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Autore: _Fire    06/08/2016    3 recensioni
Conosco una storia. Parla di due persone che si sono amate.
Magnus e Alec. Alec e Magnus.
Ma a chi interessa una storia che parla d’amore e di morte?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 22.
And I'll be right next to you


 

 

«Buon anniversario, amore» disse Magnus, entrando nella loro eccentrica camera da letto con un vassoio in mano. Lo poggiò sulle gambe di Alec, seduto al centro dell'enorme materasso ricoperto da lenzuola rosse.
Lui e Alec erano sposati ormai esattamente da nove anni, e Magnus poteva affermare con certezza che stava vivendo gli anni più belli della sua vita. Era strano per lui, che aveva sempre pensato di restare single, tra una relazione occasionale e l'altra. Quando aveva deciso di sposare Alec aveva pensato a come sarebbe stato diverso, ma ogni giorno – anzi, ogni momento che trascorrevano insieme gli confermava di aver fatto la scelta giusta.
Certo, non era stato tutto rose e fiori: come in ogni matrimonio c'erano stati dei litigi, ma nessuno dei due aveva mai avuto ripensamenti l'uno sull'altro.
«Mi fa ancora strano essere definito marito.» rise Alec, facendo segno a Magnus di sedersi accanto a lui.
«Col tempo ci farai l'abitudine.» rispose Magnus, ringraziando che Alec non ribattesse con un se avrò quel tempo”, almeno il giorno del loro anniversario.
Nell'ultimo anno, Alec era peggiorato: si avvicinava infatti ai trent'anni, limite che i medici avevano posto alla sua vita.
Ora doveva portare quasi sempre una bombola d'ossigeno con sé, che lo aiutasse quando i polmoni faticavano troppo.
Magnus sapeva che avrebbe potuto avere una crisi da un momento all'altro, ma preferiva allontanare quel pensiero concentrandosi sul sorriso di Alec.
In quel momento il ragazzo stava addentando il cornetto alla crema – il suo preferito – che Magnus gli aveva portato.
«Grazie» mormorò Alec, guardandolo dritto negli occhi.
«Per la colazione? Non è niente.»
«Per tutto.»
Magnus sorrise, e gli pulì con il pollice l'angolo della bocca, sporco di crema, prima di baciarlo. Alec dischiuse le labbra sotto le sue, infilando le dita tra i suoi capelli corvini.
All'improvviso, però, Alec si scostò, tossendo: non riusciva a respirare. Immediatamente Magnus fece stendere Alec e lo collegò alla bombola d'ossigeno.
«Tutto bene?»
«Ce la faccio» disse Alec, annuendo piano.
Magnus si stese accanto a lui, cingendolo con le braccia, e incastrando la sua testa nell'incavo della spalla di Alec.
«Possiamo anche restare a casa stasera, se vuoi.» mormorò Magnus, accarezzandogli il petto magro.
«No, Magnus, no. Hai prenotato in quel ristorante un mese fa, e ci andremo.»
Alec si girò lentamente su un fianco, per stare faccia a faccia con lui. «È il nostro anniversario.» sussurrò.
«Lo so.» rispose Magnus, e lo baciò piano, sfiorando le sue labbra ripetutamente.
«Ti amo.» disse Alec, strofinando il naso contro il suo.
«Ti amo anch'io. Sempre.»

 

§

 

La cena stava andando bene, ma Magnus si accorse che Alec era un po' strano.
«Non ti piace il posto?» domandò, anche un po' dispiaciuto. Aveva scelto uno dei ristoranti più di lusso di New York, per festeggiare in grande, ed era stato duro ottenere una prenotazione.
«Ma sei pazzo?» lo prese in giro Alec. «Certo che mi piace. Sei anche riuscito ad ottenere un tavolo in fondo»
Magnus si sentì sollevato. «Dopo tutti gli anni che abbiamo passato insieme sono ben consapevole della tua fissazione di non stare al centro dell'attenzione»
«Gne» rispose Alec, ridendo.
«Sei sicuro che vada tutto bene?» chiese dopo un po' Magnus, che ancora non era riuscito a calmarsi del tutto. Aveva imparato a capire subito se c'era qualcosa che non andava, anche senza bisogno di parole.
«Sì»
Lui alzò un sopracciglio, scettico. «Alexander Gid-»
«D'accordo, d'accordo» sbuffò Alec. «Non chiamarmi con il mio nome completo. È tutto okay, sono solo un po' stanco.»
Magnus era abituato a vedere Alec debole a volte – nell'ultimo periodo soprattutto – ma quella volta era diverso.
«Dopo passiamo in ospedale per un controllo.»
«Magnus, ti prego, no.» la voce di Alec era seria. «Ho passato metà della mia vita in quel posto, non voglio andarci anche il giorno del mio anniversario di matrimonio.»
Lui gli prese la mano sul tavolo, annuendo. «Allora domani.»
Si vedeva che Alec non era entusiasta all'idea, comprensibilmente, ma quando si erano sposati Magnus aveva giurato di prendersi cura di lui, e per quanto fosse il primo ad odiare gli ospedali, era necessario.
«Lo sai che lo dico per il tuo bene, vero?»
Alec annuì. «Lo sai che ti amo?»
Ovviamente lo sapeva, ma gli faceva sempre piacere sentirlo. All'inizio, vista la sua timidezza, Alec non lo diceva spesso, ma col il tempo era diventata quasi un'abitudine, senza aver perso il suo significato. Semplicemente, entrambi temevano che Alec se ne andasse all'improvviso, e non volevano che succedesse senza averlo detto un'ultima volta.
«Dimmelo ancora.»
«Ti amo.»
Si sporsero entrambi dalle sedie per darsi un piccolo bacio.
«Andiamo a casa?» sussurrò Magnus.

 

§

 

Si svegliarono abbracciati, stretti l'uno all'altro. Le braccia di Magnus cingevano il busto di Alec, che dormiva appoggiato al suo petto. Il suo respiro era molto debole, quindi si affrettò a collegarlo alla bombola, cosa che però lo svegliò.
«Mi dispiace» 
«Non fa niente» rispose Alec, stropicciandosi gli occhi. «Buongiorno»
«Buongiorno, tesoro»
Si scambiarono un paio di baci prima di decidere di alzarsi. Alec si tirò su con grande difficoltà, e Magnus dovette aiutarlo e sostenere solo per uscire dalla camera da letto. Aveva l'affanno, e anche con la bombola faticava a respirare quando si muoveva.
Non ci fu bisogno che nessuno dei due lo dicesse. Si vestirono in silenzio e si diressero in macchina all'ospedale.
«Alexander» lo salutò il dottore che lo aveva preso in cura da dopo la prima crisi. Quando si accorse che il ragazzo non riusciva a reggersi in piedi e respirava affannosamente nonostante la bombola, però, sul suo volto comparve un espressione preoccupata e gli corse incontro. Aiutò Magnus a sorreggerlo, ordinando immediatamente analisi ed esami. 
Dopo un paio d'ore Alec era steso in un letto, con una mascherina che lo aiutava a respirare e una flebo; Magnus aveva chiamato Jace e Isabelle, e insieme, nella stanza di Alec, aspettavano Maryse e Robert e i risultati. I genitori arrivarono giusto in concomitanza con il medico. Magnus dovette fare un grande sforzo per concentrarsi: si sentiva soffocare. Isabelle se ne accorse e gli strinse la mano. Jace era in piedi, andando avanti e indietro: quando era nervoso era ancora più iperattivo del solito. Maryse era pallida, e costretta ad appoggiarsi a Robert – era la prima volta che Magnus li vedeva così vicini. In quel momento le loro differenze e i loro contrasti erano scomparsi: erano tutti lì per Alec, l'unica cosa che li univa. Si sentivano come dopo la prima crisi, con la differenza che adesso erano consapevoli che probabilmente Alec non si sarebbe svegliato mai più, se non per un miracolo, e anche bello grosso. Ancora non riuscivano ad immaginare la loro vita senza il ragazzo. 
Il volto di Alec era indecifrabile. Un po' teneva gli occhi chiusi, un po' si guardava intorno, ma per la maggior parte del tempo il suo sguardo era perso nel vuoto. Si limitava a respirare.
«Allora?» chiese Robert, con il suo solito temperamento tutt'altro che calmo.
Si vedeva che il dottore era in difficoltà: non riusciva a guardare negli occhi nessuno di loro. «Pensavo che il farmaco funzionasse…» cominciò, premettendo una giustificazione.
Magnus si passò una mano sul viso, preparandosi al peggio.
«Inizialmente ha contenuto la malattia, mascherandone anche i sintomi. Ecco perché non ci siamo accorti che ha smesso di aiutare Alec, e la situazione è peggiorata.» abbassò la voce. «È molto grave. Non credo ci sia qualcosa che possiamo fare. Il farmaco era la nostra ultima risorsa.»
Tutti i presenti si voltarono automaticamente verso Alec, che continuava a non muovere un muscolo.
«Davvero per voi è una sorpresa?» sussurrò, sempre con lo sguardo rivolto altrove. «Ho ventinove anni.» disse, come se quello spiegasse tutto, come se fosse normale.
«Appunto» ribatté Magnus. «Hai ventinove anni. Solo ventinove fottutissimi anni.» la sua voce si era alzata, pronunciando queste ultime parole, e ora tutti guardavano lui. Aveva le unghie conficcate nei palmi, gli occhi lucidi fissi su Alec. «Non è normale e non è giusto, va bene?» continuò, imperterrito.
Alec lo ignorò. «Dottore, la mia… esperienza vi aiuterà a perfezionare il farmaco per altre persone con la mia malattia?»
L'interpellato annuì. «Sì.»
«Almeno sarà servito a qualcosa...»
«La tua vita non è meno importante della loro!» gridò Magnus. In altri momenti sarebbe riuscito a ragionare e a capire che Alec stava semplicemente cercando di accettare il suo destino e di trovare un lato positivo per gli altri – come faceva sempre – ma per come stavano le cose il suo comportamento lo feriva. Gli sembrava quasi che Alec fosse già pronto ad andarsene, mentre lui non lo era a lasciarlo andare.
«Vi lascio soli» disse il medico, capendo di essere di troppo. «Se avete bisogno di me non esitate a chiamarmi.»
Magnus si sedette davanti alla finestra con le braccia incrociate, scuotendo la testa.
Non poteva essere la fine.

 

§

 

È la fine” pensò Alec. “Cosa dovremmo pensare quando stiamo per morire? Probabilmente a quello che abbiamo fatto e non fatto nella vita, ai nostri traguardi così come ai nostri rimpianti. Alle persone che amiamo e che ci amano e a quelle che abbiamo perso lungo la strada.”
Eppure la sua mente non era attraversata da nessuno di questi pensieri. Era quasi vuota, dominata da una paradossale calma.
Aveva pensato a quel momento da quando era stato grande abbastanza per farlo, ma ora che era arrivato non sapeva cosa fare.
Una parte di lui si era già abbandonata all'idea della morte, pronta alla resa finale, attirata dalla pace e dalla liberazione dal dolore che avrebbe portato. L'altra riteneva la prima egoista, e si aggrappava a qualsiasi cosa terrena per restare. Come poteva solo pensare di lasciare la sua famiglia e Magnus, essendo consapevole di tutto il dolore che avrebbe provocato loro?
Dire addio era l'unica cosa giusta che si sentiva di fare.
Posò lo sguardo su Isabelle. La sua sorellina. 
Lei se ne accorse subito, anche se lui non aveva pronunciato una parola. Aveva sempre saputo che era collegati nella mente e nel cuore. Un secondo dopo era seduta accanto a lui sul letto. Jace, che le era stato vicino fino ad allora, si girò con espressione interrogativa, e Alec gli fece segno di avvicinarsi con un lieve – quasi impercettibile – cenno della mano.
Magnus si spostò sulla soglia della porta, dando le spalle a quella scena per fingere che non stesse succedendo. Maryse e Robert restarono in disparte, con gli occhi bassi. Sapevano che i tre fratelli si erano sempre bastati a vicenda e che avevano fatto a meno dei loro genitori molto più spesso di quanto piacesse loro ammettere.
Alec dischiuse le labbra, ma non riusciva a trovare le parole.
«Non c'è bisogno che tu dica granché» lo precedette Isabelle. «Sai che siamo sempre riusciti a comunicare senza le parole.» gli ricordò, considerando anche che era appena successo.
«Spero che mi sentirai anche quando non sarò più qui, allora. Io proverò comunque a parlarti.»
Isabelle mantenne la testa alta, ma grosse lacrime scendevano dagli occhi castani, così diversi dai suoi. «Ci riuscirai. Tu sei bravo in tutto»
«La stessa cosa vale per te» specificò Alec, rivolgendosi a Jace. Il biondo annuì, evitando di guardarlo, con un labbro tra i denti. Alec gli prese una mano, per costringerlo a smettere di torturarsele. «Va tutto bene»
Jace lasciò in pace il labbro e si permise di piangere posando finalmente gli occhi sul fratello. «È incredibile come pensi sempre agli altri quando dovresti pensare solo a te. Hai il cuore più puro di chiunque abbia mai conosciuto.»
«Non esagerare»
«È vero. Ci sono così tante cose che ho imparato da te, Alec...»
«Temo che le lezioni siano finite»
«Come faremo senza il nostro professore rompipalle?» chiese Jace ad Izzy, con un sorriso amaro, ma la sua voce si spezzò.
La ragazza cominciò a singhiozzare, e si accasciò sul petto di Alec, che le accarezzò i capelli corvini, invece identici ai suoi.
«Vedi, Alec» mormorò Isabelle, tra un singhiozzo e l'altro. «Sei la mia roccia.»
«Strano, perché tu sei la mia. Sei forte, Iz, lo so che lo sei, anche quando sei debole, la tua fragilità ti dà forza. Non hai bisogno di me.»
«Avrò sempre bisogno di te»
Alec cercò di cacciare giù il groppo che aveva in gola. Si sentiva male, e stavolta non fisicamente, ma dentro, nel cuore.
«Non andare» disse Jace. «Non dove non posso seguirti. Dovevamo restare uniti.»
«Lo saremo. Io sarò sempre con voi. Non morirò mai veramente, finché qualcuno mi ricorderà nel suo cuore.»
«Lo faremo.» disse Jace, e poi si girò verso Magnus, Maryse e Robert, seguito dai fratelli. «Tutti noi.»
«Per sempre» aggiunse Isabelle.
«Vi voglio bene» sussurrò Alec, piano, come se fosse un segreto. Era vero che non se lo dicevano spesso a parole, ma se lo dimostravano continuamente. E quel momento, con Isabelle sul suo petto e Jace che gli teneva la mano, ne ebbe l'ennesima prova.
«Dovrei dire qualcosa anche a mamma e papà» disse Alec. Il suo rapporto con i genitori era sempre stato complicato, soprattutto con Robert. La situazione era migliorata dopo la prima crisi e anche se questo non aggiustava tutto, erano pur sempre… i suoi genitori. I fratelli si spostarono, chiamando Maryse e Robert, che parvero leggermente sorpresi, soprattutto l'uomo.
«Il mio bambino...» sussurrava Maryse, accarezzandogli la fronte. Robert si sforzava di guardarlo negli occhi, ma senza riuscirci. «Mi dispiace tanto, Alexander...»
«Non fa niente, papà.»
Quella parola scosse il genitore. Alec l'aveva sempre chiamato padre, e a volte non l'aveva chiamato affatto, nei loro periodi peggiori.
«Non sarei dovuto essere così duro con te… Io sono fiero dell'uomo che sei, lo sono sempre stato, anche se non l'ho mai dimostrato come avrei dovuto, e adesso è troppo tard-»
«Non lo è.» lo interruppe Alec, guardando prima lui e poi la madre. «Grazie.» aggiunse, sfiorandogli il braccio. Era la prima volta che toccava intenzionalmente da tempo.
Robert non si allontanò, accettando il contatto. Forse quello era il momento più intimo e vero che avessero mai vissuto come padre e figlio. Il pensiero che putroppo fosse anche l'ultimo intristì entrambi.  
Maryse non aveva detto nulla. Da così vicino Alec poteva notare delle ciocche grigie tra i capelli.
«I figli non dovrebbero morire prima delle proprie madri» pronunciò dopo diverso tempo, con la voce spezzata. Era il secondo che perdeva. «Non è naturale»
Alec si limitò a prenderle la mano, a corto di parole.
«Vi voglio bene» disse anche a loro. Si sentiva in dovere di farlo: molto probabilmente era la sua ultima occasione.
«Anche noi» singhiozzò Maryse, seguita da un cenno di assenso di Robert.
Restarono così per un po', consapevoli di non poter compensare anni di parole non dette in pochi minuti. Ma quelle poche per Alec bastavano.
«Vorrei parlare con Magnus» disse alla fine, a bassa voce.
Robert e Maryse annuirono, apprestandosi a lasciare la stanza con Jace e Isabelle.
Prima che uscissero, però, si sentì in dovere di dire un'ultima cosa. 
«Abbraccerò Max anche da parte vostra» 

 

§

 

«Magnus, vieni qui...» mormorò Alec, con la voce spezzata. Doveva dire addio alla sua famiglia, e Magnus ne faceva decisamente parte. Non poteva e non voleva andarsene senza salutarlo.
Magnus scosse la testa, ricacciando indietro le lacrime e restando immobile sulla soglia della porta. «No, non vengo. Perché tu non stai morendo, Alec, ti riprenderai, lo so che lo farai...»
Alec sorrise piano. Magnus stava cercando di convincerlo che tutto sarebbe andato bene – come faceva sempre – ma stavolta stava cercando di convincere soprattutto se stesso.
«Se mi riprenderò queste parole saranno come tante altre che ho già detto, ma ti prego, non impedirmi di pronunciarle.»
Magnus annuì e finalmente si sedette accanto al marito. Fino ad allora si era mantenuto distante, ma adesso era il suo turno.
«Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?» cominciò Alec, e i suoi occhi si riempirono di gioia e commozione al ricordo che aveva dato inizio alla loro storia. «Non avrei mai pensato che quel ragazzo che mi aveva portato il succo al mango di Jace sarebbe diventato mio marito.»
«Quindi dovremmo ringraziare Jace?» rispose Magnus, ridacchiando, anche se stava piangendo.
«Questa sarà la cosa più difficile che dovrai fare»
«Non so se ci riuscirò» ammise Magnus. «Con te ad aiutarmi sono riuscito a sopportarlo, ma se non ci sarai...»
«Mi preoccupa lasciarti senza di me» confessò Alec, prendendogli la mano.
«Io non sono niente senza di te»
Entrambi si abbandonarono alle lacrime che non potevano più essere trattenute e si strinsero forte la mano.
«Avrò anche solo ventinove anni» continuò Alec, alludendo a quello che aveva detto Magnus dopo il responso del medico. «Ma li ho vissuti più intensamente di quanto molte persone vivono una vita intera. Ed è stato grazie a te. Tu hai reso la mia vita degna di essere vissuta.»
«Non dire stupidaggini» disse Magnus, con le lacrime che gli bagnavano gli occhi e il viso. «Magari è il contrario. Ero morto dentro, prima di conoscerti, e tu mi hai fatto respirare di nuovo. Ecco perché non accetto che tu mi lasci. Sei quello a cui tengo di più… ti amo così tanto...»
«Ti amo anch'io.»
«Non dirlo come se fosse l'ultima volta che lo fai»
«Baciami» rispose semplicemente Alec, sperando di riuscire a comunicargli tutto ciò che non riusciva a dire e tutto l'amore che provava attraverso quel contatto.
Magnus si avvicino, scostò la mascherina dal suo viso e sfiorò piano le sue labbra, e poi la rimise al suo posto.
«È pericolo se non la tieni per troppo tempo»
«Per questo ne varrebbe la pena» ribatté Alec, strappandogli un altro bacio. Lui sapeva che sarebbe morto e che la mascherina non avrebbe fatto alcuna differenza, ma l'altro voleva ignorarlo.
«Non mi lasciare, Alec, per favore» mormorò Magnus, chinando la testa. Il cuscino del ragazzo era macchiato di lacrime, e ormai non si capiva più di chi fossero.
«Ce la sto mettendo tutta per resistere, forse ce la posso fare» mentì Alec, sollevando il viso di Magnus e accarezzandogli una guancia. Sapeva che prima o poi la malattia avrebbe vinto, ma per quanto facesse male combattere, voleva fare tutto il necessario per lasciare Magnus il più tardi possibile. Magnus gli aveva sempre rimproverato che non si mettesse mai al primo posto, e con il tempo gli aveva fatto capire di essere importante. In ogni caso, però, se quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe potuto scegliere chi mettere al primo posto, avrebbe scelto sicuramente Magnus.
«Te l'ho detto che ti riprenderai» disse Magnus, alzandosi, asciugandosi le lacrime come gesto di incoraggiamento per entrambi. Continuava a rifiutarsi di dirgli addio, anche perché non sapeva come farlo, sospettava Alec. Ma tanto Alec sapeva già tutto: Magnus gli aveva donato se stesso completamente da quando si conoscevano. «Infatti non ho annullato la prenotazione per quella vacanza in Europa per l'estate.»
Stavano mettendo da parte un po' di soldi da qualche tempo per finanziare un giro in Europa di circa un mese. Avevano deciso tutto nei minimi dettagli, molto eccitati all'idea. Durante gli anni precedenti avevano fatto qualche piccolo viaggio, ma niente del genere, e da quando, all'inizio dell'anno, Alec aveva cominciato a peggiorare, avevano deciso di fissarlo per quell'estate, per non rischiare di perderselo. Purtroppo sarebbe stato così, nonostante tutti i loro sforzi...
Alec osservava Magnus che guardava fuori dalla finestra dell'ospedale, e immaginava tutti i posti in cui sarebbero stati con un sorriso. Il suo entusiasmo e i suo ottimismo erano alcune delle cose che amava di più di lui. Lo lasciò parlare del giro che aveva pensato per loro, facendosi cullare dalla sua voce. Se doveva essere l'ultima cosa che avrebbe sentito, e Magnus l'ultima che avrebbe visto, gli andava più che bene. Quale modo migliore di morire che ascoltando e guardando la persona che hai amato di più in vita?
«Sarà molto bello» commentò, chiudendo gli occhi. «Molto bello...» 









 

Note:
*cerca di ripararsi dagli insulti, maledizioni e simili*
LO SO CHE SONO UNA PERSONA ORRIBILE. Sia perché aggiorno dopo quasi un anno - ho battutto tutti i record - sia perché torno con questo capitolo tutt'altro che felice.
È stato difficilissimo per me scriverlo, ve lo giuro. Ho cercato di esprimere al meglio i sentimenti dei personaggi, ma in una situazione del genere si potrebbero avere le reazioni più disparate... Ho fatto del mio meglio, spero che non siano risultati OOC. 
Fatemi sapere che ne pensate di quest'ultimo capitolo e sentitevi liberi di insultarmi.  Siamo quasi alla fine, manca solo l'epilogo. A questo proposito, comunicazione di servizio: ho già iniziato a scriverlo, quindi vi prometto che non vi farò aspettare tanto. 
Ora vado, anche perché credo che leggere le mie note sia l'ultima cosa che vogliate fare... Non odiatemi troppo ç_ç
Mi fermo giusto per ringraziare tutte le persone che mi hanno seguita fin qui, nonostante tutto, e quelle che hanno continuato a darmi un loro - preziosissimo - parere. Grazie di tutto 
A presto,





 
   
 
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