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Autore: Jenna_Hamilton99    01/08/2016    0 recensioni
"Ed ad un tratto arrivo a destinazione. Non voleva andarci. Tutto in lei le diceva di evitare quel momento. Di evitare quella scena patetica in cui lei sarebbe arrivata con tutte le sue speranze, l'avrebbe visto e guardandolo negli occhi si sarebbe resa conto che, anche stavolta, non sarebbe cambiato niente. Perché non importa quanto noi vogliamo una cosa; avvolte quella cosa non vuole noi."
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ed ad un tratto arrivo a destinazione. Non voleva andarci. Tutto in lei le diceva di evitare quel momento.  Di evitare quella scena patetica in cui lei sarebbe arrivata con tutte le sue speranze, l'avrebbe visto e guardandolo negli occhi si sarebbe resa conto che, anche stavolta, non sarebbe cambiato niente. Perché non importa quanto noi vogliamo una cosa; avvolte quella cosa non vuole noi. 

Tuttavia rimaneva il fatto che stava aspettando di citofonare davanti al portone. Quelli istante di indecisione le sembrò eterno. Alla fine lo fece. In fondo, chi sa, magari questa volta.... 

Fece i primi passi verso le scale bianche che portavano all'attico della casa del suo amico Brian  a casa del quale dovevano tutti vedersi per il gruppo di studio. Lui sapeva tutta la storia; lui sapeva cosa l'altro le avsse fatto. È sempre lui l'aveva invitata li, un'ora prima dell'incontro per fargli compagnia dato che non voleva ritrovarsi solo con l'innominabile. Eh già. Lei sentiva che entrambi stavano su. La stavano aspettando. Chissà se sarebbe venuta anche lei?

Tra i fumi dei suoi pensieri contava distrattamente quei scalini bianchi che la separavano dal suo aguzzino. 

-Scalino, scalino,scalino. MERDA!

Stava scivolando. 

*immagina che scena se inciampassi mentre lei è lui mi aprono la porta* penso velocemente con un ghigno doloroso sulle labbra. 

Ed ecco il portone. Ultima barriera prima della verità. 

*Beati gli ignoranti che non conoscono la verità dei fatti*

La porta si apre lentamente. Una folata di vento salata si accompagna alla luce riflessa del sole sul lungomare che fronteggiava l'appartamento. 

Grazie a dio ad aprire era stato Brian. 

ben arrivata! Accomodati! Ti stavAMo aspettando. 
- pluralia maiestatis o sei in compagnia? (Il tono stizzito che utilizzava per sottolineare il suo tagliente sarcasmo indicava che lei sapesse già la risposta.)
Hahahaha (la risata imbarazzata del suo amico e il suo abbraccio la misero rapidamente suo agio). -
Respira* si ricordò tra se e se. *Ricorda che La colpa è sua.*

Riconobbe la sua slanciata figura prima di mettere propriamente a fuoco il viso. 

Una vampata di ira mista a dolore le ricoprì il volto sotto forma di due chiazze rosse. Perché le faceva ancora quest'effetto?

-ciao. 
Disse lui accennando un sorriso colpevole venendole in contro per i soliti baci di saluto che indicavano un buon rapporto di amicizia. 

Come faceva a non capire che quei baci non doveva darli all'aria ma a lei?!

-ciao.
Disse lei, scostandosi prima che lui potesse toccarla. Il gesto frettoloso ed impacciato tradì la sua espressione algida. 

Brian guardò a terra in cerca di una pala per sotterrarsi. 

- ehhm! Vogliamo iniziare a lavorare noi due?- interruppe l'amico- Così ci portiamo avanti mentre,  Gia puoi rimanere qui o venire nell'altra stanza con noi se ti va, così magari...
Sto bene qui, grazie. 
*oddio, che sto facendo?! L'ho anche interrotto. Io non dovrei essere arrabbiata eppure.."*

- ok allora! Io vado un secondo al bagno e poi possiamo cominciare. 
In quel momento lei gli lanciò una di quelle occhiate che parlando per se dicevano: ti odio ti odio ti odio! So quello che stai cercando di fare. 

L'amico lascio la stanza rapidamente. 

- sei per caso arrabbiata con me? 
Disse lui. La voce fredda celava un velo di curiosità. 

- Cosa te lo farebbe pensare?
Rispose lei. Era stanca di portare quella maschera di indifferenza che non le calzava mai in nessun tipo di situazione. 

- Beh, mi eviti, non mi parli, nemmeno mi saluti. Ti ho fatto qualcosa?
Mentre lui parlava fece un passo avanti verso di lei. Le braccia conserte davanti al busto in un atteggiamento di superiorità. 

*non ha proprio rimorsi di coscienza eh?! Eppure perché mi ha fatto questa domanda? Al diavolo, o la va o la spacca, tanto cosa ho da perdere?* 

- Tu non hai fatto niente. Ecco. Hai proprio indovinato. Non hai fatto assolutamente niente. E non solo mi hai fatta sentire senza valore ma mi hai anche umiliata davanti a tutti. Ti rendi conto di come mi senta? Dopo aver ignorato i miei sentimenti li hai anche calpestati. Tu hai scelto lei. E sai che c'è? Ora ho scelto anch'io. Ed ho scelto di lasciarti andare. Se prima pur di averti avrei anche accettato di stare al tuo fianco come amica ora non posso più farlo. Perché per ogni mio passo verso te tu ne fai due indietro. E di cadere, farmi male pur di riuscire a stare te non ne ho più voglia. Ora hai lei. Perciò no, non sono arrabbiata con te per come mi hai trattata. Sono arrabbiata con me perché sono stata io a  lasciartelo fare. 

non riusciva a credere di averlo fatto! aveva finalmente detto le parole che più temeva eppure vennero fuori come un segreto troppo a lungo mantenuto, come un peso che dopo tanto veniva lasciato cadere a terra. come un macigno che ora non aveva più senso portare sulle spalle. una zavorra le lasciò il petto, come se fosse libera da quelle parole fino ad allora non dette. 
sembrava quasi un sogno. 
si girò rapidamente, chiuse gli occhi e…

   
 
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