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Autore: Word_shaker    09/08/2016    3 recensioni
Storia scritta a quattro mani con una cara amica nella quale si ipotizza il pairing "Jane Foster/Tony Stark".
"Aveva paura di perdere il controllo, di comunicare quello che non poteva dire... Ma probabilmente lui era abituato ai deliri da Tequila. Magari non avrebbe fatto caso al suo piccolo amore scemo che si era accorta di provare da un giorno. E poi, che cosa poteva farci? Quale colpa aveva?
Amava e basta."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Tony Stark/Iron Man
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Quella mattina il cielo era più limpido del solito. Tony Stark si era svegliato presto.
Di recente aveva preso l'abitudine di alzarsi alle cinque, mettersi l'armatura e svolazzare nell'aria mattutina per contemplare l'alba in mezzo ai grattacieli. Quel gesto gli trasmetteva un senso di quiete e leggerezza che nessuno riusciva più a dargli.
Neanche il sesso lo soddisfaceva come una volta. Certo, aveva provato a trovare una magra consolazione in alcune avventure occasionali, ma ne era uscito più triste e insoddisfatto di prima.
Ogni tanto, quando si sentiva particolarmente irrequieto, dopo il consueto volo andava sulla tomba dei suoi genitori e rimaneva lì per un po'.
Quella mattina, però, non aveva voglia di volare, tanto meno di rispolverare il passato.
Probabilmente faceva tutto questo perché era solo: gli Avengers si erano divisi e metà della squadra, forse, ce l'aveva ancora con lui; Bruce era chissà dove, adesso... Neanche Natasha riusciva immaginare in quale inferno avesse potuto cacciarsi; J.A.R.V.I.S. aveva preso vita e aveva lasciato il suo posto a F.R.I.D.A.Y., la quale, seppure fosse altamente efficiente, non riusciva a dargli la compagnia che gli serviva - come se un software potesse essere capace di fare compagnia ad una persona! -; come se non bastasse, di recente Pepper aveva deciso di lasciarlo una volta per tutte.
«Mi dispiace, Tony, ma la situazione sta diventando insostenibile. Non ne posso più» .
Le sue parole rimbombavano nella testa del magnate così tante volte che si era quasi abituato a vederle tornare a galla nel pericoloso ammasso della sua mente.
Non l'aveva supplicata affinché restasse: oltre che umiliante, sarebbe stato inutile. Se c'era una cosa che la guerra gli aveva insegnato era proprio questa: non vale la pena di rincorrere qualcuno che non può capire. E lei, purtroppo, aveva smesso di capirlo da tanto tempo.
Così, solo nella sua solitudine, aveva cercato qualcosa di nuovo da fare: degli esperimenti che non lo facessero dormire, gesti che sperava diventassero abitudini, progetti che mettessero alla prova i suoi limiti. Aveva cercato di rinascere, per quel che poteva.
Qualche giorno prima aveva pubblicato un annuncio sul suo sito web nel quale aveva specificato di cercare un esperto in astronomia per la costruzione di un nuovo tipo di armatura.
Aveva in mente di creare un'armatura eco-sostenibile che potesse funzionare grazie alla luce emanata dalle stelle. Avrebbe potuto benissimo costruirsela da solo - o almeno così credeva: la verità era che avrebbe dato dieci anni di vita pur di non improvvisare una festa a casa sua per avere un po' di compagnia. Per carità, gli piacevano le feste e sapeva organizzarle, ma non aveva voglia dei soliti sorrisi di convenzione e delle chiacchiere che non portavano a niente.
Sentiva la mancanza di qualcosa di serio, ma ingenuo. Nutriva il forte bisogno di qualcosa di vero. Era quasi come un prurito che non poteva essere dissolto: rimaneva lì, nel petto, come il più accanito parassita.
Certo, aveva Jim, ma credeva che non fosse giusto scaricare su di lui tutto il peso delle sue paturnie.
Aveva la necessità di soffrire con qualcun altro.

«Tony Stark cerca te!»

Questo era il titolo del servizio televisivo che colpì gli occhi di Jane Foster. Quella mattina, reduce da un'intensa notte passata a scrivere e fare calcoli, non aveva sonno; così aveva acceso la TV e, raggomitolata su una sedia con una scatola di corn flakes in mano, aveva cercato di concentrarsi o - perlomeno - fingersi interessata.
Era un periodo un po' complicato per lei: da quando Erik aveva cominciato a collaborare con lo S.H.I.E.L.D., per la sua pupilla c'era sempre meno - no, non aveva ancora digerito il furto in New Mexico, malgrado ogni singola cosa le fosse stata restituita. Ormai aveva capito che "S.H.I.E.L.D." significava "concorrenza", di qualunque cosa si occupasse. Per questo motivo l'astrofisica aveva interpretato il silenzio del suo più grande maestro come un tradimento.
Neanche con Darcy le cose andavano tanto bene: lei ormai aveva conseguito la sua laurea in Scienze Politiche e, due mesi prima, aveva abbandonato l'incarico di stagista per fare da spalla ad un economista che, con un po' di fortuna, si sarebbe candidato alle prossime elezioni. La loro amicizia aveva resistito a quell'urto tanto potente - o meglio, questo era quello che credeva Darcy: Jane aveva visto il cambio di lavoro della sua migliore amica come un abbandono. Sebbene il loro rapporto fosse costante e concreto, l'astrofisica la sentiva molto più distante.
Per non parlare di Thor: era sparito nel buio per l'ennesima volta, e senza avvisare. Jane si era stancata di aspettarlo. E poi, al contrario del Dio del Tuono, lei non aveva un paio di millenni a disposizione.
Era candidata al Premio Nobel per la Fisica per le geniali scoperte che aveva fatto durante l'elaborazione della teoria Foster, ma non aveva nessuno con cui condividere la sua gioia. Essendo quel progetto terminato, poi, non aveva nulla di costruttivo da fare.
Era sola, e la cosa triste era il fatto che ci stesse facendo l'abitudine. A volte sentiva di non avere più un cuore.

«Tony Stark, il famoso magnate membro dei Vendicatori, è alle prese con un nuovo progetto e, a quanto pare, ha bisogno di aiuto: pare che stia cercando un esperto in astronomia per costruire una nuova armatura.Chiunque possegga le conoscenze richieste è invitato dallo scienziato a farsi avanti.Il fortunato o la fortunata che collaborerà con Tony Stark riceverà il cinquanta percento dei profitti e dei meriti.
Potete trovare il suo indirizzo sul suo sito web.
Accorrete numerosi! Tony Stark vi sta cercando!»


Quella voce femminile, piatta e quasi plastificata sembrò averle rivelato il segreto dell'universo: con gli occhi spalancati e alcuni fiocchi d'avena ancora incastrati fra le labbra, Jane si precipitò sul suo laptop per cercare il tanto prezioso indirizzo dello scienziato.
La coincidenza volle che quel posto non fosse molto lontano dalla casa che possedeva da qualche mese - e nella quale sperava di non rimanere a lungo -. Adesso aveva qualcosa da fare. Doveva soltanto rendersi presentabile.
E poi, un po' di soldi non le avrebbero fatto male.

«Signor Stark, c'è qualcuno alla porta. Afferma di essere qui per il progetto IronStar» recitò una voce dall'accento irlandese mentre Tony camminava lentamente nella sua stanza.
Era vestito di tutto punto anche se non aspettava nessuno. Aveva preso la strana abitudine di provare una decina di smoking e di specchiarsi per compiacersi un po'. Non ne andava fiero, visto che si sentiva quasi una donna nel compiere quelle stupidità, ma era un modo ingenuo per passare il tempo e non perdere l'autostima - come se questo potesse accadere! -.
«Chi è, F.R.I.D.A.Y? Soltanto un pazzo verrebbe qui a quest'ora!» commentò inarcando le sopracciglia con un po' di auto-ironia.
In effetti, erano appena le sette e mezza.
«La ragazza si presenta come Jane Foster, astrofisica»
«Controlla che non sia la solita perditempo. Ne ho avute fin troppe, negli ultimi due giorni» ordinò lui aggrottando la fronte. Quel nome non gli era nuovo.
Cercò di sforzarsi per ricordare, ma non ci riusciva.
Sapeva, però, che c'era una scienziata di nome Jane Foster. Adesso doveva verificare che la donna alla porta fosse davvero chi affermava di essere.
«Hai già fatto il riconoscimento facciale?»
«Sì, Signore. Le immagini corrispondono alle ricerche su Google. Secondo Wikipedia, la dottoressa Foster è laureata in Fisica ed Astrofisica e ha un dottorato in Fisica delle Particelle conseguiti alla Culver University, Virginia.
Le fonti più recenti dicono che la dott---» recitò F.R.I.D.A.Y., ma il magnate levò un dito e la interruppe.
«Sì, sì, interessante. Falla entrare»
«Questa è la parte più interessante, Signor Stark» contestò la segretaria.
«D'accordo, spara!» esclamò lui mentre un pizzico di tensione sfiorava i pori della sua pelle.
«Le fonti più recenti dicono che la dottoressa Foster è candidata al Premio Nobel per la Fisica per l'elaborazione della celebre teoria Foster, la quale dimostra l'esistenza di Yiggdrasil e--»
«Premio Nobel? Qui abbiamo dell'artiglieria pesante! Finalmente qualcuno che fa sul serio. Falla entrare, F.R.I.D.A.Y.» insisté scuotendo la testa.
Aveva un'ospite. Un'ospite interessante, per giunta.
Se soltanto fosse riuscito a ricordare dove aveva già sentito il suo nome...

Jane era rimasta a fissare il citofono con un'aria preoccupata.
Che il signor Stark avesse già trovato qualcuno?
Allora perché farla aspettare lì?
Che fosse troppo impegnato?
Perlomeno avrebbe potuto farla accomodare su una poltrona...
Che avesse cambiato idea?
Allora perché scriverlo sul suo sito web e farlo apparire in televisione?
Jane era così: quando non capiva qualcosa si faceva delle domande, e dopo quelle domande se ne faceva altre, fino ad arrivare ad una risposta - spesso provvisoria -. Era inutile, ma la confortava. Perlomeno aveva l'illusione di sapere sempre che pesci prendere... Anche se la realtà era un po' più complicata di quello che credeva.
E dire che si era anche vestita bene... Guidare il pick-up con quei tacchi e quel tailleur stretto non era stato per niente facile.
Se avesse scoperto di aver fatto tanti sforzi per niente avrebbe mandato a quel paese lui e quella sua strana segretaria dalla voce robotica.
Eppure, magicamente, quando meno se l'aspettava, la porta si aprì. Allora cominciò a domandarsi se avesse messo troppo mascara o se la sua camicia fosse troppo trasparente. Tutte le sue insicurezze, però, si accartocciarono e cestinarono quando entrò in quella casa enorme e ben arredata. Sembrava costruita in vetro.
Non ebbe il tempo di osservare la stanza per intero che un uomo le si avvicinò a passi lenti. Il suo sorriso era appuntito e disarmante, tipico delle persone sicure di sé.
Probabilmente anche lo smoking faceva la sua parte: gli conferiva un aspetto più fiero e slanciato.
«Benvenuta nella mia umile dimora, dottoressa Foster. Venga, accomodiamoci di sopra» affermò il magnate trasudando cortesia.
La guardò a lungo: i suoi occhi da cerbiatto, il suo viso piccolo e affusolato, la sua bocca piccola e rosea gli erano familiari. Aveva sentito parlare di lei, ne era certo.
Jane cercava di stare al suo passo - più per darsi un tono che per altro -, ma il piano di sopra sembrava non arrivare mai. Per non fare caso alla tensione che si stava creando fra di loro, cominciò ad osservare la consistenza quasi trasparente dell'edificio, uno slancio verso l'alto, il progresso, la tecnologia. Chissà se sarebbe stata all'altezza?
Il primo piano di quella casa era - apparentemente - occupato soltanto da un frigo bar, il quale era circondato da un imponente bancone che le fece pensare - chissà per quale motivo? - alla pancia di una balena.
«Gradisce qualcosa da bere? Un tè, un caffè, un po' di rum...» propose intanto che lisciava con un panno pulito il suo amato bancone.
«Rum?» domandò l'astrofisica, scettica. Come poteva proporle di bere del rum a quell'ora?
«E rum sia!» esclamò, palesemente divertito dalla sua timidezza. Non sapeva perché, ma il suo volto gli dava un senso di sicurezza. Era una donna trasparente, l'aveva già capito, e questo particolare gli piaceva. Se avesse accettato l'incarico, avrebbero lavorato molto bene insieme.
«No!» gridò lei, precipitosa, per poi correggersi: «No, grazie. Un caffè andrà benissimo».
Divertito dai suoi modi di fare, Tony abbozzò un sorriso e preparò il suo caffè con lentezza.
Forse era un pensiero infantile, ma non voleva che quell'incontro finisse troppo presto.
«Mi dica: perché vuole dedicarsi ad un progetto tanto impegnativo ad un passo dal Premio Nobel?» chiese con una punta di sfida, curioso di sapere di più sulle sue intenzioni.
«Come fa a sapere del premio Nobel?» volle informarsi lei, allarmata.
«Ho le mie fonti. Vada avanti» tagliò corto l'uomo, felice di poter ascoltare una voce diversa da quella di Jim e F.R.I.D.A.Y., per una volta.
«Il progetto della teoria Foster è ormai concluso e ho perso i miei collaboratori. La cerimonia è a dicembre, quindi mi piacerebbe intraprendere altre attività, nel frattempo» disse con semplicità ed un'espressione seria.
«Affascinante. Per caso è imparentata con qualcuno che conosco? Non è la prima volta che sento il suo nome, ma non riesco a ricordare in quale occasione mi abbiano parlato di lei» ammise Tony porgendole una tazzina bianca ricolma di caffè profumato.
«Non so se conosce Erik Selvig; è stato il mio collaboratore per anni. Adesso è... Un libero professionista» lo informò Jane distogliendo lo sguardo dai suoi occhi. Era piacevole rispecchiarsi in quell'espressione color cioccolato. Probabilmente tutti lo amavano perché era una buona compagnia.
«No, non ho avuto la fortuna di conoscerlo. Sa, l'astrofisica non è proprio il mio campo. Ecco perché mi serve una mano per la mia nuova armatura... Ma ne parleremo dopo. Prosegua pure».
La donna non sapeva più che cosa dire. Poi, come un lampo di genio, le venne in mente di parlare di Thor. Magari aveva raccontato qualcosa di lei ai suoi compagni d'avventura prima di partire...
«Sono l'ex fidanzata di Thor. Probabilmente lui le ha parlato di me» azzardò l'astrofisica con un'alzata di spalle, per poi bere il suo caffè in un solo sorso.
Quell'affermazione portò alla mente di Tony un ammiccamento fatto anni prima: «Nessun rancore, Point Break. Hai una bella sventola!».
Chissà come avrebbe reagito se lui l'avesse chiamata "sventola"?
Probabilmente sarebbe arrossita - il che non gli sarebbe dispiaciuto -, ma nella peggiore delle ipotesi avrebbe dovuto fare i conti con un ceffone ben assestato.
«Oh, sì. Adesso ho presente. Ora che ci penso, mi aveva anche detto del Nobel.
Ho in mente di costruire un'armatura che possa sfruttare la luce emanata dalle stelle o addirittura la loro energia. Ne ho un paio ad energia solare, ma mi piacerebbe costruire qualcosa che coinvolga anche un altro campo della scienza, pur puntando sull'ecologia» dichiarò giocherellando con un bicchiere pulito e fissando le sue pupille. Il suo tono di voce era fermo e la sua bocca era distesa in un sorriso piacevole, ma esitante.
Moriva dalla voglia di capire se avrebbe accettato l'incarico o meno.
Non sapeva perché, forse era la sua solitudine a parlare per lui, ma sperava con tutta l'anima che gli dicesse di sì.
«Per quanto riguarda la luce delle stelle si possono sfruttare dei pannelli o delle antenne che ricevano il segnale luminoso, mentre per l'energia si possono usare degli apparecchi a infrarossi... Bisogna lavorare molto sul materiale e sulla conformazione dell'armatura, immagino. Non è impossibile, credo» lo rassicurò con leggerezza. La maggior parte del materiale che utilizzava se l'era costruito da sola, per cui creare un'armatura accanto ad un uomo che sapeva usarle non la spaventava.
Il sorriso che lui le dedicò la fece arrossire. Era così grande e così soddisfatto che la intimidì.
«Benvenuta a bordo, Jane. Posso darti del tu, visto che collaboreremo per parecchio tempo?» domandò, improvvisamente investito da una gioia violenta. La sua affermazione, per quanto potesse risultare semplice, l'aveva stupito. La voleva nel suo progetto a tutti i costi.
Anche se non si fosse rivelata una compagnia esemplare, perlomeno sapeva quello che faceva in ambito scientifico. E poi era una bellissima donna, nonostante fosse un po' goffa e la gonna che indossava fosse troppo stretta anche per le sue gambette esili. Aveva il fascino dell'intelligenza e dell'ingenuità.
Dai pochi dettagli che gli erano stati forniti, Tony ricamò per lei l'ipotesi di un binomio antico come il mondo: quello del genio nel lavoro e del disastro nelle relazioni. Forse erano più simili di quello che immaginava.
«Sono assunta? Davvero?» chiese mentre un guizzo luccicante attraversò il suo sguardo. Sul suo sorriso apparve una sfumatura infantile e, di scatto, si alzò in piedi.
«Davvero. Sei assunta. Puoi cominciare quando vuoi» disse il magnate cercando di non farsi contagiare dal suo spirito allegro.
I due si scambiarono un'occhiata d'intesa. In quel momento, sottopelle, qualcosa nacque fra di loro.
Forse era una complicità segreta, forse una strana amicizia, forse entrambe.
Una cosa era certa: adesso sarebbero stati soli, ma insieme.

   
 
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