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Autore: Oducchan    31/07/2016    0 recensioni
Momoshiro si lascia andare sulla panchina un po’ macilenta degli spogliatoi con un sordo grugnito di soddisfazione.
Un anno dopo
[Momo - Kaidoh - e Ryoma che si meriterebbe senpai meno scemi]
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kaoru Kaido, Ryoma Echizen, Takeshi Momoshiro
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nick autore: Oducchan
Titolo: We are young

Fandom: Prince of tennis
Personaggi: Momoshiro Takeshi, Kaidoh Kaoru, Echizen Ryoma (più menzionata altra gente)
Pairing: Rival Pair (MomoKai)
Genere:  fluff
Avvisi: what if 
Rating: verde
Conteggio parole: 1385
Note:
La Nuki voleva un po' di MomoKai ù.ù



 
We are young


Momoshiro si lascia andare sulla panchina un po’ macilenta degli spogliatoi con un sordo grugnito di soddisfazione. Tutto il suo corpo è in fiamme, stremato dalla fatica dell’ultimo incontro contro la Hyotei guidata da Hiyoshi: Kabaji, come da manuale, gli ha dato moltissimo filo da torcere, visto che durante l’inverno le sue abilità copiative sono evidentemente migliorate notevolmente.
Kaidoh, dal canto suo, ha liquidato Hiyoshi in meno di un’ora, spedendo alle ortiche il desiderio di rivalsa dell’erede di Atobe. Nulla aveva potuto il suo tennis contro la sfilza di Boomerang e Tornado Snake che il capitano della Seigaku gli aveva spedito contro, fino a condurlo a un’inevitabile capitolazione.
Era stata una partita fantastica, memorabile. Ancora frastornato dallo sforzo, intontito dal continuo chiacchiericcio di Horio che discuteva animatamente assieme a Kachiro sui dettagli tecnici della forma del buchou della Hyotei mentre entrambi si affannavano a tamponargli il sudore e a massaggiargli i muscoli delle gambe per evitargli i crampi, Momo non aveva potuto fare altro che osservare.
E sotto il sole inclemente di luglio, Kaidoh aveva definitivamente conquistato il loro biglietto per la finale del Torneo del Kantou, per la seconda volta di fila. Gioia, pura e immensa, gli era sgorgata dal cuore, unendosi al coro di grida entusiaste del resto della loro squadra. Ma anche, quasi inaspettato, un moto di puro orgoglio per quel maledetto testone, quando, sibilando come suo solito tra i denti, era andando sottorete a stringere la mano dell’avversario, mettendo da parte le provocazioni e le inimicizie. Era stato così perfetto, Kaidoh-buchou, una piccola replica dell’impassibile pacatezza di Tezuka, così tanto che Momo aveva battuto le palpebre e aveva sorriso, pensando a quanta strada avevano percorso rispetto alla loro prima zuffa.
-Ohi. Non dormire, idiota-
La voce di Kaidoh, seccata ma non accesa di cattiveria, lo risveglia dai suoi pensieri. Alza lo sguardo su di lui, concedendo alle proprie labbra di stirarsi in un sorriso lento, appagato. Si sente così stanco, il corpo così pesante, ma pulsante di una rara energia.
-La prossima sarà la Rikkai- mormora, quasi trasognato all’idea. Kaidoh annuisce, secco, poi gli si siede di fianco per iniziare a cambiarsi le scarpe.
-Quello di cui dovremo preoccuparci è sicuramente Kirihara-  inizia a snocciolare, compito e calato nel suo ruolo –ma conoscendolo, si farà certamente mettere al Single 1. Quest’anno non hanno dei doppi particolarmente promettenti, perciò stavo pensando di provare a far giocare Arai con…-
-Sembri Inui-senpai, quando fai così – lo interrompe Momo, sbadigliando –Dove sono gli altri?- chiede, notando che la stanza è innaturalmente silenziosa.
-Li ho mandati a casa, Ryuzaki-sensei ha detto che potremo festeggiare domani, ora è meglio riposarci- spiega. Kaidoh, nota Momo, sta accuratamente evitando di guardarlo in faccia, ma c’è una vena di rossore che spicca sulle sue orecchie, ed è inequivocabile –Qui possiamo chiudere noi, basta poi dare le chiavi al custode-
-Quindi siamo soli- mormora Takeshi. Batte le palpebre. Deglutisce.
-Siamo soli- si affretta a ribadire quello che dovrebbe essere il suo acerrimo rivale, ma che ormai da un anno è il suo compagno d’armi, la persona con cui dividere le fatiche di guidare il club ai vertici del tennis giapponese giovanile.
-Ohi, Mamushi- la sua voce è bassa, bassissima, quasi avesse timore di squarciare il silenzio e provocare uno strappo irreparabile. Le sue mani sono delicate, quasi incerte, quando scivolano lungo il legno fino ad arrivare alla coscia muscolosa che sta lì ferma ad aspettarle –Se non sapessi per certo che mi detesti, direi quasi che stai cercando di sedurmi-
Kaidoh non risponde. Dopo qualche secondo, si decide a voltare il capo, fissandolo con quegli occhi scuri che paiono immensi, minacciosi. Lo scruta in silenzio, corrucciato, ma Momoshiro non si lascia intimidire dal suo aspetto, da quell’aria spaventosa che pare proprio non riuscire a scollarglisi di dosso. Gli sorride, e i palmi delle sue mani salgono a circondargli il viso.
-Baciami, razza di zuccone- ordina.
Kaidoh tentenna ancora. Arrossisce, le guance che si colorano di una sfumatura paonazza che gli contorce di nuovo lo stomaco in quella buffissima sensazione di tenerezza che non ricorda di aver mai provato prima. Distoglie lo sguardo un’altra volta, ma poi diventa tutto così insopportabile, e Momo se ne accorge, lo vede nello spazio di un istante mandare al diavolo idee e preconcetti e pensieri e si getta sulla sua bocca come un assetato all’unica brocca d’acqua del deserto.
Non è esattamente un bacio da sogno. Sbagliano l’inclinazione, si scontrano coi denti, Momo gli morde per sbaglio la lingua e Kaidoh si ritrae sibilando offeso. Ci riprovano, con troppo impeto, Kaoru gli assesta per sbaglio una capocciata e Takeshi per un istante vede le stelle. È frustrante e imperfetto e doloroso e infuriante e – e finalmente s’incontrano, a metà strada, e le labbra di Kaidoh sono morbide e piene, e Momo apre la bocca senza nemmeno rendersene conto, e tutto si fa di colpo così perfetto da essere assuefante, intossicante.
Si baciano, e la lingua di Kaidoh si arriccia sul suo palato, strappandogli un tremito che culmina in un gemito morbido; si baciano, e le sue mani si infilano nelle ciocche scure di capelli, stringendosi alla bandana, e poi facendola scivolare giù dalla nuca; si baciano, e le dita di Kaidoh sono coperte di calli e quando si aprono attorno ai suoi fianchi e s’infilano sotto la sua maglia Momo si stacca da lui quasi violentemente, incapace di nascondere il tremito convulso con cui il suo corpo risponde alla loro pressione sulla sua schiena.
Ansima così forte da far pensare che abbia appena affrontato il match più intenso della propria vita.
-Ma…mushi- boccheggia, senza fiato. I capelli scarmigliati, la divisa ancora addosso ma arruffata. I pantaloncini tesi in un modo che non è equivocabile, tra le gambe.
Kaidoh lo guarda, tremando appena. Ha l’aria sconvolta, quasi spaventata. Pare la personificazione del proverbiale cervo investito dai fari, incapace di comprendere cosa sia appena successo, e Momo non riesce a sopprimere la capriola che il proprio cuore fa in mezzo al petto a quella vista.
-Mo… Momoshiro, baka- borbotta, abbassando lo sguardo. Il suo pomo d’Adamo ha un sussulto, nella sua gola, e Momo si affretta a parlare prima che la cosa possa distrarlo più del dovuto.
-So cosa pensavi di fare- Kaidoh ha un sussulto, a quelle parole, lo fissa terrorizzato come se gli avesse appena spezzato il cuore. Gli viene spontaneo, così spontaneo, sorridere, e prendergli una mano per baciargli le dita, e poi il palmo –Ma non la faremo qui-
-N...No?- Kaidoh probabilmente vorrebbe aggiungere altro, ma il suo sguardo si perde un istante di troppo sulle sue labbra e Momo si sente andare a fuoco, di nuovo.
Non per la fatica, stavolta.
-No. Ci serve… qualcosa di…- la voce gli s’incrina un istante, mentre gesticola muto all’indirizzo dei loro corpi. Ah, che brutta bestia, l’imbarazzo –Oh, insomma. Andiamo a casa mia. I miei tanto sono fuori città-
Kaidoh batte le palpebre. Lo fissa senza dire niente per secondi che paiono ore, e Momo per un secondo teme di aver detto la cosa sbagliata, di aver frainteso tutto quanto. Dio, non sa se può riuscire a far tornare tutto come prima, se può dimenticarsi di…
-E sarei io, quello che voleva sedurti? Idiota-
Momo boccheggia, senza parole. Poi si alza in piedi, dandogli uno spintone.
-Razza d’imbecille, non pensavo mica d’invitarti a fare quella cosa! Datti una mossa, prima che cambi idea-
Raccatta la borsa e corre verso la porta prima che Kaidoh possa accorgersi dell’ondata di sollievo che lo sta facendo sorridere come un idiota.
 
Una volta che i due senpai sono usciti dalla stanza (scordandosi di chiudere, ovviamente, ma è il motivo per cui Ryuuzaki-sensei le chiavi le ha lasciate a lui, mica a quei due babbei), Ryoma si concede di tornare a respirare e a uscire dal nascondiglio improvvisato in cui si era rintanato quando, di ritorno dalla doccia, era giusto giusto incappato nei due ragazzi intenti a limonare come ragazzini delle medie.
(Anche se loro, effettivamente, sono ragazzini delle medie. Dettagli, per uno cresciuto in America come lui).
Sospira, rassegnato. Almeno così quei due la smetteranno di tentare di sgozzarsi a vicenda, si dice; anche se, si rammarica con una smorfia disgustata, non trova che il tentare di divorarsi la faccia a vicenda sia un miglioramento molto sostanziale.
Mada mada dane. 
   
 
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