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Autore: onewayoranotheroned    04/08/2016    1 recensioni
A sette anni dissi a mamma che avevo un amico speciale, il suo nome era Giulio. Le raccontavo che dormiva sotto il letto e faceva le facce buffe a tavola.
A otto anni dissi a mamma che il mio amico speciale mi aveva buttata a terra perché iniziava a diventare cattivo. Aveva gli occhi neri, la pelle bianca e le mani sul mio corpo per farmi del male.
A nove anni dissi a mamma che mi aveva rotto il naso facendolo sanguinare, ma ai medici disse che ero caduta dalla bicicletta.
A dieci anni mi portò da una psicologa infantile, per estorcere Giulio dalla mia testa, così a undici anni non le dissi più niente.

Gli adulti lo chiamano l'amico immaginario dei bambini solitari, ma gli ho affibbiato il nome di Ombra, senza conoscerne la vera natura.
Genere: Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Scolastico, Sovrannaturale
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-Pronto?- biascico rigirandomi nel letto.
-Ciao-
-Sono le cinque di mattina-
-È importante-
-Da dove chiami?-
-Cabina telefonica-
-E i soldi?-
-Li ho rubati-
-Cosa vuoi?-
-Volevo dirti che torno-
-Vaffanculo Giulio-
-Tra mezz'ora al parco-
-D'accordo- riattacco.

Bacchetto le dita sul lavandino di questo bagno squallido, non sono a casa mia, non ci metto piede da quella sera, quando se n'è scappato dopo avermi riempita di botte.
Apro l'armadietto a specchio e prendo quanto è più possibile. Mi medico il taglio sul viso e conto i lividi sul corpo, li nascondo con un paio di jeans lunghi e infilo una felpa.
Con un lembo della manica spazzo via le siringhe e i lacci dal ripiano, lo ripulisco da ogni merda e faccio un sacco da buttare.

«Non ci provare» sussulto nel sentire Robbie steso ancora a terra.
Ha gli occhi chiusi ma sente ogni mio passo.

«Non ti preoccupare, le pasticche rimangono lì dove sono Rob, ora però devo andare»

Prima di lasciare lo squallore di questa abitazione do una sistemata al ragazzo. Gli sposto il braccio dalla tazza del cesso e lo trascino sul materasso liso.

«Ci sentiamo amico» mi chiudo la porta sfasciata alle spalle ed esco.

Mi avvio sotto la pioggia, indecisa sul da farsi, penso a Giulio, che muoio dalla voglia di rivedere e nello stesso tempo vorrei che non fosse mai esistito.
Metto piede nel parco. Sorpasso la sua figura da cane bastonato e mi rifugio nel tubo di cemento.
La pioggia riecheggia rumorosa sopra la mia testa, tiro fuori la coperta e mi copro fin sopra il mento, stropiccio gli occhi ancora assonnata e lo osservo.
Lui è la mia ombra, 18 anni e gli occhi neri della cattiveria.
Deve essere molto che aspetta, lo capisco dal colore della felpa ormai scura a causa dell'acqua. Il ciuffo bagnato non gli si scolla dalla fronte e a testa bassa fa l'ultimo sboffo, poi getta il mozzicone a terra.
Rimane imbambolato sotto la pioggia qualche minuto, poi esausto si avvicina.

«Sei scappata di casa vero? Te ne vai sempre quando...» gli esce piano dalle labbra, non ci vediamo da tre giorni e deve riabituarsi alla mia presenza, a parlarmi.

«Quando mi spacchi la faccia?»

«Più o meno. Dove sei andata?»

«Al Rifugio»

«Ti hanno messo le mani addosso?»

«No» mento. 
In realtà ci hanno provato gli amici tossici di Robbie, ma erano troppo fatti per concludere qualsiasi tipo di approccio.

«Quando torniamo a casa Silvia ci ammazza, sarà preoccupata»

«Ammazzerà me vorrai dire. E ammazzerebbe anche te, se sapesse cosa fai a sua figlia» gli rimprovero ancora. 

«Se scappassi d'ogni tanto, invece di placare la mia ira, magari non le prenderesti» acciglia.

«Wow, placare la mia ira» sorrido divertita «se non ti fermassi io quando vai fuori di testa, saresti capace di uccidere chiunque. Ma che t'importa, tanto te ne corri sempre via»

«Me ne vado per non ammazzarti Malia, lo vuoi capire o no?»

«Va al diavolo»

Si scosta dal tubo innervosito. Ma i miei occhi continuo a fissare la sua sagoma che gioca con le pozzanghere e mi dico che siamo ancora una volta un punto a capo.
Mi sale una nota di odio. Forse non voglio che torni, sarebbe tutto uguale a prima.

Penso alla prima volta che Silvia mi portò nello studio di Anne, la psicologa, disse che ero troppo grande per un amico immaginario, ma a causa della separazione da mio padre, potevo vedere in lui la figura paterna che sarebbe mancata nella mia vita.
Non hai paura di lui? È la domanda che mi pone sempre più sovente. E forse ha ragione, dovrei averne.
Giulio è arrivato nel momento del bisogno, quando nessuno mi voleva, era una manna dal cielo, mi sentivo così fortunata. Ma avrei capito ben presto che la sua presenza forse era una punizione, Dio mi odia così tanto.
Con il tempo mi sarei impegnata la mente con altro e lo avrei dimenticato, dicevano.
Mamma era solita a comprarmi tutto quello che volevo in quel periodo, anche di sua iniziativa: bambole, libri, pupazzi e quant'altro.
Voleva che mi prendessi da oggetti materiali senza badare a lui, ma tutto questo è inattuabile. Quando gli tiro i pizzicotti sente male e mi tira i pugni di riflesso. Mangia, dorme e si ammala proprio come accade a me. Abbiamo avuto la varicella insieme, la febbre e dei normalissimi raffreddori, non è irreale tutto questo, è fisicamente al mio fianco, giorno per giorno.




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Purtroppo non mi chiamo Joanne Rowling e non sono una scrittrice professionista. Spero che piaccia ugualmente nella mia semplicità :)
Al prossimo capitolo!

Questa storia è presente anche su wattpad
  
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