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Autore: Ipermaga_    30/07/2016    0 recensioni
« Tu non lo sai, Ib, ma sei rinchiusa qui dentro da dodici anni! » strillò, rossa di rabbia.
In seguito al suo grido ci fu silenzio, silenzio rotto soltanto dai suoi piagnucolii.
[...]
« Ma che diamine stai... » fui presto interrotta.
« È vero ».
Senza fiato, mi voltai lentamente verso di lui.
Evitava quasi con disperazione il mio sguardo.
[...]
« Non possono essere passati dodici anni » dichiarai, con un'illuminazione venutami in quello stesso momento: « Qui il tempo non scorre ».
« Per te invece dovrebbe essere così » intervenne prontamente Garry, sempre guardando altrove: « Sei cresciuta... come se fossero trascorsi dodici anni. Anche se nemmeno io potrei assicurarti quanto tempo sia passato nel nostro mondo. Non so fino a che punto possa importare, comunque ».
**
Ib ha ormai 19 anni; è da sempre rimasta nella galleria, insieme a Garry e Mary, senza neanche esserne consapevole. Adesso si trova nella Stanza delle Bambole, e ha perso la caccia al tesoro.
Genere: Sentimentale, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Garry, Ib, Mary
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Giro 12 – Se potessero essere soltanto due...

Mi zittii per qualche istante.
Non ero sicura di poter rispondere a una domanda tanto diretta, sebbene in cuor mio conoscessi già da tempo la risposta.
« Io non ti capisco... » singhiozzava, in lacrime. Come potevo risponderle?
« Una volta... una volta non eri così » continuò, piangendo sempre più forte.
Ci trovavamo tutti e tre di fronte al dipinto ”Mondo Fabbricato”. Per essere precisi, in realtà, all'inizio eravamo io e Garry: Mary ci aveva appena raggiunto, e mi aveva posto quella domanda scomoda.
La guardai, senza capire cosa intendesse.
« Che vuol dire, una volt... ».
« Tu non lo sai, Ib, ma sei rinchiusa qui dentro da dodici anni! » strillò, rossa di rabbia.
In seguito al suo grido, ci fu silenzio, silenzio rotto soltanto dai suoi piagnucolii.
Si voltò nella mia direzione, tirando su con il naso.
Con enorme sforzo, schiodai lo sguardo da lei e lanciai un'occhiata a Garry, sperando di trasformare presto la mia espressione sconcertata in una da “Questa è pazza”.
Sembrava più sconvolto di me.
Senza neanche accorgermene, scoppiai a ridere.
Entrambi mi fissarono come se fossi io la pazza.
« Che cosa dovrebbe significare, dodici anni? » esclamai, più per convincere me stessa che loro: « Non ha senso, io sono arrivata qui stamattina, e... ».
« Ti sbagli! » strepitò Mary, con voce ormai stridula: « E vuoi sapere di chi è la colpa? » proseguì, rivolgendo uno sguardo omicida a qualcosa sopra la mia spalla. « Sì, è così » annunciò, con il tono di chi sta per piangere, eppure con gli occhi pieni di fiamme: « Meritavi di sapere la verità, Ib. È colpa sua, colpa di Garry e nessun altro ».
« Ma che diamine stai... » fui presto interrotta.
« È vero ».
Senza fiato, mi voltai lentamente verso di lui.
Evitava quasi con disperazione il mio sguardo.
« Tuttavia... » mormorò, piatto: « Non credo cambi qualcosa, Mary. Il ciclo ricomincerà ancora, e lei cancellerà ogni cosa » lanciò un rapido sguardo alla bambina in lacrime davanti a noi, prima di tornare a fissare il terreno.
« Cosa... non parlate come se non ci fossi! » aggrottai le sopracciglia, le tempie che vibravano: « Cosa dovrei cancellare?? » replicai, con la netta sensazione di essere al limite. Quante altre cose assurde dovevano capitare?
I miei occhi vagavano da Mary a Garry, da Garry a Mary, ma nessuno dei due era in grado di rispondermi.
« Di cosa stavi parlando? » ribadii, bloccandomi su Mary. In fondo, era lei ad aver cominciato questo battibecco; apparentemente, però, non era intenzionata a continuare.
Trasse un sospiro. Alzò lo sguardo. Aveva smesso di piangere.
« Cosa ricordi del mondo là fuori? Sapresti parlarci degli ultimi anni della tua vita? ».
« Certo. È molto semplice. Io... » mi fermai un istante.
Non mi veniva in mente niente.
Perché non mi veniva in mente niente?
« I miei genitori... mi avevano fatto iscrivere a una scuola prestigiosa » balbettai, mentre una specie di speranza nasceva dentro di me. Se avessi ricordato, la sua folle ipotesi sarebbe stata confutata: « Una scuola completa, con elementari, medie e liceo... e sono sempre stata lì, da quando ero piccola. E ora... presto entrerò all'università. Non mi vengono i nomi dei vari istituti, comunque... ».
Mi interruppi.
La mia ingenua speranza si sgonfiò, come un palloncino quando viene bucato.
Com'era possibile che fino ad allora non mi fossi accorta di aver scordato tutto ciò che riguardava la mia stessa vita?
Tutto ciò che mi era successo... avevo qualche lampo riguardo la mia infanzia, nient'altro.
Più scavavo tra i miei ricordi, più mi tornavano alla mente le esperienze vissute in questa galleria.
Non capivo il perché.
D'accordo che qui il tempo non scorre, però...
« Non possono essere passati dodici anni » dichiarai, con un'illuminazione venutami in quello stesso momento: « Qui il tempo non scorre ».
« Per te invece dovrebbe essere così » intervenne prontamente Garry, sempre guardando altrove: « Sei cresciuta... come se fossero trascorsi dodici anni. Anche se nemmeno io potrei assicurarti quanto tempo sia passato nel nostro mondo. Non so fino a che punto possa importare, comunque ».
« Cosa intendi, non importa? Certo che importa! I nostri familiari, i nostri amici... ».
« Non li rivedremo più » ribatté, tentando di mantenere un tono di voce pacato: « È questa la verità. Ma - e sorrise - non ti preoccupare. Presto dimenticherai tutto di nuovo. Credo proprio che sia la cosa migliore, per il tuo bene ».
« ...Perché dovrei dimenticare? Cosa significa ”di nuovo”? ».
Si prese un attimo per rispondere: « Be', vedi... » guardò Mary, a chiedere una qualche conferma.
La bambina, con una sorta di sorriso sulle labbra, acconsentì.
Garry sospirò.
« Molto bene, allora. Vuoi sapere la storia completa? ».
Finalmente era tornato a rivolgermi lo sguardo.
Lo fissai per pochi secondi. Annuii.
**
Rimasi in silenzio.
Sentivo di non avere il permesso di parlare. Non io, povera ignorante, davanti a coloro che avevano attraversato sempre le stesse, dolorose esperienze infinite volte.
Com'è ovvio, la domanda sorse spontanea.
« E... non ci sarebbe un sistema per fermare il loop? ».
Garry si ammutolì, distogliendo gli occhi da me.
Più che intristito, pareva imbarazzato.
« Finché avrà questo desiderio inconscio, no » rispose Mary con semplicità: « E mica può controllarlo. Altrimenti avremmo risolto la cosa molto tempo fa, non credi? ».
Percepii qualcosa a livello del fegato mettersi a tremare in maniera fastidiosa.
« Capisco... » borbottai a una delle mattonelle del pavimento.
Uno, due, tre, quattro.
Quattro atroci secondi di silenzio, prima che Garry farfugliasse tra sé e sé: « Però, forse... un modo ci sarebbe... ».
Ci voltammo verso di lui.
D'improvviso, i suoi occhi si rabbuiarono.
« Cosa? » insistei.
Scosse rapido il capo: « No, niente. Mi sono sbagliato ».
« Ah... ».
Anche se fosse stata una bugia, doveva avere i suoi motivi per aver evitato la verità. Giusto?
Mi misi un po' a ragionare.
Tra i volumi di una delle librerie... avevo letto qualcosa sull'”immaginario può essere reso realtà”, riferito, secondo quanto c'era scritto, proprio alle opere di Guertena.
Se veramente era diventato un dipinto, avrebbe potuto tornare a essere una persona reale, qualora...
« L'unico sistema sarebbe far sì che tu perda i suoi poteri da quadro » annunciai.
Mi guardarono interrogativi, mentre cercavo di richiamare alla mente ciò che era segnato in quel libro.
« Fare sì che tu non sia più un quadro. Ovvero... rendere l'immaginario realtà ».
Garry parve comprendere, a dispetto della sua frase: « Cosa intendi dire...?! ».
« ...È l'unica » risposi.
Scoppiò in una specie di risata, quasi isterica: « No, no, non dirlo neppure ».
Ignorai la sua richiesta: « Se qualcuno proveniente dal mondo esterno si sostituisse a uno dei dipinti che vivono qui, l'immaginario sarebbe reso realtà: la persona di un'opera qualsiasi potrebbe aspirare a divenire un essere reale, con una vita reale, nel mondo reale... ».
Garry mi fissava, sconvolto, impallidito, senza respirare.
Per qualche motivo, la faccia di Mary si era arrossata dalla collera: « Come fai a...?! ».
« Lo sapevate già, non è vero? » esclamai: « Perché non l'avete detto subito? ».
Anche Garry sembrò innervosirsi. Serrò i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. Disse, serio: « Sostituirsi... sai almeno di cosa stai parlando? ».
« Sostituirsi » ripetei: « Sostituirei la tua vita in questo universo. Prenderemmo l'uno il posto dell'altro, in pratica » stava per ribattere, tuttavia non avevo ancora finito: « Per farlo, dovrò rinunciare alla mia rosa. Alla rosa e a tutti i suoi petali ».
Il prezzo della sua libertà era la mia vita. Ormai era chiaro.
Mi aprii in un sorriso: « Non è perfetto? ».
« No, non lo è! » urlò Garry.
Con un piccolo groppo in gola, continuai: « Be', e allora? Lo farò comunque ».
Estrassi la mia rosa color del sangue, maneggiandola con cura.
Mi volsi verso la bimba bionda che, da tal giorno in poi, forse sarebbe stata la mia unica compagna tra quelle tetre mura.
« Mary... so di starti chiedendo molto, ma ti prego di restare qua. Insieme a me. Immagino che pure tu vorresti uscire... » sussurrai, concentrandomi sulle sue pupille celesti. Se non l'avessi fatto, probabilmente sarei crollata.
La sua furia parve sgonfiarsi tutta in una volta.
« Lo vuoi fare sul serio, Ib...? » biascicò.
Dopo un momento, annuii.
Raccolse il suo coltellino da terra.
« Non puoi! » gridò: « Te lo impedirò! Non me lo porterai via, non porterai via la sola gioia... » si zittì, i lucciconi che tornavano a brillare nei suoi occhi.
Corse verso di me.
Le agguantai le braccia, frenandola.
All'improvviso, sentii una mano poggiarmisi sulla spalla.
« Ha ragione. Non devi farlo » era Garry.
Mi rifiutai agitando la testa, piano.
« Invece sì » risposi.
« No!! » squittì la bambina.
« Mary » affermò Garry: « Mollala, per una volta. Per favore ».
Sollevò lo sguardo su di lui, tentennando. Dunque abbandonò ogni aggressività e, ubbidiente come un cagnolino, abbassò l'arma.
Presi un bel respiro, alzai il capo per guardarlo negli occhi.
Un'ultima volta.
« Lo farò ».
E questa sarebbe stata davvero l'ultima.
« Per salvarti, Garry » mi imposi di mostrare un sorriso.
Strinse i denti, strinse le dita intorno alla mia spalla.
« No, non osare parlare così. Non devi farlo. Non... non riesco più a ricordare una sola ragione per cui valga la pena rivivere ».
Finsi una risatina: « È solo perché sei qua da troppo tempo ».
« Non scherzare! » sbottò: « Non si torna indietro, Ib ».
« Be', me lo auguro » commentai: « Ci mancherebbe di doverlo rifare ».
« Ib...! » lo interruppi.
« No. Non preoccuparti. Quando uscirai da questa galleria, scorderai ogni cosa. Non temere. Non soffrirai ».
« Ma io non voglio scordare! » sbraitò: « Non voglio dimenticare tutto ciò che è successo, non voglio dimenticarti, Ib ».
« È necessario, Garry » dissi: « Lo faccio per te. Non accetto che tu soffra ancora. Ti prego, permettimi di salvarti ».
Mi afferrò per le braccia, guardandomi negli occhi.
Nei suoi leggevo l'orrore.
Quasi a voler fermare il tremito che lo percorreva, avvicinò le sue labbra alle mie.
Stavolta non mi opposi.
Mi baciò, con una delicatezza inaspettata.
Potevo avvertire la sua paura perfino in quel bacio, da quale angoscia fosse stato spinto a compiere un simile gesto.
Si allontanò appena, mi abbracciò a sé, sgomento. Riuscivo a sentire i brividi che scorrevano attraverso le sue membra, e credo sia stato questo a provocare i miei, di brividi.
La sua stretta diventava sempre più salda.
Di nuovo, non mi opposi.
« Ib... non farlo » implorò, il mento sopra la mia spalla.
Mi passò le mani sulla schiena, affondò le dita nei miei capelli, facendo appoggiare la mia fronte sulla sua scapola. Non vidi più nulla.
Non osai ricambiare la stretta. Temevo per il suo e il mio dolore.
« Non voglio... non voglio essere salvato ».
Tentavo di ignorare le sue parole, di ignorare il suo affetto, di ignorare lui.
Lasciai scivolare quella rosa davanti ai miei piedi.
« Io invece voglio che tu lo sia, Garry. Salvato, sì, da me » risposi in un bisbiglio. Non ero in grado di parlare a voce più alta.
La calpestai con tutta la forza che raccattai in me. Presi ad agitare il piede sopra i petali. Li percepivo mentre si staccavano, uno dopo l'altro.
Mi colse un'improvvisa stanchezza.
Socchiusi gli occhi, venendo cullata dalle sue braccia, così da trovare l'energia di cui avevo bisogno per non smettere di logorare la mia rosa.
Puntai tutta la mia attenzione sul suo profumo, sul suo tepore, su di lui, per mantenere sempre a mente la ragione del mio atto suicida.
Sì, era assolutamente una ragione valida.
Mi addormentai, ancora appoggiata alla sua spalla.
**

[POV Mary]

Strizzavo le palpebre, cercando di sostenere la mia cecità, le mani premute contro le orecchie.
Mi inginocchiai a terra, davanti al murale che rappresentava la chiave per la libertà e la mia condanna.
Avevo le lacrime agli occhi. Ripetevo, dentro di me, che non avrei pianto per lei. Mai più. Non dovevo tradire la mia promessa.
Riuscii a trattenerle.
Un simile successo, comunque, non alleviò il dolore - emotivo ma in qualche modo anche fisico - che si stava impossessando di me.
Mi facevano male tutte le parti del corpo. Il cervello pulsava, insopportabile.
Digrignai i denti.
...Nemmeno questo è il mio finale ideale.
In ogni caso, non ce ne saranno altri.
Il nostro carosello finisce così.

   
 
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