questa os molto shitty: tanto amore per voi! Come sempre, v
i sarei molto grata se mi faceste sapere cosa ne pensate con una recensione, accetto tutto: complimenti (che mi fanno fare sigh all the time), consigli (che non fanno mai male) e critiche (andandoci piano, perché sono ipersensibile!).
Non so quanto presto tornerò perché sono pigra e perché avere così tante idee che frullano nel mio cervellino bacato mi confonde, quindi niente: aspettatevi un'altra mia storia, ma non troppo presto.
Alla prossima adorabili cupcakes!
  
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