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Autore: Thorne Scratch    25/04/2009    5 recensioni
La ballata di Cloud e Reno. O qualcosa del genere.
Genere: Commedia, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Cloud Strife, Reno
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Come Riuscire a Ricattare Sessualmente Qualcuno Senza Neanche Provarci

Titolo originale: “How to Succeed in Sexual Blackmail Without Really Trying
di Thorne Scratch
Tradotto da: Shinra, aka Illwind

Riassunto: La ballata di Cloud e Reno. O qualcosa del genere.
Personaggi: Reno x Cloud
Avvertimenti & Disclaimer: C'è Reno, e questo è un avvertimento già di per sé. Tutti i personaggi appartengono alla Square.
Note dell'autrice: Cavolo, non riesco neanche a contare il numero di frasi e battute che sono venute fuori dalle discussioni con Twig, Fidget e Catt. Devono essere davvero citate come coautrici. ( If this is a crush, I don't think I could take it if the real thing ever happened. - Chasing Amy )
Indirizzo web (della storia): http://www.fanfiction.net/s/3755801/1/How_to_Succeed_in_Sexual_Blackmail_Without_Really

Note della traduttrice: La storia originale non è suddivisa in capitoli, ma poiché questa storia ha aspettato i miei comodi troppo a lungo, ho deciso di pubblicare subito la prima metà. (Per intenderci: ho cominciato a tradurla l'anno scorso. Lo so, non è il massimo da proporre come mio biglietto da visita. ._.) Ovviamente all'autrice verranno riferite le vostre recensioni, quindi...
Mi raccomando commentate! è_é

Prima Parte

“Ti sto ricattando per fare sesso con me.” lo informò Reno un giorno, spuntando fuori dal nulla mentre Cloud si dirigeva verso Kalm per una consegna.

“Con cosa mi stai ricattando?” chiese Cloud.

“Non ci ho ancora pensato sinceramente,” ammise Reno, e scomparve di nuovo.

--

“Reno mi sta ricattando per fare sesso con lui.” disse a Tifa non appena fu tornato a Midgar.

“Per cosa?” domandò lei, senza alzare gli occhi dal lavello.

“Non ne sono sicuro,” ammise Cloud. “Non penso che lo sappia neanche lui del resto.”

“Come mai?”

“Non so neanche quello.” tirò su il coperchio della pentola che stava cuocendo sul fornello, annusò il profumo di aglio e cercò di tirare fuori un pezzo di pollo senza scottarsi le dita.

“Beh, stiamo parlando di Reno.” disse lei, come se questo spiegasse ogni cosa. “Le mani. Le mani!”

Effettivamente era una spiegazione valida, pensò Cloud mentre si dirigeva rassegnato verso il lavandino per lavarsi le mani prima di prendere qualcosa da mangiare.

--

“Non dimenticarti della storia del ricatto,” gli ricordò Reno a Junon, due settimane dopo.

“Nnngh,” fece Cloud in un primo momento, perché spesso il modo migliore di trattare con Reno era quello di utilizzare una vasta gamma di mugugni vaghi, o semplicemente pretendere che lui fosse un pezzo d'arredamento particolarmente rumoroso, alcolizzato e (a seconda di quanto alcol) ambulante; ma Reno sembrava aspettare una risposta così alla fine si arrese. “Sì.”

“Per fare sesso.”

“Per fare sesso, sì.”

“Bene.”

Aspettò un poco. Reno non sembrava avere altro da aggiungere.

“Di solito ricattare qualcuno implica il fatto di avere qualcosa con cui ricattarlo,” propose.

“Lo so questo,” disse Reno irritato. “Che cosa pensi, che non l'abbia mai fatto prima?”

“Chiedevo soltanto,” disse Cloud, salì a cavalcioni della moto, e se ne andò.

--

“Reno ti sta ancora ricattando per fare sesso con lui?” gli chiese Tifa mentre lo aiutava a caricare la consegna per Corel. Lui aveva posteggiato la moto davanti alla porta d'ingresso del bar per rendere la cosa più semplice, pressappoco dentro il bar stesso.

Ci pensò su. “Qualcosa del genere.”

“Oh.” disse Tifa. Prese l'ultimo scatolo e glielo passò. La parola 'FRAGILE' era scarabocchiata dappertutto, e lo scatolo tintinnava pericolosamente, come se ci fosse del vetro al suo interno. Pareva si trattasse di un lampadario. Cloud si domandò chi a Corel potesse mai avere bisogno di un lampadario.

“Vuoi che vada a.. lo sai, no.. picchiarlo?”

“No, va tutto bene,” disse Cloud.

“Mm,” disse lei. “Penso che è tutto.”

Ci furono un paio di secondi di silenzio, il tempo di sistemarsi i guanti e gli occhiali da sole e dare una scossa di prova al tutto per vedere se reggeva. Il rumore di Marlene e Denzel che giocavano a qualche gioco che prevedeva il galoppare nella stanza al piano di sopra attraversava il soffitto. Se guardava su poteva vedere piccole nuvole di polvere cadere giù dalle crepe del tetto, delle strisce di foschia dorata volteggiavano alla luce del sole. Erano belle a vedere, pensò. Rilassanti anche.

“Sembra solo che gli piaccia ricordarmelo. Non devo fare praticamente nulla,” disse infine. “Non credo almeno.”

Tifa annuì, e sembrò prestare particolare attenzione ai nodi delle corde che avvolgevano gli scatoli.

“Ecco fatto. Tutto sistemato. E ti ho preparato il pranzo,” disse infine. “Non dimenticartelo come hai fatto l'altra volta che l'hai lasciato in fondo allo zaino per un mese. Non so neanche come hai fatto a ignorare l'odore così a lungo.”

“Grazie,” disse lui, e sapeva che lei sapeva quello che intendeva.

--

“Ti stavo--”

“Ricattando per fare sesso, lo so.” Cloud diede a Reeve i cd e lo scatolo pieno di cianfrusaglie elettroniche. “Ecco, spero che funzionino ancora.”

“Troverò qualcosa,” disse Reeve, sorridendo con gratitudine. “Pensavo di costruire un nuovo mezzo di trasporto per Cait. Qualcosa di cingolato, tipo. E a prova d'acqua.”

“Buona fortuna,” disse Cloud. Si guardò intorno. “Rufus è da queste parti?”

“È sul retro con Tseng ed Elena, studiando qualcosa che ha a che fare con i canali di scolo, credo. Riguarda un vecchio condotto che sta contaminando il nuovo acquedotto.”

“Yo, stiamo ricattando qui?” sbottò Reno con stizza, battendo con enfasi il manganello sul tavolo.

“Non tu,” disse Cloud, “perché non mi hai ancora detto per cosa mi stai ricattando né mi hai spiegato il perché, dettagli essenziali quando hai intenzione di ricattare qualcuno. Ufficialmente, intendo.”

Si chiese se era stata una buona idea quella di spiegare tutto ciò a Reno, ma la cosa non sembrò fare alcuna differenza, dopotutto.

“Ha ragione, sai,” intervenne Reeve, senza alzare lo sguardo dalla scatola che stava rovistando. “Hai bisogno di un motivo e del materiale, voglio dire, la chiave di volta. Io ho fatto così con lui e ha funzionato abbastanza bene. Ci sono dei cavi di rame 6-B qui in mezzo?”

“Va' a fotterti un moguro, Reeve,” disse per tutta risposta Reno, e diede un colpetto al braccio di Cloud con il manganello. “Dicevamo. Ti va bene adesso? C'è un bagno dall'altra parte della stanza, se non hai voglia di farlo qui davanti al ragazzo-dei-robot. Penso che ci sia anche un tappeto.”

“Non hai capito,” disse Cloud. “Tu non puoi ricattarmi.”

“Allora, Strife,” disse Reno nel tono più ragionevole che ci si possa mai aspettare da... beh Reno. “Quante persone hai ricattato per fare sesso, ultimamente? Non penso che tu sia un grande esperto in materia.”

“Lo sono.”

“Taci, Reeve.”

“Guarda.” Cloud dovette resistere all'impulso di sfracellare la sua testa contro il muro, anche se il palazzo era già abbastanza malridotto di suo, e Rufus probabilmente non avrebbe notato ulteriori ammaccature. “Semplicemente. Non farò mai... Lo sai cosa. Non importa.”

“Perché,” disse Reno, come se fosse stata posta una domanda. Lo fissò, sbatté il manganello contro il palmo della sua mano un'altra volta, lo sfregò nella maniera più rumorosa possibile, e s'incamminò fuori dalla stanza come se fosse stato lui ad essere messo sotto pressione.

Ci fu un momento di imbarazzato silenzio.

“È bello avere un hobby,” disse infine Reeve, allegramente.

--

“È possibile che--” chiese a Rude.

“No.”

“C'è qualche modo per--”

“No.”

“Be', tu cosa--”

“Parzialmente sordo dal mio orecchio sinistro. Cerco di fare in modo che stia sempre da quella parte.”

Rude non era di nessun aiuto, e Cloud decise che avrebbe di nuovo cominciato a odiare tutti i Turks in linea di principio.
Non servì a molto, ma fu una soddisfazione per i successivi, vendicativi venti minuti che impiegò mangiando deliberatamente quasi tutti i biscotti fatti in casa che Tifa gli aveva messo in fondo al sacchetto del pranzo. Rude sospirava pesantemente ogni quindici secondi, e Cloud cominciò a sentirsi in colpa, ma cercò di ignorarlo più a lungo che poté, fino a quando non si arrese e offrì a Rude quelli più sbriciolati.

“A volte lo picchio,” aggiunse Rude cupo, con la bocca impastata di biscotti.

Decisamente di nessun aiuto.

--

C'erano diciassette vignette illustrate di crescente oscenità appiccicate sul sedile della sua moto, a Wutai, ma Cloud non riuscì a cogliere Reno sul fatto né tanto meno a scorgerlo nei paraggi. Trovò Yuffie intenta a studiare la undicesima quando tornò da una capatina al negozio d'armi per far sistemare una tacca della spada.

“Questo saresti tu? Ma che diavolo--, tu non hai tre gambe!” osservò più da vicino. “Oh. Ooh.”

“Smettila.” disse Cloud senza neanche troppa convinzione, e accartocciò l'ultimo foglietto senza guardare quello che vi era raffigurato.

Yuffie se ne impossessò prima che potesse buttarlo via. “No, aspetta, voglio vedere cosa succede dopo. Sono a puntate. C'è tipo una storia dietro. Credo voglia creare suspance.”

Malgrato sperasse che fosse finita lì, Yuffie tirò fuori la questione pressoché a metà della cena, quando lei era invece ben oltre la metà di una bottiglia del sake meno-peggiore di Godo.

“Hey. Cloud. Mm, non so come dirtelo ma... Uh. Non è che vai a letto con Reno? Perché, voglio dire, mm, ho qualcosa da dire a proposito, ecco.” fece una pausa per raccogliere i suoi pensieri. Sembrò che la cosa richiedesse un certo sforzo fisico dalla parte sua. “Voglio.. Voglio dire. Non farlo.”

“Yuffie...”

“Ma se lo fai, voglio dire, fai in modo di prendere delle precauzioni. Cioè, più precauzioni del solito. Non hai idea di dove sia stato, voglio dire. Tu SAI che posti frequenta ed è per questo che hai bisogno di prendere delle precauzioni, ma. Uhm... Sul serio. Non farlo.”

“Yuffie.”

“Cloud,” lo imitò.

“Yuffie. Dimmi semplicemente se l'hai visto qui a Wutai o no.”

“Non ti piacerebbe saperlo.” rispose Yuffie con fare misterioso, dopodiché rovinò l'atmosfera crollando sul tavolo ubriaca.

“Ma sono tutti a conoscenza di questa storia?” domandò Cloud visibilmente alterato.

--

Fortunatamente non incontrò nessuno a Rocket Town che volesse ricattarlo per qualcosa, o a cui importasse se fosse stato ricattato o meno. Cid non fece altro che imprecare, lo aiutò a sistemare un motore e insieme presero parte a una rissa in un bar a notte fonda.

Fu davvero riposante, e Cloud si risolse a tornare presto a casa.

--

Il telefono squillò mentre stava risalendo la costa. Il numero gli era sconosciuto; quella parte della suo cervello che gli suggeriva di non rispondere fu sconfitta, e alla fine premette il pulsante di ricezione.

“Non riattaccare.”

Cloud riattaccò.

Si avviò verso l'interno. Dopo che ebbe ignorato il continuo squillare del telefono per un'ora intera, apparve finalmente un altro numero sul display. Gli diede un'occhiata, riconobbe il numero del bar e premette il tasto di risposta.

“Brutto stronzo, ti avevo detto di non riattaccare. Adesso aspetta, prima di pensare a-- sì, okay, vai tu bimba.”

Un'altra voce rispose al telefono. “Cloud?”

“Marlene?” Cloud aggrottò le sopracciglia, doveva aspettarselo. Reno giocava sporco, anche se non vedeva come la cosa potesse ancora sorprenderlo.

“Cloud, quando torni a casa?”

“Io...” sospirò, poggiando una mano sulla fronte. “Marlene, sono già per strada.”

Poteva sentire Reno bofonchiare qualcosa, e Marlene bisbigliare in risposta. “Chiedigli--” “Oh--”

Di nuovo la voce di Marlene, più forte. “Mi hai comprato un regalo?” altri bisbigli. “A noi. Ci hai comprato un regalo?”

Era nei pressi del Chocobo Ranch. Cloud rallentò e avvicinò la moto in modo tale da dirigerla parallelamente a uno dei recinti. Tre uccelli erano fuori a pascolare, due blu e uno nero; pensò che il nero e probabilmente uno dei blu fossero suoi. Ne fu certo quando partirono alla carica verso la staccionata, cinguettando eccitati e sporgendo i loro colli oltre la recinzione per essere accarezzati.

“Che regalo vuoi che ti faccia, Marlene?” le chiese, allungando le dita e facendole affondare nel fitto piumaggio del Chocobo nero, grattandolo mentre l'uccello tubava di contentezza e gli altri due cercavano di attirare la sua attenzione.

“Devi aiutarmi a piantare i fiori quando ritorni,” rispose prontamente Marlene. “Nella chiesa. Devi prometterlo.”

“Trattienilo,” sentì Reno incitarla dall'altra parte. “Fatti promettere del denaro.”

“Va bene,” disse Cloud frettolosamente per attirare la sua attenzione, “Quando torno pianteremo i fiori. E--”

Cercò di focalizzare qualcosa nella sua mente. Cosa diavolo piaceva fare ai bambini? Non aveva idea di quando gli altri avessero deciso che lui fosse un esperto in materia; qualunque menzione della sua infanzia era sufficiente a spingere la maggior parte delle persone a cambiare argomento sul tempo meteorologico. Il solo pensiero gli fece stringere il pugno su una manciata di piume, e il Chocobo gracchiò in protesta. Gli diede un buffetto in segno di scusa, quello pigolò e tornò a cercare di mangiare ai suoi capelli.

“Ci prenderemo un gelato,” disse infine. “Tu io, e Denzel.”

“Okay!” esclamò Marlene con gioia. “Il signore con i capelli buffi vuole parlarti adesso.” Abbassò la voce. “È un po' strano, sai.”

“Lo so. Vai a cercare Tifa, va bene? Fammi parlare con lui.”

“Va bene. Ciao, Cloud.”

“Yo,” Reno rispose al telefono. Sembrava felice quanto Marlene. “Ti sto ancora ricattando per fare sesso. E per il gelato. Sbrigati.” riattaccò.

Il telefono squillò un attimo dopo. Troppo stanco per fare altro, Cloud rispose.

“Hey, cosa indossi?” domandò Reno.

Cloud riattaccò.

--

“Strife,” disse Rufus, bloccando la penna in aria per un momento, “Potresti dirmi perché Reno ti reclama come coniuge sul modulo delle tasse? Così come--” battè la penna sul tavolo, sventolò un foglio. “--diciassette orfani? La maggior parte dei quali storpi o in qualche modo disabili?”

“No.” rispose Cloud.

“Mm,” mormorò Rufus. “Vedo che il periodo di luna di miele è finito. Oh, guarda qui, ha anche segnalato una chiesa del settore cinque come patrimonio naturale detraibile dalle tasse.”

Trattare con Rufus prevedeva l'avere a disposizione una vasta gamma di mugugni vaghi più di quanto non valesse la pena cercare di non essere sullo stesso continente in cui si trovava lui nello stesso momento.

“Qui c'è il tuo ordine.” disse Cloud. Mentre si avviava verso la porta si voltò, ignorando il suo buonsenso. “Perché la ShinRa si disturba ancora a compilare i vecchi moduli delle tasse?”

“Veramente non lo facciamo,” ammise Rufus. “Glieli faccio compilare solo perché lo tiene impegnato e lontano da me per due ore.”

--

Vincent era la sola persona assieme alla quale Cloud si sentiva il più loquace della situazione. Non era assolutamente certo di come funzionasse, ed era abbastanza sicuro che Vincent fosse una delle ultime persone sul pianeta qualificate per dare consigli a proposito di relazioni, ma lui lo ascoltava -o faceva finta di farlo-, e, nonostante fosse tecnicamente un Turk, non aveva mai apertamente cercato di ucciderlo, almeno non quando Cloud era abbastanza sveglio da accorgersene. E poteva sparare alle cose a lunga distanza, che era un'abilità molto utile, soprattutto ora, considerando l'attuale situazione con Reno.

“E non ha alcun senso,” disse Cloud. “Semplicemente. Non vuole staccarsi. Non penso che sia neanche umano.”

Vincent stava pulendo un fucile da cecchino. Annuì senza alzare lo sguardo.

“Senza offesa,” aggiunse Cloud. Vincent annuì di nuovo. Nessuno di loro faceva molte cerimonie quando si parlava di come Hojo avesse ridotto entrambi. Aveva il vago sentore che fosse per questo che lui e Vincent andavano così d'accordo.

Ci fu un alito di vento che raggelò la serata, e le case-conchiglia della Città degli Antichi brillarono come ossa bianche nell'oscurità; la luce del fuoco creava ombre mostruose che si stagliavano nel paesaggio. Delle lucciole vagavano pigramente tra gli alberi. Cloud ne catturò una nel pugno, lasciò che la luce pulsante brillasse tra le sue dita chiuse mentre cercava di fuggire, poi la lasciò libera.

“Mi ha fatto consegnare una pizza. Non sapevo che fosse, voglio dire, una pizza. Ha corrotto qualcuno del posto per farla mettere in un altro scatolo, ha chiesto a Tifa di farmela consegnare il pacco a un altro indirizzo. Era nudo quando ha aperto la porta.”

Un altro cenno di Vincent, anche se Cloud non era sicuro se fosse rivolto a lui o al fucile.

“Lo sai, non sarebbe neanche così terribile se facesse le cose per bene. Continua a dire che mi sta ricattando e non è vero.” attizzò il fuoco con un bastoncino e sospirò. “Dovrebbe farlo almeno -seguendo una certa logica, voglio dire-. È solo che... Tu eri un Turk, io non so se questo è normale o no.”

Vincent emise uno strano verso. Cloud realizzò, con una certa sorpresa, che si trattava di una risata.

“Sì, sì, ho capito. Normale.” Cloud si concentrò sulla corteccia sgretolata del bastone che aveva in mano, cercando di grattar via quello che poteva con le unghie. Il legno sottostante era liscio e pallido, e duro abbastanza da resistere alle sue dita. “Non pensare che non sappia di quando hai strillato contro Tseng per tutto il tempo che lui è stato qui, a proposito di come si sono ridotti i Turks al giorno d'oggi.”

“Informato.” mormorò Vincent, senza ancora alzare lo sguardo. “Era un amichevole suggerimento.”

“Sì, be',” cominciò Cloud, circondandosi le ginocchia con le braccia. “Qualunque cosa tu gli abbia detto non ha importanza. Hai altri suggerimenti da Turk?”

Silenzio. Vincent si prese il suo tempo, pulendo l'ultimo proiettile nella canna del fucile con un detergente. Fece scorrere la pezza per l'intera lunghezza del fucile, la ripiegò e la mise di lato con il resto dell'attrezzatura. Ricompose il fucile, lo sollevò, sistemò il poggia guancia e guardò attraverso il mirino. Quando fu soddisfatto lo poggiò con cura su un lenzuolo accanto a lui. Quando rivolse lo sguardo verso Cloud i suoi occhi luccicavano rossi e immobili alla luce del fuoco.

“Come Turk,” cominciò Vincent calmo, “Credo che questo sia il suo modo di farti la corte.”

“Non mi interessa.” Cloud lanciò senza riguardo il suo bastone nel fuoco e i ceppi crollarono creando una pioggia di scintille. Si risedette e fissò le braci incandescenti. “Il corteggiamento dei Turks è sempre stato così fottutamente stupido?”

Vincent ci pensò su.

“Ai miei tempi prevedeva più sparatorie e armi da fuoco.” disse infine.

--

Forse si trattava davvero di corteggiamento, ma ogni cosa che facesse era fottutamente idiota. Reno non sapeva come ricattare a dovere, si dimenticava costantemente il suo manganello in posti che Cloud non osava neanche immaginare, dormiva fino a tardi ed era in ritardo sui suoi stessi loschi piani, e in un momento brillante di pura idiozia, corse come un pazzo verso Cloud e precipitò dalla finestra del secondo piano.

Cloud era rimasto al centro della stanza, cercando di realizzare quello che era successo negli ultimi secondi. Aveva avuto l'impressione di una sagoma blu sormontata da un rosso elettrico che si dirigeva dritta verso di lui, prima che lui la evitasse automaticamente spostandosi da un lato. C'era stato un sonoro urlo, una folata di capelli che odorava di sigarette, un toccata fugace ai suoi gioielli di famiglia, un altro urlo -questa volta di tonalità più alta-, un fragore e un tonfo inquietante, e adesso un orribile, imbarazzante silenzio mentre tutti i presenti della stanza si voltavano verso di lui.

“Hai appena ucciso Reno?” domandò infine Elena.

“Bella mossa,” cominciò Rufus calmo. “Ho cercato di farlo per anni.”

“Ah,” sbottò Tseng da un angolo della stanza nel quale stava considerando attentamente un lucido. “Rufus l'ho trovato. La rete fognaria nel settore tre è stata murata all'incirca dieci anni fa e dirottata al settore cinque.”

“Reno è morto,” disse lentamente, con cautela Elena, come se stesse cercando di mettere insieme delle parole che aveva paura di dire ad alta voce. “Hai ucciso Reno. Hai ucciso Reno.”

“No.” disse Cloud automaticamente. Sembrava la risposta più semplice e sicura. Si guardò intorno, ancora confuso. Era probabilmente un sogno; ultimamente aveva avuto un sacco di sogni riguardanti Reno.

Tu hai ucciso Reno.”

Tecnicamente, è stata la caduta, pensò fra sé e sé. O, più precisamente, il suolo. Ma quello non era probabilmente il momento migliore per farlo notare.

“È strano,” osservò Rufus pensieroso. “Onestamente, ho sempre pensato che sarebbe stato Tseng a farlo. O Rude. I più calmi sono sempre i più pericolosi. A quanto pare anche tu rientri nella categoria, Strife.”

“Mm,” disse Tseng, che ancora non aveva distolto lo sguardo dal suo progetto. “Non tu? Elena, il dolore è naturale. La Lifestream, il cerchio della vita e... è così. Qualcuno ha fatto il caffè?”

“No! Non capite niente!” Li guardò con occhi carichi di rabbia e si torse le mani. “Reno è morto!”

“Elena--”

Mi doveva un sacco di soldi!

“La mia vita,” disse Cloud pacatamente, “è qualcosa di incredibilmente stravagante.”

Rufus lo guardò, e non c'era altro che sincerità nei suoi occhi. “Oh, Strife, non sai quanto.”

“Avete la più pallida idea di quanti?!”

“Elena, siamo tutti distrutti qui. Reno doveva a tutti noi un sacco di soldi.”

Tantissimi!

“È vivo.” annunciò Rude, sporgendosi fuori dalla finestra. “È atterrato sul cassonetto.”

Era vero. Tutti spintonarono Cloud e si affollarono alla finestra, facendo a pugni per avere la visuale migliore -Rufus aveva i gomiti appuntiti, osservò Cloud con irritazione- e guardarono giù dove doveva essere Reno, a giudicare dalle bestemmie. Dopodiché si voltarono tutti all'unisono verso Cloud, come se fosse suo dovere fare qualcosa. Reno era volato giù dalla finestra e Cloud non aveva niente a che fare con tutto questo e pensava che aver salvato il mondo due volte negli ultimi anni lo avrebbe esonerato e pensava che non era giusto appioppare a lui l'intera responsabilità solo perché aveva accumulato esperienza per questo genere di cose. All'improvviso si ricordò che a Zack era successo qualcosa di molto simile.

Tre volte, addirittura. Uno di loro era volato giù dal tetto di un bar dell'ottavo settore che era specializzato in balli di gruppo Gongaghiani.

“Ebbene?” disse Elena.

Cloud fece un passo e poi un altro, ancora vagamente speranzoso che si sarebbe risvegliato. Infine si sporse dalla finestra e guardò di sotto: Reno era disteso su un vecchio materasso, ma nessuna parte del suo corpo sembrava sporgere in modo innaturale. C'erano delle macchie scure sul suo vestito, ma probabilmente risalivano a prima della sua caduta dalla finestra.

“Come ti senti?” gli disse alla fine. Le imprecazioni cessarono. Reno guardò su.

“Come se fossi appena caduto dal secondo piano di un palazzo.” aggrottò le sopracciglia. “E con una commozione cerebrale.”

Cloud non riuscì a pensare a una risposta che non fosse altamente inadeguata.

“Oh.” disse.

“Mi hanno detto che i pompini fanno miracoli per le commozioni cerebrali.” disse Reno.

Cloud pensò a molte possibili risposte, ma nuovamente nessuna di queste sembrava adeguata alla situazione.

Il silenzio si prolungò. Le imprecazioni ricominciarono.

“Starà bene.” concluse Cloud, con più autorità di quanta credesse di averne.

“Meglio di come è sempre stato.” aggiunse Elena, sottovoce.

“Ti ho sentito!” sbraitò Reno irritato.

--

Continua.

Note (leggi: Problemi) della traduttrice: Spero di aver azzeccato la traduzione della parte quando Vincent sistema il fucile. Tutte quelle definizioni tecniche mi hanno un po' confusa, premettendo che non so nulla di armi da fuoco, ho passato un bel po' di tempo su internet cercando definizioni e immagini e differenze tra un'arma da fuoco e un'altra e i vari componenti di queste, gli attrezzi per la pulizia e robe simili... ma ci sono cose che non sono riuscita del tutto a comprendere... Spero di non aver fatto pastrocchi con la traduzione, in tal caso sentitevi liberissimi di farmelo notare. ;-)

P.S. A proposito dell'ultima frase di Vincent: “Ai miei tempi prevedeva più sparatorie e armi da fuoco.” - in inglese è: "In my day, it involved more guns and rubber hosing,"

Parliamone. Non ho capito neanche per un cavolo che diamine sia questo “rubber hosing”. La prima cosa che mi è passata per la testa è stata il silenziatore. Ma “to hose” significa innaffiare, “rubber” è gomma, quindi ho pensato a una pioggia/raffica di proiettili di gomma, quindi Soft-air. Ma perché i Turks dovrebbero mettersi a fare soft-air? Non sono riuscita a rintracciare più l'autrice, e alla fine la raffica di proiettili è diventata sparatoria, e, gomma o no, ho optato per la via più diplomatica. Si accettano suggerimenti. ._.
  
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